"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Pier Paolo Pasolini
Può educare solo chi sa che cosa significa amare...
(Invito alla lettura)
Tratto da Romàns a cura di Nico Naldini
© 1994 Ugo Guanda Editore S.r.l., Via Gherardini 10, Milano
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21 febbraio
I miei ragazzi sono quasi tutti di Romàns. San Pietro è un paese molto lungo, che comincia verso la metà del viale della Rimembranza (per mezzo del quale è congiunto a Marsure) e termina alla svolta di San Quirino, proprio dove ha inizio il viale alberato che porta a San Vito. In tutto sarà lungo un chilometro e forse più. Proprio nel centro c’è la piazza con la chiesa, e, di fronte alla chiesa, la mia casa. La canonica e il cinema parrocchiale, con la stanzetta della nostra scuola, si trovano di fianco alla chiesa.
Ma San Pietro si articola in vari borghi: facendo angolo proprio con la mia casa sbocca in piazza la strada che conduce a Romàns; verso San Quirino si stende il lungo Borgo Braida; in direzione del Tagliamento Borgo Sassonia, e infine, verso Marsure, Borgo Monte. Il fatto che i miei scolari siano prevalentemente di Romàns è abbastanza importante, perché Romàns è una specie di paese nel paese. I suoi abitanti hanno caratteri propri, fisici, anzitutto: sono biondi, di un biondo tra barbaro e delicato, alti, solidi come pioppi, hanno una pronuncia strascicata, rude e vezzosa. Al contrario giù per Braida prevalgono i tipi bruni, con un’aria più svelta e moderna. Dino è di Braida. Pierino abita in piazza, e così Berto.
Cesare è il vero esemplare di Romàns.
Mi si diceva che a Romàns la gente è violenta, faziosa, e mi si raccontava di baruffe celebri, a causa di certe serenate fatte da giovani di Marsure alle ragazze del borgo. A me non pare siano come me li hanno, per tradizione, dipinti: io trovo che siano piuttosto apatici e allegri. Non abitano là i più temibili comunisti.
La compagnia di Romàns – Cesare, Mario, Renato, Silvio e poi un certo Chino e un certo Onorino che non vengono a scuola – sono sempre insieme; li vedo alla domenica vestiti a festa, che vanno verso Marsure.
23 febbraio
Occorrono i mezzi, le mediazioni. Ho letto qualcosa dei moderni metodi scolastici (l’attivismo) che si valgono appunto di «mezzi» che non siano la pura relazione oratoria dell’insegnante, sacrificando la tradizionale autorità di quest’ultimo per la partecipazione attiva dei ragazzi. È essenzialmente giusto, però... per far studiare i ragazzi volentieri, «entusiasmarli», occorre ben altro che adottare un metodo più moderno e intelligente. Si tratta di sfumature, di sfumature rischiose ed emozionanti.
26 febbraio
Pierino dà segni di qualche presenza viva; sono bastate due o tre sue parole, e dietro la carnagione un po’ scialba gli è balenata tutta una vitalità repressa. È scattata una molla, oppure sono io così cieco da non essermene accorto prima? Notavo in lui silenzio, remissività, una certa saggezza già più che infantile, un certo scetticismo, sì, anche questo, che lo faceva stare un po’ discosto, deliberatamente senza rilievo. Ma riscuoteva sempre però una certa particolare fiducia da me e dai compagni. Ora, invece, sento in lui l’entusiasmo delle intelligenze mediocri, raccolto e un po’ rigido, ma pur sempre miracoloso.
Anche Renato viene a galla. Ha avuto qualche estro geniale e divertente: è un caparbio, un sensitivo senza fantasia e una forte attitudine al ragionare.
Di Cesare ancora nulla: è chiuso nella sua bellezza.
27 febbraio
Mi chiedo un po’ allarmato se io non devo essere altro che un mezzo d’amore, una via per cui passa l’amore. È vero, farsi amare è forse necessario per ottenere il famoso entusiasmo, la fiducia dei ragazzi nello studio... Ma questa non sarà forse una delle solite, logicissime giustificazioni che io cerco per mascherare le mie terribili insufficenze, il fallimento della mia persona? Non sono in stato di grazia, e da quanto tempo non lo sono!
30 febbraio
Vedo abbastanza spesso Renato che, insegnando all’Avviamento di San Vito, passa ogni giorno per San Pietro in bicicletta. Di solito si ferma da me verso sera e si trattiene per una mezzora. Adesso discutiamo soprattutto sull’insegnamento: lui si interessa molto alla mia scuola. Di sé mi parla poco, si tiene in disparte. Io ho rinunciato a parlare con lui di Dio e mi vergogno di averlo fatto: ha un’anima veramente religiosa, anche se dice di non credere, capisce Dio forse meglio di noi, di me.
Ho saputo che abita presso i suoi parenti di Marsure da qualche anno. Suo padre era romano e durante la grande guerra, combattendo in Friuli, aveva conosciuto poco dopo Caporetto, la donna che doveva divenire la madre di Renato. Tutti e due erano morti: lui in Francia (fuggito intorno al ’30 per ragioni politiche, adesione al movimento Giustizia e Libertà).
Passando per Marsure ho visto la casa dove abita Renato: si trova in piazza ed è una fra le più «borghesi» del paese: una casa padronale, insomma, poiché i suoi parenti possiedono una campagna lavorata a mezzadria.
(notte)
Credo che in paese non si sappia ancora delle idee sovversive di Renato: tutti me ne dicono molto bene e ne parlano con un particolare rispetto; la sua famiglia, poi, è nota per l’integrità e la religiosità tradizionali. Dal giorno in cui eravamo scesi insieme dal treno a Marsure, l’avevo visto solo di sfuggita, rare volte, e ci scambiavamo qualche imbarazzato saluto. La nostra conoscenza è incominciata il giorno dell’Epifania.
Io me ne stavo in Borgo Monte, sul ciglio del viale della Rimembranza a guardare un grande falò che fiammeggiava nel buio. Sullo spiazzo dove era stato costruito l’enorme bracere c’era tutta una folla vociante di uomini e di ragazzi: qualcuno saltava attraverso le fiamme; le vecchie intorno gridavano in dialetto delle formule propiziatorie. Lontano e vicino, per tutti i campi, per tutta la pianura, fino ai piedi dei monti, brillavano altri fuochi. Io me ne stavo lì incantato, quando mi sentii chiamare. Era Renato, in bicicletta: subito ci mettemmo a conversare; ed egli mi diede un’infinità di spiegazioni sugli usi contadini, io gli parlai per la prima volta della scuola.
2 marzo
Non tutti i ragazzi mi interessano ugualmente. E non sono sempre i più meritevoli quelli la cui vita mi sta più a cuore.
Ci sono alcuni piccoli tesori di armonia, di coraggio, di ingenuità e di dedizione (Mario, forse anche Dino...) e io non riesco a interessarmi veramente ad essi. Cerco la pecorella smarrita? Ma no, esistono anche i due o tre caratteri difficili, perversi, oscuri, ma di questi mi occupo solo se interviene ad addolcirli la leggerezza e l’avvenenza dell’estrovertito. È la simpatica canaglia quella che io voglio ricondurre sulla retta via, mentre provo una specie di nausea ad occuparmi del tipo fatalmente mediocre, senza doti, invidioso, maligno (Berto). Cesare, che è al di fuori di tutte queste classificazioni, mi interessa forse più di tutti, anche perché è molto più tempo che lo conosco ed è stato il mio primo amico di San Pietro... Ma credo che l’interesse che provo per lui sia dovuto specialmente al fatto che egli è puro mistero, un mistero senza segreti.
3 marzo
Cominciano a logorarsi i mezzi puramente oratori: nei primi tempi mi bastava interrompere il discorso dopo un «ma» o un «se» per ottenere nella classe la tensione... Una lieve ironia, l’illuminazione inaspettata di un particolare, una scandalosa noncuranza nell’enunciare i fatti importanti, una stranezza... Ora, appunto, comincio a sentire la crisi di questi «mezzi»: occorre già un rinnovamento. Intanto il bilancio è mediocre: i temi dei miei ragazzi sono orribilmente sgrammaticati, l’italiano è irraggiungibile a questi alloglotti così felicemente immersi nella loro parlata senza incrinature, padrona di tutta la realtà.
Che enorme importanza il modo di parlare! Sto ad ascoltare i miei ragazzi per interi quarti d’ora, mentre parlano fra loro. Pierino ha una pronuncia roca, scialba, piena di pudori; Berto parla con una specie di meccanicità come se manovrasse dei pezzi montabili e smontabili di un motore, e dà un senso di disagio quasi la sua costituzione organica fosse sempre sull’orlo di un silenzio malato, primordiale. Mario ha una parola limpida, calda, benché anch’essa troppo esatta e fedele allo schema. Cesare parla a scatti, con una voce roca, profonda e incolore: è la pubertà, che però non intorbida del tutto certe sue inflessioni vellutate. Renato non è padrone della sua voce, che è quasi sempre sommersa dal batticuore.
7 marzo
Come mi sento sereno! Oggi la lezione è stata perfetta, che armonia delicata e fervida ci teneva uniti! Il tempo era un fatto assoluto, propizio: il dare e il ricevere scadevano come in un ritmo di festa.
11 marzo
Il metodo della Montessori e dei positivisti ha certo le sue buone qualità: ma questo suo credere alle applicazioni esteriori e ai miglioramenti graduali e prevedibili, questo suo ottimismo che non calcola il mistero e l’incongruenza che sono in fondo le concrezioni della libertà... Cambiando appena i termini, lo stesso difetto è implicito nel pensiero educativo degli idealisti, anch’essi non tengono conto in concreto delle contraddizioni, dell’irrazionale, del gratuito e del puro vivente che è in noi. Calcolare tutto questo fa invece parte dell’applicazione di una pedagogia veramente positiva, che è difficile presentare nei termini di un testo scolastico, e che è la competenza vivente di chi vive nel cerchio continuamente mobile dello spirito, gli occhi sempre puntati sul gioco della Provvidenza.
18 marzo
Sono umiliato, scontento, divorato da un rimorso continuo e impalpabile. Nelle mie preghiere c’è un attrito doloroso tra il fervore e l’impotenza ad abbandonarmi... Ciò che mi rovina come uomo e come sacerdote mi rovina anche come maestro. Non so amare, non c’è Dio nel mio amore, non comunico Dio.
In ogni mio gesto, in ogni mia intenzione, in ogni mia parola c’è un fondo di impurità e di imperfezione, imperdonabili. Poveri ragazzi! Perché li illudo d’amore? Perché li tengo sempre rivolti verso una Presenza che non è altro che detta, pronunciata, nominata? Ah, mio Dio, rientra in me, per un minuto, per un attimo che Ti possa rammentare...
21 marzo
Può educare solo chi sa che cosa significa amare, chi tiene sempre presente la Divinità.
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