"Le pagine corsare " dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Mamma Roma il secondo film di Pier Paolo Pasolini racconta la storia di una prostituta che ha un figlio, Ettore. Questo figlio lei lo tiene presso contadini, a Guidonia; ma, una volta grande, lo prende con sé. Naturalmente, mamma Roma non desidera che Ettore sappia del suo mestiere; così un po' glielo nasconde e un po' lo sospende, facendosi fruttarola. Purtroppo, il suo antico pappone ricompare e la costringe di nuovo al marciapiede; e così Ettore viene a sapere che sua madre è una prostituta. Ma Ettore dal canto suo si è già demoralizzato da solo, senza aspettare questa rivelazione. Nonostante gli sforzi della madre che vorrebbe che lui lavorasse, s'impadronisse di un mestiere, diventasse, come dicono i borghesi, una persona normale, a soli quindici anni lui è già ladruncolo, vagabondo, traffica con le donne, fa parte di una banda di discoli. Così alla fine avviene quello che doveva avvenire: colto in flagrante furto, Ettore che è febbricitante viene rinchiuso nell'infermeria del carcere. Ma dà in smanie, lo legano allora sul tavolaccio di rigore e lì muore, solo e abbandonato, invocando la madre. Questi i fatti di Mamma Roma, dai quali forse non si può capire che in realtà il film è composto di due parti che scorrono parallele senza mai congiungersi veramente: la parte di mamma Roma e la parte di Ettore. Nell'intenzione del regista, queste due parti dovevano amalgamarsi, illuminandosi e completandosi a vicenda; ma questo non è avvenuto: le due parti stanno l'una accanto all'altra senza fondersi, come l’olio sta accanto all'aceto. Madre e figlio si incontrano, è vero, ma mai su un terreno veramente necessario ed essenziale; anche senza sua madre Ettore sarebbe quello che è e viceversa. In realtà mamma Roma è una prostituta ed Ettore un piccolo vagabondo; il fatto di essere madre e figlio non ha carattere determinante. E non lo ha, ovviamente, perché il regista non l'ha sentito così. D'altra parte questo sentimento di Pasolini non è di uguale intensità. Forte e profondo per tutta la parte di Ettore, quasi scompare in quella di mamma Roma. Così che alla fine si riporta l'impressione che il titolo del film tragga in inganno e che la storia principale e quella di Ettore e non quella di sua madre.
Che questo sia vero lo dimostra un esame anche superficiale e parti. La poesia elegiaca e civile, decadente ed epica di Pasolini si desta soltanto quando segue Ettore e i suoi compagni nei loro vagabondaggi, nei loro amori e nelle loro imprese ladresche per i prati della periferia, tra i ruderi romani e i casamenti popolari di cemento armato. Tutte le sequenze che riguardano Ettore e i suoi amici sono bellissime, rappresentano un progresso rispetto ad Accattone che non ha cose così delicate ed ineffabili, e fanno rimpiangere il film di soli ragazzi che Pasolini avrebbe potuto fare e non ha fatto. È stato detto che Pasolini è un artista il quale, in Accattone come nei romanzi, non parla mai delle cose che gli premono veramente cioè di se stesso. Ebbene, questa volta Pasolini in tutte le parti che riguardano Ettore è riuscito a fare di solito gli riesce soltanto nelle poesie: ha parlato di se stesso con la sua voce più autentica e più intima. Fino alla morte mantegnesca di Ettore nella quale, con un po' di narcisismo, ha vagheggiato la propria morte.
Tutt’altro discorso va tenuto per la parte che riguarda la madre di Ettore. Dispiace dirlo, ma questa parte appare poco necessaria sia perché qui la poesia di Pasolini tace e ci troviamo di fronte ad un film neorealista di normale fattura; sia perché, costruita per completare il dramma di Ettore, questa parte non aggiunge niente al personaggio già perfettamente definito dalla pietà con la quale il regista ha saputo inventarlo e contemplarlo. A riprova si veda per esempio l'errore di una scena come quella del ricatto; e il carattere generico della descrizione della vita delle prostitute ben diverso dalla precisione dell'analoga descrizione in Accattone. Anzi si ha l'impressione che per quest'aspetto Pasolini abbia utilizzato in Mamma Roma una materia già sfruttata nel suo primo film. Mentre gli avrebbe convenuto darci qualche cosa dissolutamente nuovo, come nelle sequenze di Ettore suoi amici.
In senso spettacolare la parte delle prostitute si regge soprattutto sulla interpretazione di Anna Magnani, al tempo stesso tempo misurata, vigorosa e commovente. Ma resta confermato che questa nostra grande attrice ha bisogno di film tagliati su misura per lei, e male si amalgama con l'impasto dei film di regia interpretati da attori presi dalla strada. Ettore Garofalo pur non avendo la forza di Franco Citti in Accattone, ha una sua patetica autenticità di cui Pasolini ha saputo servirsi fino in fondo. Abbiamo rivisto con piacere Franco Citti nel personaggio del pappone, secondario ma pieno di autorità. Efficaci tutti quanti gli attori delle parti minori tra i quali vogliamo ricordare Luisa Loiano, Silvana Corsini, Paolo Volponi, Luciano Gonini, Vittorio La Paglia, Piero Morgia.
Alberto Moravia
L'Espresso 30/09/1962
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