"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Transizione:
"Un Nuovo Inizio", "la Stessa Radice "
La Nuova Stagione del Blog
"Pier Paolo Pasolini, Le Pagine Corsare"
"La memoria è il nostro solo paradiso
da cui nessuno può cacciarci"
(scriveva Proust)
Tredici anni di Pagine Corsare (Eretico e Corsaro)
un progetto che ti attraversa, più che attraversarlo.
Tredici anni in cui “Le Pagine Corsare” (Eretico e Corsaro) è diventato un luogo, una comunità e una traccia resistente di memoria pasoliniana, tanto sul blog quanto sulle pagine e gruppi Facebook. Tredici anni a dar voce a Pier Paolo Pasolini: a pubblicarne parole, versi, interviste, polemiche, opinioni, gesti e immagini. Un lavoro di cura, più che di commento; un atto di servizio, più che una libera confessione. Ma ora, dopo questa lunga stagione, è giusto arrivato il momento di dare un corso diverso a questo lavoro.
Non c’è un annuncio solenne, né la pretesa di una svolta traumatica. C’è però la volontà, oggi, di scrivere un nuovo inizio, di affiancare alla voce di Pasolini, anche una personale analisi critica del suo pensiero e della sua opera. Non per sostituirla, ma per avvicinarmi ancora di più a ciò che mi muove. Sento l’esigenza di passare dal ruolo di curatore – colui che cerca, ordina, ricostruisce e seleziona la voce di un altro – a quello di autore che riflette, espone, indaga, si espone. È un passaggio naturale, un po’ necessario, un po’ rischioso: si tratta di assumere la responsabilità della propria voce, proprio mentre si rende omaggio a una voce tanto ingombrante quanto imprescindibile.
Quando anni fa ho mi sono dedicato a questo lavoro, non mi ponevo come autore, ma come un ponte. Mi trovavo quasi nella posizione dell’editor o del curatore editoriale: una figura in penombra, attenta a non imprimere troppo la propria impronta, ma impegnata nel garantire che il testo – in questo caso la parola pasoliniana – potesse risuonare chiara e pulita per chiunque si avvicinasse.
Fare da tramite alle parole di Pasolini significa anche avvertirne il peso e la complessità. Pasolini non è un autore comodo; è anzi, per definizione, divisivo. Nei decenni, intorno alla sua figura e alle sue idee si sono stratificate reinterpretazioni, miti, odi e amori, revisionismi, nuove ipotesi su vecchi misteri. Da curatore, ho sentito il dovere di offrire ai miei lettori le sue stesse parole, lasciandole il più possibile “a nudo”, con poche sovrastrutture. Ho organizzato il blog e le pagine come un archivio sistematico di testi, interviste, citazioni, e spesso, come su Facebook, la mia presenza era quella – quasi rassicurante – di chi si limita a introdurre, a contestualizzare, a segnalare, mantenendo il rispetto del materiale originario.
In questo lungo tempo mi sono chiesto spesso quale fosse il senso di questo “lavoro di custodia”. Non solo: l’intenzione era, e resta, un modo per fare resistenza contro la superficialità e la semplificazione inevitabile della comunicazione contemporanea. Ho dato uno spazio alle parole di Pasolini affinché non venissero travolte dall’istante, dalla citazione fuori contesto, dall’abuso retorico o dalla manipolazione.
Ma, in questi anni, il desiderio di aggiungere uno sguardo, una postilla, una domanda personale si è fatto sempre più urgente. Sentivo – e sento – che la cura senza l’emozione rischia di svuotarsi. E soprattutto mi interrogavo: quanto si rischia di nascondersi, dietro il paravento della cura dell’altro? Quando arriva il momento di prendersi il rischio della propria voce e del proprio pensiero? Perché Pasolini? Perché continuare a parlare di lui, a interrogarlo, a sentire che la sua voce forzando il silenzio del tempo presente?
Pasolini non è stato semplicemente uno degli ultimi intellettuali totali del Novecento italiano, ma una vera “forza del passato”, come amava definirsi. La sua opera e la sua biografia – come sottolineano molti studiosi, da Siti a Naldini, da Belpoliti a Carnero – sono indivisibili. Ogni parola di Pasolini è traccia scritta di un’opera vivente, di una tensione mai pacificata fra storia e vita, individuo e comunità, corpo e ragione, desiderio e proibizione.
Dal primo Friuli delle “Poesie a Casarsa”, attraversando la scoperta di Roma nelle “borgate” di “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta”, fino ai grandi saggi polemici, ai film che fanno scandalo, agli Scritti corsari e le Lettere Luterane che sono ancora oggi un atlante delle inquietudini italiane, Pasolini ha dato forma a un’eredità inquieta e trasversale. Letteratura, cinema, poesia, giornalismo, intervento civile: in ciascun linguaggio si è posto come irregolare, scandaloso, corsaro appunto.
La sua voce è sempre “voce d’autore”, ma mai completamente chiusa in una dimensione autoriale separata, anzi. Pasolini gioca costantemente tra presenza e assenza, tra narrazione soggettiva e oggettività documentaria, fra empatia e distanza critica. Ecco che la scelta di “farlo parlare” per tutti questi anni non è stata solo omaggio o cautela, ma anche un modo per rispettare il suo stesso metodo: una voce mai neutra, mai oggettiva, ma anche mai ripiegata sull’io.
La sfida, oggi, è riconoscere che questa eredità non può essere trasmessa solo per accumulo di citazioni. Serve una posizione, uno sguardo, un atto di presenza personale.
Non sono stato solo, in questi anni di selezione e riproposizione di parole pasoliniane. Il blog e le pagine hanno creato una comunità di lettori, discussioni, polemiche, dialoghi su Facebook e nei gruppi. Ho letto e ascoltato spesso le reazioni di chi nei commenti ha portato ricordi personali, domande, esperienze, dubbi: “Ma tu, cosa ne pensi davvero?” “Pasolini è ancora attuale? O è ormai parola imbalsamata?”.
E sono domande che hanno cominciato, lentamente, a incrinare il silenzio protettivo che mi ero dato come curatore. Un blog letterario non è mai solo una rassegna di testi: come dimostrano tanti spazi che stimo, la forza sta spesso nella capacità di trovare un equilibrio fra la proposta di materiali di valore e l’espressione di uno sguardo personale, di una singolare “temperatura” emotiva e intellettuale.
Mi sono reso conto che anche la mia storia, il mio percorso di lettore prima che di “curatore”, sono parte integrante della narrazione che tengo in piedi da anni. In fondo, entrare in relazione con figure come Pasolini significa anche misurarsi con le proprie domande, riconoscere cosa di lui vibra ancora – nel mio tempo, nella mia biografia, nella mia sensibilità – e cosa invece si fa doloroso, oscuro, perfino estraneo.
Portare dentro questo blog e queste pagine la voce personale, però, richiede accortezza. Non per paura del giudizio, ma per una questione di rispetto: raccontarmi di fronte a Pasolini impone di non cadere nell’autoreferenzialità, nella tentazione di stemperare la complessità del suo pensiero. Esigere una posizione significa anche accettare il rischio del confine: tra Pasolini e me, tra memoria e presente, tra testimonianza e riflessione.
Assumere una personale posizione di analisi e critica in un blog e pagine come queste non è un semplice passaggio stilistico. È una scelta di campo narrativa, con tutte le sue libertà e difficoltà.
La narrazione critica e analitica permette maggiore intimità, una prospettiva unica e un coinvolgimento emotivo più diretto. Ma, porta con sé una serie di difficoltà: il rischio di diventare troppo introspettivo, di limitare la prospettiva a un punto di vista parziale, di saturare la narrazione con l’“io”.
Nel mio percorso, sento di voler adottare un tono riflessivo – adatto alle pieghe della narrazione, alle zone d’ombra nelle quali si annidano le domande senza risposta. Il tono riflessivo invita a soffermarsi, a prendere tempo, a varcare la soglia tra passato e presente, tra memoria e attualità. Non è una postura solenne: è lentezza, ascolto, tentativo di dire la verità di uno sguardo senza la presunzione dell’ultima parola, rispetto.
Il rispetto è la parola guida: rispetto per la sensibilità pasoliniana, per le ferite ancora aperte, per il pluralismo delle interpretazioni, per il tempo emotivo di chi legge. Rispetto significa “guardare di nuovo”, mai accontentarsi della prima impressione ma scavare e interrogare sempre. Utilizzare una sintassi chiara ma non banale; scegliendo un lessico preciso ma non didascalico; alternando dettagli personali a riferimenti documentati; restando sempre “onesto” nel riconoscere la natura soggettiva del proprio sguardo.
Il blog e le pagine, non esistono senza lettori. E i lettori, l’ho capito in questi tredici anni, sono “autori” tanto quanto chi scrive e seleziona contenuti. Il coinvolgimento non sta nell’intrattenimento, nella semplificazione o nell’abuso di facili sollecitazioni emozionali. Coinvolgere il lettore significa dargli spazio, concedergli la possibilità di disagio, dubbio, critica; invitarlo alla partecipazione, anche (soprattutto) quando il testo va in profondità, esige attenzione, complessità. Dargli la possibilità di mettere in discussione quanto dato per scontato, senza alcuna pretesa di verità definitiva.
Portare la mia voce in questo spazio non significa, allora, scegliere la via sicura del consenso. Al contrario: accanto al rispetto, sento come irrinunciabile il dovere della contraddizione, del mettere in discussione quanto dato per scontato. Un po’ come ha fatto Pasolini per tutta la vita, attraversando consapevolmente la solitudine etica e civile, adottando posizioni scomode, rifiutando l’omologazione.
Non c’è, in quello che scriverò, alcuna pretesa di verità definitiva: semmai, il tentativo di restituire la complessità, il fastidio, la provocazione che ogni autentica voce portatrice di senso non potrà mai eliminare del tutto. Lungi da me il voler “chiudere i conti” con Pasolini: la mia voce è una fra le tante, e vuole essere, più che un punto d’arrivo, l’apertura di un nuovo campo di ricerca.
Voglio parlare di Pasolini anche come figura irrisolta, come catalizzatore di conflitti: tra progresso e conservazione, tra dogmatismo e eresia, tra aspirazione rivoluzionaria e nostalgia di mondi perduti. Voglio interrogare anche la mia stessa nostalgia, il mio desiderio di trovare in lui risposte, la mia fatica di accettare le sue zone d’ombra.
Ora che la scelta è compiuta – ora che questa transizione è dichiarata – mi chiedo come cambierà davvero la voce di questo blog. Non so se la strada sarà lineare, né voglio credere che lo sia: ogni parola che scriverò sarà passibile di revisione, di pentimento, di cambiamento di rotta.
Con la consapevolezza che ogni parola aggiunta è un atto di responsabilità verso chi legge, voglio rassicurare il lettore che l'opera di ricerca e di produzione di scritti e documenti pasoliniani, certamente non si fermerà, perchè questo blog e le pagine affiliate, daranno ancora voce, per molto tempo, a Pier Paolo Pasolini attraversa la produzione di suoi scritti e documenti.
Bruno Esposito


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