"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Caro Pier Paolo,
qui tutto si svolge secondo il previsto. Infatti ieri non ti ho raccontato - è vero, lo dici sempre che dimentico l’essenziale -, non ti ho raccontato che ti conoscono in tanti. Tanti che sanno tutto di te e ti descrivono da destra a sinistra da sinistra a destra. E tu ti credevi così solo. Invece se tu sapessi - ma tanto lo sai - io non
faccio che leggerti tutto nuovo, tutto imprevisto e imprevedibile. Ma sono
persone serie e irreprensibili quelle che parlano, per cui bisogna anche starle
ad ascoltare. È quindi strano che tu ignorassi - quando te ne andavi come
Charlot in fondo allo schermo, un puntolino nero e solo - che non eri per niente
solo, ma con tutta questa “gente rispettabile che ti conosceva bene” e che
quindi ti seguiva nel buio, fino all’idroscalo. Eri insomma protetto, circondato
di calore. E non lo sapevi. Ma perché?
Vedi, io penso che “ti conoscono bene” perché altrimenti l’alternativa è la paura. La paura di sapere come non puoi rinunciare per una morte anche ben vestita e pettinata, a una cenetta con gli spaghetti alla panna, a una gita ad Amatrice solo per mangiare l’amatriciana, o spiare i bambini di Ninetto che festeggiano i tuoi arrivi e le tue partenze, o girare intorno al mio vestito nuovo scandaloso di lustrini, correre all’improvviso all’EUR per tuffarti nell’odore di primule di Susanna, la partitella, il tuo Bach, il tuo Mozart, o spiare da sotto gli occhiali i ragazzi della F.G.C.I., incredulo. E invece è vero sai che a loro non importa nulla del tuo chiedere amore ai ragazzi. Per loro non è diverso. E tu questo lo sapevi e ne tremavi. Magari “la gente che dice” questo non lo sa. Ma tu sapevi - “tremando” - che si preparavano anni in cui avresti scoperto una briciola di amore al di fuori di noi matti.
E se parlo ora della tua morte - tu che per me morto non sei né mai lo sarai - è solo per passeggiare con te nel paradosso, nella disinformazione a mezzo stampa e TV, nel conformismo e nel perbenismo per i viali ripuliti a fondo da ogni contraddizione, di questa “Italia di serie B” così femminilmente timorosa di avere paura.
Ma naturalmente c’è anche gente che non ti conosce per niente, rispettabile quel tanto che basta, che ti ha preso per mano da quel punto lontano dove sei rimasto con Charlot, e non ti lascia. Non ti lascerà mai e abitano quasi tutti nella “cittadella”.
Quanto a me io farò tutto quello che mi dirai di fare: disobbedirò alla “tolleranza”, correrò dietro al potere per riferirti di volta in volta come si maschera e come si trucca, imparerò nuovi piatti succulenti che servirò ai giovani che riescono a crescere malgrado tutto e cercherò in tutto il mondo qualcuno che debba imparare a ridere e glielo insegnerò - come l’ho insegnato a te - poiché di una cosa sono certa: è successo qualcosa di aberrante perché privo della poesia e della grazia di cui tu sai e di cui hai colmato il tuo striminzito esercito di matti. Questo qualcosa si trasformerà - lo si voglia o no - in una stupenda rosa rossa inondata di sole, di dolcezza e di risate. Schiere di ragazzi e ragazze rideranno felici e complici dell’ambiguo segreto dei tuoi versi d’amore. E questo segreto terrorizzerà sempre più “la gente che ti conosceva bene”. Ma non è grave, vero?
So che hai incontrato Pirro, il cane di Alberto e Dacia e che insieme correte per prati verdi, liberi e freschi. Pirro è uno di cui ti puoi fidare, è saggio e gentile, vi assomigliate molto e ti seguirà dappertutto. Quindi sono tranquilla. Ti telefono domani alla solita ora. Ciao.
Eppure “questa gente” porta delle
prove sai e dicono veramente che tu eri così e così e così. Cose precise. Sanno
persino che amavi e cercavi la morte. Ad esempio tu sapevi che la morte era lì,
vestita e pettinata, e tu le andavi incontro e le dicevi: “mi vuoi adesso? dopo
cena? devo ripassare? e quando devo ripassare?”.
Sai Pier Paolo, dicono anche che eri un po’ matto. Ma non matto come noi, tu, io, Ninetto, Sandro, Elsa, Alberto o Sergio o Dario. No. Matto proprio e quindi ne hai fatte di tutti i colori, anche quella notte. Però, forse è bene che parlino tanto di te. Anche all’estero, sai. Come? Non ti piace? Ma forse allora non mi hai capita e quindi vuol dire che non ho detto l’essenziale.
Sai Pier Paolo, dicono anche che eri un po’ matto. Ma non matto come noi, tu, io, Ninetto, Sandro, Elsa, Alberto o Sergio o Dario. No. Matto proprio e quindi ne hai fatte di tutti i colori, anche quella notte. Però, forse è bene che parlino tanto di te. Anche all’estero, sai. Come? Non ti piace? Ma forse allora non mi hai capita e quindi vuol dire che non ho detto l’essenziale.
Vedi, io penso che “ti conoscono bene” perché altrimenti l’alternativa è la paura. La paura di sapere come non puoi rinunciare per una morte anche ben vestita e pettinata, a una cenetta con gli spaghetti alla panna, a una gita ad Amatrice solo per mangiare l’amatriciana, o spiare i bambini di Ninetto che festeggiano i tuoi arrivi e le tue partenze, o girare intorno al mio vestito nuovo scandaloso di lustrini, correre all’improvviso all’EUR per tuffarti nell’odore di primule di Susanna, la partitella, il tuo Bach, il tuo Mozart, o spiare da sotto gli occhiali i ragazzi della F.G.C.I., incredulo. E invece è vero sai che a loro non importa nulla del tuo chiedere amore ai ragazzi. Per loro non è diverso. E tu questo lo sapevi e ne tremavi. Magari “la gente che dice” questo non lo sa. Ma tu sapevi - “tremando” - che si preparavano anni in cui avresti scoperto una briciola di amore al di fuori di noi matti.
E se parlo ora della tua morte - tu che per me morto non sei né mai lo sarai - è solo per passeggiare con te nel paradosso, nella disinformazione a mezzo stampa e TV, nel conformismo e nel perbenismo per i viali ripuliti a fondo da ogni contraddizione, di questa “Italia di serie B” così femminilmente timorosa di avere paura.
Ma naturalmente c’è anche gente che non ti conosce per niente, rispettabile quel tanto che basta, che ti ha preso per mano da quel punto lontano dove sei rimasto con Charlot, e non ti lascia. Non ti lascerà mai e abitano quasi tutti nella “cittadella”.
Quanto a me io farò tutto quello che mi dirai di fare: disobbedirò alla “tolleranza”, correrò dietro al potere per riferirti di volta in volta come si maschera e come si trucca, imparerò nuovi piatti succulenti che servirò ai giovani che riescono a crescere malgrado tutto e cercherò in tutto il mondo qualcuno che debba imparare a ridere e glielo insegnerò - come l’ho insegnato a te - poiché di una cosa sono certa: è successo qualcosa di aberrante perché privo della poesia e della grazia di cui tu sai e di cui hai colmato il tuo striminzito esercito di matti. Questo qualcosa si trasformerà - lo si voglia o no - in una stupenda rosa rossa inondata di sole, di dolcezza e di risate. Schiere di ragazzi e ragazze rideranno felici e complici dell’ambiguo segreto dei tuoi versi d’amore. E questo segreto terrorizzerà sempre più “la gente che ti conosceva bene”. Ma non è grave, vero?
So che hai incontrato Pirro, il cane di Alberto e Dacia e che insieme correte per prati verdi, liberi e freschi. Pirro è uno di cui ti puoi fidare, è saggio e gentile, vi assomigliate molto e ti seguirà dappertutto. Quindi sono tranquilla. Ti telefono domani alla solita ora. Ciao.
da “Annuario 1976 - Eventi del 1975”, La Biennale di Venezia, Venezia 1976.Laura
commovente e bellissimo
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