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domenica 26 ottobre 2025

Pier Paolo Pasolini, la rubrica "Il Caos" - Diario di un’intelligenza inquieta e pratica di resistenza.

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Pier Paolo Pasolini
la rubrica

"Il Caos"


Diario di un’intelligenza inquieta
e pratica di resistenza.


Nel 1968, sul settimanale «Tempo, diretto da Arturo Tofanelli ( vice direttore Nicola Cattedra)», Pasolini inaugura, il 6 agosto 1968, la rubrica "Il caos". Il nome stesso della serie di interventi funge da dichiarazione programmatica. Il biennio 1968-70, gli anni delle contestazioni giovanili, dell’emergere della società dei consumi, della crisi delle istituzioni tradizionali, era vissuto da Pasolini come un’esperienza di rottura epocale. Pasolini percepisce il «caos» come il risultato di una società lacerata e in tumulto, investita centralmente dal collasso delle distinzioni tra ordine e disordine. Il titolo stesso della rubrica rivela la volontà di assumere un punto di vista che fosse alieno rispetto a ogni tentazione di ordine o dogma. Come egli stesso scrive nel primo numero della serie, il caos è anche la cifra della sua strategia comunicativa: una miscellanea di temi, linguaggi e toni. Pasolini parte dalla consapevolezza di essere in una radicale solitudine rispetto alle posizioni dominanti: 

«Il mio non è qualunquismo né indipendenza: è solitudine. [...] Mi preparo a lottare, come posso, e con tutta la mia energia, contro ogni forma di terrore».

Questo caos, nella prosa giornalistica di Pasolini, si fa dispositivo conoscitivo, la sua è una scrittura-messaggio lanciata nel mare del disordine, “un messaggio nella bottiglia”, destinato forse a non essere mai raccolto e a testimoniare una condizione umana e storica senza soluzioni precostituite. Dentro questa dimensione caotica, Pasolini individua sia un rischio distopico – la fine della Storia, la dissoluzione delle identità, la minaccia della società di massa – sia una energia impronosticabile, rivoluzionaria e vitale. La crisi e il caos, secondo Pasolini, possono anche funzionare come leve per il rovesciamento di un ordine ingiusto, come possibilità di nuova umanità, purché questa sappia opporsi all’omologazione, alle strutture del potere, al vuoto sembiante delle ideologie perse.

Pasolini affronta con lucidità e provocazione alcuni nodi centrali della società italiana:

  • Critica alla borghesia: definita come forza omologante e malattia sociale
  • Giovani e ’68: entusiasmo per la ribellione, ma critica per l’adesione inconsapevole ai modelli borghesi
  • Media e informazione: diffidenza verso la cronaca spettacolarizzata
  • Antropologia del potere: analisi delle trasformazioni culturali e linguistiche
“La borghesia è una vera e propria malattia: 
non è un gruppo sociale, è un virus.” 
  • Scrittura ibrida: tra diario, saggio e poesia
  • Tono provocatorio: Pasolini usa la rubrica come spazio di resistenza
  • Dialogo con il pubblico: risponde alle lettere dei lettori, trasformando la rubrica in arena pubblica
“Il vero fascismo è la riduzione dell’uomo a consumatore.” 

 La rubrica assume simultaneamente tre funzioni principali:

1) diario pubblico dell’esperienza intellettuale e morale dell’autore;

2) luogo di controinformazione poetica, capace di introdurre categorie antropologiche nella lettura dell’attualità;

3) dispositivo polemico che intende disturbare il consenso culturale dominante.

Questa triplice funzione produce un effetto di straniamento rispetto alle convenzioni del giornalismo: la voce pasoliniana non mira semplicemente a persuadere, ma a rendere visibile un disagio strutturale della modernità italiana. La rubrica suscita forti reazioni tra i lettori, diventando uno spazio di confronto e polemica. Pasolini si afferma come intellettuale pubblico, capace di disturbare e stimolare il dibattito. 

Nucleo costante degli interventi è la critica alla borghesia in quanto agente di omologazione culturale. Pasolini non la condanna soltanto come classe economica, ma come matrice di modelli di vita, linguaggio e consumo che assottigliano differenze culturali e identitarie. L’attacco rivolge l’attenzione non solo alle élite politiche, ma ai meccanismi quotidiani mediante i quali la cultura di massa impone uniformità. Pasolini osserva il ’68 con un sentimento doppio: ne riconosce la carica di rottura e vitalità, ma ne mette in guardia dalle forme di autoreferenzialità che possono tradursi rapidamente in nuovi modelli di conformismo. La sua riflessione sottolinea come la provenienza sociale dei protagonisti e la loro cultura di riferimento condizionino la possibilità di una trasformazione realmente emancipatrice. Un tema ricorrente è la denuncia della spettacolarizzazione e della riduzione dell’esperienza umana a funzione di mercato. Pasolini individua nel consumismo una forma di dominio meno visibile ma altrettanto efficace del potere politico: la soggettività si modifica in vista di ruoli di consumo e rappresentazione, riducendo la capacità critica e la varietà di immaginari.

Il Caos è caratterizzato da un forte ibridismo: il linguaggio pasoliniano mescola elementi del saggio, della confessione diaristica, della prosa poetica e della polemica giornalistica. Questa commistione produce testi che sfuggono alla linearità argomentativa classica e funzionano piuttosto come episodi di riflessione concentrata, frammentaria e volutamente perturbante. La provocazione è strumento retorico ricorrente: formule sintetiche e paradossali servono a rompere la rassicurante lettura corrente dei fatti e ad attivare un lavoro interpretativo nel lettore. Il paradosso, oltre a suscitare scandalo, inaugura la messa in crisi di categorie consolidate. Pasolini impiega la rubrica anche come foro di dialogo con i lettori: le lettere e le polemiche successive amplificano la dimensione pubblica del testo, trasformando la pagina in un’arena di confronto dove la critica non è solo rivoluzionaria ma interattiva.

Leggere la rubrica come pratica di resistenza significa riconoscere il modo in cui Pasolini cerca di interrompere i processi di naturalizzazione del nuovo ordine culturale. La resistenza pasoliniana non è organizzazione politica tradizionale, ma produzione di un discorso che riapre domande irriducibili sul valore della differenza, sulla qualità del linguaggio e sulla formazione dei desideri collettivi. In questo senso, Il Caos aspira a preservare e rilanciare soggettività non riconducibili al paradigma consumistico. Oggi consente di rintracciare strumenti concettuali per osservare fenomeni odierni: la polarizzazione mediatica, la centralità del consumo come forma di integrazione sociale, la precarietà delle soggettività giovanili. Le categorie pasoliniane mantengono una capacità diagnostica che va oltre l’aneddoto storico e interroga la forma stessa della modernità tardiva. 

La rubrica Il Caos rappresenta un laboratorio di pensiero in cui Pasolini sperimenta una modalità di impegno intellettuale che fonde poesia, critica sociale e antropologia. Come forma di resistenza, la rubrica non propone soluzioni tecnocratiche ma solleva domande decisive sulla natura della trasformazione culturale, sulla perdita delle forme popolari di sapere e sulla metamorfosi dei soggetti sociali. La sua risonanza permane nella misura in cui continua a provocare una ricomposizione critica delle categorie con cui interpretiamo il presente.

Bruno Esposito


 

Curatore, Bruno Esposito

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