"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Pasolini
Brividi di gelo
Del costume
La scrittura del poeta
Tempo
25 ottobre 1969
pag. 27
( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )
Brividi di gelo
Leggo sul Messaggero una notizia riportata da Novella Duemila: il ministro Gava si appresterebbe a una riforma radicale della censura italiana. La lettura del titolo di tale notizia mi ha riempito di speranza... sia pure riformistica, sia pure colpevole... Poi la lettura dell'articolo mi ha agghiacciato. La fonte (Il Messaggero) non è decisamente attendibile, se non in questioni di cronaca nera, e l'altra fonte, quella mediante (Novella Duemila), per quanto mettiamo molto più rispettabile dell'Europeo, non si presenta nemmeno essa, per questioni così gravi, come l'ideale. Ma il fatto che il ministro Gava si appresterebbe ad abolire la censura dando il benservito alle sue varie commissioni, e a chiamare al suo posto un unico collegio di censori, a livello della magistratura romana, per dare il beneplacito ai film, fondandosi solamente e formalmente sul Codice, è una cosa che nel suo insieme fa correre brividi gelati per la schiena.
Un'unica commissione romana di magistrati?
Il Codice fascista Rocco?
Del costume
Nel processo contro Teorema il Pubblico Ministero (l'ho letto nei giornali; non ho potuto essere presente all'udienza), ha criticato la sentenza d'assoluzione del mio film al primo processo, dicendo che chi lo ha assolto ha confuso il "costume" col "pudore"; che il costume può cambiare, ma il pudore no, esso è immutabile ed eterno (non ha nulla a che fare con la storia, cioè). Che argomentazione curiosa!
Ma le brave, laboriose, obbedienti ragazze italiane che molti nostri magistrati presumibilmente si configurano come i pilastri di quel meraviglioso concetto che è il "comune sentimento del pudore" non indossano forse la minigonna? La minigonna, che è una moda, implica un certo sia pur minimo cambiamento del costume. Ma le ragazze un secolo fa non provavano forse "pudore" a mostrare una caviglia? E due o tre anni fa, non provavano "pudore" a mostrare il ginocchio, o, sedendosi, a mostrare uno scorcio di coscia? Ora le spudorate, mostrano quotidianamente tutte le gambe e magari anche parti delle natiche: ma il pudore, tuttavia, resta immutabile ed eterno. E' proprio confidando in questo che il Pubblico Ministero ha richiesto che mi venissero inflitti sei mesi di prigione.
La scrittura del poeta
Tante volte mi chiedo, a proposito del famigerato Codice fascista Rocco (a cui mancano solo, per essere completo, alcuni codicilli che impongano il coprifuoco), che cosa si intenda dire per "opera d'arte", nell'articolo in cui si afferma che l' "opera d'arte", in quanto tale, giustifica anche eventuali oscenità. Ho l'impressione che nelle aule dei tribunali italiani si tenda ad attribuire alla parola "opera d'arte" il significato di "opera di poesia" o "capolavoro", e non il suo significato ragionevole di opera eseguita a livello artistico (e non dunque puramente artigianale, o commerciale o industriale).
Ossia, mi sembra che in genere nei tribunali italiani si ponga a uno scrittore il dilemma: « O la poesia, o la prigione ». Ora è ben chiaro che, per quanto onesto sia, per quanto si impegni sempre allo stesso modo, non sempre un poeta fa della poesia: Petrarca stesso, per esempio, fa della "poesia" (che nessuno poi può mai definire) solo in alcuni sonetti, non in tutte le decine e decine di sonetti che formano il corpus delle sue "Nugae": tuttavia egli è sempre Petrarca, la sua scrittura è sempre una scrittura artistica. Lo stesso vale naturalmente per il Boccaccio: egli non sempre nelle sue stupende novelle è poeta, ma la sua scrittura è sempre la scrittura di un poeta. Ora se una sua novella è scritta a livello artistico, ma non raggiunge la poesia, nel caso che parli di cose che il nostro ineffabile "sentimento comune del pudore" ritiene oscene, deve essere dunque considerata reato?
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