"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
PROCESSO PER I RACCONTI DI CANTERBURY
DI PIER PAOLO PASOLINI.
TRIBUNALE DI BENEVENTO
SEZIONE PENALE
SENTENZA N. 308
DEL 20 OTTOBRE 1972
PRESIDENTE ED ESTENSORE DOTTORE DANIELE CUSANI
GIUDICI DOTTORI ALFONSO BOSCO E BRUNO ROTILI
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il 2 settembre 1972 veniva, in prima nazionale, proiettato in pubblico in Benevento il film "I racconti di Canterbury". Il 5 successivo uno spettatore napoletano (che tuttavia dichiarava che il suo pudore non era stato offeso dal film) sporgeva denunzia al Procuratore della Repubblica di Benevento, il quale, visionato il film ed esclusane l'oscenità, chiedeva al G.I. il decreto d'impromovibilità dell'azione penale, emesso il giorno 8. Il film, rapidamente diffuso in molte città italiane, era oggetto di altre otto denunzie e di qualche (a volte solo dubbiosa) segnalazione dell'autorità di P.S.=. Le Procure si limitarono a trasmettere i relativi atti a questa di Benevento, territorialmente competente. La Procura di Firenze ritenne opportuno far visionare il film in una saletta privata a tre Sostituti, i quali il 28 settembre sottoscrissero una collegiale relazione inquisitoria. Il Procuratore della Repubblica di Benevento ha quindi ordinato il sequestro del film e, ottenuto dal G.I. la revoca del decreto d'impromovibilità dell'azione, ha citato dinanzi a questo Tribunale col rito direttissimo il produttore Grimaldi, il regista Pasolini e il gestore Iannelli, perchè rispondessero del delitto di spettacolo osceno specificato in epigrafe.
Assenti i primi due imputati, presente il terzo, nelle udienze antimeridiane e pomeridiane del 18 e del 20 ottobre 1972 è stato celebrato il dibattimento, visionandosi (a porte chiuse) due volte il film in due diverse sale cinematografiche della città e acquisendosi agli atti numerosi documenti (altri venivano offerti dalla difesa solo in visione.
E’ stata con motivata ordinanza esclusa la costituzione di parte civile dell’Ordine dei Frati Minori.
Il P.M. ha quindi pronunciato ampia ed approfondita requisitoria, con la richiesta di assoluzione perché il fatto non costituisce reato. I difensori han perorato la medesima conclusione ed hanno chiesto l'immediato dissequestro del film.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il contenuto del film è tratto dai "Canterbury Tales" di Geoffrey Chaucer.
Lo spunto è offerto da un avvenimento comune, un pellegrinaggio alla tomba di San Tommaso Becket a Canterbury, compiuto da un gruppo di varia estrazione sociale, adunatosi in una taverna. L'Oste propone che durante il viaggio ognuno racconti delle novelle: gli altri accettano; il viaggio si snoda così fra un racconto e l'altro, intercalati da vivaci discorsi rivelatori della personalità dei pellegrini. I racconti in sostanza sono un'estensione di quei discorsi, ne completano l'eloquente introspezione rivelatrice dei sentimenti e delle esperienze negative di ciascuno. Il poeta, pellegrino fra i pellegrini, annota tutto minuziosamente, con aria apparentemente distaccata.
Pasolini, presentando la rilettura cinematografica dell'opera chauceriana, ha scelto una diecina di brani, fra i più significativi (non tutti a sfondo sessuale, di cui abbonda l'opera inglese; manca quindi la "comune polarizzazione sulla sessualità" da altri intravista); per comprensibili esigenze di durata e di fluidità del film, ha proposto una "sintesi" dei "Tales" (in cui egli stesso compare nelle vesti di Chaucer, il pellegrino minuzioso annotatore), sintesi che tuttavia non scade nella frammentarietà, cogliendosi il collegamento ideale fra i vari episodi nell'evidente itinerario morale, simboleggiato dal travagliato viaggio dell'uomo sulla via della vita. Come per il poeta inglese e per Dante, il pellegrinaggio è solo il pretesto per scandagliar le anime nel ciclo del loro breve aggancio alla fluida esistenza terrena, così per Pasolini "I racconti di Canterbury" sono l'occasione per descrivere con robusto realismo le indegnità, le viltà, le bassezze e specialmente le abiezioni umane. Ma, cedendo all'ingenua tentazione di generalizzare i propri traumi e le personali vicende, offre una visione iperpessimistica della vita, ponendo in crudo risalto la contraddizione di fondo fra le reali abiezioni e l'aspirazione mistica (sviluppando così il tema già introdotto poeticamente ne "I diari", "I pianti", "L'usignolo della Chiesa cattolica", nei romanzi "Ragazzi di vita" e "Una vita violenta", nelle opere cinematografiche "Vangelo secondo Matteo e "Teorema").
Anche quest'ultimo film ad alcuni parve offensivo del pudore, specialmente per le scene relative a contatti ed amplessi fra l'ospite e la cameriera, la padrona di casa ed i giovani adescati per la strada, i rapporti omosessuali fra l'ospite e i componenti maschili della famiglia. Tuttavia detto film venne discriminato dal Tribunale di Venezia (sentenza del 23/11/1968, in Foro it. 1969, II, 78, confermata dalla Corte di Appello con sentenza del 9/10/1969, in Rass. dir. cinem. 1970, 105), perchè ritenuto opera d'arte; e gli fu addirittura assegnato il premio dell'O.C.I.C. (Office Catholique International du Cinema), destinato al film che per la sua ispirazione e le sue qualità maggiormente contribuisce al progresso spirituale e allo sviluppo dei valori umani, con la seguente motivazione: "Per la sincerità e precisione con cui questo film, impregnato di quella ambiguità che è il segno straziante della nostra epoca, richiama di fronte all'attuale società borghese, pur individuata con durezza nelle sue caratteristiche negative, la presenza drammatica ed irrecusabile dell'esperienza religiosa; così come la visione scritturistica la propone alla coscienza dell'uomo in ogni tempo".
Tornando all'analisi de "I racconti di Canterbury" (dopo la digressione necessaria per esaminare la personalità del regista e i suoi intendimenti), questo Tribunale non esclude che alcune delle scene incriminate, specificamente tratte dall'imputazione (a sua volta ricalcante la relazione del collegio inquisitorio fiorentino), possano inserirsi nello schema dell'osceno o ne siano quanto meno ai limiti. La motivazione della condanna, per chi ignavamente ricusi di approfondire il film e si fermi all'aspetto sessuale, sarebbe estrema semplicità. Ma l'approfondimento è imposto dall'osceno penalmente rilevante, sancito dal capoverso dell'art. 529 Cod. pen. per le opere di pregio artistico, approfondimento già egregiamente svolto dal P.M. nella requisitoria dibattimentale.
Senza la pretesa di rielaborare il concetto giuridico di "opera d'arte", lungamente meditato dalla giurisprudenza, il Tribunale ricorda che, specificamente per l'opera cinematografica (risultante dalla composizione di una pluralità di fattori), la validità artistica va studiata con riguardo al soggetto, alla sceneggiatura, alla direzione artistica, alla recitazione, alla musica, alla fotografia, all'accuratezza dei particolari, alla presentazione degli ambienti:
a) la validità di quest'ultimo requisito è riconosciuta in concreto (sia pure al fine di escluder tutti gli altri nella stessa imputazione, laddove si dà atto delle splendide fotografie di paesaggi (che in effetti nella composizione, nelle finezze cromatiche rievocano capolavori di Bosch, Uccello e Constable);
b) del. soggetto si è già scritto nelle sue linee.. a proposito della sua derivazione dal capolavoro di Ch…. considerato il padre della lingua e della letteratura italiana;
c) la sceneggiatura segue abbastanza fedelmente l’… ispiratrice, spesso riproducendone testualmente azioni, dialoghi, tradotti (anche con varie inflessioni dialettali italiane) con minuziosa franchezza di linguaggio (analogamente inglese "volgare" del testo medioevale);
d) la validità della direzione artistica, curata direttamente dal Pasolini, risulta dalla visione e dalla valutazione complessiva del film e dalla stessa personalità del regista considerata la più significativa del secondo dopoguerra italiano (Grande Dizionario Enciclopedico UTET, 1970, vol. … vantante riconoscimenti ufficiali nazionali ed esteri più che decennale esperienza specifica;
e) la recitazione è buona nei personaggi di secondo (volti che, pur se fugacemente presentati, difficilmente si scordano), è pregevole nei principali interpreti (Hugh Griffith, Laura Betti, Niinetto Davoli, Josephine Chaplin e Alan Webs) ed è superba nella personificazione del Diavolo di Franco Citti;
f) l'accuratezza dei particolari ricorda la ricercatezza minuziosa dei pittori fiamminghi;
g) le musiche sono talvolta d'intonazione religiosa (come sono indicate"Canterbury Tales"), talvolta si rifanno a ballate inglesi; l'introduzione è affidata alla significativa "Fenesta ca lucive" napoletana; il tutto con la collaborazione di Ennio Morricone (che non ha certo bisogno di presentazione);
f) la fotografia è di notevole bellezza e perfezione tecnica.
1) gli autorevoli giudizi favorevoli della stampa di ogni tendenza, prodotti dalla difesa (altrettanto avrebbe potuto far l'accusa, se ve ne fossero stati di contrari);
2) il rilevante costo dell'opera (che dovrebbe indurre a qualche riflessione prima di lanciarle l'accusa di film-cassetta);
3) l'esiguo numero delle denunzie (9, compresa quella delle spettatore che non si è sentito offeso nel pudore) e delle segnalazioni (a volte dubbiose o frettolose) dell'autorità di polizia;
4) l'assegnazione al film dell'Orso d'oro, il massimo premio del Festival internazionale di Berlino.
Passando all'esame intrinseco, sul profondo contenuto concettuale del film, il Tribunale osserva che il vero costante protagonista ne è il Demonio, permeante di sè - con la sua presenza diretta o indiretta - tutti gli episodi.. L'apparente sorriso conclusivo di Chaucer-Pasolini "ho raccontato per il solo piacere di raccontare" è in realtà un ghigno rivelatore del travaglio di aver dovuto raccontare: "Fra scherzi e gioie grandi verità si possono dire", "La cupidigia è la radice di tutti i mali", "Meglio buttar via la mela marcia prima che marciscano anche le altre", "Iddio vi accompagni, ma che vi faccia anche migliori" sono altrettanti messaggi ricolleganti al concetto fondamentale "Il mondo è ferocia e la mia anima è rabbia!".
Un Demonio sfacciato e impudico, presentato brutalmente agli spettatori adusi a considerarlo metafisicamente lontano e per ciò stesso quasi non temibile; agli uomini che non s'avvedono di ospitarlo invece in loro, in ciascuno e nei gruppi, pervertendosi individualmente e collettivamente, accomunandosi facilmente solo nel male.
Dunque è l'Inferno dell'umanità che il film descrive, con un campionario efficacemente sfacciato e disinibito delle sue sozzure; un campionario assolutamente non erotizzante, triste livido desolante, che può lasciare momentaneamente scioccato lo spettatore più sprovveduto, ma certo induce tutti a ripensamenti e a meditazioni.
Un Inferno che, pur ricalcando i "Canterbury Tales" e l'introspezione degli indegni pellegrini (nessuno - in verità avea titolo per venerare la tomba del Santo), si avvicina, nella spietata rassegna di peccati e di peccatori, alla prima cantica della Divina Commedia; ma è un Inferno assai più perverso e scellerato, perchè non vi affiora neppure il rammarico della perduta amicizia del Re dell'Universo.
Tutto vi è perciò subumano: non v'è un'amicizia che non si risolva in tradimento; non vi è un personaggio che sia puro; non vi è un atto di amore che sia sorretto dal sentimento. Non vi sono, quindi, neppure scene libidinogene, mancando una presa sessualmente valida sui centri cerebrali dello spettatore (si sa quanto la più progredita sessuologia abbia spostato l'accento sulla componente psicologica). Fin troppo ovvia Viale constatazione .per la scena del postribolo o degli omosessuali; ma essa resta valida per tutte le scene erotiche presentate. Così, ad esempio, il nobile sessantenne Gennaio sceglie per sposa la giovanissima Maggio quasi non guardandola in viso: è l'osservazione del di dietro della fanciulla che meschinamente lo risolve alla scelta; e, quando nella scena della prima notte nuziale, il vecchio accenna appena a un risvolto sentimentale, la moglie lo interrompe con un sonoro annoiato sguaiato sbadiglio. Nell'approccio adulterino di Nicola con Alison, egli dice di amarla con tutta l'anima, ma soggiunge subito dopo "Guarda come ti amo!" mostrandole l'inguine gonfio (l'anima era solo una vuota parola!); sullo stesso infimo livello si pone la donna, rispondendogli "Io ti darò il mio amore" mentre si porta la mano sul pube. Perfino nei matrimoni presentati manca ogni spiritualità: le mogli già durante il festino nuziale sono sollecite a guatare altri uomini. La rassegna continua in tono subumano in ogni occasione, sia o non sessuale: nella masturbazione della vecchia brutta e laida sul giovane seccato Giannozzo (che non vi partecipa e ritorna alla lettura dei suoi libri); nella immisericordiosa impassibilità degli spettatori al rogo del sodomita (mentre il Diavolo trova più occasioni per esultare); nel sorridente saluto “Ciao amore, ciao amore" della figlia del mugnaio, mentre il padre è riverso a terra ferito; nel giovane che, nell'accingersi ad avvelenare i fratelli, per depredarli del tesoro, blasfemicamente si fa il segno della Croce affinché l'assassinio gli riesca (e morranno tutti malamente: sulla strada della Morte c'è l'oro); nel monaco che al capezzale del moribondo non ha premura di salvarne l’anima, ma solo di circonvenirlo per accaparrarsene i beni; è lo stesso monaco che poi il Demonio porta con sè all'Inferno, per mostrargli la fine che fanno i monaci come lui, defecati da Satanasso (in una bolgia dantesca rievocante le surreali incisioni di Gustava Dorè).Per incidens, è appena il caso di osservare che quei monaci non indossano il saio francescano, nè altro abito religioso noto.
Tutti cadono preda de1 Diavolo, nessuna si salva: la breve inquadratura finale del Santuario appare quasi un miraggio; esso resta lontano, nessuno lo raggiunge.
La meditazione che ne scaturisce è se per caso non siamo noi stessi senza Grazia. La vista di quelle abiezioni, ambientate nel medioevo, risulta tragicamente attuale, in quest'era travagliata da continui crimini individuali e collettivi, dominata dal disamore per il Prossimo, da scarsa Fede, dall'ingratitudine per la Rvtelazione, dall'oblio del Sacrificio.
Il film è dunque opera valida a rinfacciarci i mali spesso ipocritamente celati; incita lo spettatore a riflettere sulla propria condizione e a sperare in un mondo individualmente e socialmente migliore. Opera d'arte, dunque, anche per il contenuto d'intuizione universale, per la fiamma ideale che suscita, per l'elevatezza dell'aspirazione mistica cui conduce.
Questo Tribunale passa poi a domandarsi se il significato fondamentale del film possa esser capito dallo spettatore medio (nonostante l'opinione prevalente sia nel senso della discriminazione dell'opera d'arte, anche se di difficile comprensione). Ciò va fatto anche sulla scorta della legislazione più recente, la quale da un lato (con la L. 22/12/1960, n. 1591) inasprisce il rigore dell'indagine a tutela della "particolare sensibilità dei minori degli anni 18" (questo stesso Tribunale ebbe a condannare l'imputato Iannelli per l'esposizione "in pubblico" del manifesto del film Les Biches: sentenza 11/11/1968, in Giust. pen. 1969, II, 111 e in Giur. it. 1969, II, 399); dall'altro dispone che la limitazione di un dato spettacolo agli adulti risulti ben visibile al pubblico su ogni manifesto (art. 5. della L. 21/4/1962, n. 161) vieta che tale spettacolo venga diffuso per radio o per televisione (art. 13 della stessa legge) e ammette che siffatto spettacolo possa contenere scene erotiche (arg. a contrario dall'art. 9 del D.P.R. 11/11/1963, n. 2029). Ne consegue sia che lo spettatore adulto ha la libera e consapevole scelta di non assistere allo spettacolo scabroso, sia che la valutazione giuridica dello spettacolo stesso vada fatta (trattandosi, come nella specie, di film vietato ai minori degli anni 18) con riferimento al cittadino medio adulto disposto ad assistervi; e si può presumere che tale cittadino sia dotato di ordinario potere critico e di autocontrollo (accentuato fra l'altro dalla sempre maggiore diffusione delle fonti di cultura e dall'elevazione del limite della scuola d'obbligo, già in atto da alcuni anni).
Tutto ciò premesso, il Tribunale ritiene che il significai fondamentale del film in oggetto non possa sfuggire ad un siffatto spettatore. L'influsso malefico del Demonio, la abiezione per i peccati e la condanna dei peccatori costituiscono patrimonio spirituale comune, largamente influenzato dall'insegnamento religioso, dalle tradizioni familiari e popolari e dalle medie conoscenze letterarie. Del resto, la valutazione negativa è resa manifesta nel film dall'assenza di qualsiasi compiacimento. per le sozzure rappresentatevi, dalla presenza anche fisica del Diavolo, dalle ricordate esplicite frasi: di condanna e da scene miranti allo stesso fine; si pensi, ad esempio, alla conclusione della visione del postribolo, con la lunga minzione irrorante inesorabilmente prima la tenutaria (esplicitamente maledetta con la frase "Donna mandata dal Diavolo ad accendere il fuoco della lussuria!"), poi gli ubriaconi, i giocatori e tutti gli altri degni frequentatori del locale.
Il quesito sul se - riconosciuta l'essenzialità delle scene oscene e scurrili per gli scopi perseguiti dal film - tali scene avrebbero potuto essere attenuate dev'essere escluso, perchè al giudice non è dato stabilire se lo spettacolo avesse potuto raggiungere lo stesso risultato con un diverso procedimento: il suo compito è di valutare l'opera così com'è, nel suo complesso ricercando se abbia il carattere di validità artistica: in tal senso, da ultimo, Cass. 17/12/1971, imp. Kamern Leon, relativa all'assoluzione del film "Donne in amore", tratto da un romanzo di D. H. Lawrence, per la regia di Ken Russell; pur contenendo tale film scene macroscopicamente oscene (descrizione visiva di due amplessi carnali completi, con relativi orgasmi finali; della lotta di due giovani uomini nudi, con prolungata esibizione dei genitali; la scena dell'uomo che pone il viso fra le cose di una donna distesa; lo sballottamento, ad opera di un giovane di una donna, con le mammelle scoperte, su di un letto), la Cassazione ne ha approvato la positiva valutazione dei pregi artistici, osservando tra l'altro che, non potendo il giudizio sulle sequenze prescindere da quello che deve investire l'opera nel suo complesso, le scene denunziate dall'accusa vanno integrate in un più ampio contesto, essendo le componenti di tutto un procedimento narrativo, caratteristico dell'opera cinematografica, la quale ha un suo ritmo e un suo procedere, strettamente influenzati dalle possibilità - vastissime - del mezzo espressivo; ha soggiunto che non è necessario che l'"opera d'arte" sia sempre un "capolavoro", nè che essa sia accettata dalla generalità, né che persegua fini etici.
Queste osservazioni della Cassazione appaiono valide anche per il film oggetto del presente giudizio, il quale ha in più sicuramente il pregio di perseguir fini etici, perché - come si è già notato - suscita nello spettatore meditazioni sulla condizione umana ed ansiosa aspirazione verso un mondo individualmente e socialmente migliore.
Concludendo, responsabilmente ed obbiettivamente il Tribunale ravvisa nel film giudicato il carattere dell'opera d'arte tale da soverchiare largamente le oscenità e le scurrilità strumentalmente contenutevi; conseguenzialmente, a norma del capoverso dell'art. 529 Cod. pen. e nel superiore interesse della. libertà dell'arte di cui all'art. 33 Cost., serenamente assolve gl'imputati perchè il fatto non costituisce reato.
Va ordinato il dissequestro delle pellicole (non "immediato”, essendo la sentenza impugnabile; sembra che solo per il bene fondamentale della libertà personale il legislatore abbia previsto l'immediata esecuzione del provvedimento liberatorio, malgrado la sua impugnabilità: v. anche la L. 5/11/1970 n. 824).
Visti gli art. 529 del Codice penale e 479 del Codice di procedura penale, assolve Grimaldi Aldo, Pasolini Pier Paolo e Jannelli Salvatore dall'imputazione loro ascritta, perchè il fatto non costituisce reato.
Ordina la restituzione del film sequestrato agli aventi diritto.
Così deciso in Benevento il 20 ottobre 1972.
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