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giovedì 11 settembre 2025

Pier Paolo Pasolini, Io penso che nessuno in nessuna società sia libero - 20 luglio 1966

 "Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
Io penso che nessuno in nessuna società sia libero

20 luglio 1966


     Io penso che nessuno in nessuna società sia libero e che quindi l’opera di ogni artista sia per forza un’opera di contestazione. Non essendo libero in una società ed essendo schiacciato dalla normalità e dalla media in qualsiasi società egli viva, l’artista è, in un certo senso, una contestazione vivente. Egli rappresenta sempre l’altro rispetto a quell’idea che ogni uomo ha di se stesso in qualsiasi società. Io trovo che ogni artista, per questa ragione, sia sempre impegnato.

     [...]

     I discorsi che io ho scritto e fatto finora sul cinema di poesia sono semplicemente tecnici. Non sono né estetici né spiritualistici. Non vorrei che la parola «poesia» fosse fraintesa. Nelle lingue estremamente sviluppate e complesse ci sono vari sottolinguaggi. Due di questi sottolinguaggi sono la lingua della poesia e la lingua della prosa. La lingua della poesia è subito riconoscibile da tutti perché possiede delle regole e delle norme tecnico-stilistiche che sono appariscenti per se stesse. Quando invece ognuno di noi legge la lingua della prosa, questi crede di leggere la stessa lingua che egli parla usualmente. Il cinema è arrivato a un grado tale di maturità, che finalmente anche in esso cominciano ad articolarsi vari metalinguaggi. Anche nel cinema si comincia a riconoscere il cinema di poesia – scritto con una data tecnica e una data prosodia che sono tipiche di un linguaggio molto alto, elevato e difficile – e un cinema di prosa, un cinema che assomiglia in qualche modo alla realtà quotidiana. Un esempio di cinema di poesia potrebbe essere il film di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet, Nicht versöhnt. Un esempio del cinema di prosa, per esempio, potrebbe essere quello di Ford.

     Perché è nato in questi anni il cinema di poesia, un cinema difficile? È nato perché il cinema è arrivato a un grado di forte maturità e quindi per forza doveva nascere quest’articolazione linguistica. In secondo luogo io penso che il cinema di poesia sia nato per le stesse ragioni che hanno causato la crisi del romanzo: un’evoluzione del capitalismo. Le strutture del romanzo sono in crisi in quanto rappresentano ontologicamente le strutture del capitalismo.

     Questa rivoluzione della lingua del cinema implica anche una rivoluzione nei circuiti di distribuzione dei film, perché essendoci due tipi di film, il cinema di poesia e il cinema di prosa, è chiaro che anche i destinatari saranno diversi, quindi sarà necessario far sì che alcuni circuiti portino i prodotti poetici ai destinatari in grado di apprezzare e di capire i prodotti di alto livello artistico e morale, e di pari passo continueranno a vivere i circuiti normali per la distribuzione di film commerciali. Se prima avevo delineato quello che secondo me sarà il futuro del cinema a un livello interiore, nella moralità dell’artista, adesso ho cercato di dire quale sarà il futuro del cinema anche dal punto di vista dell’organizzazione distributiva.

Pier Paolo Pasolini

@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare


Curatore, Bruno Esposito


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