LA PASSIONE
sente spirare
odore di morte.
Ah che ribrezzo
sentirsi piangere!
Marie, Marie,
albe immortali,
quanto dolore...
Io fui fanciullo
e oggi muoio.
Cristo, il tuo corpo
di giovinetta
è crocifisso
da due stranieri.
Sono due vivi
ragazzi e rosse
hanno le spalle,
l'occhio celeste.
Battono i chiodi
e il drappo trema
sopra il Tuo ventre...
Ah che ribrezzo
col caldo sangue
sporcarvi i corpi
color dell'alba!
Foste fanciulli,
e per uccidermi
ah quanti giorni
d'allegri giochi
e d'innocenze.
Cristo alla pace
del Tuo supplizio
nuda rugiada
era il Tuo sangue.
Sereno poeta,
fratello ferito,
Tu ci vedevi
coi nostri corpi
splendidi in nidi
di eternità!
Poi siamo morti.
E a che ci avrebbero
brillato i pugni
e i neri chiodi,
se il Tuo perdono
non ci guardava
da un giorno eterno
di compassione?
Cristo ferito,
sangue di viole,
pietà degli occhi
chiari dei Cristiani!
Fiore fiorente,
sul monte lontano
come possiamo
piangerti, o Cristo?
II cielo è un lago
che mugge intorno
al muto Calvario.
O Crocifisso,
lasciaci fermi
a contemplarti.
Cristo, ai tuoi poveri
figli dispersi
nell'infinito
cielo del vivere,
ecco, morendo
Tu lasci questa
finita Immagine.
Soave fanciullo,
corpo leggero,
ricci di luce...
è San Giovanni.
Perduti in nubi
d'indifferenza
in Sé ci chiama
e a Sé ci informa
questo Tuo Corpo.
Cristo si abbatte
dentro il Suo corpo.
Da sé remote
in quali ardenti
campagne ha sguardo
la Sua pupilla?
Qui è ben cieco,
fermo sull'ossa:
un uccelletto
insanguinato
su una proda.
Dietro, la luce
marcisce il cielo.
Per le vallate
e per le vette
non suona voce:
ultimo e dolce
fruscio la serpe
che si rintana.
O Dio che ombre
dentro il chiarore
delle saette!
La Samaria
annega al buio,
la morte tuona
s'un cimitero
di fresche aiuole!
Polvere e fronde
echi di voci
riversi al vento
nel mesto buio.
Ah siamo uomini
dimentichiamo.
Dietro di Cristo
sui monti morti
il cielo fugge,
è un cieco fiume.
Madre, cos'hai
sotto il tuo occhio?
Cosa nascondi
nel riso stanco?
Domeniche antiche,
fresche di cielo,
antichi maggi
rossi negli occhi
delle tue amiche,
antichi incensi...
Ora, al tuo letto,
tremiamo per te,
madre, fanciulla,
per le domeniche,
gli incensi, i maggi.
Tu eri tanto
bella e innocente...
Madre... chi eri
quand'eri giovane?
E Lui, chi era?
Madre, che muoia...
Ah, sia fanciulla
sempre la vita
nella severa
tua vita fanciulla...
Non senti i figli?
O lodoletta
canta in un'alba
di eterno amore...
Angelo, il grembo
sarà candore.
Pei figli vergini
io sarò vergine.
La porta s'apre
quando la pioggia
marcisce la sera.
Allora un raggio
rompe dai nuvoli.
Tu nuda, o Vergine,
specchi nell'umido
il viso azzurro.
Specchio del cielo!
In te le nubi
i muri gli alberi
cadono immoti.
Spio capovolto...
Che pace paurosa!
Non c'è un sospiro
nel cielo, un alito.
Poveri miei occhi
di giovinetto
chini s'un corpo
colore dell'alba!
II gesto santo
del mio peccato
cade in un vespro
di castità
Ahi crudeltà
non trapassarmi
con gli occhi il corpo!
Sì, esso è nudo
caldo e innocente...
Sotto quel crudo
amore degli occhi
mi sento morire.
Dal tuo grembiule
accieca il figlio
un lume candido
di albe e gigli.
Madre! quel lume
è tanto puro
che la tua coscia
pare di neve.
Seni di avorio
nidi di gigli,
non v'ha violato
mano di padre.
Fianchi lucenti
di nere nuvole
non vi fa scuro
la nostra pioggia.
Nel duro silenzio
rustici uccelli
pungono l'aria
e il casto cuore.
Che calma morte!
Su ridestiamoci,
che il nostro cuore
vuole peccare.
O Inesistente
quante preghiere
strappate al cuore
per ricadere
sul nostro cuore!
Febbrile e vano
suono degli angelus
sul giorno umano.
L'USIGNOLO DELLA CHIESA CATTOLICA
di Pier Paolo Pasolini
Milano:Longanesi
1958.
di Pier Paolo Pasolini
Milano:Longanesi
1958.
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