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Biografia, lavori in corso - a breve anche il 1974 e il 1975

giovedì 21 aprile 2022

Pier Paolo Pasolini,La Ricotta - I materiali di sceneggiatura - Di Tomaso Subini

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Pier Paolo Pasolini
La Ricotta
I materiali di sceneggiatura

 
Tratto da:
Tomaso Subini
PIER PAOLO PASOLINI
LA RICOTTA
( © 2009 Lindau s.r.l. )
 

Il 7 marzo 1962 (1) , Pasolini stipula un accordo con i produttori Giuseppe Amato e Roberto Amoroso che lo impegna a scrivere e a dirigere uno dei quattro episodi del film collettivo La vita è bella. Inizialmente Pasolini propone la storia di un insegnante omosessuale impiccatosi perché respinto da un allievo di cui si è innamorato (2) . Di fronte al netto rifiuto da parte dei due produttori, Pasolini comincia a lavorare intorno a un’idea suggeritagli da un fatto di cronaca accaduto sul set di Barabba (Id., 1962) di Richard Flescher: il malore che colse una comparsa infreddolita durante le riprese della crocifissione (3) .
Sebbene, secondo gli accordi, le riprese sarebbero dovute iniziare a giugno, di fatto il 9 aprile la storia non è ancora ben definita. Pasolini racconta quel poco che si è immaginato a Carlo Di Carlo sul set di Mamma Roma: 
A pranzo Pier Paolo mi parla del prossimo film che girerà prima di quello africano, prima de Il Padre selvaggio. […] In breve la storia è questa: si sta girando un film storico, la scena della passione di Cristo. Sul Calvario le tre croci, la Maddalena, due angeli… il protagonista è il ladrone buono. Tutto è pronto; il regista si agita, strilla, urla. Si dispongono gli attori sulle croci, da ultimo il ladrone buono. Ma nell’attimo in cui viene inchiodato, è colpito da un infarto. (4)
A metà maggio Pasolini riesce comunque a consegnare la sceneggiatura – scritta nei ritagli di tempo concessi dalla lavorazione di Mamma Roma –, ma il film che avrebbe dovuto accoglierla non viene realizzato: «Amoroso dice per colpa di Pasolini, che consegnò in ritardo una sceneggiatura “impossibile”; Pasolini dice per colpa di Amoroso, che non è riuscito a combinare l’affare con i distributori» (5). 
La sceneggiatura de La ricotta viene così rilevata da Alfredo Bini, che di Pasolini ha già prodotto Accattone e Mamma Roma. Sennonché, il 2 ottobre 1962, pochi giorni prima delle riprese, Amoroso rivendica la proprietà del soggetto, per il quale ha effettivamente pagato un anticipo, e chiede all’autore un risarcimento. La stampa conservatrice dà ampio risalto all’episodio mettendo l’accento sul rifiuto di Amoroso di produrre un’opera ritenuta immorale. «Lo Specchio» pubblica addirittura, il 14 ottobre 1962, il testo integrale della querela. Prima ancora che del film sia stato girato un metro di pellicola, già si prospetta la linea d’accusa che lo condannerà al silenzio forzato: «Ispirata a certe barzellette da Caffè dello Sport, La ricotta appare solo un pretesto per consentire all’autore d’esprimere la sua vocazione sacrilega; che, sarà opportuno non dimenticarlo, data fin dai tempi del noto epigramma su Pio XII […]. Amoroso non era disposto a buttare all’aria dei milioni per consentire a Pasolini di proseguire la sua polemica con la Chiesa, la borghesia italiana, i capitalisti, gli angeli e i santi»(6). 

 III.2. Le diverse stesure della sceneggiatura 

1-  La prima versione della sceneggiatura de La ricotta, conservata presso l’Archivio Contemporaneo Alessandro Bonsanti del Gabinetto Vieusseux di Firenze in un fascicolo eterogeneo di carte manoscritte, narra la vicenda di Stracci a uno stadio di elaborazione non lontano da quello definitivo. Si intitola Le fave perché di fave e non di ricotta (già subentrata tuttavia nelle carte finali) è originariamente previsto che Stracci si abbuffi. Il linguaggio di Pasolini, che diventerà di stesura in stesura sempre più prudente e avvertito, è qui spesso eccessivamente esplicito: il santo che adesca i due figli maschi di Stracci, ad esempio, è definito senza mezzi termini un «frocio», il giornalista un «coglione». È ancora soltanto un appunto il riferimento a un quadro, non specificato, di Pontormo. Manca del tutto la sequenza dell’intervista (proveniente in parte da alcuni versi che, in questa data, Pasolini non ha probabilmente ancora scritto (7) ), la citazione della poesia Io sono una forza del Passato (anch’essa forse non ancora composta(8) ) e il conseguente dialogo sull’uomo medio. Non è ancora stata scritta una riga del finale. Tra una sequenza e l’altra sono previste delle didascalie (ma il testo ne abbozza solo una) nello stile del cinema muto. L’idea infatti è già di girare una «comica alla Charlot». Ci fornisce un termine post quem per datare il testo l’assegnazione al personaggio del giornalista del nome «Pedote» (la cui testata di appartenenza però, a differenza delle successive versioni, è qui «Mondo Notte»): come vedremo meglio più avanti, Pasquale Pedote è un noto magistrato che ha fatto condannare Franco Citti in un processo celebrato nel maggio del 1962. 

2 -  La seconda versione della sceneggiatura, consegnata ai produttori de La vita è bella, è di poco successiva a Le fave. Se ne conoscono solo i brani trascritti nella citazione con cui Amoroso trascina Pasolini in tribunale (9) . Due varianti significative sono tuttavia da segnalare: il giornale di appartenenza di Pedote è diventato «Telesera» (significativo dettaglio su cui avremo modo di tornare) e al produttore del «film nel film» è assegnato il nome di Angelo Rizzoli. Se la prima variante si conserverà in tutte le successive versioni della sceneggiatura e poi nel film, l’esplicitazione del nome del produttore sarà immediatamente cassata, presumibilmente per prudenza(10). Che Pasolini pensasse a Rizzoli, ovvero al principale produttore de La dolce vita di Fellini, rimane tuttavia significativo, tanto più per il fatto che, proprio mentre Pasolini gira La ricotta, Fellini stesso sta rappresentando il suo produttore in 8 e 1 /2. 

3 - La terza versione della sceneggiatura si conserva in due esemplari – due dattiloscritti di copisteria conservati rispettivamente alla Biblioteca Chiarini della Cineteca di Roma e al Fondo Pier Paolo Pasolini della Cineteca di Bologna – che danno conto di un momento in cui il progetto è già stato rilevato da Alfredo Bini (11). 
I due copioni sono pressoché identici (li consideriamo pertanto un’unica versione) se non fosse per alcune correzioni autografe contenute in quello bolognese, con tutta probabilità intervenute poco prima delle riprese: un tratto di penna cerchia «L’incoronazione del Pontormo», sostituita nel film dalla Deposizione di Rosso Fiorentino; del nome Pedote è modificata, per uno scrupolo di prudenza tanto tardo quanto inutile, la «e» finale in «i»; la prudenza suggerisce inoltre di cambiare il nome alla stripteaseuse da Maddalena a Natalina. È con tale versione che Pasolini si reca sul set (12). 

4 - Tra il copione di Bologna e le riprese si colloca il soggiorno presso la Pro Civitate Christiana di Assisi (13), il 3 e il 4 ottobre 1962, nel corso del quale Pasolini viene folgorato dall’idea di trarre un film dal Vangelo di Matteo. Quando, il 15 ottobre, si accinge a dare avvio alle riprese de La ricotta, Pasolini ha dunque da poco elaborato il progetto di un film dal soggetto in tutto simile a quello che la sceneggiatura de La ricotta prevede debba girare il personaggio del regista; prospettiva che gli era del tutto estranea quando, a maggio, aveva scritto la prima stesura della storia di Stracci. Il progetto de Il Vangelo secondo Matteo, nel frattempo venuto alla luce, entra in relazione con La ricotta avvicinando ulteriormente (più di quanto già non lo fossero) il personaggio del regista alla prese con un film su Cristo e Pasolini stesso, ugualmente alle prese con un progetto, sebbene solo abbozzato, di film su Cristo. 
L’identificazione stretta che si viene così a creare tra Pasolini e il personaggio del regista è causa di un’importante modifica. Nella terza versione della sceneggiatura, quella utilizzata sul set, il giornalista termina l’intervista con questa domanda: «Qual è la sua opinione… sul regista/scrittore P.P. Pasolini?»(14). Nel corso della lavorazione Pasolini avverte la necessità di sostituire il proprio nome, che ora sente associato a colui a cui è rivolta la domanda, e la battuta diviene: «Qual è la sua opinione sul nostro grande regista Federico Fellini?». 
 Dall’importante, e già citato, reportage su La ricotta inviato da John Francis Lane a «films and filming» al termine delle riprese, si evince come tale correzione sia probabilmente intervenuta solo in fase di doppiaggio. Il reportage, un poco demistificante nei confronti di una delle battute de La ricotta più discusse dalla critica, riporta infatti la lezione precedente la modifica: 
He [il giornalista] asks the director «What do you think of the poet-film director Pier Paolo Pasolini? The director – Welles – replies «He dances». Welles asked Pasolini what this meant. Pasolini replied: «I don’t know. Somebody said it of me in some Fascist provincial paper». (15
Più che il desiderio di far spazio all’amico collega, ciò che spinge Pasolini a questa variante è la volontà di eliminare dalla domanda il proprio nome, tanto più che la scelta del sostituto pare dettata (se è vera l’ipotesi che la modifica intervenne in fase di doppiaggio) anche da ragioni di sincronismo labiale. 
Ma la testimonianza di John Francis Lane ci fornisce un ulteriore dato importante. Lane si riferisce infatti al «film nel film» chiamandolo «The Chronicle of St Mathew [sic]» (16). Si tratta di un’informazione che Lane non può aver ricavato da alcuna fonte: non dal copione, che dà prova di aver letto attentamente, non dalle riprese cui ha preso parte. Né i materiali di sceneggiatura né il girato assegnano infatti un titolo al «film nel film». Probabilmente così era chiamato sul set da Pasolini e dalla troupe. La conferma arriva da un paio di altri articoli sulle riprese pubblicati, non a caso, da redazioni comuniste romane. «Il paese», in un servizio sul primo giorno di riprese, precisa: «Si gira una “troupe” che sta girando La cronaca di San Matteo» (17); «l'Unità», nel dare conto dell'ultimo ciak, si riferisce alla «troupe (falsa) della Cronaca di San Matteo (già, questo è il “film” di cui è “regista” Orson Welles)»(18). Si tratta di un ulteriore elemento a conferma del fatto che Pasolini ha girato La ricotta con in testa il progetto de Il Vangelo secondo Matteo e ha interrogato il personaggio del regista come se fosse il proprio alter ego alle prese con il suo prossimo film. 
La modifica dell’ultima domanda del giornalista è recepita dalla versione letteraria della sceneggiatura, l’unica a essere stata pubblicata da Pasolini, in Alì dagli occhi azzurri, nel 1965 (19). Tale testo presenta, accanto a una serie di interventi mirati a tradurre lo stile tecnico della sceneggiatura in un racconto (20), un’ulteriore sostituzione di nomi, determinata dalle vicende processuali in cui fu coinvolto il film. Uno dei motivi che contribuirono a scatenare la magistratura contro La ricotta fu l’aver assegnato (fin dalla prima versione della sceneggiatura) al personaggio negativo del giornalista il nome di un noto magistrato con il quale Pasolini era in lite. È forse per evitare di aggravare una situazione già compromessa che nel 1965 Pasolini sostituisce «Pedoti» con «Gianluigi» (21). Secondo Walter Siti e Franco Zabagli il nuovo nome è «forse allusione a Gian Luigi Rondi» (22), ipotesi più che plausibile, in considerazione delle velenose recensioni de La ricotta (23) e de Il Vangelo secondo Matteo scritte nel frattempo dal critico cattolico (24). 

Note:

1) Cfr. P. Palombo, Bestemmie da 8 milioni, «Lo Specchio», 14 ottobre 1962. 

2) Cfr. P.P. Pasolini, Il viaggio a Citera, in CI2, pp. 2635-2642. 

3) Intorno alla scelta di riprendere la crocifissione di Cristo durante l’eclissi di sole del 15 febbraio 1961 ruotò la campagna pubblicitaria di Barabba: «L’attimo fatale durò due minuti. Furono due minuti di tensione nervosa e di freddo mortale. L’uomo che figurava Gesù Cristo […] fu calato dalla croce svenuto» (E. de Bernart in R. Hawkins [a cura di], «Barabba» di Richard Fleischer, Cappelli, Bologna 1962, p. 133). La notizia venne riportata dai principali quotidiani italiani invitati a seguire l’evento. 

4) C. Di Carlo, Carnet di «Mamma Roma», «L’Europa letteraria», ottobre 1962, p. 185. 

5) G. Del Re, Pasolini rivendica a «La ricotta» un contenuto rigorosamente morale, «Il Messaggero», 15 ottobre 1962. 

6) Palombo, Bestemmie da 8 milioni cit. L’epigramma citato è P.P. Pasolini, A un Papa, «Officina», n.s., n. 1, marzo-aprile 1959; poi in La religione del mio tempo, Garzanti, Milano 1961; ora in PO1, pp. 1008-1009. 

7) P.P. Pasolini, Le pause di «Mamma Roma», in Mamma Roma, Garzanti, Milano 1962; poi in Poesia in forma di rosa, Garzanti, Milano 1964; ora in PO1, p. 1098. 
 )8 Ivi, p. 1099. 

9) Cfr. Palombo, Bestemmie da 8 milioni cit. e [Redazionale], Un soggetto blasfemo di Pasolini: «La ricotta», «Gli oratori del giorno», dicembre 1962, dove viene ripubblicata la citazione con leggere varianti e un ulteriore brano tratto dalla sceneggiatura di Pasolini. 

10) Nella richiesta di credito presentata da Bini alla Banca Nazionale del Lavoro è specificato che «il prestito verrebbe garantito con la cessione di primo grado a favore di codesto Istituto del 100% di tutti i diritti spettanti al film per effetto della sua circolazione in Italia, e con la fideiussione del Cav. del Lav. Angelo Rizzoli fino alla concorrenza del minimo garantito» (FACS). Si tratta probabilmente di un dettaglio non estraneo all’oscuramento del nome del personaggio del produttore. Si tenga presente infine che Rogopag sarà distribuito proprio dalla Cineriz di Rizzoli. 

11) Il primo documento in cui compare il nome di Bini è il contratto stipulato dall’Arco Film e gli stabilimenti De Paolis, datato 21 agosto 1962 (FACS). Ma già [Redazionale], Un film sulla fame, «Paese sera», 21 luglio 1962, annuncia che La ricotta sarà prodotto dalla Arco Film. 

12) Una copia di tale versione, ma senza le modifiche autografe dell’esemplare bolognese, è conservata in FTR e venne pertanto visionata dai giudici che condannarono Pasolini. L’esemplare bolognese, integrato con le correzioni autografe, è stato pubblicato in CI1, pp. 327-351. 

13) La Pro Civitate Christiana è un’associazione laicale fondata da Giovanni Rossi nel 1939. Per una storia della Pro Civitate Christiana cfr. M. Toschi, Per la chiesa e per gli uomini. Don Giovanni Rossi 1887-1975, Marietti, Genova 1990; G. Zizola, Don Giovanni Rossi, Cittadella, Assisi 1997. Sulla decisiva influenza esercitata dalla Pro Civitate Christiana sul cinema di Pasolini compreso tra La ricotta e Uccellacci e uccellini, cfr. T. Subini, La necessità di morire. Il cinema di Pier Paolo Pasolini e il sacro, EdS, Roma 2008. 

14) CI1, p. 336. 

15) J.F. Lane, Pasolini’s Road to Calvary, «films and filming», vol. IX, n. 6, marzo 1963, p. 68 [«Egli chiede al regista “Cosa ne pensa del poeta-regista Pier Paolo Pasolini?” Il regista – Welles – risponde “Egli danza”. Welles ha chiesto a Pasolini cosa significhi. Pasolini ha risposto: “Non lo so. Qualcuno lo disse di me in qualche giornale fascista di provincia”»]. 

16) Ivi, p. 70. 

17) L. Biamonte, P.P. Pasolini si autocritica tramite Welles, «Il paese», 16 ottobre 1962. III. 

18) L. S., Ultimo ciak per «La ricotta», «l’Unità», 23 ottobre 1962. 

19) P.P. Pasolini, Alì dagli occhi azzurri, Garzanti, Milano 1965; ora in RO2, p. 844. 

20) Cfr. W. Siti e S. De Laude (a cura di), Note e notizie ai testi, in RO2, p. 1970. 

21) Pasolini, Alì dagli occhi azzurri cit., p. 843. 

22) W. Siti e F. Zabagli (a cura di), Note e notizie ai testi, in CI2, p. 3056. 

23) «L’episodio interpretato da Orson Welles e diretto da Pasolini, che, nel desiderio di criticare quelli che speculano sui film biblici, scivola in realtà nella parodia più blasfema e sacrilega (e non di rado più sconcia) dei Testi Sacri in apparenza difesi, preferiamo lasciarlo, senza neanche entrare nel merito, all’indignazione e al disgusto del pubblico onesto; di quel pubblico che, anche quando non è credente, ha almeno la civiltà di non gettare fango e sputi sulla religione e la fede degli altri» (G.L. R[ondi], Quattro episodi senza un filo conduttore in un film ambizioso soltanto nel titolo, «Il Tempo», 24 febbraio 1963). Tale recensione fu così commentata da Antonello Trombadori: «Sono sicuro che se il magistrato che ne ha ordinato il fermo si fosse consultato prima con Giovanni XXIII, il Papa lo avrebbe sconsigliato dal procedere. Il magistrato invece ha preferito dar retta al velenoso attacco scritto sul giornale “Il Tempo” contro l’episodio di Pasolini dal critico clericale, baciapile e battipetto, Gian Luigi Rondi» (Perché è diventato Rogog, «Vie Nuove», 7 marzo 1963). 

24) Cade inoltre una battuta piuttosto misteriosa, presente nella terza versione, con cui l’interprete di Cristo profetava la fine del potere del produttore borghese citando, in aramaico, un passo biblico tratto dal libro di Daniele (5,25). Per una dettagliata ricostruzione della citazione e del suo possibile significato cfr. W. Siti e F. Zabagli (a cura di), Note e notizie sui testi, CI2, p. 3058. 


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Curatore, Bruno Esposito

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