"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
CONTESTAZIONE GLOBALE ANCHE IN LETTERATURA
Forse questa sera i filocinesi occuperanno il premio Strega
La Stampa, giovedì 5 - venerdì 5 luglio 1968 Anno 100 Numero 153
( Trascrizione curata da Bruno Fraccaroli)
Servizio particolare a Stampa Sera
Roma, giovedì sera
Mancano poche ore all’assegnazione del «Premio Strega». Per la prima volta, dopo 22 anni, quasi a nessuno, negli ambienti pettegoli e chiassosi del mondo letterario-mondano della capitale, importa di sapere chi sarà il vincitore che, comunque, tutti indicano in Alberto Bevilacqua col suo romanzo « L’occhio del gatto ». La domanda che tutti si pongono è questa: cosa accadrà stanotte al « Ninfeo di Valle Giulia »? Si parla di « occupazione » da parte di elementi filo-cinesi; si parla di « contestazione globale », si parla, soprattutto, di una valanga di schede
bianche che dovrebbero sommergere il premio nato nei primi anni del dopoguerra dalla collaborazione di Maria e Goffredo Bellonci e Guido Alberti. L’invito a votare scheda bianca è venuto ancora una volta da Pier Paolo Pasolini, leader del gruppo degli scrittori e « contestari non allineati » del quale fanno parte, tra gli altri, Moravia, Natalia Ginzburg, Flajano, Benedetti. Questo gruppo ha dato sdegnoso forfait al grande ricevimento offerto da Guido Alberti ieri sera nella sua casa romana. Da Alberti mancavano anche i « toscani » solidali con Barolini.
Fu proprio Pasolini ad aprire la rivolta al « Premio Strega » ritirandosi la settimana scorsa dalla competizione letteraria; stamane, con una lettera a un giornale del Nord, il poeta de « Le ceneri di Gramsci » ha voluto chiudere in modo ancor più polemico questa « tormentata » vigilia.
« Sarebbe sufficiente il cinquanta per cento più uno di schede bianche » scrive tra l’altro Pasolini « perché la letteratura italiana, rappresentata - purtroppo parzialmente e arbitrariamente, nel corpo elettorale dello Strega - ottenesse la sua prima vittoria, esprimesse per la prima volta la sua decisione di essere padrona di se stessa, e la sua scelta a lottare per una causa che è ancora così evidentemente la causa giusta ».
La « causa giusta » del poeta-scrittore è quella per una cultura come letteratura nazionale che « abbia qualche accento di verità ». « Ci siamo ridotti » scrive Pasolini rivolgendosi ai letterati italiani « ancora una volta, al grado di buffoni: non di corte (dove almeno la alternativa dell’altro, cioè della povertà e della realtà) ma del neocapitalismo (in cui l’altro è costituito dal consumatore medio e dall’irrealtà) ».
Dopo aver affermato che i letterati italiani sono oggi una specie di peso morto nella società del nostro Paese, una « specie di reparto dello zoo e del folklore », il poeta insiste in un tema a lui caro; quello dell’intellettuale « tipico fenomeno di una civiltà tecnica che sta mercificando la cultura ». Secondo Pasolini contro queste « forme egemoniche esterne », contro « la furia produttiva e consumistica di una cultura di altra natura » contro (nel caso dello Strega odierno) « la brutale volontà di successo di una casa editrice », il letterato deve politicizzarsi attraverso la propria decisione e deve inventarsi a portare avanti una politica culturale che rivendichi la sua autonomia e la sua libertà. La conclusione, almeno per lo Strega, è il voto in bianco.
La polemica, dunque, dilaga, diventa, oltre che contestazione globale, critica di costume. « Niente di straordinario - dice Maria Bellonci; - gli uomini di cultura fanno un dramma di nulla. Sentono, subiscono, fanno propria l’inquietudine di questo nostro tempo. Tutti i premi letterari, anche i più importanti, sono travagliati da crisi, in un certo momento della loro esistenza ».
Luca Giurato
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