"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Jesi, 6 dicembre 1956.
Caro Pasolini,
oggi sono disperato, ma la lettera che ti scrivo non è il frutto sgrammaticato della disperazione: è solo il totale di una somma che dovevo fare da tempo. Sapevo che i miei racconti non valevano niente, eppure li avevo inviati a Vittorini con patetiche speranze di vederli pubblicati nei "Gettoni". E ora mi brucia parecchio la lettera di rifiuto.
Con mio padre è ancora peggio. Il due di questo mese sono dovuto scappare a Perugia, e ho trascorso tutta la giornata vicino alla stufa; alla sera non ho neanche mangiato. Il giorno dopo ho conosciuto una ragazza e mi sono innamorato; ma finirà subito; è troppo esperta per me. Sono tornato a Jesi e ho scritto qualche verso d'amore. Ma a casa ho trovato la bufera.
Non posso più studiare: devo a tutti i costi andarmene da casa.
Tu sei il mio solo amico: e se sei davvero un “ragazzo ancora eternamente indifeso” come dici, devi aiutarmi. Tu frequenti l’ambiente del cinematografo; e io porto dentro di me un attore; certo, bello non sono e sono pure timido e selvatico; incontrerei enormi difficoltà, ma se fossi un po' capito potrei arrivare a risultati imprevisti. Fammi conoscere qualche regista: non te ne pentirai, te lo assicuro.
E non pensare che che io m'immagini Cinecittà come un sogno luccicante, e che pensi che l'attore sia un mestiere facile; ma almeno potrei farlo con tutto l'impegno.
Non mi basta più scrivere, e non voglio fare sciocchezze definitive: io voglio vivere. E t'assicuro che farei la vita più sana normale e regolare. Mi limiterei perfino sul mangiare.
Ma aiutami: se mi abbandoni non ho più speranze: e dovrò fare 'tutto' da solo.
Massimo Ferretti
*
Caro Ferretti,
il trauma causatomi dalla tua lettera è stato alquanto attutito dal viaggio che ho fatto in Belgio e in Olanda. Mi riesce quindi ora di risponderti con calma e anzi una certa leggerezza. Non posso e non voglio aiutarti nel tuo progetto. Innanzitutto, non posso per ragioni soggettive: io sto lavorando come un dannato, da massacrarmi, 'per vivere'. Fino a due anni fa insegnavo in una scuola parificata di Ciampino (un'ora e mezza di tram tutte le mattine), per 25.000 lire al mese. E ho fatto questa vita per tre anni. Adesso le cose vanno meglio: collaboro a riviste e lavoro un po' per il cinema. Devo essere spietato con me e con gli altri. Ho dei doveri soprattutto verso i miei genitori, che a causa mia hanno sofferto per tanti anni. Poi per ragioni oggettive, non posso: a Roma non c'è lavoro, e il cinema è in piena crisi: migliaia di generici e piccoli attori sono alla fame. Io sto lavorando per puro caso.
Ma anche se mi fosse possibile aiutarti, non lo farei: tu devi studiare, devi laurearti. Non fare il super-uomo, ce n’è già stati abbastanza. Cerca di essere più umile, cerca di capire anche la ‘realtà’ degli altri, anche quella di tuo padre. E' vero, studiare è faticoso, a volte è nauseante. Ma se sei un uomo, devi vincere te stesso. Altrimenti dimostri di essere il solito mandolinista italiano, il solito poetastro rompicoglioni.
Tieni presente che dai 17 ai 24 anni è, per noi, il periodo più brutto della vita; poi, se si ha un minimo di forza, ci si riprende. Così è successo anche a me.
Mio caro, hai vent'anni. E la giovinezza è bella e dolorosa dappertutto. Dappertutto trovi una bella ragazzetta da corteggiare e una puttana da chiavare.
A Roma potrai, anzi dovrai venire, ma con la laurea in tasca e per ragioni serie. Non spinto da maleodorante romanticismo. Non per fare l’attore, ma per essere compiutamente e pienamente uomo, per quanto è possibile. Ti stringo la mano con molto affetto. Coraggio, e lavora.
P.P.Pasolini
*
Roma, 2 marzo 1956
Caro Ferretti,
scusa il lunghissimo silenzio, davvero poco scusabile. Ma sono stato per un periodo su in Friuli e a Trieste. “Officina” sta per uscire (fra una quindicina di giorni): tu sei in compagnia con Sbarbaro, Vivaldi e Volponi. Di te ho scelto, in linea di massima, abbondando: “Falloforia del principe”, “In memoria di un albero”, “Ballata interrotta”, “Anch’io sono il mare”, “Raucedine”, “1955: la vostra angoscia…”, l’ultimo pezzo dell’Ode (che mi sono permesso di intitolare “Ode a un amico poeta”, sostituendo nel testo “amico” a “Pier Paolo”). Quanto a l’Ode, mi ha moto impressionato: te ne ringrazio moltissimo. L’ultima parte appunto, in endecasillabi, mi pare la più felice. Ho letto con grande interesse anche il radiodramma: che mi sembra rispecchiare la tua situazione presente. Rispecchiarla fin troppo. Ma mentre le poesie, di tale situazione, rispecchiano la parte misteriosamente matura, irrazionalmente compiuta, qui tu appari anche nella tua immaturità, nella tua inquietudine minore, anti-borghese, anarchica, un po’ maudite, nella tua impazienza anti-sociale e anti-culturale. Condizione meravigliosa dei ventanni. Per questo, benché non creda sia il caso di “passare” il dramma ai borghesoni della Rai, non brucerò affatto il manoscritto. E’ una preziosa pezza d’appoggio. Scrivine un altro: cercando di non parlare di te: di non metterci giovani della tua età: e cercando o di essere oggettivo, di sceneggiare, una storia, oppure, se proprio ancora non ti riesce di prescinderti, di essere ancora più sperimentale e poetico: di evitare cioè le contaminazioni. Stammi bene, e ricevi i più affettuosi saluti dal tuo
Pier Paolo Pasolini
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