"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
L'intervista a Pier Paolo Pasolini
di Philippe Bouvard di Dix de Der, Antenne 2
Di ritorno dalla Scandinavia Pasolini andò a Parigi per un'intervista rilasciata a Philippe Bouvard di Dix de Der, Antenne 2. era esattamente il 31 ottobre del 1975, la sera prima di essere ammazzato.
Realizzata in occasione della presentazione in Francia dell'ultimo film:
"Salò o le 120 giornate di Sodoma".
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Lei pensa che i cineasti si siano spinti oltre…
«No, i cineasti no. Forse i produttori di pellicole cinematografiche».
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Quando uscirà il suo ultimo film Le 120 giornate di Sodoma, pensa che scandalizzerà ancora una volta?
«Io penso che scandalizzare sia un diritto, essere scandalizzati un piacere. Chi rifiuta il piacere di essere scandalizzato è un moralista, è il cosiddetto moralista». .
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Il sesso è politica?
«Naturalmente».
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E la scatologia?
«Anche la scatologia è politica. Non c’è nulla che non sia politico».
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E il cannibalismo?
«In certi ambienti è un fatto politico reale. In altri un fatto politico metaforico».
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Lei crede che sia il modo migliore per sbarazzarsi dei propri nemici politici?
«Ho fatto proprio in questi giorni due modeste proposte alla maniera di Swift. Ho proposto di divorare gli insegnanti della scuola dell’obbligo e i dirigente della televisione italiani. Sono coriacei. Abbiamo dei buoni stomaci».
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Ha sempre lo stesso odio per i borghesi e la borghesia?
«Non si tratta di odio, è qualcosa di più e di meno. Devo piuttosto rinunziare a questa specie di odio perché in Italia sono tutti diventati borghesi».
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Quando sono i borghesi a decretare il successo di un suo film la rende triste saperlo?
«Non succede mai che siano dei borghesi a decretare il successo di un mio film. Sono le élites borghesi, quelle a cui io stesso appartengo».
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Perché oggi non è più militante?
«In che senso?».
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Non è più militante politico
«Lo sono più che mai. Non sono mai stato iscritto ad un partito politico. Sono un indipendente di sinistra e continuo a militare più che mai».
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Prova mai nostalgia dei tempi in cui la gente la insultava per strada?
«Mi insultano ancora».
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E lei prova un certo piacere?
«Se non lo rifiuto è perché non sono un moralista».
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Quale qualifica professionale preferisce? Poeta, romanziere, dialoghista, sceneggiatore, attore, critico, regista?
«Nel passaporto c’è scritto semplicemente scrittore».
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Perché ha circondato le riprese delle 120 giornate di un grande mistero?
«E’ stato girato nel mistero perché così si opera bene, nel mistero. Ho cercato di difendermi più di altre volte perché c’erano dei pericoli immediati, incombenti, niente di speciale».
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Cosa intende per pericoli immediati?
«L’apparire di qualche moralista che richiede di essere scandalizzato».
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Lei pensa che sia stata quella di Salo l’epoca della grande decadenza?
«E’ stata la decadenza del periodo hitleriano, non certamente quella del grande capitalismo occidentale».
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In questo film un centinaio di ragazzi e ragazze vengono sottoposti a trattamenti particolarmente crudeli, a supplizi e oltraggi. Come li ha scritturati questi cento ragazze e ragazzi?
«Per la verità ho seguito i numeri che per Sade sono magici, il numero quattro. Le vittime sono in tutto una ventina, non un centinaio. Per sceglierli ho semplicemente fatto come per tutti gli altri film: ho incontrato migliaia di persone e ho scelto quelle che mi sembravano ideali».
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Ci sono attori masochisti?
«Se li ho scelti vuol dire che lo sono».
E la scatologia?
«Anche la scatologia è politica. Non c’è nulla che non sia politico».
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E il cannibalismo?
«In certi ambienti è un fatto politico reale. In altri un fatto politico metaforico».
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Lei crede che sia il modo migliore per sbarazzarsi dei propri nemici politici?
«Ho fatto proprio in questi giorni due modeste proposte alla maniera di Swift. Ho proposto di divorare gli insegnanti della scuola dell’obbligo e i dirigente della televisione italiani. Sono coriacei. Abbiamo dei buoni stomaci».
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Ha sempre lo stesso odio per i borghesi e la borghesia?
«Non si tratta di odio, è qualcosa di più e di meno. Devo piuttosto rinunziare a questa specie di odio perché in Italia sono tutti diventati borghesi».
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Quando sono i borghesi a decretare il successo di un suo film la rende triste saperlo?
«Non succede mai che siano dei borghesi a decretare il successo di un mio film. Sono le élites borghesi, quelle a cui io stesso appartengo».
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Perché oggi non è più militante?
«In che senso?».
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Non è più militante politico
«Lo sono più che mai. Non sono mai stato iscritto ad un partito politico. Sono un indipendente di sinistra e continuo a militare più che mai».
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Prova mai nostalgia dei tempi in cui la gente la insultava per strada?
«Mi insultano ancora».
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E lei prova un certo piacere?
«Se non lo rifiuto è perché non sono un moralista».
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Quale qualifica professionale preferisce? Poeta, romanziere, dialoghista, sceneggiatore, attore, critico, regista?
«Nel passaporto c’è scritto semplicemente scrittore».
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Perché ha circondato le riprese delle 120 giornate di un grande mistero?
«E’ stato girato nel mistero perché così si opera bene, nel mistero. Ho cercato di difendermi più di altre volte perché c’erano dei pericoli immediati, incombenti, niente di speciale».
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Cosa intende per pericoli immediati?
«L’apparire di qualche moralista che richiede di essere scandalizzato».
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Lei pensa che sia stata quella di Salo l’epoca della grande decadenza?
«E’ stata la decadenza del periodo hitleriano, non certamente quella del grande capitalismo occidentale».
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In questo film un centinaio di ragazzi e ragazze vengono sottoposti a trattamenti particolarmente crudeli, a supplizi e oltraggi. Come li ha scritturati questi cento ragazze e ragazzi?
«Per la verità ho seguito i numeri che per Sade sono magici, il numero quattro. Le vittime sono in tutto una ventina, non un centinaio. Per sceglierli ho semplicemente fatto come per tutti gli altri film: ho incontrato migliaia di persone e ho scelto quelle che mi sembravano ideali».
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Ci sono attori masochisti?
«Se li ho scelti vuol dire che lo sono».
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