"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Tratto da:
In the Theater of my Mind:
Authorship, Personae, and the Making of Pier Paolo Pasolini’s Work
Gian-Maria Annovi
Submitted in partial fulfillment of the
requirements for the degree of
Doctor of Philosophy
in the Graduate School of Arts and Sciences
COLUMBIA UNIVERSITY
2011
© 2011
Gian-Maria Annovi
Pound o della poesia-pazzia
“Non amo Pound.” (49) Così Pasolini rispondeva a una lettera di Mario Costanzo in cui il critico gli chiedeva di contribuire con una testimonianza a un numero della rivista di lettere e arti “Stagione,” dedicato a Montale, Pound e Solmi. Era il 25 settembre 1955, lo stesso anno in cui un gruppo d’intellettuali italiani – tra i primi firmatari lo stesso Sergio Solmi e Diego Valeri – aveva iniziato a far circolare una petizione per la liberazione del poeta americano, rinchiuso da dieci anni nel manicomio criminale di St. Elizabeth a Washington, con l’accusa di tradimento, per aver preso le parti del fascismo e aver criticato in termini violenti l’invasione angloamericana dell’Italia.
A confermare il disamore pasoliniano per Pound, all’epoca dovuto soprattutto a un chiaro pregiudizio di natura politica e con tutta probabilità anche alla non approfondita conoscenza della sua opera, c’è poi una lettera ai redattori di “Officina” in cui accenna, tra i vari interventi previsti per il numero 7 della rivista, a “una nota di Bassani per Pound – contro la richiesta di scarcerazione.” (50) Nonostante la nota non sia poi stata pubblicata – in quanto non pervenuta – pare interessante che Pasolini si premuri di ospitare un contributo contro Pound proprio mentre l’establishment letterario internazionale sta conducendo un dura battaglia a favore della liberazione del poeta. D’altra parte, anche il suo durissimo intervento contro il monumento a d’Annunzio, pubblicato su “Vie Nuove,” uno degli organi di stampa del Partito Comunista, era uscito contro il parere di Palmiro Togliatti, che voleva invece dare spazio a una “rivalutazione” del vate, perché “pensava potesse tornare utile tra gli elettori del Veneto conservatore.” (51)
L’anno successivo, il 1957, nell’ormai celebre saggio intitolato “Il neosperimentalismo,” pubblicato sulle pagine di “Officina,” Pasolini si scaglia di nuovo contro il numero di “Stagione” dedicato a Pound, assumendo il poeta americano ad esempio di quella “religione letteraria, implicante soprattutto la fede in un privilegio sociale e politico del poeta (quello, insomma, degli omaggi a Pound.”(52) Se Pound non fosse un poeta, ci dice insomma Pasolini, non vi sarebbe nessun “caso Pound” e lo zio Ez potrebbe tranquillamente restare in manicomio come ogni sostenitore del fascismo che si rispetti, senza turbare nessuna coscienza.A pochi anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, quale scrittore italiano, omosessuale e marxista, Pasolini non può accettare l’idea che un americano, eterosessuale, già antisemita e “zelatore di Mussolini”(53) possa essere un poeta degno di essere apprezzato, men che meno un modello autoriale. Tale pregiudizio, occorre precisarlo, non era poi così isolato tra gli intellettuali nell’Italia degli anni Cinquanta, ancora scossa dalla visione del profondo baratro in cui il fascismo aveva trascinato l’Italia, ma le difficoltà personali e i pregiudizi che Pasolini si era trovato ad affrontare, il suo essere attaccato e criticato anche da parte della cultura di sinistra dell’epoca, rendono difficile da comprendere l’intransigenza mostrata per il grande poeta americano, tra le più importanti figure del modernismo letterario.
Sorprendentemente, il 1967, dieci anni dopo un giudizio apparentemente inappellabile, è invece da considerarsi come l’anno della svolta poundiana di Pasolini, segnato non solo dalla famosa e controversa intervista televisiva Un’ora con Ezra Pound, di cui mi occuperò tra poco, ma anche da affermazioni come questa:
Non penso affatto che il nostro sia un secolo culturalmente infelice. Al
contrario, da Rimbaud a Pound, mi pare che sia un grandissimo secolo. Non ce n’è altri, che mi piacciano altrettanto, che abbiano prodotto opere così attraenti.(54)
Com’era già capitato con il giudizio entusiasta sul d’Annunzio di Allegoria dell’Autunno, con questa affermazione Pasolini spiazza completamente il suo lettore. Ciò che però colpisce non è solo il ribaltamento del giudizio negativo formulato su Pound precedentemente, ma il fatto che si delinei un arco di magnitudo poetica che ha come estremi due poeti ideologicamente agli antipodi nel sistema poetico pasoliniano. Mentre Pound era dapprima stato rifiutato proprio per il suo filo-fascismo, Rimbaud è infatti associato nell’autobiografia idealizzata di Pasolini al nascere della sua coscienza politica: “sono diventato antifascista per aver letto a sedici anni una poesia di Rimbaud.”(55) Non occorre prestar fede all’istantaneità della illumination pasoliniana, per comprendere quanto sia curiosa agli occhi di uno studioso l’associazione tra Pound e Rimbaud: il primo, infatti, era stato collaboratore de Il Meridiano di Roma(56) e autorizzato (57) dal Fascio a trasmettere da Radio Roma una trasmissione che ebbe “l’unico effetto di spingere la cultura anglo-americana ad esecrare le idee politiche del poeta, in forma pubblica e plebiscitaria,”(58) il secondo esponente “di una cultura che il regime disapprovava e respingeva.”(59)
La riconciliazione di Pasolini con l’autore dei Cantos va forse allora cercata in quella “crisi della rappresentazione, con conseguente netta scissione tra soggetto e oggetto, tra esperienza individuale e cosa”(60) che segna fortemente la poesia italiana degli anni Sessanta. La messa in discussione del soggetto poetico operata selvaggiamente da Rimbaud si rivela infatti nell’esperienza poundiana come possibilità di disseminazione dell’io poetante in un caleidoscopio di persone, un’idea che certo non può che aver affascinato Pasolini. Inoltre, in netto contrasto con quanto avviene nella poesia di d’Annunzio, l’opera di Pound si presenta come un atto violento contro l’idea di forma, e nei Cantos in particolare, i materiali linguistici più disparati si aggregano in un tessuto ininterrotto, una dizione totale che arriva a includere l’ideogramma.(61) Nel 1967, Pasolini ha da poco pubblicato Poesia in forma di rosa (1964), la sua raccolta più sperimentale dal punto di vista strutturale insieme a Trasumanar e organizzar: nonostante ad imporsi violentemente sia ancora il significato, Pasolini perfeziona una tecnica di montaggio di materiali disparati (linguaggio poetico, cinematografico, giornalistico, prosastico, intervista) che contribuiscono a creare un “effetto magma” (“Sono tornato tout court al magma!;” “col fervore che opera mescolanze di materie / inconciliabili, magmi senza amalgama,”),(62) molto simile a un “effetto Pound.” Inoltre, il continuo riferimento a progetti di scrittura in corso apre l’opera al non finito, e l’indicazione di lacune, gli abbondanti punti sospensivi, gli omissis, rivelano un discorso non terminabile, in fieri, che inciampa nelle faglie stesse di un soggetto traumatizzato e mutilo (“come un gatto bruciato vivo, / pestato dal copertone di un autotreno […] come un serpe ridotto a poltiglia di sangue / un’anguilla mezza mangiata”).(63)
Tra i fattori che possono aver contribuito al mutato atteggiamento di Pasolini nei confronti di Pound c’è poi la sua avvenuta liberazione – nel 1959 – e il suo quasi immediato ritorno in Italia, seguito da numerosi eventi celebrativi e importanti traduzioni.
Nel 1957 escono i Saggi letterari, mentre a partire dal ’58 l’editore Vanni Scheiwiller inizia la pubblicazione di testi come Lo spirito romanzo e Hugh Selwyn Mauberley e nel 1961 escono finalmente I primi trenta Cantos.(64) Inoltre, nel 1967 Pasolini ha già ampiamente sperimentato sulla propria pelle ciò che significa un’esposizione prolungata nella gabbia – metaforica, nel suo caso – della giustizia.(65) Come già ho avuto modo di ricordare, ogni sua opera a partire dal 1955 – i romanzi Ragazzi di vita (1955), Una vita violenta (1959) e i film Accattone (1961), Mamma Roma (1962) e La ricotta (1962) – è oggetto di estenuanti processi, censure, e campagne diffamatorie da parte della stampa.
Lo scandalo che Pasolini è giunto lentamente a incarnare, trasformato in un principio attivo della propria poetica autoriale, lo porta in una certa misura ad identificarsi con lo scandaloso Ezra Pound, con il “folle” e controverso poeta americano.
Anch’egli, infatti, non perde occasione per dichiarare il suo disgusto a sentirsi cittadino italiano,(66) così come Pound aveva dichiarato il suo disprezzo per la società americana dai microfoni di Radio Roma:
I fascisti rimproverano per esempio a una mia poesia (un epigramma intitolato Alla mia nazione) di essere offensiva alla patria, fino a sfiorare il reato di vilipendio. Salvo poi a perdonarmi – nei casi migliori – perché sono un poeta, cioè un matto. Come Pound: che è stato fascista, traditore della patria, ma lo si perdona in nome della poesia-pazzia…(67)
Giunto a New York, nell’Agosto del 1966, la metropoli lo folgora letteralmente, come racconta in un’intervista ad Oriana Fallaci: “New York non è un’evasione: è un impegno, una guerra. Ti mette addosso la voglia di fare, affrontare, cambiare: ti piace come le cose che piacciono, ecco, a vent’anni.”(69) Si tratta di un viaggio importantissimo per Pasolini, che scorge nelle lotte giovanili in corso negli Stati Uniti il vitalismo della democrazia ed entra in contatto per la prima volta con il movimento Beat. In particolare, conosce Allen Ginsberg, un altro poeta che all’epoca era da molti considerato come un poeta-pazzo. Ecco cosa gli scrive in una lettera del 18 ottobre 1967:
Dear angelic Ginsberg, last night I heard you saying everything that came into your mind about New York and San Francisco, with their flowers. I have told you something about Italy. Flowers only to be found in the forest. Your city is a city of insane people, mine of idiots. You rebel against insanity with insanity (giving flowers even to policemen) but how can one revolt against idiocy?(70)
Nella stessa lettera, in italiano pervenutaci incompleta a causa del deterioramento della dattilografia ma fortunatamente tradotta interamente in inglese e pubblicata dallo stesso Ginsberg e da Annette Galvano sulla rivista newyorkese “Lumen/Avenue A,”71 Pasolini cita anche Pound, il quale, insieme a Wagner e Nietzsche, avrebbe assunto erroneamente l’intera colpa per la follia in cui è precipitata la società borghese, provocata invece della medesima Pratica e Ragione sottese al linguaggio marxista della protesta.(72)
Con ogni probabilità, scoprire che anche l’uomo che in quel momento era considerato il più interessante e scandaloso poeta della sua generazione, Allen Ginsberg, omosessuale e pacifista di sinistra, aveva una vera e propria venerazione per Pound, e che questa venerazione andava ben oltre il suo trascorso politico, deve aver scosso profondamente la percezione di Pasolini, tanto da farlo diventare immediatamente un modello autoriale. Il poeta americano, con la sua diretta partecipazione alla vita politica della sua generazione, rappresenta ai suoi occhi tutto quello lui che vorrebbe rappresentare in Italia. È infatti Ginsberg il poeta che Pasolini descrive alla fine di Poeta delle ceneri,(73) tracciando un proprio ideale ritratto: “Vorrei esprimermi con gli esempi.
Gettare il mio corpo nella lotta […] Le azioni della vita saranno solo comunicate, / e saranno esse, la poesia, / poiché […] non c’è altra poesia che l’azione reale.”(74)
L’identificazione arriva al punto da chiedergli d’interpretare il ruolo di Cristo nel suo Il vangelo secondo Matteo, e da impiegare il celebre incipit di “Footnote to Howl” nel monologo del Centauro nel suo Medea, girato l’anno successivo: “Tutto è santo, tutto è santo, tutto è santo. Non c'è niente di naturale nella natura.”(75)
Note:
49 Pasolini, Lettere 1955-1975, a cura di N. Naldini (Torino: Einaudi, 1988), 125.
50 Ivi, 221.
51 Schwartz, 536.
52 Pasolini, “Il neo-sperimentalismo,” Passione e ideologia, SLA, 1223. Pasolini si riferisce, con qualche imprecisione bibliografica a Iconografia italiana di Ezra Pound, a cura di V. Scheiwiller, con traduzioni di S. Quasimodo, G. Ungaretti, P. Jahier, V. Sereni, A. Bertolucci, E. Montale e M. de Rachewiltz (Milano: All’Insegna del Pesce d’Oro, 1955); Nuova Corrente, numero a cura di M. Cartasegna, A. Rizzardi, L. Sciascia, G. Sechi, 5-6 (gennaio-giungo, 1956); Stagione, a cura di M. Costanzo e V. Scheiwiller, 5 (1955).
53 Eugenio Montale, “Fronde d’alloro in un manicomio,” Corriere della Sera, 3 marzo 1949, ora in Sulla poesia, a cura di G. Zampa (Milano: Mondadori, 1976), 446.
54 Pasolini, “Se nasci in un piccolo paese sei fregato,” intervista rilasciata a M. Cancogni, La Fiera
Letteraria XXII, 50, 14 Febbraio 1967, ora in Pasolini, SPS, 1613.
55 Pasolini, “Febbraio 1975. Cani,” SPS, 393.
56 Cfr. Caterina Ricciardi (a cura di), E. Pound, Idee fondamentali. ‘Meridiano di Roma’, 1939-1943
(Roma: Lucarini, 1991).
57 Secondo i documenti analizzati da Ulisse Belotti (cfr. “Ezra Pound e ‘il proiettile magico’,” Confronto letterario: Quaderni del Dipartimento di lingue e letterature straniere moderne dell’Università di Pavia, Vol. 14, 27, [1997]: 311-28) l’attività di Pound non fu mai approvata ma solo tollerata dal regime che non smise mai di sospettare che egli fosse una spia: “Sebbene in passato abbia (Pound) manifestato sentimenti favorevoli al Fascismo non si può escludere che la sua offerta di collaborazione nel campo della radiotrasmissione sia dettata da secondi fini” (Archivio Centrale dello Stato, Fondo PS J5, Busta B 272, Fascicolo E. Pound).
58 Niccolò Zapponi, L’Italia di Ezra Pound (Roma: Bulzoni, 1976), 64.
59 Pasolini, “Pasolini su Pasolini,” SPS, 1290.
60 Franco Buffoni, “Considerazioni su Pound e la poesia italiana del Novecento,” Ezra Pound educatore. Atti del convegno internazionale Milano 17-18-19 1997, a cura di L. Gallesi (Milano: Terziaria, 1997), 181.
61 In Petrolio, anche Pasolini progetta di inserire passi tradotti in giapponese o neo-greco.
62 Pasolini, “Una disperata vitalità” e “Progetto di opere future,” Poesie in forma di rosa, TP, Vol. I, 1185; 1246.
63 Pasolini, “Una disperata vitalità,” 1183.
64 Ezra Pound, Saggi letterari, a cura e con introduzione di T. S. Eliot, trad. di Nemi d’Agostino (Milano: Garzanti, 1957); Lo spirito romanzo, trad. di S. Baldi (Firenze: Vallecchi, 1959); H.S. Mauberley, trad. di G. Giudici (Milano: All’Insegna del Pesce d’Oro, 1959); I primi trenta Cantos, trad. di M. de Rachewiltz, (Milano: Lerici-Scheiwiller, 1961).
65 Durante il suo periodo di prigionia in Italia, Pound era stato rinchiuso in una gabbia per animali,
all’aperto, una condizione testimoniata anche da questo versi dei Pisan Cantos: No man who has passed a month in the death cells believes in cages for beasts.”
62 Pasolini, “Una disperata vitalità” e “Progetto di opere future,” Poesie in forma di rosa, TP, Vol. I, 1185; 1246.
63 Pasolini, “Una disperata vitalità,” 1183.
64 Ezra Pound, Saggi letterari, a cura e con introduzione di T. S. Eliot, trad. di Nemi d’Agostino (Milano: Garzanti, 1957); Lo spirito romanzo, trad. di S. Baldi (Firenze: Vallecchi, 1959); H.S. Mauberley, trad. di G. Giudici (Milano: All’Insegna del Pesce d’Oro, 1959); I primi trenta Cantos, trad. di M. de Rachewiltz, (Milano: Lerici-Scheiwiller, 1961).
65 Durante il suo periodo di prigionia in Italia, Pound era stato rinchiuso in una gabbia per animali,
all’aperto, una condizione testimoniata anche da questo versi dei Pisan Cantos: No man who has passed a month in the death cells believes in cages for beasts.”
66 Di tale fenomeno, rendono conto anche questi versi della poesia “Una premessa in versi”: “Quante volte rabbiosamente e avventatamente / avevo detto di voler rinunciare alla mia cittadinanza italiana!,” Pasolini, “Poeta delle ceneri, TP, Vol. II, 1272.
67 Pasolini, “Una polemica su politica e poesia,” SPS, 972.
68 Eugenio Montale, “Il mistero di un poeta. Ezra Pound,” Corriere dell’informazione, 26-27 aprile 1958, ora in La poesia, 500.
69 Pasolini, “Un marxista a New York,” SPS, 1598.
70 Pasolini, Lettere 1955-1975, 632. [corsivi miei]
71 Lumen/Avenue A, I, 1 (1979).
72 “Why do I lament this official language of protest which the working class, through its bourgeois
ideology, has given me? Because it is the language which doesn’t ever leave out the idea of power and it is therefore always practical and reasonable. But aren’t practicality and reason the same goddesses who have made our bourgeois fathers madmen and idiots? Poor Wagner and Nietsche! They have taken all their guilt. And let’s not speak of Pound!,” Pasolini, Lettere 1955-1975, 632.
73 Un testo, occorre ricordare, scritto proprio per essere tradotto in inglese e pubblicato su una rivista
americana.
74 Pasolini, “Poeta delle ceneri,” TP, Vol. II, 1287. Nella stessa poesia scrive anche “Io amo Ginsberg: / era tanto che non leggevo poesie di un poeta fratello,” 1267.
75 1274 “Holy! Holy! Holy! […] Everything is holy! everybody’s holy! everywhere is holy!,” Allen
Ginsberg, Collected Poems 1947-1997 (New York: Harper Collins, 2006), 142.
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