"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Il corvo marxista di "Uccellacci e uccellini" di Pasolini...
La voce del Corvo
La voce del Corvo
PIER PAOLO PASOLINI LE FASI DEL CORVO
L’idea del corvo è passata attraverso varie fasi. Prima si trattava semplicemente di uno spirito saggio, un sapiente, in fondo un semplice moralista (ma la prima idea era l’idea non di un film ma di un racconto). Poi da moralista è passato a filosofo. A questo punto è intervenuta l’idea di fare del racconto (che non avrei mai potuto scrivere, non possedendo io una lingua adatta) un film. Il filosofo ha dovuto quindi precisarsi, poiché senza la precisione non è possibile la semplificazione (necessaria non come elemento obbligatorio, ma come affascinante norma prosodica), per un prodotto i cui destinatari siano gli spettatori cinematografici, ecc. ecc.
Questo filosofo è stato allora, dapprima, un saggio «reale», che cerca, attraverso una scandalosa e anarchica libertà, la realtà empirica e assoluta, non sistematica, nelle cose. Un saggio quasi drogato, un amabile beatnik, un poeta senza più nulla da perdere, un personaggio di Elsa Morante, un Bobi Bazlen, un Socrate sublime e ridicolo, che non si arresta davanti a nulla, e ha l’obbligo di non dire mai bugie, quasi che i suoi ispiratori fossero i filosofi indiani o Simone Weil.
Ma, in questa concezione del corvo, i conti non tornavano. Infatti i due personaggi, padre e figlio, che vanno, vanno per le loro strade, sono, nella loro perfetta innocenza, nel loro candido cinismo, nel loro agire secondo un’intima verità - ossia secondo l’automatismo in qualche modo sempre autentico degli uomini semplici, nel più assoluto senso del termine - sono in realtà essi quello che avrebbe dovuto essere il corvo secondo quest'ultima concezione. Egli avrebbe insegnato loro ad essere quello che essi sono da sempre, e per sempre, quello che essi sono per definizione. Non avrebbero mai dunque potuto mangiarselo, alla fine, com’era nel piano: ossia assimilarlo, e ricominciare ad andare, lungo le loro strade, prendendo di lui quel poco che potevano prendere - in attesa che un nuovo corvo venisse a dar loro coscienza delle cose.
Il corvo doveva dunque essere ben definito nel tempo e nella storia: dovevo trascegliere, nell’insieme che formava la complessa cultura del corvo anarchico e «indiano», l’elemento marxista, che non poteva in tal caso che essere una componente della sua cultura. Ho scritto la sceneggiatura tenendo dunque presente un corvo marxista, ma non del tutto ancora liberato dal corvo anarchico, indipendente, dolce e veritiero.
A questo punto, il corvo è diventato autobiografico - una specie di metafora irregolare dell’autore. Così è nato il suo background psicologico: il marxismo innestato come una norma innocente, palingenesi non tuttavia matta ma ragionata, su una incrinatura della norma, sul trauma (la nostalgia della vita, il distacco coatto da essa, la solitudine, la poesia come compenso, il dovere naturale della passione, ecc. ecc.). Ma l’autobiografia si manifestava soprattutto nel tipo di marxismo del corvo. Un marxismo, cioè, aperto a tutti i possibili sincretismi, contaminazioni e regressi, restando fermo sui suoi punti più saldi, di diagnosi e di prospettiva (il contrasto italiano tra mondo preindustriale e industriale, il futuro dell’operaio, ecc. ecc.).
Tutto questo però mi portava a una contraddizione. Il corvo «doveva essere mangiato», alla fine: questa era l’intuizione e il piano inderogabile della mia favola. Doveva essere mangiato, perché, da parte sua, aveva finito il suo mandato, concluso il suo compito, era, cioè, come si dice, superato; e poi perché, da parte dei suoi due assassini, doveva esserci l’«assimilazione» di quanto di buono - di quel minimo di utile - che egli poteva, durante il suo mandato, aver dato all’umanità (Totò e Ninetto).
Va tenuto presente a questo punto che l’epigrafe da mettere in testa al racconto del corvo era una frase di Mao, trovata in un’intervista con un giornalista americano - frase che diceva pressappoco: «Dove vanno gli uomini? Saranno nel futuro comunisti o no? Mah! Probabilmente non saranno nè comunisti nè non comunisti... Essi andranno, andranno avanti, nel loro immenso futuro, prendendo dall’ideologia comunista quel tanto che può esser loro utile, nell’immensa complessità e confusione del loro andare avanti...».
Il corvo era dunque, a questa fase, l’ideologia marxista, nel punto in cui un suo «momento storico» preciso - ossia l’ideologia marxista degli anni cinquanta - stava per essere superato. Dovevo precisare questo punto nella contraddizione: se il marxismo del corvo coincide col mio marxismo, poiché io sono in evoluzione, e sono cosciente prima di ogni altra cosa della crisi del marxismo degli anni Cinquanta, egli non può avere una storia conclusa, non può essere così chiaramente un superato - come una storia semplice richiede - e quindi mangiato. Se invece il marxismo del corvo non coincide col mio, allora il corvo diventa un personaggio del tutto oggettivo, che dice cose che io non condivido più: un personaggio noioso e antipatico, in fondo staliniano, la cui voce risuona «vecchia» nel contesto tutto sommato molto nuovo della favola. Mentre invece la storia richiede che egli sia simpatico, che egli abbia ragione nei suoi interventi sia pure un po’ noiosi, ecc.: così che l’essere mangiato alla fine ispiri due sentimenti equivalenti: il senso piacevole di liberazione dalla sua ossessione ideologica che vuol spiegare tutto e sempre, e la compassione per la sua brutta fine.
Dovevo quindi staccare il marxismo del corvo dal mio, oggettivandone la sua attualità. Ossia anch’egli come me, doveva essere cosciente della crisi del marxismo - essere cioè un marxismo degli anni Sessanta - ma con delle ragioni che non fossero strettamente le mie.
In altre parole: io dovevo approfondire le mie ragioni, verificarle - studiare. Andare avanti, trasformarmi, capire, per poi prestare queste mie nuove prospettive marxiste al corvo. Far coincidere il mio nuovo marxismo e il suo, ma al di là della mia inerte, e puramente negativa, esperienza degli ultimi anni.
È quello che ho tentato di fare - che non è nulla per un ideologo, ma è forse abbastanza per un narratore di favole. In questo sono stato aiutato da un prezioso volume giuntomi al momento giusto: si tratta di un’antologia curata da Franco Fortini che, aggiungendosi all’altro suo recente libro, la Verifica dei poteri, sono stati i testi su cui ho cercato di comporre - a correzione della sceneggiatura - la figura ideologica del corvo, traendo dalla complicata e orrida matassa, un poetico filo riassuntivo.
(1965)
Fonte: PAGINE CORSARE.
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