"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Pier Paolo Pasolini
"Petrolio"
("petrae oleum")
la “scoria nera” dello spirito contemporaneo.
(Le immagini sono prese dall'edizione Garzanti 2022, a cura di Maria Careri e Walter Siti)
Nel 1992 Einaudi pubblicò per la prima volta "Petrolio" di Pier Paolo Pasolini (si ringrazia Graziella Chiarcossi ), l’Italia e il mondo letterario furono costretti a fare i conti non solo con un’opera monumentale – benché incompiuta – ma con un vero e proprio enigma che ancora oggi, a distanza di oltre trent’anni, resta oggetto di controversie e continue reinterpretazioni critiche. "Petrolio" si presenta come un romanzo-summa, un’opera magmatica e sperimentale, spesso definita “preambolo di un testamento” dallo stesso autore, un saggio poetico, filosofico e politico che cerca di inglobare e superare i generi. Questa ambizione si riflette nella struttura, nei temi e nel linguaggio, così come nella sua ricezione lacerante nel panorama letterario e sociale italiano.
Uno degli assi portanti di "Petrolio" è il motivo del doppio, incarnato dal protagonista Carlo Valletti, dirigente ENI, simbolo della borghesia torinese, ma soprattutto figura dalle molteplici identità: Carlo di Polis (l’alter ego razionale, sociale, integrato nella società, "l’angelo") e Carlo di Tetis (la sua metà pulsionale, sensuale, "il diavolo"). Questo sdoppiamento va ben oltre la letteratura ottocentesca del Doppelgänger, divenendo cifra centrale dell’intera opera, simboleggiando la scissione interiore tra desiderio di purezza e repressione borghese, ma anche la frantumazione dell’identità individuale nell’epoca moderna e capitalista. Il tema del doppio diventa così metafora della condizione instabile dell’uomo contemporaneo, in particolare dell’intellettuale chiamato a confrontarsi con i nuovi miti, le nuove liturgie del potere e dell’omologazione. L’alternanza continua tra Carlo di Polis e Carlo di Tetis consente a Pasolini di esplorare la tensione tragica tra vita autentica (“vita pura”, secondo la sua formula) e maschera sociale, tra eros/vitalità e necessità di rispettabilità, tra l’essere e il possedere.
Il romanzo è comunemente letto come una radicale riflessione e denuncia della corruzione e dei meccanismi occulti del potere della società italiana degli anni Settanta – un potere ormai diffuso e invisibile, inglobante e trasversale, che agisce tanto a livello politico-industriale quanto a livello intimo e personale. L’intero sistema capitalista e consumista viene presentato come intrinsecamente corrotto, in un intreccio indissolubile tra Stato, grandi imprese pubbliche (su tutte l’ENI), logge occulte, servizi segreti deviati e criminalità organizzata. La società di "Petrolio" è una società in cui il potere politico si mimetizza dietro l’apparato industriale e la promozione del benessere, mentre dietro le strategie energetiche e l’affare del petrolio si consumano complotti, omicidi, trame nere e “stragi di Stato”. La vicenda di Carlo Valletti si intreccia con quella dell’ENI e delle sue figure storiche più emblematiche – come Enrico Mattei ed Eugenio Cefis – ridefinendo il romanzo come un’inchiesta, una “spy story” allegorica sul Male e sulle trame oscure dell’Italia repubblicana.
In "Petrolio", la sessualità non rappresenta semplicemente un tabù o un residuo scandaloso di letteratura pornografica, quanto piuttosto il vero terreno di scontro e di metamorfosi politica e antropologica. L’esplorazione del sesso, nelle sue forme più estreme (incesto, pederastia, metamorfosi di genere, prostituzione, sottomissione, orge di gruppo), diventa metafora della crisi identitaria e dell’assoggettamento al potere. Pasolini spinge l’esperienza erotica fino a quella che egli stesso definisce una “enciclopedia dei corpi”, esibendo l’ambivalenza tra desiderio di dominio (il “possesso”) ed esperienza di abbandono all’altro (l’“essere posseduti”), in una riflessione che si fa psicologica, politica e teologica insieme. Il corpo, in "Petrolio", è veicolo di conoscenza ma anche di degradazione, specchio delle dinamiche di controllo biopolitico proprie della società capitalista e, nello specifico, della società dei consumi. L’intera struttura del romanzo è attraversata da una dimensione allegorica e visionaria che attinge a piene mani sia dalla tradizione letteraria medievale (soprattutto Dante) sia dalla mitologia classica e dall’estetica barocca. Le “visioni” di Carlo – dallo sdoppiamento iniziale al “Pratone della Casilina”, dal viaggio in Oriente all’incredibile metamorfosi in donna – sono episodi di carattere onirico e simbolico attraverso cui Pasolini denuncia le verità riposte, spesso inconfessabili, della società contemporanea e delle sue nuove forme di potere e repressione.
Il carattere polifonico è particolarmente evidente nello stile di "Petrolio". La narrazione non si concede mai del tutto al racconto lineare, ma preferisce la digressione, l’interruzione, la sovrapposizione di voci e punti di vista: la voce autoriale si mescola con quella del curatore, del narratore interno, del personaggio, in un continuo gioco di specchi e riflessioni metaletterarie. L’effetto è quello straniante di una narrazione “magmatica e vivente”, indefinibile quanto la realtà sociale e psichica che intende rappresentare. Linguisticamente l’autore alterna registri diversissimi: spazia dalla sintassi giornalistico-saggistica (riflesso dell’attività corsara e polemica degli ultimi anni) a inserti lirici e visionari, fino alla cruda esposizione della corporeità e del linguaggio basso, a imitazione tanto di Petronio e del Satyricon quanto della commedia popolare e della prosa barocca.
La scrittura di "Petrolio" è progettata come enciclopedia narrativa: un insieme di appunti, sogni, visioni, appendici, racconti paralleli, controstorie e inserimenti saggistici che convergono nel tentativo di rappresentare la complessità e la contraddizione della società moderna. La dimensione visionaria sfonda i confini della realtà per accedere all’allegoria o alla parabola, facendo sì che il lettore stesso si confronti costantemente con l’irrappresentabile, l’ambiguo, l’incompleto.
La genesi di "Petrolio", scritta fra il 1972 e il 1975, coincide con uno dei periodi più tumultuosi della storia italiana recente. Il decennio è segnato da crisi economiche (shock petroliferi, inflazione
galoppante, crisi della lira), scandali politici, la crescita esponenziale del terrorismo sia nero che rosso, e l’emergere nella società di una diffusa inquietudine di massa. Il cosiddetto “compromesso storico”, la guerra fra le grandi società energetiche – con ENI al centro dello scacchiere italiano e mondiale – e la presenza sempre più invasiva delle multinazionali del petrolio, nonché la gestione opaca di queste realtà industriali e la connivenza con la politica e la criminalità, creano nello Stato repubblicano un regime di effettiva “sudditanza al potere economico” che Pasolini denuncia sia nel romanzo sia nei suoi Scritti corsari. La morte di Enrico Mattei (1962), il ruolo controverso di Eugenio Cefis e la parabola oscura dell’ENI diventano la materia stessa del romanzo.Oltre la cronaca politica e industriale, "Petrolio" si fa messaggero di una lucida, disperata diagnosi sull’intera società italiana che Pasolini definisce “sottoposta a una mutazione antropologica senza precedenti”. L’avvento della società dei consumi, secondo l’autore, segna la perdita irreversibile delle identità locali, delle culture arcaiche e autentiche, delle tradizioni popolari, in favore di una nuova forma di omologazione culturale e di potere invisibile. Il modello capitalistico produce un nuovo “fascismo totale”, più profondo e subdolo del precedente: non più repressione muscolare ma manipolazione delle coscienze attraverso i mezzi di comunicazione di massa (televisione, pubblicità), l’edonismo e l’ideologia del benessere, la riduzione ad oggetto e a merce dell’essere umano. Il Potere in quest’epoca si configura come un “potere-ombra”, che agisce sotto traccia, determinando i comportamenti, le pulsioni, gli stessi desideri degli individui, senza bisogno di una violenza diretta o manifesta. La religione del consumo e il culto della merce diventano le nuove liturgie della modernità.
Il titolo "Petrolio" agisce su più livelli di significato, sia letterale sia simbolico, racchiudendo l’essenza del romanzo e la visione di Pasolini. Sul piano storico, il petrolio è la materia prima intorno alla quale ruotano le grandi questioni geopolitiche, le strategie industriali delle multinazionali, le turbolenze economiche e sociali dell’Italia degli anni Settanta. Le trame oscure del potere, gli scandali e i delitti (fra cui la morte di Mattei) hanno come sfondo e pretesto la spartizione delle risorse energetiche e il controllo dei flussi di ricchezza legati al petrolio. Sul versante simbolico-allegorico, il petrolio rappresenta la “scoria nera” dello spirito contemporaneo, la materia vischiosa e corrosiva che si infiltra nelle fibre della società, annientando le certezze, sciogliendo i legami, distruggendo la purezza originaria che, per Pasolini, si è ormai estinta sotto i colpi del totalitarismo consumista. Questa doppiezza è tipica della simbologia pasoliniana: tutto ciò che è materia, corpo, istinto (nel bene e nel male) diventa anche segno del sacro e del profano, dell’ineluttabile perdita e della ricerca di una nuova autenticità. Secondo Giuseppe Zigaina, la parola "petrolio" deriva dal latino degli alchimisti, "petrae oleum", evocando sia la sostanza del petrolio (“l’olio della pietra”), sia una più profonda relazione con le radici esistenziali dell’uomo contemporaneo. Zigaina interpreta anche il titolo come un messaggio pasoliniano doppiamente stratificato: il petrolio è tanto risorsa energetica e simbolo della modernità, quanto “spirito della pietra”, materia opaca e dolore del nostro tempo.
Numerosi critici hanno sottolineato come "Petrolio" sia strutturato come una moderna “Divina Commedia laica”, nella quale il viaggio del protagonista attraversa i gironi infernali della società post-boom economico. La figura di Carlo, a sua volta sdoppiata, replica la discesa agli inferi di Dante ma trova, invece della salvezza e della redenzione, solo conferme alla dissoluzione dell’identità e della morale. L’episodio del "Pratone della Casilina" (Ampio Appunto 55), in cui Carlo si sottopone a una serie di rapporti sessuali rituali e a una progressiva umiliazione, assume la struttura di una sacra rappresentazione dantesca, una vera e propria “visione allegorica” sul sesso, il potere e la morte. Simboli e metafore si moltiplicano: l’ascesa e il declino di Carlo, la marcia verso l’alienazione, l’esperienza del possesso e dell’essere posseduti si alternano inseguendo i cerchi deformi di una nuova Commedia infernale.
La denuncia pasoliniana del potere si intreccia strettamente alla riflessione sulla sessualità. Entrambi sono strumenti di dominio e sottomissione, agenti capaci di agire sia a livello collettivo sia intimo. Nel sistema capitalistico, il corpo – proprio come la mente – viene assoggettato, reso funzionale ai meccanismi di produzione, consumo, obbedienza. In questa dialettica, sesso e potere sono due facce della stessa medaglia, legate da una relazione di reciprocità quasi sacrale ma al contempo devastatrice. La progressiva perdita di significato dell’io, la dissoluzione delle differenze di genere e la celebrazione della metamorfosi (“diventare donna,” “essere posseduti”) sono espressione tanto di una crisi esistenziale quanto di un’irriducibile ribellione all’ordine imposto dal sistema. "Petrolio" affronta la sessualità come uno degli ultimi territori di resistenza, conoscenza e scandaglio della verità esistenziale, ma anche come luogo di orrore, sottomissione e alienazione. Le esperienze sessuali del protagonista – spesso estreme, ossessive, reiterate in modo quasi compulsivo – fungono da dispositivo di accesso sia alla realtà sia all’irrealtà del potere occulto. Da una parte, per Pasolini, il sesso può rivelarsi momento di grazia e di “vita pura”, di estasi e di temporanea liberazione dalla morale dominante; dall’altra è discesa negli inferi della carne, terreno in cui il fascismo consumistico esercita un controllo ancora maggiore e più sottile. Il complesso delle scene – spesso giudicate oscene o repellenti dalla critica più retriva – deve essere letto in chiave allegorica, psicoanalitica e politica (come aveva sottolineato lo stesso Pasolini a proposito della società italiana). La progressiva metamorfosi di Carlo – dalla doppiezza originaria alla trasformazione in donna – viene interpretata come manifestazione estrema della crisi identitaria, ma anche come percorso iniziatico che porta dal “possessore” al “posseduto”, dalla mascolinità dominante all’esperienza radicale dell’abbandono e della passività. Qui l’identità non è più una sintesi stabile ma un campo di forze, luogo di scontro fra istinto e razionalità, fra desiderio di trasgressione e cultura repressiva. Questo processo richiama l’immaginario barocco della metamorfosi, la tradizione delle figure ambigue come Tiresia e l’androginia mitologica, ma anche il mito psicoanalitico della reintegrazione fra principio di piacere e principio di realtà.
La rappresentazione esplicita della sessualità, l’abbondanza di dettagli “osceni” e la trasgressione dei tabù (incesto, pederastia, pratiche sadomasochiste) hanno reso "Petrolio" oggetto di scandalo e di pronunciamenti spesso superficiali da parte di critici e giornalisti, che hanno accusato Pasolini di eccesso di morbosità o persino di pornografia. Tuttavia, numerosi studiosi hanno ribadito la valenza allegorica e critica di tali scelte narrative, mettendo in guardia contro ogni lettura “sessuo-patologica” del romanzo. In realtà, come ha sottolineato anche la critica più aggiornata, la radicalità di Pasolini non consiste tanto nella trasgressione fine a se stessa quanto nella diagnosi e denuncia delle nuove strategie di potere, di controllo e di repressione, che trovano nel corpo e nell’eros il loro campo d’azione privilegiato.
Pasolini aveva progettato "Petrolio" come il suo “romanzo principale”, una sorta di summa enciclopedica di tutte le sue esperienze – letterarie, politiche, umane – che avrebbe dovuto occupare 2.000 pagine, una cattedrale laica della modernità. La morte violenta dell’autore ne ha sancito l’incompiutezza, ma questa si rivela anche tratto distintivo e imprescindibile dell’opera, coerente con la crisi della narrazione e dell’identità collettiva della società rappresentata. Il “romanzo di appunti” è un progetto consapevole, una risposta alla dissoluzione dei generi, al crollo delle certezze, alla necessità di una scrittura “magmatica” capace di rappresentare il reale nella sua contraddittorietà. La mancanza di un ordine cronologico e di una progressione narrativa lineare diventa così cifra originale e cifra esistenziale del testo, collocando "Petrolio" nel solco delle grandi opere incompiute della letteratura occidentale.
La ricostruzione del testo, operata dapprima da Maria Careri e Graziella Chiarcossi (Einaudi 1992), poi da Walter Siti e Silvia De Laude (Mondadori, i Meridiani, 1998), e infine dalla nuova edizione Garzanti (2022) con l’inclusione di nuovi materiali e numerose prose escluse, riflette le difficoltà e le problematiche connesse all’allestimento di un testo “vivo”, sempre aperto a nuove stratificazioni, e all’impossibilità di una versione definitiva. La pubblicazione di "Petrolio" fu accompagnata da roventi polemiche: in particolare, la questione del “capitolo scomparso” (il celebre Appunto 21, "Lampi sull’ENI"), mai ritrovato, e la presenza di riferimenti all’attualità politica (l’omicidio Mattei, le trame nere, la figura ambigua di Cefis) alimentarono sospetti circa le vere cause della morte di Pasolini, non ancora del tutto chiarita.
Petrolio gode di una strutturazione profondamente debitrice nei confronti della Commedia dantesca e della letteratura medievale allegorica. Le “visioni”, la struttura appunto-infero-iniziatica, la presenza di guide e cornici, la volontà di rappresentare una “divina commedia dell’Italia moderna” sono tutti elementi emersi chiaramente nella ricezione critica e nella dichiarata intenzionalità dell’autore. L’opera dialoga con Dante anche sul piano tematico: la crisi storica, il viaggio dell’uomo attraverso i cerchi della nuova modernità, la satira feroce della politica e del potere, la denuncia della corruzione ecclesiastica e laicizzata, il ricorso al meccanismo allegorico e simbolico come strumento di conoscenza radicale.
Nonostante la sua incompiutezza, il carattere sperimentale e la difficoltà intrinseca della lettura, "Petrolio" ha avuto un impatto straordinario sulla letteratura italiana contemporanea. Considerato a pieno titolo tra i possibili “grandi romanzi italiani” del secondo Novecento, ha influenzato autori e critici, offrendo uno spazio potenzialmente infinito a nuove interpretazioni, riscritture e dibattiti. Il suo carattere visionario e profetico, la denuncia delle trame nere della società italiana e la rappresentazione della sessualità e dell’identità come campi mobili e mai definitivi, fanno di "Petrolio" una pietra di paragone imprescindibile per la narrativa postmoderna e per gli studi sulla crisi dell’identità e della società dei consumi. Le polemiche accompagnarono la pubblicazione e la ricezione di "Petrolio" fin dall’inizio: si pensi a recensioni scandalizzate, come quelle apparse su La Repubblica, Il Giornale, Avvenire, che attaccavano il romanzo per la sua carica eversiva, la sua ossessione per il sesso, il suo presunto compiacimento morboso. Eppure, come emerso anche nei più recenti studi critici, queste accuse non colgono la natura più profonda dell’esperimento pasoliniano: il sesso in "Petrolio" è metafora, allegoria, cifra della crisi del presente, non un banale “intrattenimento” letterario.
"Petrolio" si impone come uno degli esperimenti narrativi più audaci, visionari e controversi della seconda metà del Novecento italiano, sintesi di tutte le tensioni, le ambiguità, le lacerazioni che attraversano la modernità post-industriale e consumista. Opera incompiuta, romanzo-summa e testamento, saggio politico e riflessione filosofica, "Petrolio" si configura come una parabola personale e collettiva della perdita dell’innocenza, della dissoluzione delle identità e della ricerca di senso nell’incompiutezza. La centralità dei temi di potere, sesso e alienazione, la struttura senza precedenti, il linguaggio polifonico e la profondità allegorica fanno del romanzo una “cattedrale laica”, aperta a ogni nuova decifrazione, sempre in tensione tra realtà e visione, verità e allegoria. La sua fortuna critica e il suo impatto sulla letteratura, sul pensiero e sull’immaginario restano ancora oggi potentissimi, a riprova della vitalità e del coraggio di una voce, quella di Pier Paolo Pasolini.






















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