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mercoledì 15 ottobre 2025

Analisi “di una società reclusa nel penitenziario del consumismo” - Pier Paolo Pasolini, Lettere Luterane

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Pier Paolo Pasolini
Lettere Luterane


Analisi “di una società reclusa nel penitenziario del consumismo” 


Per comprendere a fondo Lettere luterane di Pier Paolo Pasolini è indispensabile immergersi nel clima dell’Italia degli anni Settanta, un periodo di profonde contraddizioni e cambiamenti radicali. Il 1975, anno in cui Pasolini scrive questi testi, è segnato da una crisi economica senza precedenti, con l’inflazione che sfiora il 20% e il tasso di disoccupazione in aumento. A ciò si aggiunge una crisi politica e morale molto sentita: lo Stato è debole, la corruzione dilaga, e il terrorismo inizia la sua macabra ascesa. La Democrazia Cristiana (DC), partito egemone dal dopoguerra, inizia a mostrare crepe profonde, perdendo consenso nelle elezioni amministrative, mentre il Partito Comunista Italiano (PCI), guidato da Enrico Berlinguer, avanza con la strategia del “compromesso storico”.

Il paese è attraversato da una vera e propria mutazione antropologica: la società rurale lascia spazio a una società urbanizzata e consumista, con una cultura ormai massificata e il conformismo che pian piano sostituisce le antiche radici pluraliste della nazione. Nel frattempo, strumenti come la televisione si affermano quali agenti principali di omologazione culturale. I giovani, un tempo motore del cambiamento, sembrano alienati, smarriti, privi di riferimenti che non siano patinati e imposti dall’alto.

L’opera di Pasolini, per sua stessa ammissione, è una risposta accorata, a tratti disperata, a questo nuovo assetto sociale e politico. Rappresenta non solo una cronaca degli eventi, ma un tentativo di capire e contrastare le cause profonde di una crisi che Pasolini percepisce come irreversibile, come una perdita di autenticità e di valori umani.

Lettere luterane è una raccolta semi-postuma: nasce dalla selezione e riorganizzazione, da parte di Graziella Chiarcossi, di interventi pubblicati tra gennaio e ottobre 1975 sul “Corriere della Sera” e sulla rubrica “La pedagogia” del settimanale Il Mondo. L’opera viene pubblicata postuma nel 1976 da Einaudi, pochi mesi dopo l’omicidio di Pasolini, e risulta composta da più sezioni, che rispecchiano la pluralità d’approcci dell’intellettuale.

La raccolta si divide in due blocchi più un saggio introduttivo e una postilla in versi, finale:

"I giovani infelici": un saggio d’apertura che riflette sulla trasmissione della colpa tra generazioni e sulla condizione giovanile del momento.

Gennariello: trattatello pedagogico in 14 lezioni, rivolto a un immaginario allievo napoletano.

Diciassette articoli e lettere, pubblicati sul “Corriere della Sera” e sulla rubrica “La pedagogia” del settimanale Il Mondo. Tra questi, l’Abiura della Trilogia della Vita, lettere a esponenti politici e intellettuali, interventi su scuola e TV, riflessioni sulla “tragedia” della droga, proposte shock su criminalità e scuola ecc.

La Postilla poetica finale, sorta di “preghiera laica” ai giovani e agli uomini, che funge da chiusura lirica e morale.

Il volume risente della contemporaneità con Scritti corsari (1975) ma presenta una maggiore tensione verso la ricerca di una soluzione (il famoso Processo ai politici) e una struttura interna che gira intorno al dialogo, alla pedagogia e al pamphlet.

Sono molte le edizioni e le prefazioni che hanno accompagnato l’opera nel corso degli anni, rendendola un punto di riferimento imprescindibile per la critica e per gli studi pasoliniani: tra queste si segnalano le edizioni Einaudi (con introduzione di Alfonso Berardinelli e presentazione di Guido Crainz), le versioni Garzanti e i commentari accademici internazionali. L’opera è stata tradotta in inglese, tedesco, spagnolo e francese, a testimonianza della sua risonanza internazionale.

All’interno di Lettere luterane, uno dei temi ricorrenti e centrali è quello dell’alienazione giovanile. Pasolini adotta come spunto la riflessione sul peccato antico della colpa dei padri che ricade sui figli, un topos della tragedia greca ma anche un pungente schema di lettura del presente italiano. 

- Il saggio d’apertura, I giovani infelici, fotografa la crisi esistenziale delle nuove generazioni, incapaci di svincolarsi dall’eredità di un passato ambiguo, dominato dalla tolleranza falsificata e dalla finta emancipazione dei costumi.

“I figli che non si liberano dalle colpe dei padri sono infelici: e non c’è segno più decisivo e imperdonabile di colpevolezza che l’infelicità”

La scuola e la famiglia, pilastri tradizionali della trasmissione di valori, secondo Pasolini sono divenuti strumenti di diseducazione, incapaci di reggere il confronto con il potere massificante dei media. L’autore denuncia la perdita del conflitto dialettico generazionale e il crearsi di un abisso tra generazioni, dovuto all’impossibilità di insegnare i valori appresi dal contatto fisico con la realtà (le “cose” artigianali, le periferie popolari, il mondo agricolo) a chi cresce in un universo già colonizzato dalla produzione di massa, dal consumo e dall’edonismo.

In Gennariello, Pasolini ricorre al dialogo pedagogico, rivolgendosi a un giovane napoletano con l’intento di guidarlo fuori dall’opaca omologazione della società del consumo, invitandolo a coltivare individualità e senso critico:

“Essi ti insegnano a non splendere. E tu splendi, invece, Gennariello.”

Il sentimento che traspare è quello di uno spaesamento”—giovani inappagati, privi di radici culturali e storiche, schiacciati tra ansie di affermazione sociale e il vuoto lasciato dal ritiro delle identità popolari di una volta.

- Il secondo asse tematico che percorre Lettere luterane è la critica spietata alla società consumista e all’omologazione culturale imposta dalla cultura di massa e dalla televisione. Pasolini individua nella cosiddetta “mutazione antropologica” il fenomeno di fondo: la trasformazione delle strutture profonde della personalità collettiva degli italiani, la distruzione delle culture popolari e contadine, la progressiva americanizzazione dei costumi.

Quella che il poeta chiama “la società del penitenziario del consumismo” è una società di individui “brutti e stupidi automi adoratori di feticci”, svuotati della loro storia e convertiti alla liturgia del desiderio indotto, dove persino la libertà e la trasgressione sono svuotate e normalizzate:

“Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della società dei consumi. Il fascismo proponeva un modello reazionario e monumentale... La società dei consumi invece riesce a scavare nel profondo degli animi, indirizzando i sogni e i bisogni delle masse non con la forza, ma con il desiderio”.

Persino l’anticonformismo, la ribellione estetica, la protesta giovanile sono ridotte a semplici mode, rapidissimamente imbrigliate dal mercato e trasformate in elementi di conformismo. Pasolini denuncia la nevrosi collettiva del consumo, la vergogna della povertà, la perdita di ogni legame con la memoria. L’ossessione del possedere, tipica della nuova borghesia, genera infelicità, violenza, criminalità di massa: nella “scelta dell’impietrimento, della mancanza di ogni pietà” si misura la ferocia di una società in cui la distinzione tra bene e male non ha più senso.

- Un terzo pilastro della riflessione pasoliniana in Lettere luterane è rappresentato dalla critica alla Democrazia Cristiana, quale simbolo di un potere che ha tradito ogni funzione pedagogica e guida morale, conducendo il paese verso il degrado antropologico e culturale. La DC viene definita “un nulla ideologico mafioso”, completamente asservita alle logiche del compromesso e dell’autoconservazione, incapace di rispondere ai cambiamenti strutturali dell’Italia, se non con la riproposizione di miti e liturgie svuotate.
Emblematica è la proposta - provocatoria, ma serissima - di un “Processo” penale ai politici:

“Parlo proprio di un processo penale, dentro un tribunale. Andreotti, Fanfani, Rumor, e almeno una dozzina di altri potenti democristiani (...) dovrebbero essere accusati di una quantità sterminata di reati, che io enuncio solo moralmente: indegnità, disprezzo per i cittadini, manipolazione del denaro pubblico, (...) responsabilità nella degradazione antropologica degli italiani, (...) responsabilità della stupidità delittuosa della televisione”.

L’attacco alla DC si allarga agli intellettuali “progressisti” responsabili, secondo Pasolini, di aver coperto, giustificato o comunque subito il nuovo assetto consumista con finta tolleranza e retorica ottimista. L’Italia viene così definita:

“Un Paese ridicolo e sinistro: i suoi potenti sono maschere comiche, vagamente imbrattate di sangue: ‘contaminazioni’ tra Molière e il Grand Guignol. Ma i cittadini italiani non sono da meno... l’immagine della frenesia più insolente”.

Questa requisitoria morale non è mai sterile moralismo, ma si coniuga con l’urgenza di una riforma profonda, con l’auspicio di uno “spirito luterano” di riforma e denuncia—persino nel titolo il termine “luterano” richiama il coraggio del dissenso e della denuncia, più che un riferimento strettamente religioso.

La scrittura di Pasolini in Lettere luterane è straordinariamente poliedrica: vi convivono il registro saggistico, il pamphlet, la prosa lirica, il dialogo pedagogico e la lettera aperta. Il linguaggio, pur di grande raffinatezza intellettuale, resta diretto, asciutto, e fa largo uso di iperboli, iterazioni, immagini forti, parallelismi aggressivi e aforismi taglienti:

“Sappi che negli insegnamenti che ti impartirò, non c’è il minimo dubbio, io ti sospingerò a tutte le sconsacrazioni possibili, alla mancanza di ogni rispetto per ogni sentimento istituito. Tuttavia il fondo del mio insegnamento consisterà nel convincerti a non temere la sacralità e i sentimenti, di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in brutti e stupidi automi adoratori di feticci”.

Nel corpo del Gennariello, il tono si fa confidenziale, in bilico tra autoironico e tragico, tra la lezione severa e la carezza complice. Nei pamphlet, invece, il ritmo si fa martellante, con una sequenza di domande retoriche e invettive che ricordano la struttura del sermone o della filippica antica:

“Chi si scandalizza è sempre banale; ma, aggiungo, è anche sempre male informato”.

L’abilità di Pasolini nel mescolare la lingua alta e quella bassa, il saggio e la confessione, rende le sue “lettere” non solo potenti denunce civili, ma anche testi letterariamente polisemici, aperti a molteplici livelli di lettura e interpretazione.

Pasolini adotta in Lettere luterane la forma del trattato pedagogico, della lettera al giovane, che richiama antichi registri didascalici, ma lo fa con spirito rivoluzionario. Non si nasconde dietro il mito di un passato da restaurare, ma invita il destinatario a un percorso di consapevolezza, antidoto alla passività e all’omologazione:

“Non si può insegnare se nel tempo stesso non si apprende. Ora io non posso insegnare a te le 'cose' che mi hanno educato e tu non puoi insegnare a me le 'cose' che ti stanno educando (cioè che stai vivendo)”.

Il pedagogismo pasoliniano non è mai paternalismo, ma inquietudine, critica della pedagogia stessa, consapevole che “insegnare” oggi significa in primo luogo imparare a leggere criticamente la realtà, decostruire e “sconsacrare” i falsi idoli.

Uno degli aspetti più originali del pensiero pasoliniano è la sua capacità di leggere le trasformazioni della società italiana in chiave antropologica. Pasolini non si ferma all’analisi politico-economica o a una sociologia superficiale: guarda invece alla “carne”, ai corpi e ai gesti degli italiani, individuando nella perdita delle culture arcaiche e popolari un vero e proprio “genocidio culturale”.

L’artigianato, le periferie, il dialetto, la socialità spontanea dei “ragazzi di vita”—tutto questo viene progressivamente cancellato, secondo Pasolini, da un potere tecnocratico e massificante, il “nuovo fascismo” del mercato. La sua analisi si spinge ben oltre la semplice nostalgia del passato: è consapevole che “conservazione e rivoluzione sono appunto parole che non hanno più senso” nella temperie attuale.

Lo sguardo da antropologo si sposa a una sensibilità poetica e a un rigore polemico che fanno di Lettere luterane un unicum nel panorama saggistico italiano. La cosiddetta “mutazione antropologica” viene ritenuta irreversibile e, nella visione pasoliniana, il vero crimine della modernità è “aver tolto agli uomini la sacralità dei sentimenti, trasformandoli in automi”.

Lettere luterane costituisce la naturale prosecuzione e, insieme, il superamento degli Scritti corsari (1975). In quest’ultima opera, Pasolini si sofferma sulla descrizione e l’analisi dei fenomeni: la “scomparsa delle lucciole”, la mutazione nelle mode giovanili, l’aborto, le stragi, la questione della TV. In Lettere luterane, invece, si passa dalla diagnosi all’invettiva e alla proposta politica: al centro c’è il “Processo” ai gerarchi democristiani e il rifiuto della falsa tolleranza.

Momento chiave di Lettere luterane è l’“Abiura dalla Trilogia della Vita”, saggio in cui Pasolini pronuncia un “mea culpa” verso i propri film della trilogia (Il Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle mille e una notte), accusandoli di aver inseguito una vitalità e una purezza definitivamente cancellate dal trionfo del consumismo e dal “falso” permissivismo sessuale:

“Io abiuro dalla ‘Trilogia della vita’, benché non mi penta di averla fatta. (...) Ora tutto si è rovesciato: la realtà dei corpi innocenti è stata manipolata dal potere consumistico, tale violenza sui corpi è diventata il dato più macroscopico della nuova epoca umana”.

Questo passaggio è emblematico dell’onestà intellettuale pasoliniana: non c’è spazio per la retorica dell’intellettuale “vinto”, ma solo per una dolorosa presa d’atto dell’impossibilità, nelle nuove condizioni, di continuare secondo il vecchio modello artistico.

L’impatto di Lettere luterane sulla cultura italiana è stato, fin da subito, dirompente. La pubblicazione postuma, a pochi mesi dall’omicidio di Pasolini, ha trasformato l’opera in una sorta di testamento spirituale: un amaro grido di allarme e insieme un lascito ideale destinato a scuotere le coscienze. Tuttavia, va sottolineato come la ricezione dell’opera e la sua ricezione presso pubblico e critica siano state polarizzate: da una parte osannato per il coraggio e la profondità d’analisi, dall’altra irriso o ostracizzato per le sue prese di posizione “pessimistiche”, per l’apocalitticità di alcune sue denunce, per la supposta “nostalgia reazionaria”.

Lettere luterane ha conosciuto un’ampia diffusione internazionale: tradotto in inglese da Stuart Hood, in tedesco da Agathe Haag, in spagnolo da Josep Torrell, Antonio Gimenez Merino e Juan Ramón Capella, in francese da Anna Rocchi Pullberg, il libro è oggetto di costante attenzione nella critica letteraria e nei corsi universitari di italianistica e cultura europea.

A quasi cinquant’anni dalla sua pubblicazione, Lettere luterane rimane un testo chiave per chiunque voglia comprendere la storia profonda e le contraddizioni della società italiana. L’opera non è solo un atto di denuncia, ma un invito alla vigilanza critica, alla resistenza interiore, al coraggio di pensare e di agire contro la deriva della massificazione. Il testo non offre facili consolazioni, ma costringe il lettore a una presa di coscienza radicale, oggi forse ancora più urgente che nel 1975, nell’era della connessione perpetua e delle nuove massificazioni digitali. Leggere e rileggere Pasolini significa non lasciare che “la massa spenga la nostra scintilla” - “scegliere di splendere”. 
Bruno Esposito

Il volume contiene:

Indice


I giovani infelici


Gennariello

- Paragrafo primo: come ti immagino
- Paragrafo secondo: come devi immaginarmi
- Paragrafo terzo: ancora sul tuo pedagogo
- Paragrafo quarto: come parleremo
- Progetto dell'opera
- La prima lezione me l'ha data una tenda
- Paragrafo sesto: impotenza contro il linguaggio pedagogico delle cose
- Siamo due estranei: lo dicono le tazze da tè.
- Come è mutato il linguaggio delle cose
- Bologna, città consumista e comunista
- I ragazzi sono conformisti due volte
- Vivono, ma dovrebbero essere morti
- Siamo belli, dunque deturpiamoci.
- Le madonne oggi non piangono più

Lettere luterane

- Abiura dalla Trilogia della vita

I.
II.
III.

- Pannella e il dissenso
- La droga: una vera tragedia italiana
- Fuori dal Palazzo
- Soggetto per un film su una guardia di PS
- Bisognerebbe processare i gerarchi DC
- Il Processo
- Risposte
- «La sua intervista conferma che ci vuole il processo»
- Processo anche a Donat Cattin
- Perché il Processo
- «Il mio Accattone in Tv dopo il genocidio»
- Come sono le persone serie?
- (Senza titolo)
- Due modeste proposte per eliminare la criminalità in Italia.
- Le mie proposte su scuola e Tv.
- Lettera luterana a Italo Calvino

- [Intervento al congresso del Partito Radicale]

Paragrafo primo
Paragrafo secondo.
Paragrafo terzo.
Paragrafo quarto.
Paragrafo quinto.
Paragrafo sesto.
Paragrafo settimo.
Paragrafo ottavo.

- [Postilla in versi]

Presentazione

Note e notizie sui testi

TAVOLA DELLE SIGLE
AVVERTENZA
NOTE A "LETTERE LUTERANE
[1975]"



Curatore, Bruno Esposito

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