"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Pier Paolo Pasolini:
Er morto puzzerà tutta la settimana
L'Unità, lunedi 28 ottobre 1957
(Trascrizione dal cartaceo, curata da Bruno Esposito)
Lascio immaginare l'animo con cui scrivo queste righe. Penso ai tifosi bolognesi, miei correligionari. La cosa è tragica: lo vedo qui, nelle. facce dei laziali. Tutti Maramaldi i romanisti, tutti Ferrucci i laziali. Non si può non avere simpatia per i vinti: i vittoriosi me lo concederanno...
Lo spettacolo il solito. I colori più belli erano quelli di Rama: I'azzurro del cielo di ottobre, e il verde dei pini in frotta sulle pendici classiche.
Perchè quanto allo sport niente azzurro, niente bianco, niente rosso e niente giallo.
Motto grigio, invece, il grigio delta noia, della paura, dell'incertezza. Bah. Come sempre!
Questi giovanotti che giocano ogni domenica sono bombardati da traumi di ogni genere: razionalistici da parte dei critici, passionali da parte della folla, un misto (tanto per poter tirare avanti) da parte degli allenatori. Comunque domenica per domenica vanno II sul campo a dimostrare che il gioco e comechessia, un concetto.
Un concetto umano, storico, terrestre: esposto quindi a ogni rischio e a ogni negazione e, naturalmente, agli improvvisi empiti « inventivi » (com'è stato oggi per l'ultimo quarto d'ora della Roma). II contrario del tifo, che è invece una astrazione, una costellazione fissa, un dogma. Io, per conto mio, sopporto con gran pena il tifo di tipo, diciamo, napoletana, ( s'intende che tutti gli italiani sono un po' napoletani: bolognesi compresi). Per dirla con Benedetto Croce, il tipo e uno << pseudo-concetto >>. Fonte. quindi di errori, aberrazioni e angosce.
Avete mai osservato le figure delle rèclames? Non so, per esempio, un tipo che corro a tutta velocità (cosi da avere almeno il fiatone) con le sole gambe, mentre la faccia se ne va per conto suo, illuminata dal sorriso radioso dovuto alla coscienza della bontà di un lucido da scarpe. Il tifoso di tipo, diciamo, napoletano, è un poco cosi: sa, è illuminato, beato lui, da una specie di
grazia. A nulla valgano i ragionamenti, e tanto meno le dimostrazioni e le esperienze di ogni domenica davanti al gioco reale.
Egli ha una porzione di cervello (la principale) staccata dal resto; e capace, sotto quell'illuminazione carismatica, di un solo, lisso, immutabile pensiero. Tutto ciò che e fisso e precostituito genera immobilità: genera cioè la maschera, la << macchietta >>. II che umilia l'uomo. lo ho pena quando vedo tifosi, appunto, in maschera, con ciucciarelli, ecc.
Nulla e più angoscioso della aspirazione << panem et circenses >>: pensate a Lauro...
Per fortuna a Roma, i tifosi di questo tipo non sono molto numerosi: le uniche << maschere >> che si vedono in giro, praticamante, sono dei giovincelli con in testa il cappello di carta giallo - rossa o bianco - azzurra, le camicie fuori dai calzoni, la faccetta malandrina particolarmente accesa, e, qualche volta, una bandiera della << squadra del cuore >>. Poi cantano una cantilena molto infantile: << Li avemo imbottigliati, ooh, oh, ooh, oh. E nun ce vonno sta! >>.
Fatto sta che Roma è veramente una grande città: la identificazione del tifoso con la squadra non sublima sentimenti ristretti, provinciali e municipali. E poi nel romano c'è sempre quella dose di scetticismo e distacco che lo preservano sempre dal ridicolo.
Nella propria squadra egli non esalta glorie cittadine, meriti sportivi e altre cose noiose di questo genere: egli esalta la propria << dritteria >>. E un << dritto >> è un << dritto >>.
Tutto questo per quel che riguarda il tifoso popolare: per quel che. riguarda il tifoso borghese... beh è un altro discorso. Riaffiora la provincia. Sono però commoventi, in questo senso, gli immigrati da poco: il loro amore per la Roma strappa le lacrime. L'amano disperatamente, e gridano poco: ingoiano dolori c macinano gioie in silenzio. E non dimenticano facilmente.
II contrario dei romani, specie giovani, che hanno sempre la parola pronta che definisce subito l'idea e, con questa, la supera. Ciò che più fa soffrire o gioire il romano alla sconfitta o alla vittoria della sua squadra è l'idea dei discorsi che dovrà fare al bar o dal barbiere. Certo! Un << dritto >> può forse perdere? E se vince, può forse non fare dell'ironia - magnanima - sui vinti?
Guardate il << Mozzone >>, per esempio, che avendo visto annunciato sull' << Unità >> questo mio articolo, mi ha subito telefonato, da Torpignattara: << A Pà, nun tazzardà a di male de la Rorna, eh! >>. Poi l'ho visto, coi suoi umici, er << Patata >> e << Giancarlo >>, sotto l'obelisco di Mussolini: già passione e gioa erano scontate. Egli ha definito e sistemato subito tutto con due parole, non appena
fummo in vista di San Pietro: « Scrivi nell'articolo — ha detto — che er morto ancora puzzava, come semo usciti dallo stadio. E puzzerà tutta la settimana >>.
PIER PAOLO PASOLINI
(Trascrizione dal cartaceo, curata da Bruno Esposito)
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