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Biografia, lavori in corso - a breve anche il 1974 e il 1975

domenica 12 giugno 2022

Pier Paolo Pasolini, Versi dal testamento - da Trasumanar e organizzar

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Carlo Bavagnoli
Pier Paolo Pasolini sullo sfondo dei palazzi della borgata, 1960 ca.
© Collezioni d’Arte
Fondazione Cariparma – Donazione Carlo Bavagnoli


Pier Paolo Pasolini
Versi del testamento

da Trasumanar e organizzar


   La solitudine: bisogna essere molto forti

   per amare la solitudine; bisogna avere buone gambe

   e una resistenza fuori del comune; non si deve rischiare

   raffreddore, influenza o mal di gola; non si devono temere

   rapinatori o assassini; se tocca camminare

   per tutto il pomeriggio o magari per tutta la sera

   bisogna saperlo fare senza accorgersene; da sedersi non c’è;

   specie d’inverno; col vento che tira sull’erba bagnata,

   e coi pietroni tra l’immondizia umidi e fangosi;

   non c’è proprio nessun conforto, su ciò non c’è dubbio,

   oltre a quello di avere davanti tutto un giorno e una notte

   senza doveri o limiti di qualsiasi genere.

   Il sesso è un pretesto. Per quanti siano gli incontri

   – e anche d’inverno, per le strade abbandonate al vento,

   tra le distese d’immondizia contro i palazzi lontani,

   essi sono molti – non sono che momenti della solitudine;

   più caldo e vivo è il corpo gentile

   che unge di seme e se ne va,

   più freddo e mortale è intorno il diletto deserto;

   è esso che riempie di gioia, come un vento miracoloso,

   non il sorriso innocente o la torbida prepotenza

   di chi poi se ne va; egli si porta dietro una giovinezza

   enormemente giovane; e in questo è disumano,

   perché non lascia tracce, o meglio, lascia una sola traccia

   che è sempre la stessa in tutte le stagioni.

   Un ragazzo ai suoi primi amori

   altro non è che la fecondità del mondo.

   È il mondo che così arriva con lui; appare e scompare,

   come una forma che muta. Restano intatte tutte le cose,

   e tu potrai percorrere mezza città, non lo ritroverai più;

   l’atto è compiuto, la sua ripetizione è un rito. Dunque

   la solitudine è ancora più grande se una folla intera

   attende il suo turno: cresce infatti il numero delle sparizioni –

   l’andarsene è fuggire – e il seguente incombe sul presente

   come un dovere, un sacrificio da compiere alla voglia di morte.

   Invecchiando, però, la stanchezza comincia a farsi sentire,

   specie nel momento in cui è appena passata l’ora di cena,

   e per te non è mutato niente; allora per un soffio non urli o piangi;

   e ciò sarebbe enorme se non fosse appunto solo stanchezza,

   e forse un po’ di fame. Enorme, perché vorrebbe dire

   che il tuo desiderio di solitudine non potrebbe esser più soddisfatto,

   e allora cosa ti aspetta, se ciò che non è considerato solitudine

   è la solitudine vera, quella che non puoi accettare?

   Non c’è cena o pranzo o soddisfazione del mondo,

   che valga una camminata senza fine per le strade povere,

   dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.


@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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