"Le pagine corsare " dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
DOV’È L’INTELLETTUALE?
Tempo n. 32, 6 agosto 1968
Pagina 20 e 73
Quanti operai, quanti intellettuali, quanti studenti sono stati morsi, nottetempo, dal vampiro, e, senza saperlo, stanno diventando vampiri anche loro!
E giunto dunque il momento in cui non è più sufficiente riconoscere la borghesia come classe sociale, ma come malattia: ormai, riconoscerla come classe sociale è anche ideologicamente e politicamente sbagliato (sia pure se lo si fa attraverso gli strumenti del più puro
"Segue a pag. 73"
e intelligente marxismo-leninismo). Infatti, la storia della borghesia - attraverso una civiltà tecnologica, che né Marx né Lenin potevano prevedere - si accinge, ora, in concreto, a coincidere con l’intera storia del mondo. Ciò è male, o è bene? Né l’una cosa né l’altra, credo; non voglio pronunciare degli oracoli. È semplicemente un fatto. Tuttavia penso
che sia necessario avere la coscienza del male borghese, per intervenire efficacemente su questo fatto, e contribuire a far sì che sia un po’ più positivo che negativo.
Dalla mia solitudine di cittadino, io dunque cercherò di analizzare questa borghesia come male dovunque essa si trovi: cioè ormai quasi dappertutto (è un modo «vivace» per dire che il «sistema» borghese è in grado di assorbire ogni contraddizione: anzi, crea esso stesso le contraddizioni, come dice Lukács, per sopravvivere, superandosi). Sintomo sicuro della presenza
Dalla mia solitudine di cittadino, io dunque cercherò di analizzare questa borghesia come male dovunque essa si trovi: cioè ormai quasi dappertutto (è un modo «vivace» per dire che il «sistema» borghese è in grado di assorbire ogni contraddizione: anzi, crea esso stesso le contraddizioni, come dice Lukács, per sopravvivere, superandosi). Sintomo sicuro della presenza
del male borghese è appunto il terrorismo, moralistico e ideologico: anche nelle sue forme ingenue (per esempio tra gli studenti).
Mi caccio con questo, lo so, in un’impresa ingrata e disperata; ma è naturale, è fatale, del resto, che, in una civiltà in cui conta più un gesto, un’accusa, una presa di posizione, che un lavoro letterario di anni, uno scrittore scelga di comportarsi in questo modo. Deve pure cercar di essere presente, almeno pragmaticamente e esistenzialmente, se in linea teorica la sua presenza sembra indimostrabile! In un
Mi caccio con questo, lo so, in un’impresa ingrata e disperata; ma è naturale, è fatale, del resto, che, in una civiltà in cui conta più un gesto, un’accusa, una presa di posizione, che un lavoro letterario di anni, uno scrittore scelga di comportarsi in questo modo. Deve pure cercar di essere presente, almeno pragmaticamente e esistenzialmente, se in linea teorica la sua presenza sembra indimostrabile! In un
bellissimo saggio di Rossana Rossanda (L’anno degli studenti, De Donato editore), mi trovo infatti davanti a una immagine dell’intellettuale che mi mozza il fiato. Descrivendo la differenza che, nell’atto di prender coscienza dell’ingiustizia borghese, divide l’intellettuale classico (cioè l’umanista che ha fatto la Resistenza) dagli studenti, la Rossanda osserva come gli studenti esperimentino nella propria persona e nella propria condizione la miseria della mercificazione e l’alienazione:
mentre l’intellettuale no: egli si limita a esserne testimone: in esso, semplicemente, «si tratta del risveglio d’una coscienza alle ragioni di una classe non sua, e ne deriva la collocazione di compagno di strada, con i suoi margini di libertà e i suoi conflitti, la sua irriducibile alterità di testimone esterno».
Cacciato, come traditore dai centri della borghesia, testimone esterno al mondo operaio: dov’è l’intellettuale, perché e come esiste?
Cacciato, come traditore dai centri della borghesia, testimone esterno al mondo operaio: dov’è l’intellettuale, perché e come esiste?
P.P.P.
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