"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Presentazione di Pier Paolo Pasolini
per la "Prima" mondiale di ORGIA
al Teatro Stabile di Torino
22 novembre 1968
( © Questa trascrizione da cartaceo è stata curata da Bruno Esposito )
Orgia di Pier Paolo Pasolini, terzo spettacolo in abbonamento della stagione 1968-69 del Teatro Stabile di Torino, andrà in scena ufficialmente la sera di mercoledì 27 novembre al Deposito d'Arte Presente in via S. Fermo 3. Lo spettacolo, messo in scena dallo stesso Pasolini, avrà come protagonista Laura Betti, vincitrice della Coppa Volpi all'ultimo Festival Cinematografico di Venezia, affiancata da Luigi Mezzanotte e Nelide Giammarco. Gli assoli di tromba che segneranno il passaggio da Viva è l'attesa per questa "prima" assoluta che coincide con l'esordio teatrale di una delle più tipiche e significative figure della cultura italiana contemporanea. I principali critici teatrali europei hanno già annunciato il loro arrivo per assistere allo spettacolo.
Per la scheda che lo Stabile di Torino distribuisce abitualmente al pubblico che interviene ai suoi spettacoli, Pier Paolo Pasolini ha redatto un ampio testo di presentazione del suo dramma.
Riproduciamo qui integralmente tale scritto:
INFORMAZIONI
La prima stesura di Orgia è della primavera del 1965. Era la prima cosa che scrivevo per il teatro. In questi tre anni ho scritto altre due stesure. Per quel che riguarda, dunque, Orgia, il triennio di lavoro è un triennio piatto, non trascorso, ricaduto dentro se stesso. Voglio dire che i temi, i problemi e, soprattutto, il "sentimento" della tragedia si sono fossilizzati in un loro momento che è stato di "tensione" in quella primavera del '65, in cui, convalescente dall'unica malattia della mia vita, appena ho potuto prendere una penna in mano, ho cominciato a scrivere. La "tensione" è stata mantenuta artificialmente: ma tale operazione è inevitabile per qualsiasi autore che lavori a lungo sulle proprie opere. D'altra parte devo dire che i temi, i problemi e soprattutto il sentimento di Orgia mi sembrano attuali e a tre anni di distanza li sottoscrivo. Essendo Orgia la mia prima opera teatrale (dopo un lungo odio per il tentro, che non è detto si sia placato), rispetto alla mia "ideologia" teatrale maturata in seguito, essa presenta queste due coratteristiche "difettose":
1°) Conserva abitudini di autore lirico, che considera il monologo come il più teatrale degli eventi teatrali.
2°) Conserva traccie di "azione": quella maledetta "azione" ormai monopolizzata dal cinema, dalla televisione e dal teatro gestuale.
CURIOSITA'
Mentre scrivevo la prima stesura di Orgia scrivevo, in contemporanea gestione, il mio primo saggio sul cinema inserito nel quadro di una "pansemiologia". Il cinema vi è interpretato come "lingua scritta dell'azione": ed esaltato come sistema di segni non simbolici che "esprime la realtà attraverso la realtà". Il teatro di parola è nato forse in reazione a questo.
Il curioso consiste nel fatto che, mentre scrivevo il mio primo testo di quello che avrei poi appunto chiamato "teatro di parola le mie teorie sul primato della "azione come linguaggio", si sono riflesse sulla seconda stesura di Orgia (che inizialmente era un puro e semplice rapporto sadomasochistico, esistenziale, tra un uomo e una donna), inserendo così dentro una tragedia una seconda tragedia, linguistica, getta una luce interpretativa sulla prima, che come ho detto, era alle origini puramente esistenziale, e aveva come tema il rapporto della diversità, esistenziale, con le storia. No consegue una teorizzazione della comunicazione sessuale come linguaggio, facente parte di quel linguaggio primario che è il linguaggio dell'azione e della presenza fisica.
Sicchè mai come in questo testo di "teatro della parola" si è così violentemente polemizzato contro la parola.
La doppia natura di Orgia (testo, ripeto, tutto fondato sulla parola nel suo momento più "espressivo", quello della "lingua della poesia", in cui poi viene esaltato continuamente il primato dell'azione, come mistero pragmatico attraverso cui la coscienza si esprime con maggiore autenticità anche se in completa irrazionalità) è indubbiamente un difetto dell'opera: e lo spettatore-critica ne sarà confuso. Tuttavia ho voluto cominciare il mio curriculum teatrale (se pure avrà un seguito), con l'opera che ho pensata e scritta per prima (anche se poi elaborata contemporaneamente ad altre).
ESEGESI
O piuttosto euristica. Parte dell'ideologia di Orgia (la morte come abitudine alla repressione) è nata da una lettura di Marcuse (quando, in quella primavera del 165, Marcuse non era ancora di moda e lo conosceva solo Fortini): "Eros e Thanatos". Ma la maggior parte dell'ideologia di Orgia nasce da un testo che non conoscevo. E che ho letto solo recentemente in una citazione del volumetto "Critica della tolleranza", pubblicato in questi mesi da Einaudi. Si tratta di un testo di Emile Durkheim, "Suicide", citato da Robert Paul Wolff, in uno dei tre saggi del volumetto cit., di cui riporto il passo saliente:
"Durkheim scoprì che la disposizione al suicidio si associa nella società occidentale contemporanea con una di due condizioni, le quali fanno entrambe parte di quello che Stuart Mill chiama "li bertà". L'allentarsi della presa che i valori tradizionali e di gruppo esercitano sugli individui, crea in alcuni di loro una condizione di mancanza di ogni legge, un'assenza di limiti ai loro desideri e ambizioni. E poichè non v'è alcun limite intrinseco alla quantità di soddisfazione che l'io può desiderare, ecco che esso si trova trascinato in una ricerca senza fine del piacere, che produce sull'io uno stato di frustrazione. L'infinità dell'universo oggettivo è inafferrabile per l'individuo che sia privo di freni sociali o soggettivi, e l'io si dissolve nel vuoto che cerca di riempire. Quando questa mancanza di freni interiori mina la forza e la struttura della personalità oltre certi limiti, la situazione può sfociare nel suicidio. Durkhheim definisce questa forma di suicidio "anomico", per sottolineare il fatto che egso deriva da mancanza di legge (= anomia). Si potrebbero quasi considerare le mutevoli percentuali di suicidi come ammonimenti che la società impartisce a quelli tra i suoi che scioccamente s'avventurano oltre le mura della città negli sconfinati e solitari deserti che si distendono al di là."
Nel nostro caso è la diversità "sessuale" che ha aperto una breccia nelle mura della città. Il sesso nel suo aspetto di "diversità" sadomasochistica non è dunque che quantitativamente il contenuto di Orgia. Occorre infatti molta di questa miscela esplosiva per far crollare le grosse mura di una città che per i protagonisti di Orgia è maggioranza e conformismo.
La teoria di Durkheim, naturalmente, serve a spiegare il suicidio della protagonista, non quello del protagonista. Per spiegare il suicidio del protagonista - il suo "buon uso della morte" non credo ci sia bisogno di ricorrere a testi. Qui sì siamo in piena euristica; e in pieno pragma. Pensate alla volontà di morte di Panagulis, per citare l'ultimo esempio. D'altra parte il testo parla chiaro: "Il bonzo è pronto". Le stratificazioni di un'opera possono essere infinite. Mi sembra di ricordare che i bonzi suicidi nella primavera del '65 non fossero ancora moneta culturale corrente. Resta il sospetto che il protagonista non insceni la sua rappresentazione suicida, decisa in extremis e, certo, molto immaturamente, nel quadro di una protesta non-violenta ma in quello di una protesta il cui fine sia la rivalutazione della violenza.
DEDICA DELLO SPETTACOLO
Ad Aldo Braibanti, in prigione per "anomia" della società italiana.
Pier Paolo Pasolini
P.S. Qualora il pubblico lo richieda, le rappresentazioni saranno seguite da un dibattito.
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