"Le pagine corsare " dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Pasolini in Friuli:
2° parte
3° parte
4° parte
5° parte
6° parte
7° parte
8° parte
Quella fredda notte di gennaio 1950, raggelata «sotto la coltre di neve che copriva tutto il Friuli», non sarebbe stata scaldata dall’arrivo in una terra abitata da «amica gente». Questa volta l’“amato” treno lo avrebbe condotto tra gente sconosciuta, in una terra «che non è la sua», in quella Roma «sorda ad ogni ingenua attesa».
Pasolini esule friulano (1)
“Irrompono negli orecchi, fissi,
ai nuovi campi dell’Aniene i vecchi
grilli, e mi gridano in silenzio
la mia inascoltata solitudine.
Scomparso dentro questa vecchia
calma campestre che non è la mia
rincaso (...)” (2).
Pier Paolo Pasolini il 28 gennaio 1950, dopo lo scandalo di Ramuscello (3), accompagnato dalla mamma Susanna Colussi, prende dalla stazione di Casarsa il rapido diretto a Roma. Qualche anno più tardi in un racconto richiesto dalla Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato definirà questo treno «il rapido della decisione più importante della mia vita».
Pasolini ha sempre parlato del suo «amore per il treno» e per quelle rotaie che «puntavano drittissime su Casarsa, (...) luogo assoluto dell'universo, (...) prima campagna del mondo» (4). Quella fredda notte di gennaio, raggelata «sotto la coltre di neve che copriva tutto il Friuli» (5), non sarebbe stata scaldata, però dall’ arrivo in una terra abitata da «amica gente» (6). Questa volta l’“amato” treno lo avrebbe condotto tra gente sconosciuta, in una terra «che non è la sua», in quella Roma «sorda ad ogni ingenua attesa» (7).
“...Sono in un altro tempo,
un tempo che dispone i suoi mattini
in questa strada che io guardo, ignoto,
in questa gente frutto d'altra storia...”. (8)
La gente anonima di Roma non ha gli unici tratti somatici che Pasolini aveva imparato a riconoscere nei giovani casarsesi come la sensualità dal mistero avvenente che brucia nei loro occhi (9); questa gente è profondamente estranea a quella storia alla quale il nostro poeta aveva provato e imparato ad appartenere, raccontandola - meglio, cantandone un inno che la cogliesse «in pieno mistero e in piena castità» (10). Ora i campi, il cielo, le strade, la gente di Roma non gli parlano più; non sente più cantare le sue «fuejs», le sue «aghis», il «radic» colto da mani scure, i gesti famigliari dei «veci» contadini curvi sulla terra (11). Le sponde dell'Aniene non sono le sponde del Tagliamento. “Il trauma è fortissimo nel passaggio dal passato al presente: l'aria agra friulana e le luci barocche romane; i saluti di Versuta che sono tremiti del cuore e le esclamazioni della plebe romana”. (12) Persino la sua vocazione poetica sembra inizialmente venir meno:
“(...) Ora da quando sono a Roma, basta che mi metta alla macchina da scrivere perché tremi e non sappia più pensare: le parole hanno come perso il loro senso”. (13)
Il senso delle parole è dato dalla sua "tanto bramata" e conquistata familiarità con il Friuli; solo qui la sua scrittura, la sua poesia può continuare ad avere valore. Pasolini non può concepire la sua vocazione poetica come altro dall'appartenenza alla sua terra. Il paesaggio friulano non è l'equivalente «in poesia di un'arte popolare da iconografia o da ex voto». (14)
“(...) amo questi luoghi, come un uomo può amare le rocce e i boschi; ma non le olografie”. (15)
La sua poesia non nasce nel cantuccio di un laboratorio scientifico, i suoi versi hanno il colore e l'odore delle stagioni casarsesi, e in ogni rigo si legge la fatica delle corse in bicicletta fino al Tagliamento. “La cosa è molto più poetica. Si tratta della più alta, perfetta traduzione in termini linguistici dei dati del paesaggio: (...) per una assoluta convivenza e coesistenza del popolo che canta con il paese in cui canta”. (16) Solo chi conosce quest’intimità con il Friuli può capire la sua estraneità a Roma.
NOTE
1. Si prende l’avvio dall’“esilio” romano di Pasolini.
2. “Irrompono negli orecchi, fissi”, in P. P. PASOLINI, Tutte le poesie, tomo I, Mondadori, Milano 2003, p. 725.
3. La sera del 30 settembre 1949, a Ramuscello, un paese poco distante da Casarsa, durante la sagra di Santa Sabina, Pasolini incontra un ragazzo che già conosce assieme a due suoi amici. Durante la festa si nascondono tra i cespugli. II 22 ottobre Pasolini viene denunciato dai carabinieri di Casarsa per corruzione di minori e atti osceni in luogo pubblico Diffusasi la notizia, Pasolini viene espulso dal Partito Comunista e, conseguenza più grave, perde il posto d'insegnante alla scuola di Valvasone.
4. Il treno di Casarsa, in «FMR», n. 28, novembre 1984; ora in P. P. PASOLINI, Romanzi e racconti 1946-1961, tomo I, Mondadori, Milano 1998, p. 1437.
5. Ibid., p. 1441.
6. Cfr. Mattini casarsesi, in P. P. PASOLINI, Vita attraverso le lettere, a cura di Nico Naldini, Einaudi, Torino 1994, p. 35.
7. Cfr. «Chiusa la festa su una Roma sorda», in P. P. PASOLINI, Tutte le poesie, tomo I, cit. p. 712.
8. «Apro su un bianco lunedì mattina», in ibid, cit. p. 721.
9. «Il tipo valvasonese è bruno, di statura media ma aitante, la carnagione pallida, i capelli scuri, ma tutto pervaso di una mollezza, di un ritegno, e di una serietà molto settentrionale. I giovanotti dai fianchi stretti e dai capelli alti, hanno qualcosa di esotico, o di molto autoctono, e nei loro nessi fisionomici, nel calore dei loro occhi bruciano una sensualità dal mistero avvenente» (cfr. Valvasone, in «Il mattino del popolo», 16 febbraio 1947, ora in P. P. PASOLINI, Un paese di temporali e di primule, Ugo Guanda Editore, Parma 1993, p. 223).
10. Ibid., p. 224.
11. Cfr. Foglie Fuejs, in «Libertà», 6 gennaio 1946; ora in P. P. PASOLINI, in Romanzi e racconti 1944-1961, tomo I, cit., p. 1297.(fuejs = foglie; aghis = acque; radic = radicchio di montagna o Cicerbita alpina; “veci” = vecchi).
12. NICO NALDINI, Vita di Pasolini, Einaudi, Torino 1989, p. 143.
13. A Silvana Mauri, Roma, 10 febbraio 1950, in P. P. PASOLINI, Vita attraverso le lettere, cit., p. 131.
14. Cfr. Il Friuli, testo radiofonico trasmesso dal programma nazionale della Rai l'8 aprile 1953 alle ore 18.45 dal titolo Paesaggi e scrittori. Ciclo dedicato al Friuli, ora in Un paese di temporali e di primule, cit., p. 199.
15. Lettera a Luciano Serra, San Vito di Cadore, 6 giugno 1942, in PASOLINI, Lettere 1940-1954, Einaudi, Torino 1986, p. 130.
16. Il Friuli, in P. P. PASOLINI, Un paese di temporali e di primule, cit., p. 199.
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