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martedì 27 gennaio 2015

Moshe Kahn traduttore di Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini: tra strategie traduttive e considerazioni metalinguistiche - Tania Baumann

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

 


Moshe Kahn traduttore di Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini: tra strategie traduttive e considerazioni metalinguistiche

Tania Baumann

AnnalSS 6, 2009. Lost in Translation. Testi e culture allo specchio
 

 
Il romanzo Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini appare nel 1955 e comporta subito per il suo autore un’incriminazione per oscenità. Non solo la sua ambientazione è scandalosa – il romanzo mette a nudo la squallida realtà della periferia romana, le borgate, e ha come protagonista il sottoproletariato che vive in esse – ma anche e soprattutto il suo linguaggio: sulla lingua standard della voce narrante, talora contaminata da regionalismi e voci dialettali, si innesta, in un procedimento mimetico, il dialetto romanesco dei personaggi. Si tratta, più propriamente, di una ristretta e particolare variante di romanesco, cioè del "gergo della malavita o della  plebe romana" (Pasolini 2005: 243), ricco di frequenti interiezioni ed espressioni volgari(1). Per ottenere l’effetto mimetico del linguaggio dei personaggi, elemento fondamentale della poetica del romanzo, lo scrittore effettua una ‘ricerca sul campo’ nelle borgate romane, rivolgendosi soprattutto al suo informatore Sergio Citti, pittore nel quartiere della Maranella, e annotando "su un foglio di carta […] modi idiomatici, punte espressive o vivaci, lessici gergali presi di prima mano dalle bocche dei ‘parlanti’ fatti parlare apposta" (Pasolini 1979: 211).
Una parte del "tesoretto lessicale" (Pasolini 1979: 211) frutto di questa  ricerca filologica sfocia nel "Glossario" appendice del romanzo nel quale lo  scrittore elenca, "più per scrupolo, e curiosità, che per effettiva utilità […] un certo numero di parole dialettali e gergali con la loro traduzione"; egli  infatti è convinto "che non ci sia lettore che, pur imbattendosi per la prima  volta in qualcuna delle parole del gergo della malavita e della plebe romana,  non ne afferri o non ne intuisca il significato" (Pasolini 2005: 243). L’uso  alternato di lingua standard e dialetto è soprattutto funzionale ad una  "differente resa ideologica" delle vicende rappresentate nel romanzo:  l’adozione del dialetto permette "un’adesione immediata alla realtà  rappresentata", quella della lingua standard invece il distacco della voce  narrante da essa, che si esprime attraverso l’ironia, l’intenerimento, la pietà e  la didascalicità (Mannino 1974: 69).


 La particolare struttura linguistica di Ragazzi di vita, come d’altronde di  ogni altro romanzo che presenti inserti dialettali o ‘misture’ linguistiche,  confronta il traduttore con problemi notevoli: come rendere il dialetto  romanesco nella lingua d’arrivo? Forse non è un caso che il romanzo sia  stato tradotto in tedesco soltanto nel 1990, ben quarantacinque anni dopo la  sua pubblicazione in Italia. La traduzione è stata affidata a Moshe Kahn,  uno tra i più rinomati traduttori contemporanei di testi letterari dall’italiano al tedesco, che ha al suo attivo un’esperienza pluridecennale: oltre a Ragazzi di vita ed altri scritti pasoliniani ha tradotto opere di Luigi Malerba, Primo  Levi, Roberto Calasso, Beppe Fenoglio, Dacia Maraini, Salvatore  Mannuzzu, Stefano Benni e Andrea Camilleri, ottenendo per lo più, da parte degli scrittori tradotti e dei critici tedescofoni, reazioni molto favorevoli.
La traduzione di Ragazzi di vita, oltre al problema della resa del dialetto gergale, pone al traduttore anche quello del divario temporale: il destinatario implicito del testo originale era l’italiano degli anni del cosiddetto miracolo economico che, leggendo il libro, veniva messo a confronto con una realtà che lo circondava o di cui, perlomeno, aveva conoscenza, ovvero la situazione di miseria economica e morale che stava proliferando ai margini dei maggiori centri urbani, icone del benessere e del nascente consumismo.
Ma nemmeno il lettore italiano odierno ha difficoltà di comprensione, né per quanto concerne la sapiente ‘mistura’ linguistica del romanzo, né riguardo alle vicende narrate: egli può far affidamento sul proprio Weltwissen, ovvero su una determinata ‘conoscenza del mondo’ che egli possiede in quanto appartenente alla comunità linguistica e culturale italiana. È evidente  che la situazione è più complessa per il lettore tedescofono che si può confrontare col testo solo a partire dal 1990 e non dispone delle stesse conoscenze del destinatario implicito del testo originale.

Generalizzando possiamo affermare che un autore solitamente produce un testo per destinatari appartenenti alla sua stessa comunità linguistica e culturale. Il testo originale ‘funziona’ appunto nel contesto comunicativo della comunità linguistica e culturale nella quale è incastonato. Questo significa, d’altro canto, che il testo viene recepito sullo sfondo di un insieme di norme che costituisce l’orizzonte delle aspettative del ricevente. La particolare composizione del testo ad opera dell’autore e l’orizzonte delle aspettative del destinatario si condizionano a vicenda: le norme che vincolano le aspettative del ricevente condizionano le norme di scrittura dell’autore; le norme di scrittura dell’autore fanno a loro volta riferimento alle norme su cui si basano le aspettative del ricevente, confermandole, contraddicendole e, eventualmente, cambiandole. Ovviamente le norme che vincolano le aspettative non sono identiche per ogni ricevente di una comunità linguistica e culturale, ma dipendono, fra l’altro, dall’appartenenza sociale, dal livello culturale, dalle conoscenze linguistiche e dal sapere enciclopedico personale del ricevente, dalla situazione di ricezione sia individuale che storico-sociale (cfr. Koller 2004: 107-108).

Nella comunicazione bilingue, come avviene nella traduzione, le condizioni comunicative sono più complesse: il traduttore è insieme ricevente ed emittente del testo, in quanto riceve il testo originale, che diventa testo di partenza, ne traspone il codice e diviene in tal modo l’emittente del testo nella lingua d’arrivo (cfr. Koller 2004: 106-107). Dalla sua capacità di mediazione dipende il successo della comunicazione. Nel caso di Ragazzi di vita, Moshe Kahn ha scelto di rendere la mediazione il più efficace possibile attraverso l’aggiunta di spiegazioni – usate con molta parsimonia: sono 24 in tutto – che evidenziano casi di intertestualità (per esempio i rimandi alla Divina Commedia) e spiegano alcuni elementi specifici della cultura italiana quali per esempio località di Roma, canzoni popolari ecc. È inoltre autore di una documentata postfazione, nella quale ripercorre le vicende burrascose che hanno accompagnato l’uscita del romanzo in Italia, tracciando al contempo un quadro storico della vita socioculturale e politica dell’Italia degli anni Cinquanta e presentando quindi la poetica pasoliniana. Nel paragrafo conclusivo della postfazione, infine, Kahn espone le proprie strategie traduttive. Si tratta di un brano molto interessante, poiché contiene riflessioni metalinguistiche che costituiscono il fondamento su cui poggia la traduzione. Per quanto concerne il problema di maggior rilievo del romanzo, la resa del romanesco in tedesco, il traduttore spiega:
 

Schwierigkeiten [bestanden] beim genauen semantischen Verständnis des römischen Dialekts, das Gewichtungen entsprechender deutscher sprechformen erst ermöglicht. Ziemlich bald wurde mir klar, daß der Umgang mit einem deutschen Dialekt – das Berlinerische hatte sich für eine deutsche Entsprechung des Römischen verführerisch aufgedrängt – ausgeschlossen werden mußte. Gefragt war ein allgemein verständlicher Jargon, der es mir ermöglichte, einerseits eine deutsche Übertragung zu geben, andererseits dem Text das ‘Römische’ zu belassen. Hilfreich, sogar unentbehrlich, wie schon für Pasolini, war mir dabei Sergio Citti. So entwickelte ich im Lauf der Arbeit Sprechweisen für die Übersetzung, die, bei genauerem Hinsehen, an manchen Stellen zwar keiner gängigen deutschen Ausdrucksweise entsprechen, aber durchaus zu einer deutschen Ausdrucksweise werden könnten (Kahn 1990: 236)(2).

L’ultima frase del brano citato, in particolare, sembra ricollegarsi all’idea di Friedrich Schleiermacher secondo il quale soltanto una traduzione straniante, ossia "eine Haltung der Sprache, die nicht nur nicht alltäglich ist, sondern die auch ahnen läßt, daß sie nicht ganz frei gewachsen, vielmehr zu einer fremden Aehnlichkeit hinübergebogen sei"(3) (Schleiermacher 1963: 55) è in grado di evidenziare il Geist der Sprache insito nell’opera letteraria straniera, ovvero "die bildende Kraft der Sprache, wie sie eins ist mit der Eigenthümlichkeit des Volkes"(4) (Schleiermacher 1963: 60). Inoltre, Schleiermacher attribuiva a questo metodo traduttivo il merito di fecondare ed arricchire il patrimonio linguistico della lingua d’arrivo, contribuendo in tal modo allo sviluppo di questa (cfr. Schleiermacher 1963: 69-70).

Nella sua postfazione, Moshe Kahn non spiega il motivo della rinuncia al berlinese quale corrispondente tedesco del romanesco ma, anche in considerazione di quanto appena esposto, tale scelta è sicuramente riconducibile al diverso valore connotativo di entrambe le parlate: il
sottoproletariato protagonista di Ragazzi di vita ha origini contadine e mediterranee che inequivocabilmente trovano espressione nel linguaggio dei personaggi e sono note al destinatario del testo originale. Il sottoproletario berlinese, invece, ha caratteristiche derivanti da una realtà metropolitana ed industriale che sono altrettanto note al destinatario del testo d’arrivo. La resa del romanesco del testo di partenza col berlinese nel testo d’arrivo avrebbe quindi provocato una frattura tra forma e contenuto e portato ad un risultato decisamente deformante. La strategia traduttiva adottata in questo caso da Kahn sembra dunque la soluzione migliore, in quanto propone un linguaggio gergale tedesco senza specifici connotati diatopici, ma con chiara valenza diastratica.

Per quanto riguarda la resa in tedesco del colore italiano in generale e del romanesco in particolare, il traduttore sfrutta diverse strategie traduttive: il titolo del romanzo (Tab. 1) è stato mantenuto invariato in tedesco, con la sola aggiunta della specificazione del genere letterario, che manca invece nel testo originale. Nella traduzione dei titoli dei singoli capitoli (Tab. 1) si possono osservare sia prestiti (Il Ferrobedò/Der Ferrobedò; Il Riccetto/Riccetto; Ragazzi di vita/Ragazzi di vita –Jungs von der Straße) che adattamenti (La comare secca/Der Knochenmann)(5). A livello grafico si può infine notare che la numerazione dei capitoli italiani è soppressa nella versione tedesca.

 

 
 
Per i versi che appaiono in epigrafe ad alcuni capitoli (Tab. 2), Kahn ha cercato di proporre l’uso alternato tra lingua standard e linguaggio colloquiale e gergale che caratterizza tutto il romanzo – un’impresa assai difficile data la frammentarietà delle epigrafi in romanesco, ma risolta in modo magistrale: la lingua standard è stata impiegata per i versi tratti da Dante e da Tolstoj – nel caso della Divina Commedia è citata la più autorevole traduzione tedesca, quella di Hermann Gmelin; per i versi tratti da canzoni popolari e dalle poesie dialettali del poeta romano Giuseppe Gioacchino Belli è stato scelto un linguaggio tendenzialmente colloquiale o, come nell’epigrafe del capitolo 5, l’efficacia espressiva dei detti popolari.
 

 
Nella versione tedesca il colore locale italiano è conferito anche dalla conservazione dei soprannomi italiani dei diversi personaggi, primo tra tutti il personaggio principale, il Riccetto. In Ragazzi di vita Pasolini non è tanto interessato a presentare i personaggi nella loro complessità psicologica, ma ne traccia le caratteristiche per lo più con efficaci e rapide pennellate, e una particolarità fisica o comportamentale è sufficiente a identificarli. Il soprannome, pertanto, diventa per essi nome proprio, scritto appunto con la maiuscola: oltre al Riccetto appaiono il Monnezza, lo Spudorato, il Pecetto, il Ciccione e diversi altri. Per il lettore italiano, il procedimento è trasparente, mentre non lo è per il lettore della traduzione tedesca, benché il traduttore abbia cercato di evidenziarlo con l’aggiunta di un’apposizione alla prima apparizione di un tale personaggio, dunque "Riccetto der Lockenkopf", "Spudorato der Schamlose", "Ciccione der Dicke" ecc.
L’efficacia del procedimento tuttavia non è del tutto garantita, in quanto forse non ogni lettore tedescofono, specie se sprovvisto di conoscenze della lingua italiana, capisce che l’apposizione è la traduzione tedesca del soprannome italiano, ma d’altronde, nell’insieme la perdita è veramente minima.
Intrise di colore romanesco sono soprattutto le parolacce che accompagnano ogni atto linguistico dei personaggi. La particolare difficoltà traduttiva, come spiega Moshe Kahn nella sua postfazione, consiste nel fatto che



italienische Kraftausdrücke sind zumeist im Bereich der männlichen Erotik oder der Religion angesiedelt, deutsche dagegen vorwiegend im Umfeld des Analen. Mir kam es darauf an, an den zahlreichen Stellen, wo der italienische Text dies forderte, diesen Typus des Erotischen – und damit Italienischen – aufscheinen zu lassen. Auch an den wenigen Stellen, wo römische Kraftausdrücke den relgiösen Bereich berühren, habe ich mich für erotische Umformungen dieser Art entschieden, we l die Möglichkeiten des Deutschen hier nicht ausreichen (Kahn 1990: 236-237)(6).
 
La strategia adottata dal traduttore, in parte identica a quella adoperata  per la resa del dialetto romanesco, consiste nel coniare espressioni e modi di dire non necessariamente correnti in tedesco, ma pur sempre facilmente comprensibili. Queste coniazioni, adottando la tipologia proposta da Koller 2004(7) per classificare le diverse corrispondenze lessicali tra originale e traducenti, comprendono "calchi" dell’espressione romanesca, "corrispondenze parziali", "corrispondenze totali", "diversificazioni" e "adattamenti" a espressioni tedesche correnti. Le locuzioni elencate nella Tabella 3 sono tratte, a fini esemplificativi, dal primo capitolo di Ragazzi di vita. Come si può osservare, nella colonna delle corrispondenze lessicali la traduzione delle parolacce, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, tende complessivamente ad un equilibrio tra adattamento e un rifacimento volto a rendere in tedesco le particolarità semantiche del romanesco.
Questo si evidenzia per esempio nella prima locuzione presente nell’elenco, "fijo de na mignotta", che in tedesco trova una piena corrispondenza nel termine "Hurensohn". Il traduttore però ha optato per una diversificazione, affiancando al traducente principale altri tre termini tesi a cogliere le diverse sfumature della tipica espressione romanesca: "Hurenbolzen" e "Hurenarsch" sono neologismi che presentano una corrispondenza parziale con l’originale, mentre l’adattamento "Wichser" per "li mortacci tua [sua ecc.]" ricorre anche come secondo elemento nel composto "Seelenwichser" con cui il traduttore rende "l’animaccia sua". Per contro, nel caso delle locuzioni romanesche "sti cojoni" e "a stronzo" si ha una neutralizzazione in quanto entrambe condividono il traducente tedesco Arschloch".

 

 
 
Il passo tratto dalla postfazione, citato sopra, in cui il traduttore espone le strategie traduttive adoperate per i vocaboli volgari, è interessante anche per un altro motivo: esso contiene infatti riflessioni metalinguistiche del traduttore sul diverso valore semantico delle parolacce italiane e romanesche rispetto a quelle tedesche, e proprio tali riflessioni rivelano la convinzione di Kahn che l’italiano sarebbe una lingua erotica. Si può ravvisare, nelle parole di Kahn, un concetto metalinguistico vicino a quello di Leo Weisgerber, principale rappresentante della Sprachinhaltsforschung, ossia di quell’indirizzo linguistico che studia la lingua dalla prospettiva del contenuto(8). Weisgerber parte dal presupposto romantico condiviso da Humboldt e Schleiermacher che ogni lingua naturale crea una propria visione del mondo. La lingua costituisce così il mondo mentale intermedio (geistige Zwischenwelt) tra uomo e realtà esterna; essa trasmette ai componenti di una comunità linguistica ‘l’immagine del mondo della lingua madre’ (Weltbild der Muttersprache): l’uomo può concepire soltanto ciò che la struttura della lingua madre gli permette di concepire (cfr. Weisgerber 1964: 43-67). Questa teoria può essere applicata al linguaggio colorito dei ‘ragazzi di vita’ pasoliniani, ovvero del sottoproletariato romano del secondo dopoguerra. Questo ceto sociale è composto per la maggior parte da individui immigrati nella metropoli dalle campagne del Meridione, terra della Magna Mater Mediterranea e dei culti di fertilità. La cultura contadina e mediterranea, benché snaturata in questi personaggi, lascia tuttavia tracce inequivocabili nel loro linguaggio(9).

La strategia traduttiva proposta da Moshe Kahn sembra dunque particolarmente efficace, in quanto trasmette al lettore tedescofono non solo la parlata gergale di un gruppo sociale, ma anche la realtà socioantropologica che ne costituisce lo sfondo. Nel suo insieme la traduzione tedesca di Ragazzi di vita rivela un procedimento traduttivo in sintonia con la posizione che Umberto Eco assumerà alcuni anni più tardi riguardo all’antico e mai sopito dibattito sul grado di ‘fedeltà’ di una traduzione rispetto al testo di partenza: "Di fronte alla domanda se una traduzione debba essere source o target oriented, ritengo che non si possa elaborare una regola, ma usare i due criteri alternativamente, in modo molto flessibile, a seconda dei problemi posti dal testo a cui ci si trova di fronte" (Eco 1995: 125).
È un fatto senz’altro eccezionale che un traduttore esprima nella traduzione la sua personale concezione metalinguistica, come avviene nel nostro caso con l’asserzione di Moshe Kahn che l’italiano è una lingua erotica. La sua traduzione veicola così informazioni ‘in più’ rispetto al testo di partenza che rischiano di appesantire testi nella cui concezione la cultura mediterranea non si palesa così esplicitamente come in Ragazzi di vita o manca completamente, come per esempio nel romanzo Achille piè veloce di Stefano Benni (2003), anch’esso tradotto in tedesco da Moshe Kahn (2006).
Achille piè veloce è ambientato in una metropoli grigia dell’Italia settentrionale, e i due protagonisti dai nomi omerici, Achille e Ulisse, sono intellettuali disadattati, per motivi diversi, che oppongono una caparbia resistenza alla tetraggine e alla banalità della vita quotidiana; ad essi si accompagna una serie di altri personaggi. Nei discorsi dei personaggi prevale il linguaggio colloquiale che, secondo una consuetudine ormai diffusa a tutti i livelli sociali, contiene molti vocaboli volgari, ma che certamente non può essere definito "gergo" (cfr. Ferrero 1991: XXI). Nella traduzione di questi termini, in Achille piè veloce prevale, rispetto a Ragazzi di vita, il procedimento dell’adattamento; tuttavia non mancano espressioni e modi di dire inusuali in tedesco che talvolta riecheggiano quelli elaborati per i ‘ragazzi di vita’ pasoliniani (Tab. 4):

 

 
 
Indubbiamente, anche in questo caso i calchi e le corrispondenze parziali sono volti a trasmettere al ricevente tedescofono il valore semantico del termine originale, ma nella versione tedesca di Achille piè veloce questo ‘valore aggiunto’ crea piuttosto un effetto straniante non in sintonia con la strategia
traduttiva dominante(10).
È fuori dubbio che ogni lettura di un testo avvia nel ricevente automaticamente un processo interpretativo inteso, nel senso più ampio del termine, come processo ermeneutico. Anche il traduttore, benché legga un determinato testo già in prospettiva alla mediazione che dovrà effettuare, ossia analizzandolo, non può sottrarsi a questo automatismo. Di conseguenza, ogni traduzione è necessariamente un’interpretazione, legata alla dimensione soggettiva della personalità del traduttore: capacità intellettuali, carattere, cultura, provenienza, padronanza linguistica sia della lingua straniera sia della lingua madre ecc. A questi condizionamenti soggettivi del processo ermeneutico è esposto a sua volta chi effettua la critica di una traduzione, e proprio in considerazione di questa inevitabile e generale limitatezza umana il critico può – e deve – esprimere soltanto un giudizio relativo sulla traduzione, motivando sempre il suo giudizio sia positivo che negativo, ed evitando giudizi sommari quali "ottima traduzione", "traduzione congeniale" o "traduzione impacciata" (cfr. Reiß 1971: 106-109).
L’analisi delle strategie adoperate da Moshe Kahn nella traduzione di Ragazzi di vita ha evidenziato che queste sono strettamente legate ad una personale concezione metalinguistica del traduttore e, in qualunque modo la si voglia considerare, l’opera traduttiva di Moshe Kahn ci ricorda che la traduzione letteraria è una vicenda culturale creativa e umana, e non può essere ricondotta ad un anonimo procedimento meccanico.


Note
1 Mannino sottolinea che i vocaboli dialettali usati nei romanzi ambientati nelle borgate romane, Ragazzi di vita e Una vita violenta, appartengono a "un gergo ristrettissimo, e trovano i loro referenti nel sesso, nel denaro, nei gesti più ripetuti e stereotipi dei ragazzi di vita" (Mannino 1974: 131).

2 "Le difficoltà [consistevano] nel cogliere con esattezza il significato semantico del dialetto romanesco: solo questo permette di ponderare le forme linguistiche corrispondenti in tedesco. Capii subito che si doveva escludere il ricorso a un dialetto tedesco, benché in un primo momento vi sia stata la forte tentazione di usare il berlinese come corrispondente tedesco del romanesco. Serviva invece un gergo comprensibile a tutti, che mi permettesse da un lato di trovare un corrispondente tedesco, dall’altro di lasciare al testo anche il colore "romanesco". In questo mi fu d’aiuto, anzi indispensabile, come già per lo stesso Pasolini, Sergio Citti. Man mano che il lavoro procedeva, sviluppai modi di dire per la traduzione che in certi passi, a ben vedere, non corrispondono a modi di dire correnti in tedesco, ma che potrebbero pur sempre diventare modi di dire tedeschi" [La traduzione è mia, così come tutte le seguenti].

3 "un uso della lingua che non solo non è quotidiano, ma di cui si intuisce che non è nato spontaneo, quanto piuttosto piegato verso una somiglianza forestiera".

4 "la forza creativa della lingua, com’è tutt’uno con le caratteristiche peculiari di un popolo".

5 Quest’ultimo procedimento nel caso specifico si rende necessario in quanto l’allegoria italiana della morte si presenta in veste femminile in corrispondenza del genere del termine; il termine tedesco invece, ‘der Tod’, avendo genere maschile, è comunemente rappresentato da un’allegoria maschile, conosciuta come ‘der Knochenmann’, ossia lo scheletro o, letteralmente, ‘uomo di ossa’.

6 "le parolacce italiane si collocano per lo più nella sfera o dell’erotico o della religione, mentre quelle tedesche sono collocate prevalentemente nell’ambito dell’anale. Nei numerosi passi in cui il testo italiano lo richiedeva, mi premeva far trasparire questa tipologia  dell’erotico e, con essa, una peculiarità dell’italiano. Anche nei pochi passi in cui le parolacce romanesche toccano l’ambito religioso, ho scelto una corrispondenza erotica di questo genere poiché le possibilità del tedesco in questo caso non sono sufficienti".

7 Le categorie proposte da Koller (2004: 228-240) sono le seguenti: la corrispondenza completa (Eins-zu-eins-Entsprechung), per esempio ted. Montag ・ィ it. ‘lunedì’; la diversificazione (Eins-zu-viele-Entsprechung): ad un termine della LP corrispondono diversi termini nella LA, per esempio ted. ledig ・ィ it. ‘celibe’ – ‘nubile’; la neutralizzazione (Vielezu-eins-Entsprechung): a diversi termini della LP corrisponde un unico termine nella LA, per esempio it. giocare – suonare [uno strumento] ・ィ ted. ‘spielen’; la corrispondenza nulla szu-Null-Entsprechung): un termine o una locuzione della LP non trova un traducente nella LA. Per risolvere questi casi esistono secondo Koller cinque procedimenti traduttivi: l’adozione del termine come prestito (Übernahme des AS-Ausdrucks in die ZS), il calco (Lehnübersetzung), la spiegazione o parafrasi (Explikation oder definitorische  schreibung), l’adattamento (Adaptation), ossia l’assimilazione culturale del TP al contesto comunicativo della LA; la corrispondenza parziale (Eins-zu-Teil-Entsprechung): ad un termine della LP corrisponde solo parzialmente un termine nella LA, p.e. ted. Heimat ・ィ it. ‘patria’.

8 Tale indirizzo è noto anche come "grammatica del contenuto" (inhaltsbezogene  Grammatik).

9 Il linguaggio gergale italiano, in generale, è fortemente influenzato dal "peso delle culture contadine e dei dialetti, [da] le varietà e le differenze regionali" (Ferrero 1991: XXV). Lo stesso gergo romanesco usato da Pasolini in Ragazzi di vita non è tanto il vecchio dialetto romano, quanto piuttosto "il nuovo gergo delle borgate misto di romanesco e di residui dialettali meridionali" (Mannino 1974: 131).

10 In questo senso si era espressa una studiosa recensendo la traduzione tedesca di Achille piè veloce, criticando il fatto che certi vocaboli volgari di uso corrente vengano resi in maniera "allzu umständlich", ossia inutilmente complessa (cfr. Restemeier 2006).


Bibliografia


Benni, S., 2003, Achille piè veloce, Feltrinelli, Milano;

Benni, S., 2006, Der schnellfüßige Achilles. Aus dem Italienischen von Moshe Kahn,
Wagenbach, Berlin;

Eco, U., 1995, "Riflessioni teorico-pratiche sulla traduzione", in S. Nergaard (a cura di)
(1995), Teorie contemporanee sulla traduzione, Bompiani, Milano: 121-146;

Ferrero, E., 1991, Dizionario storico dei gerghi italiani. Dal Quattrocento a oggi, Mondadori, Milano;

Kahn, M., 1990, "Nachwort", in P.P. Pasolini, Ragazzi di vita. Aus dem Italienischen von
Moshe Kahn, Wagenbach, Berlin: 231-237;

Koller, W., 2004, Einführung in die Übersetzungswissenschaft, 7, aktualisierte Auflage,
Quelle&Meyer, Wiebelsheim;

Mannino, V., 1974, Invito alla lettura di Pasolini, Mursia, Milano;

Pasolini, P.P., 1979 [1958], "Il metodo di lavoro", in Id., Ragazzi di vita, Einaudi, Torino:
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Pasolini, P.P., 2005 [1955], Ragazzi di vita, Garzanti, Milano;

Pasolini, P.P., 1990, Ragazzi di vita. Aus dem Italienischen von Moshe Kahn, Wagenbach,
Berlin;

Reiß, K., 1971, Möglichkeiten und Grenzen der Übersetzungskritik. Kategorien und Kriterien für eine
sachgerechte Beurteilung von Übersetzungen, Hueber, München;

Restemeier, N., 2006, "Der schnellfüßige Achilles – zu schnellhändig übersetzt", in ReLÜ –
Rezensionszeitschrift zur Literaturübersetzung, 3, http://www.relue-online.de/show.php?entrID=36;

Schleiermacher, F., 1963 [1838], "Methoden des Übersetzens", in H. J. Störig (a cura di),
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Weisgerber, L., 1964, Das Menschheitsgesetz der Sprache als Grundlage der Sprachwissenschaft, 2., neubearbeitete Auflage, Quelle & Meyer, Heidelberg.



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