"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Pier Paolo Pasolini
"E poi io sono…
«una forza del Passato»"
Vie nuove
numero 42
18 ottobre 1962
pag. 35
Caro Pasolini, mi permetta alcune domande a proposito di un fatto che ho notato nei suoi lavori cinematografici e che ha destato una certa sorpresa. Il fatto del ricorso, per quanto riguarda il commento musicale e – per Mamma Roma – i riferimenti pittorici (nel primo caso Bach, nel secondo Mantegna) ad autori del passato. Perché uno scrittore e regista tanto impegnato, come lei nel presente, sente il bisogno di inserire nelle sue opere questi richiami che sanno tanto di intellettualismo? Il suo giudizio sulla musica contemporanea è tanto negativo da indurla a rifiutarne l’esperienza e la collaborazione? Eppure, mi sembra che mai come nel suo caso una collaborazione con le altre forme espressive contemporanee dovrebbe riuscire particolarmente efficace.
Grazie e cordiali saluti.
Mario Liverani – Livorno
Ci sono molte ragioni per cui preferisco la musica classica a quella contemporanea come commento ai miei film. La prima è stilistica: la creazione cioè di un pastiche linguistico, fortemente accentuato, «a contrasto» (il coro in tedesco della Passione secondo San Matteo di Bach, sul miserabile rotolarsi nella polvere di Accattone), che, per accensione espressiva, quasi espressionistica, serve a rappresentare con più drammaticità quello che voglio dire (un grande e tragico destino di morte che si sovrappone a una piccola, infima, sporca vicenda sottoproletaria).
E poi io sono… «una forza del Passato», come ho scritto in certi versi che ho pubblicato nel volume di Mamma Roma:
Io sono una forza del Passato.
Solo nella Tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle Chiese,
dalle pale d’altare, dai borghi
dimenticati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l’Appia come un cane senza padrone…
È un’idea sbagliata – dovuta, come sempre alla mistificazione giornalistica – quella che io sia un… «modernista». Anche i miei più fieri sperimentalismi non prescindono mai da un determinante amore per la grande tradizione italiana e europea. Bisogna strappare ai tradizionalisti il Monopolio della tradizione, non le pare? Solo la rivoluzione può salvare la tradizione: solo i marxisti amano il passato: i borghesi non amano nulla, le loro affermazioni retoriche di amore per il passato sono semplicemente ciniche e sacrileghe: comunque, nel migliore dei casi, tale amore è decorativo, o «monumentale», come diceva Schopenhauer, non certo storicistico, cioè reale e capace di nuova storia. Mi lasci amare Masaccio e Bach, e detestare la musica sperimentale e la pittura astratta.
Pier Paolo Pasolini, Vie nuove n. 42, 18 ottobre 1962
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