Benvenuto/a nel mio blog

Benvenuto nel blog

Questo blog non ha alcuna finalità di "lucro".
Viene aggiornato di frequente e arricchito sempre di nuovi contenuti, anche se non in forma periodica.
Sono certo che navigando al suo interno potrai trovare ciò che cerchi.
Al momento sono presenti oltre 1600 post e molti altri ne verranno aggiunti.
Ti ringrazio per aver visitato il mio blog e di condividere con me la voglia di conoscere uno dei più grandi intellettuali del trascorso secolo.

mercoledì 22 ottobre 2025

Giorgio Caproni: Un libro di poesie, "La meglio gioventù, di Pier Paolo Pasolini" - 7 gennaio 1955

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Giorgio Caproni
Un libro di poesie
"La meglio gioventù
di Pier Paolo Pasolini"

7 gennaio 1955

© Questa trascrizione da cartaceo è stata curata da Bruno Esposito )


Fin dalle prime prove di Pier Paolo Pasolini, che risalgono al '41 (Poesie a Casarsa, 1941-1943 ma l'edizione bolognese della Libreria Antiquaria ha per millesimo il 42), pur nel fresco sensibilismo di quelle sue pungenti e stupefatte annotazioni non era difficile notare in lui l'intento, certo istintivo e calcolato insieme, d'uscire dall'impressionismo amorfo del frammento lirico per ritentare (con un pudore che ricorda, mutato il secolo, la verdezza di certe origini nostre e occitaniche) la ricomposizione d'un discorso poetico chiuso, per non dir proprio, tout court, la composizione.

Fu la novità che con maggior gioia salutammo in questo giovane, e più che mai oggi ci rallegra, sfogliandone le pagine che raccolgono il frutto d'oltre dieci anni di lavoro (La meglio gioventù, Biblioteca di Paragone, 1954), il poter confermare come davvero Pasolini sia stato, fra i suoi coetanei, uno dei pochi a capire (a dimostrare d'aver capito, con eccitanti prove scritte alla mano) la necessità e il senso, dopo le salutari demolizioni operate dalla maggior leva del cinquantennio, e già nel colmo di quel 41 che segna forse la punta estrema della maturità « ermetica », d'una nuova ricerca strutturale, tutta volta non certo alla riesumazione di viete forme chiuse (viete nell'uso degli amanuensi, che di volta in volta non le reinventano), bensì al ricupero dello spirito che tali forme, di volta in volta, e sempre in modi differenti, ha determinato. Spirito che vorremmo dire musicale (ma nel senso del Cavalcanti più che del Metastasio) e che bada al numero (alla tecnica) non come a un impaccio, ma anzi come al più naturale del modi (téchnes) del realizzare, contro le dispersioni d'un malinteso mito della spontaneità motore agevole di lirismo più che di vera e propria poesia.

Dotato d'un vigile senso storico e critico, oltre che della sua natura di poeta, senza dubbio l'ha aiutato molto l'attenzione da lui prestata a tutto quel movimento, chiamiamolo anche noi, grosso modo, ermetico, che già ricco del risultato d'uno Sbarbaro e d'un Montale (Saba, Cardarelli, l'ultimo Ungaretti richiederebbero altre considerazioni), ha mirato sempre più con la generazione successiva, a superare la necessaria e feconda poetica della parola in una conseguente poetica del discorso. Movimento ch'egli, anzichè rinnegare, ha piuttosto assunto in pieno in un tempo addirittura anteriore a quello della scrittura, accettandolo (dal lato che gli tornava utile) come fondamento e avviamento al formarsi in lui di quella volontà della forma, che senza altro è una delle sue conquiste più interessanti. 

Certo, basterebbe un minimo cedimento, in questo ritrovato diatonismo, perché subito la malattia mortale del neoclassicismo facesse tabula rasa della pagina poetica. Senonché a preservare il busoniano Pasolini, e il suo discorso busonianamente antropomorfico, da un simile pericolo (sfiorato in qualche punto nel poemetti in lingua che abbiamo ultimamente letto su Paragone e su Botteghe Oscure: poemetti peraltro pieni di coraggio e di spiriti nuovi anche in quella terza rima che pareva resa intoccabile dal Pascoli) sta in sua origine stessa remotamente popolare (che dà un sapore inconfondibile all'amalgama delle più sottili e distanti - antiche nello spazio - esperienze culturali), origine non di censo ma d'animo, alla quale forse si deve anche l'altra novità di questo giovane poeta: l'estrema finitezza e nitidezza dei contorni e la reintroduzione, anche nel giro di pochi versi, dei personaggi scolpiti in tutto tondo e non più soltanto nominati.

Che in questo lo abbia aiutato, si, la sua dimestichezza coi dialettali, può darsi; ma noi siamo più propensi a credere che gli abbia giovato il fatto d'aver assunto una lingua ( friulano) che non è propriamente la sua, la quale non solo lo ha costretto, appunto per non esser la sua, a sceglierne e ad amarne con raddoppiato « spirit d'amour » il preciso territorio fisico e umano, ma, letterariamente quasi vergine, gli ha permesso una maggiore novità di discorso appunto grazie alla novità del vocaboli non ancora codificati e perciò ancora plasmabili, un poco come accade in ogni civiltà letteraria agli albori.

Diviso in due parti da uno stacco puramente psicologico fra il tempo dell'infanzia della prima e il tempo adulto della seconda, il libro rimane unico e unica l'atmosfera sonora (i1 particolarissimo timbro del verso pasoliniano), anche se la fresca orchestrazione si fa appena appena più opaca nella seconda parte, laddove i motivi, diciamo così sociali, d'una presa di posizione politica (la povertà, la ribellione verso i  ricchi. la lotta e il viver duro) per essere troppo esplicitamente dichiarati finiscono con l'appesantire la cristallina trama, del resto subito riscattata dalle aperte romanze finali, che senza declinare del tutto nel popolaresco o nell'italiano romanticismo tamburineggiante, appaiono piuttosto come i1 necessario preludio a quella che sarà l'elegia dell'ultimo Pasolini in lingua:

« Non più, come un androne,

[di sonori

passi perché rari, di tra-

[parenti

voci perchè quiete, tra

[splendori

d'umile pietra, la piazza

[negli spenti

angoli trasale, ne solitarie

frusciano le macchine dei

[potenti... »

versi d'un sapore davvero inedito nella nostra poesia per i1 loro timbro formicolante pieno di sottili vibrazioni nascoste sotto l'apparente, fredda facciata dell'endecasillabo (dove la novità formale pullula spiritosa e viva dalle sillabe che non sa bene su quale tonica far cadere, dando un senso di continua e trepida sospensione), e che perfettamente ricreano in lingua quel panorama geografico e umano visto, nella sua nitidezza, musicalmente (forse perché immerso, più che nello spazio, nel tempo: la « fres-cia rosada dal timp plerdut »), che subito formò maggiore incanto dei versi pasoliniani.

Di questo verso vibratile, ricco di suoni « armonici » e di plurivalenti significati, che subito si stacca dalla prosa per le sue infinite possibilità di risonanze nel cuore (ma senza mai cadere nel simbolismo, dove semmai entra in gioco soltanto l'analogia) già nella «Dedica » è una prova risolutiva:

Fontana di aga dal me pais.

A no è aga pi fres-cia che

[tal me pais.

Fontana di rustic amour

Di questi grumi timbrici, di questi freschi e forti spazi nel tempo, diventato anch'esso paesaggio e sostanza dell'uomo, questo libro è ricco dalla prima all'ultima pagina; e non sarà certo un chiodo fisso se noi ribadiamo come i1 Pasolini debba questo suo risultato (nuovo nella nostra poesia di oggi) appunto alla sua volontà alla sua coscienza della forma.

Giorgio Caproni


 

Curatore, Bruno Esposito

Grazie per aver visitato il mio blog

Nessun commento:

Posta un commento