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giovedì 2 ottobre 2025

Pier Paolo Pasolini, Non ti fidare, è un rivoluzionario. - Il Mondo», 13 marzo 1975 ( Con commento al testo )

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Pier Paolo Pasolini
Non ti fidare, è un rivoluzionario

Il Mondo, 13 marzo 1975 
( Con commento al testo )

( In Lettere Luterane col titolo Paragrafo secondo: come devi immaginarmi)


Potrei dirti tante cose che è necessario che tu, Gennariello, sappia del tuo pedagogo.
Non voglio fare un elenco di particolari, che verranno certamente fuori un po' alla volta, necessitati dalle occasioni (infatti il nostro discorso pedagogico sarà pieno di parentesi e di divagazioni: appena qualcosa di attuale sarà così urgente e significativo da interrompere il nostro discorso, noi lo interromperemo).
(1)

Vorrei scegliere un solo punto: cioè ciò che la gente dice di me, e attraverso cui tu mi hai dunque finora conosciuto (ammesso che tu sappia della mia esistenza). Ciò che attraverso la gente hai saputo di me si riassume eufemisticamente in poche parole: uno scrittore-regista, molto «discusso e discutibile», un comunista «poco ortodosso e che guadagna dei soldi col cinema», un uomo «poco di buono, un po' come D'Annunzio».(2)
Non polemizzerò con queste informazioni che hai ricevuto, con commovente concordanza, da una signora fascista e da un giovane extraparlamentare, da un intellettuale di sinistra e da un marchettaro.
Questo elenco è un po' qualunquistico: lo so. Ma ricordati: non bisogna temere nulla, e soprattutto non bi sogna temere quelle qualificazioni negative che possono essere ritorte all'infinito.(3)

Tutti gli italiani infatti si possono dare dei «fascisti» a vicenda, perché in tutti gli italiani c'è qualche tratto fascista (che, come vedremo, si spiega storicamente con la mancata rivoluzione liberale o borghese); tutti gli italiani, per ragioni più ovvie, si possono dare a vicenda dei «cattolici» o dei «clericali». Tutti gli italiani, infine si possono dare a vicenda dei «qualunquisti». È ciò appunto che ci riguarda in questo momento. Non perché io e te abbiamo rotto quello che dovrebbe essere ormai il tacito patto tra persone civili, consistente nel non dar si mai dei «fascisti» o dei «clericali» o dei «qualunquisti» a vicenda, ma perché sono io stesso che mi accuso, qui, di un certo qualunquismo. 

Che cos'è che io vedo (qualunquisticamente) accomunare «una signora fascista e un extraparlamentare, un intellettuale di sinistra e un marchettaro»? È una terribile, invincibile ansia di conformismo.

Succede spesso, in questa nostra società, che un uomo (borghese, cattolico, magari tendenzialmente fasci sta) accorgendosi consapevolmente e inconsapevolmente di tale ansia di conformismo, faccia una scelta decisiva e divenga un progressista, un rivoluzionario, un comunista: ma (molto spesso) a quale scopo? Allo scopo di poter finalmente vivere in pace la sua ansia di conformismo Egli non lo sa, ma l'essere passato con coraggio dalla parte della ragione (uso qui la parola ragione con temporaneamente in senso corrente e in senso filosofico) gli permette di sistemarvisi con le antiche abitudini che egli crede rigenerate, reificate. Mentre non sono altro, appunto, che l'antica ansia di conformismo.
(4)

Ciò durante questi trent'anni postfascisti ma non antifascisti, è sempre accaduto. Ma le cose si sono aggrava te dal '68 in poi. Perché da una parte il conformismo, diciamo così, ufficiale, nazionale, quello del «sistema», è divenuto infinitamente più conformistico dal momento che il potere è divenuto un potere consumistico, quindi infinitamente più efficace - nell'imporre la propria volontà - che qualsiasi altro precedente potere al mondo. La persuasione a seguire una concezione «edonistica» della vita (e quindi a essere dei bravi consumisti) ridicolizza ogni precedente sforzo autoritario di persuasione: per esempio quello di seguire una concezione religiosa moralistica della vita.(5)

D'altra parte le grandi masse di operai e le élites progressiste sono rimaste isolate in questo nuovo mondo del potere: isolamento che, se da una parte ha preservato una certa loro chiarezza e pulizia mentale e morale, ha anche rese conservatrici. E il destino di tutte le «isole» (e delle «aree marginali»). Dunque il conformismo di sinistra - che c'era sempre stato - in questi ultimi anni si è fossilizzato.(6)

Ora, uno dei luoghi comuni più tipici degli intellettuali di sinistra è la volontà di sconsacrare e (inventiamo la parola) de-sentimentalizzare la vita. Ciò si spiega, nei vecchi intellettuali progressisti, col fatto che sono stati educati in una società clerico-fascista che predicava false sacralità e falsi sentimenti. E la reazione era quindi giusta. Ma oggi il nuovo potere non impone più quella falsa sacralità e quei falsi sentimenti. Anzi è lui stesso il primo, ripeto, a voler liberarsene, con tutte le loro istituzioni (mettiamo l'Esercito e la Chiesa). Dunque la polemica contro la sacralità e contro i sentimenti, da parte degli intellettuali progressisti, che continuano a macinare il vecchio illuminismo quasi che fosse meccanicamente passato alle scienze umane, è inutile. Oppure è utile al potere.(7)

Per queste ragioni sappi che negli insegnamenti che ti impartirò, non c'è il minimo dubbio, io ti sospingerò a tutte le sconsacrazioni possibili, alla mancanza di ogni rispetto per ogni sentimento istituito. Tuttavia il fondo del mio insegnamento consisterà nel convincerti a non temere la sacralità e i sentimenti, di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in brutti e stupidi automi adoratori di feticci.(8)

Pier Paolo Pasolini

Commento al testo:

(1) Pasolini si rivolge a “Gennariello”, figura simbolica di un giovane studente napoletano, con tono confidenziale e pedagogico. Introduce il suo intento: educare, ma non in modo sistematico, ma con un discorso vivo, aperto a digressioni e interruzioni dettate dall’attualità.  Apertura diretta e pedagogica; introduce la relazione maestro-allievo e stabilisce urgenza morale e didattica. Educazione non rigida, ma promessa di una didattica situata, contingente e dialogica con discorso aperto, flessibile, pronto a inserirsi nell'attualità; tono colloquiale e progettuale.

(2) Pasolini riflette su come lui viene percepito: un intellettuale controverso, comunista non ortodosso, paragonato a D’Annunzio. Etichettamento riduttivo e contraddittorio che evidenzia come diverse sfera sociali convergano in un giudizio stereotipato. La sua immagine pubblica è deformata dai giudizi superficiali. Focalizza la questione della percezione sociale; mette in luce il divario tra immagine pubblica e identità reale.

(3) Evidenzia come giudizi simili provengano da ambienti opposti: la stessa immagine proviene da opposte militanze, segno di un conformismo trasversale che attraversa tutte le classi sociali e tutte le ideologie. Invita a non farsi paralizzare dalle etichette negative.

(4) Denuncia il fenomeno per cui chi si converte al comunismo o al progressismo lo fa per conformismo, non per rottura reale. Il passaggio alla “ragione” è solo un modo per perpetuare abitudini borghesi sotto nuove etichette. La conversione politica può essere motivata dallo stesso desiderio di appartenere, non da una reale trasformazione etica o intellettuale. La nuova identità serve a preservare abitudini precedenti sotto un velo di legittimazione ragionata; critica al travestimento ideologico senza nessuna vera novità morale.

(5) Pasolini distingue tra il potere fascista e quello consumistico, che considera più efficace e pervasivo. Il nuovo potere impone un edonismo che ridicolizza ogni precedente forma di autoritarismo. Il potere consumistico sottrae efficacia alle precedenti coercizioni ideologiche. Crea un conformismo più subdolo e potente, capace di modellare desideri e comportamenti.

(6) Le élites progressiste e gli operai, isolati dal potere, si sono conservati ma anche fossilizzati perdendo dinamismo rivoluzionario. Il conformismo di sinistra si è irrigidito, perdendo vitalità e capacità critica.

(7) Pasolini critica gli intellettuali di sinistra che continuano a combattere sacralità e sentimenti, ignorando che il potere stesso li ha già svuotati e quindi, combattono un nemico che non esiste più. La loro polemica è inutile o addirittura funzionale al potere. La reazione anti-sacrale poteva essere giustificata contro ipocrisie del passato ma non certamente in questo contesto storico: anzi,  la critica anti-sacrale, oggi, risulta ridondante o funzionale al potere stesso.

(8) Pasolini conclude in modo che può sembrare un paradosso, ma non lo è: pur spingendo alla desacralizzazione, invita a non temere la sacralità e i sentimenti autentici. Il laicismo consumistico ha reso gli uomini automi, privandoli di profondità emotiva. Pur favorendo la sconsacrazione, Pasolini rivendica la necessità di sentimenti autentici e di una sacralità non cooptata dal consumismo; critica l'alienazione feticista del capitalismo.

Il passaggio principale del testo è la denuncia del conformismo trasversale e del potere consumistico che rende sterile ogni forma di ribellione apparente. La pedagogia pasoliniana propone una pedagogia che unisca critica radicale e recupero dei sentimenti autentici.
Bruno Esposito




Curatore, Bruno Esposito

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