"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Paese Sera - sabato 16 novembre 1975 |
Omicidio Pasolini
Lettera di Alberto Moravia,
del 16 novembre 1975,
al quotidiano Paese Sera
(Trascrizione dal cartaceo, curata da Bruno Esposito)
Tu mi chiedi di dire quello che so. Ti rispondo che non so nulla all'infuori di quello Che ormai sanno tutti. Ma ho fatto delle riflessioni sull'assassinio di Pasolini e non ho alcuna difficoltà a comunicarle.
Che dire prima di tutto della trasmissione televisiva che accettava pienamente la versione dell'Ansa la quale a sua volta accettava quella della polizia che accettava completamente quella dell'assassino?
Che dire se non che la nostra società rozza e incolta non si contenta di essere <<maschile>>, vuole essere anche <<virile>>' e per dimostrare a se stesa di esserlo davvero ha trattato in questa orrenda occasione Pier Paolo Pasolini né più né meno come sono trattati i negri in certi stati del Sud, negli Stati Uniti?
Cioè, che. una volta di più, il pregiudizio contro l'omosessualità, fatto dl totale ignoranza, di odio del diverso e di senso di colpa ha funzionato con deplorevole automatismo?
Venendo al delitto e alle indagini sul delitto, ho l'impressione che polizia, carabinieri e magistratura sono cascati o hanno voluto cascare nella trappola della confessione <<spontanea>>. Essi non si sono resi conto che <<senza pentimento>> qualsiasi confessione, come sanno benissimo i sacerdoti, è falsa.
E' sinceramente, profondamente pentito l'assassino? Ne dubito. Bisognava dunque contestargli tutto fin da principio, mettere in dubbio tutte le sue dichiarazioni. Non è stato fatto, l'accettazione della sua pseudo confessione ha fatto si che le Indagini sono state condotte con lentezza, sbadataggine, distrazione, pigrizia e superficialità << Tanto >> si diceva abbiamo In mano l'assassino e per giunta ha confessato. Che serve indagare, ormai?
E invece, no! Bisognava far fare << immediatamente >> le perizie (quella dell'anello, quella dell'automobile, quella della benzina, quella delle ferite dell'assassino e dell'assassinato, quella sulla possibilità di un rapporto sessuale, quella del sangue sui bastoni e sulle pietre, quella della camicia, quella del denaro e cosi via e cosi via).
Ancora, bisognava portare l'assassino sul luogo << subito dopo il delitto >> a caldo, e fargli ricostruire I fatti senza lasciargli il tempo di riprendere fiato, di organizzarsi un alibi psicologica e morale, senza aspettare la luna e altre condizioni favorevoli, tanto una ricostruzione di più non avrebbe fatto alcun danno. Infine. bisognava risalire senza indugio dall'assassino ai suoi amici, solidali compagni, alla sua società, insomma, perché ogni uomo appartiene ad una società o gruppo sociale e nella società o gruppo sociale spesso sta celata la verità.
Di tutto questo non si è fatto nulla. Si direbbe che, essendo il delitto avvenuto la notte prima del giorno dei morti, cioè durante uno dei più lunghi << ponti >> dell'anno, una specie di << ponte >> professionale, psicologico, culturale e morale si sia installato nella mente degli inquirenti. Alla fine, come sempre succede da molto tempo in Italia, dl fronte al modo col quale sono state condotte le indagini, vien fatto di domandarsi non più: << Ma come è morto Pasolini? >> bensi: << Ma chi "realmente" sono, nella realtà umana, sociale, culturale, psicologica coloro che si occupano della sua morte? >> in altri termini, il delitto viene quasi sopraffatto dalla idea che in queste condizioni << nessun delitto >> potrà mai essere chiarito.
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