"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Pier Paolo Pasolini
il rimpianto di Ugo La Malfa
Uno scambio epistolare tra
Laura Betti e Ugo La Malfa
1976
Tutto inizia nel marzo 1976, durante un incontro casuale in treno: Laura Betti chiede a La Malfa di contribuire a una raccolta di scritti firmati da intellettuali, filosofi e poeti, «testimonianze che andranno depositate in Tribunale al posto dell’arringa finale». Era in corso il processo per la morte di Pasolini e Betti, nella lettera del 10 marzo, avverte l’urgenza di «non lasciare Pier Paolo solo in un luogo che non gli compete, in un luogo che lo riguarda solo in quanto egli ha troppo amato e troppo parlato».
L’invito di Betti viene raccolto da La Malfa che, il 12 maggio, le invia un ricordo in forma epistolare, rievocando l’unico incontro intellettuale avuto con Pasolini. Risale al 28 settembre 1975, quando Pasolini pubblicò sul Corriere della Sera, a nome dei cittadini italiani, una serie di domande ai politici sul fallimento civile, economico e morale dei «dieci anni di cosiddetto benessere». La Malfa rispose inviando a Pasolini una copia del suo libro "L’altra Italia: documenti su un decennio di politica italiana", appena pubblicato, spiegando che non poteva fare diversamente «quando ogni punto aveva costituito oggetto di una mia battaglia decennale». L’altra Italia rappresentava l’Italia che egli sognava, costruita dalle forze politiche contro l’Italia che Pasolini descriveva come frutto di errori, trascuratezze, egoismi e malgoverno. Betti conserva il ricordo dell’«autentica gioia di Pier Paolo» alla ricezione del libro.
In altre lettere Betti ringrazia La Malfa per la testimonianza e per il «Suo essermi vicino così come capita quando la vita la si vive ancora credendo ai valori essenziali». Nell’epistola del 10 marzo scrive: «La ringrazio per la Sua cortesia e la Sua poeticità – come avrebbe detto Pier Paolo».
Da queste pagine affiora uno scambio emotivo intenso che rivela il rimpianto di La Malfa, a pochi mesi dal brutale assassinio di Pasolini, per un dialogo «appena iniziato e subito spentosi».
Di seguito lo scambio epistolare tra
Laura Betti e Ugo La Malfa
La fonte delle lettere: Fondazione Ugo La Malfa
( © Questa trascrizione da cartaceo è stata curata da Bruno Esposito )
Roma, 29-9-75
Caro Pasolini,finisco di leggere, in questo momento, i1 Suo articolo sul "Corriere" di domenica. Non intendo chiedere, come esponente politico, alcuna assoluzione, ma penso che sia utile dare una risposta ad alcune Sue domande attraverso, non una politica, ma una proposta politica contenuta nei documenti raccolti da Mondadori in una pubblicazione che sta per uscire e che le invio. I problemi trattati nei documenti riguardano soprattutto le Sue prime domande, che considero del tutto pertinenti, ma, per quanto riguarda problemi economici e sociali e istituzionali, qualcosa le potrà dire quello che è stato fatto a proposito del cosiddetto caso Sindona.
Mi scuso per questa incursione in un campo che non mi è proprio e Le invio cordiali saluti
Ugo La Malfa
10 Marzo 1976
Caro La Malfa,
prima di tutto La ringrazio per la Sua cortesia e la Sua poeticità come avrebbe detto Pier Paolo.
Le invio, come d'accordo alcuni scritti, testimonianze che andranno depositate in Tribunale al posto dell'arringa finale. Come Le dissi in treno, il senso di tutto ciò é assumersi la responsabilità di non lasciare Pier Paolo solo in un luogo che non gli compete, in un luogo che lo riguarda solo in quanto egli ha troppo amato e troppo parlato. E vorrei che le parole degli amici lo riportassero velocemente fuori da via delle Zoccolette cancellando e disinfettando i bolli, i verbali, le misurazioni, le lacerazioni e le ferite del suo corpo che devono ricomporsi nel tutto alacre, diligente e pulito di quello che lui era.
Sarò molto felice di averla con noi. E naturalmente mi impegno a farle avere di volta in volta i testi in arrivo tra cui prevedo Roland Barthes, Christian Metz, Jean Luc Godard. Farò anche un tentativo con Nenni che amava Pier Paolo. Ci saranno anche Maria Antonietta Macciocchi, Dacia Maraini, Basaglia e Norman Mailer e Peter Handke.
Aspetto quindi fiduciosa da Lei. Se potesse farmi avere un suo scritto entro il I° Aprile ne sarei veramente felice.
Spero di incontrarla ancora. E ancora infiniti ringraziamenti.
Laura Betti
Roma, 22 marzo 1976
Cara Signora Betti,
ho ricevuto la sua gentile lettera e vorrei pregarla di una cortesia per essere in grado di rispondere alla Sua richiesta.
Nel volume che ho mandato al povero Pasolini, vi era una dedica. Può avere modo di comunicarmi che cosa ho scritto nella dedica?
Molto cordialmente
(Ugo La Malfa)
Sig.ra Laura Betti
Via Montoro, 4
Roma
Roma, 24 Marzo 1976
Caro La Malfa,
La Sua dedica a Pier Paolo era questa "perché trovi un'alternativa alla condanna" non si capisce bene, ma suppongo si debba leggere invece "alle condanne".
Leggendo la Sua dedica ho collegato e ricostruito la gioia autentica che ne ebbe Pier Paolo nel ricevere il Suo libro. Pier Paolo sentiva di dover superare delle montagne, delle dighe inesorabilmente troppo alte, per farsi ascoltare persino a livello di cittadino-parlante. " Parla, parla, ma essendo tu diverso, Noi possiamo non risponderti perché possiamo decidere che non esisti".
Gli diede cioé un minimo di calore. Lo stesso di cui lo circondava - con mille dubbi - la F.G.C.I. E ne aveva sempre più bisogno forse perché sentiva il freddo della morte. E lo chiedeva anche a me. Chiedeva più attenzione, più affetto. Ecco perché negli atti e nei gesti che cerco di fare per lui, ora, é sempre presente il cercare di non lasciarlo "solo" di una solitudine di cui siamo tutti colpevoli.
Ecco perché chiedo.
La ringrazio come sempre e a presto, spero
Laura Betti
P.S. Le invio anche una lettera che lui scrisse
- è superfluo dire che vorrei,
se lei lo ritiene giusto, riaverla
per l'archivio di Pier Paolo Pasolini
che in questi giorni si farà.
Roma, 12 maggio 1976
Cara Signora Betti,
in un improvviso, e per me, interessante incontro avvenuto sul rapido Roma-Milano, mentre ero immerso nella lettura di vari giornali, e di molti pastoni politici, Lei, che non avevo avuto l'occasione ed il piacere di conoscere personalmente, mi ha chiesto una testimonianza, da raccogliere con altre in volume, su Pier Paolo Pasolini, in relazione alle circostanze della sua tragica fine. E, al riguardo, mi ha parlato delle testimonianze di Sartre e di Volponi che, fattemi poi da Lei cortesemente conoscere, considero fra le cose più penetranti che io abbia avuto modo di leggere sul compianto artista e scrittore.
Le ho dovuto dire che io non conoscevo Pasolini personalmente, ma lo conoscevo per le sue poesie e i suoi lavori letterari, come per i suoi films, lo conoscevo così come un politico, immerso nell'azione come io lo sono, li può conoscere. E cioè con grande ammirazione per lo scrittore e per la sua capacità creativa e di analisi in tanti diversi campi, ma senza quella competenza critica che solo la piena partecipazione al mondo culturale e artistico proprio di Pasolini, può dare. Solo due manifestazioni della sua personalità culturale ed artistica mi avevano portato a una valutazione meno generica di quella che altrimenti ero tenuto a dare. La capacità di guardare al mondo squallido e doloroso delle borgate romane, frutto di una civiltà incapace di superare le sue contraddizioni ed il suo rifiuto del capitalismo o neo capitalismo per un ritorno alla civiltà contadina, come aggancio ad una civiltà che non aveva prodotto quelle contraddizioni e quello squallore. Su questi aspetti fondamentali della sua poetica e delle sue valutazioni critiche, si produceva dissociazione fra un artista come lui e un politico come me. Poichè io credo che l'industrializzazione non debba necessariamente portare allo squallore della civiltà capitalistica o neo capitalista, ma possa superare anche il fenomeno della degradazione delle borgate romane; mentre Pasolini, dimenticando quante riserve e squallori hanno accompagnato la civiltà contadina, si rifugiava in un mondo che a me appariva puramente nostalgico, anche se ricco di immaginazione poetica.
Una conoscenza non diretta, una sorta di comunicazione con Pasolini fu possibile in una circostanza particolare, quasi - e mi appare ora tanto strano - alla vigilia della sua morte. Avevo letto sul Corriere della Sera del 28 settembre 1975, l'ultimo dei suoi articoli, dal titolo "Perchè il processo" e mi avevano colpito alcune domande che, a nome del cittadini italiani, egli intendeva rivolgere al potere politico.
"I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perchè in questi dieci anni di cosiddetto benessere si è speso in tutto fuorchè nei servizi pubblici di prima necessità: ospedali, scuole, asili, ospizi, verde pubblico, beni naturali cioè culturali.
I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perchè in questi dieci anni di cosiddetta tolleranza si è fatta ancora più profonda la divisione fra Italia settentrionale e Italia meridionale, rendendo sempre più, i meridionali, cittadini di seconda qualità.
I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perchè in questi dieci anni di cosiddetta civiltà tecnologica si siano compiuti così selvaggi disastri edilizi, urbanistici, paesaggistici, ecologici, abbandonando, sempre selvaggiamente, a se stessa la campagna.
I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perchè in questi dieci anni di cosiddetto progresso la "massa", dal punto di vista umano, si sia così depauperata e degradata.
I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perchè in questi dieci anni di cosiddetto laicismo l'unico discorso laico sia stato quello, laido, della televisione (che si è unita alla scuola in una forse irriducibile opera di diseducazione della gente).
I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perchè in questi dieci anni di cosiddetta democratizzazione (è quasi comico il dirlo: se mai "cultura" è stata più accentratrice che la "cultura" di questi dieci anni) i decentramenti siano serviti unicamente come cinica copertura alle manovre di un vecchio sottogoverno clerico-fascista divenuto meramente mafioso.
Ho detto e ripetuto la parola "perchè": gli italiani non vogliono infatti sapere che questi fenomeni oggettivamente esistono e quali siano gli eventuali rimedi: ma vogliono sapere appunto, e prima di tutto, perchè esistono."
Il complesso di tali domande mi colpi, perchè mi pareva che avessero costituito oggetto di una mia tenace battaglia, non perchè ad esse si rispondesse, ma perchè non si fossero create nel nostro Paese, le situazione che avrebbero portato Pasolini a porle, a nome appunto dei cittadini italiani. Ma come rispondere a Pasolini punto per punto, quando ogni punto aveva costituito oggetto di una mia battaglia decennale? Proprio nel giorni della lettura di quell'articolo, mi era arrivata una delle prime copie di un volume "L'altra Ita1ia" nel quale avevo raccolto tutti gli scritti e 1 documenti nel quali suggerivo una politica diversa da quella che si è seguita e avrebbe evitato a Pasolini di porre così gravi ed imbarazzanti domande. L'altra Italia era appunto l'Italia, come io sognavo potesse essere costruita dalle forze politiche contro quell'Italia come Pasolini la vedeva, come frutto di dieci anni di errori, di trascuratezze, di egoismi di malgoverno. Gli inviai quella prima copia con una dedica e con una lettera di accompagnamento che qui sotto riproduco, come testimonianza di un dialogo appena iniziato e subito spentosi.
Non ricevetti infatti risposta immediata alla lettera. Ma la Ella mi ha fatto conoscere in treno che Pasolini Le aveva accennato all'invio del mio libro e aveva espresso apprezzamenti al riguardo. Evidentemente se la morte non avesse troncato una così fervida e appassionata vita, presumo che un rapporto si sarebbe creato fra noi, che avrebbe potuto rappresentare per ambedue un approfondimento di alcuni temi importanti attinenti alla nostra vita politica e sociale, in un momento così grave per l'avvenire stesso del nostro Paese. Ma la fase che viviamo è di tale disordine e violenza che il povero Pasolini, colpito non si sa come e da chi, a quanto dichiara la sentenza, ci ha rimesso la vita, cessando da una presenza creativa così ricca e stimolante.
Inviandole questa mia, mi associo con Lei, con tutti gli amici e testimoni, ad una commozione e ad un rimpianto, che il trascorrere del tempo non ha certo diminuiti, ma accresciuti e sempre più culturalmente e umanamente motivati.
Con ammirazione per la Sua battaglia e con molta cordiale simpatia.
(Ugo La Malfa)
Roma, 12 maggio 1976
Cara Signora Betti,
Le ho fatto perdere molto tempo, ma dopo averci molto pensato, ho ritenuto che la mia testimonianza dovesse assumere la forma semplice di una lettera, nella quale è succintamente descritto il nostro incontro e le sole cose che io posso dire del mio incontro con Pasolini.
Ella troverà che questa mia testimonianza sia povera cosa. Ma il poco valore di essa sta nella sua verità.
Con molta condialità
(Ugo La Malfa)
P.S. La mia lettera a Pasolini era
manoscritta. Le domande di Pasolini
alle quali ho creduto di rispondere
con l'invio del libro, risultano
dall'articolo.
Senza data
Caro La Malfa,
La ringrazio affettuosamente per quanto ha scritto. Ma si tratta pur sempre di un ringraziamento che riguarda "la buona educazione". Quindi preferisco ringraziarLa per non aver tradito nemmeno un istante un comportamento poetico di cui non ho dubitato dal momento in cui mi sono inserita nella Sua vita privata. E non parlo del fatto di aver aderito alla mia richiesta, ma proprio del Suo costante preoccuparsi, del Suo tranquillizzarmi e del Suo essermi vicino così come capita quando la vita la si vive ancora credendo ai valori essenziali.
Ed io ho una profonda, tragica esigenza di credere che questi valori siano ancora possibili in un Italia alienata ed alienante.
Quindi il mio ringraziamento non riguarda la "buona educazione".
Infiniti auguri per il Suo lavoro e mi auguro di rivederla presto.
Laura Betti










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