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mercoledì 17 dicembre 2025

Pasolini contro Bertolucci: Novecento contro Centoventi - Tratto da: Valerio Curcio "Il calcio secondo Pasolini", Compagnia Editoriale Aliberti

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Pasolini contro Bertolucci
Novecento contro Centoventi

Tratto da:

Valerio Curcio
Il calcio secondo Pasolini

Prefazione di Antonio Padellaro 

Con un’intervista a Dacia Maraini

Compagnia Editoriale Aliberti


C’è una partita giocata da Pasolini che, più delle altre, è rimasta nella storia. Si è giocata il 16 marzo 1975 a Parma, sul campo della “Cittadella”, sede degli allenamenti della squadra cittadina. L’occasione fu il trentaquattresimo compleanno di Bernardo Bertolucci, ormai regista affermato, peraltro lanciato da Pasolini come aiuto-regia in Accattone. È stata di certo la partita più famosa mai giocata da Pasolini, sia per i significati di cui si caricò sin dall’inizio, sia per le dispute “filologiche” che suscitò.

Pasolini si trovava a Mantova per le riprese di Salò o le 120 giornate di Sodoma, la sua ultima opera cinematografica. Bernardo Bertolucci era invece sul set di Novecento, nei dintorni della sua Parma. Laura Betti, che recitava in Novecento nelle vesti di Regina (cugina del protagonista Alfredo, interpretato da Robert De Niro), fece da madrina all’atipica festa di compleanno organizzata per rompere la tensione provocata, nei mesi precedenti, da alcune critiche di Pasolini a Ultimo tango a Parigi. La partita è rimasta negli annali come “Novecento contro Centoventi” e vide sfidarsi i cast dei due film. I registi però non si affrontarono in campo: Pasolini giocò con la fascia di capitano al braccio, ma Bertolucci si limitò a sostenere da fuori campo i suoi, guidati per l’occasione dal microfonista Decio Trani.

Ugo De Rossi, montatore di Centoventi, ricorda così la tensione anche “classista” che, nonostante le finalità della partita, aleggiava tra i due cast: 

«I due film erano della stessa produzione, la pea. C’era rivalità, perché avevano due tipi diversi di budget e produzione. Erano soprannominati “Novelento”, perché non finiva mai, e “Salò bleve”. Il nostro era un film di proletari, l’altro era di personaggi col cappello, quelli che chiamavamo i “cappelloni”. Pier Paolo ci teneva molto a vincere, perché era la partita contro il film ricco» (31)

Le gesta calcistiche di quella giornata sono ancor oggi visibili nel film di Laura Betti Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno, uscito nel 2001. Il filmato fu girato da Clare Peploe, allora compagna e futura moglie di Bertolucci, e testimonia inequivocabilmente il risultato: 5 a 2 per il cast di Novecento, come segnala con le dita un giocatore della formazione vincente. Bertolucci, sette anni dopo, riferì invece che a un quarto d’ora dalla fine la sua squadra era in vantaggio per 19 a 13 e che Pasolini abbandonò il campo infuriato perché i compagni non gli passavano il pallone. Se il risultato non risponde certamente al vero, come confermato da numerosi giocatori di entrambe le squadre, è invece certo che Pasolini andò su tutte le furie e uscì dal campo prima del novantesimo minuto. Il motivo non fu però quello raccontato da Bertolucci.

A “confessare” è stato proprio il capitano di Novecento, il microfonista Decio Trani: 

«La nostra squadra sembrava l’armata Brancaleone, quella di Pasolini era più forte e lui stesso era un bel giocatore, così come Davoli e i Citti. Un nostro emissario andò a vedere gli altri come giocavano, venne da noi e ci disse: “Quelli rispetto a voi sono il Brasile”. A quel punto il nostro direttore di produzione decise di inventare un escamotage per vincere la partita. Trovò un paio di ragazzi che giocavano nelle giovanili del Parma e li prese come attrezzisti, rendendoli parte della troupe, in modo che potessero far parte della squadra di calcio» (32). 

Dovette essere proprio l’utilizzo di questo sotterfugio da parte di Novecento a far infuriare Pasolini. Il quale, se da un lato giocava le partite con estremo impegno e voglia di vincere, era di temperamento mite e difficilmente si alterava.

Il coinvolgimento di calciatori professionisti o quasi, membri delle giovanili del Parma, è confermato dallo stesso filmato di Clare Peploe, in cui una voce fuori campo, probabilmente appartenente a un calciatore della formazione pasoliniana, grida in dialetto romanesco: 

«A Novecento, noi i giocatori professionisti mica l’avemo ingaggiati! Quanto l’hai pagato lo svedese?» (33). 

Su chi fosse questo “svedese”, se un esotico talento ingaggiato dalle giovanili del Parma o semplicemente un calciatore dalla chiama bionda, non si hanno notizie. Resta il fatto che, come testimoniato dagli stessi protagonisti, la squadra di Bertolucci vinse utilizzando metodi non proprio corretti. A sua parziale discolpa va il fatto che la formazione di Centoventi era sulla carta più forte e annoverava anch’essa un (ex) “vero” calciatore: Umberto Chessari, ex giocatore della primavera della Lazio, il quale, però, faceva realmente parte del cast del film di Pasolini (34).

La vittoria di Novecento si macchiò di un altro episodio scorretto, anche questo raccontato da Decio Trani: 

«Al quinto minuto Pasolini sembrava Maradona, non lo fermava nessuno. Poco dopo già prendemmo gol e io, per evitare l’imbarcata, dissi al Barone, uno dei nostri macchinisti: “A Barò, come arriva vagli vicino, cerchiamo di bloccarlo”, ma dopo qualche minuto segnarono di nuovo. Al che dissi di andargli proprio addosso, così ce lo saremmo levato di mezzo per tutta la partita. E infatti poco dopo gli andò addosso e a momenti l’ammazzò. Pasolini fu sostituito e lì cominciò la nostra rimonta» (35). 

Ecco forse svelato il vero motivo dell’abbandono di Pasolini: fu appositamente messo fuori gioco dal tackle di un macchinista di Novecento.

Se il reclutamento di calciatori veri e propri e l’intervento falloso su Pasolini indirizzarono certamente la partita in favore del cast di Bertolucci, è difficile pensare che un altro espediente, ideato per l’occasione, contribuì a determinare lo stesso risultato. La costumista Gitte Magrini disegnò un completo viola con la scritta diagonale gialla “Novecento”, a cui abbinò dei calzettoni a strisce multicolori, ideati per tentare di confondere l’avversario nell’individuare il pallone. Il cast di Pasolini adottò invece una soluzione prettamente sentimentale: la divisa rossoblù del Bologna, una sorta di affronto se si pensa che la partita si giocò a Parma.

Il video della partita mostra anche parte del lungo “terzo tempo” che seguì al triplice fischio. Sul campo fu prima consegnata una coppa a Bertolucci, poi apparve un’enorme torta a forma di ciak sulla quale gli atleti – Pasolini incluso – si avventarono con le mani. Nelle riprese i due registi appaiono abbracciati e sorridenti in un clima che sembrerebbe disteso. A sentire Decio Trani, però, il “terzo tempo” fu tutt’altro che amichevole. In serata la produzione invitò tutti in un ristorante nei dintorni di Parma, dove andò in scena l’ultimo episodio di quella giornata:

Entrati dentro ci fu una vera e propria spartizione: noi da una parte, loro dall’altra, e ci guardavamo in cagnesco. Durante la cena Bernardo chiamò il cameriere e gli disse: «Riempi questa coppa di Dom Pérignon, vai a quel tavolo lì e la offri ai signori». Molti della squadra di Pasolini rifiutarono, qualcuno accettò. Bernardo era contentissimo anche se cercava di mascherarlo, per lui vincere la partita di calcio era una soddisfazione, anche se del calcio non gli importava tanto. All’inizio nemmeno voleva che si facesse la partita, perché voleva smussare il dualismo con Pasolini (36).

È dunque arduo oggi ricostruire esattamente non solo cosa accadde, ma soprattutto il clima di quella partita, che vide scendere in campo i protagonisti di due capolavori del cinema italiano.


Note:

31. Intervista integrale a Ugo De Rossi, cit.

32. Intervista integrale a Decio Trani, 2017, realizzata per il docufilm Centoventi contro Novecento di Alessandro Scillitani e Alessandro Di Nuzzo, 2018.

33. Laura Betti, op. cit.

34. Valerio Piccioni, op. cit., p. 143.

35. Intervista integrale a Decio Trani, cit.

36. Ibidem.


Curatore, Bruno Esposito

Grazie per aver visitato il mio blog

1 commento:

  1. Beh, forse andrebbe ricordato che uno dei due giovani giocatori "parmensi" assoldati da Bertolucci si chiamava Carlo Ancelotti

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