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Biografia, lavori in corso - a breve anche il 1974 e il 1975

martedì 30 marzo 2021

Rimpianto per il “Paolo” di Pasolini

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


 
 

Rimpianto per il “Paolo” di Pasolini
(ZENIT.org).
Pubblichiamo di seguito ampi estratti dell'articolo scritto da don Attilio Monge, già responsabile del settimanale Orizzonti, del Giornalino e poi della Sampaolofilm, e apparso sul primo numero della rivista “Paulus” .


Se, come credo, anche i santi alla fine della vita nutrono rimpianti, so per certo che don Giacomo Alberione, ora beato, fondatore della Società San Paolo, Congregazione religiosa che si dedica ai mezzi moderni di comunicazione e quindi anche al cinema, alla sera della vita ha avuto il rammarico di non aver realizzato un film su Paolo, l’apostolo che ha ispirato la sua grande opera. Negli scaffali della Sampaolofilm, con le numerose sceneggiature dei film e documentari biblici o

religiosi portati a compimento negli anni ’39-’80, vi sono almeno quattro copioni di autori diversi, mai realizzati, che riguardano la vita di san Paolo. Risalta una sceneggiatura, brossurata con copertina marrone, dal titolo San Paolo di Pier Paolo Pasolini e con il sottotitolo “Appunti per un direttore di produzione”.

Siamo nel 1967 e don Alberione, avviato purtroppo sul viale del tramonto, seppe dell’esistenza del progetto, e sperò di vederne la realizzazione. Chi ne scrive fu l’incaricato principale del programma e certamente – lui sì – si porterà per sempre il rammarico, non la colpa, di non aver realizzato il film di Pasolini. Ma la storia, come vedremo, non è semplice. Nel settembre del 1967 approdo alla Sampaolofilm per affiancarne il direttore, don Emilio Cordero, e sostituirlo due anni dopo. Il mio compito è di seguire la produzione cinematografica. Nasce in quei mesi il progetto Pasolini: a commissionarne la sceneggiatura fu don Cordero, regista di documentari religiosi e del primo film italiano a colori Mater Dei del 1954, film che Pasolini, in seguito, confesserà di aver visionato più volte per Il Vangelo secondo Matteo. Fu il successo di questo film di Pasolini, nonostante alcune resistenze cattoliche, a far pensare a lui per una vita di san Paolo.

[...] Pasolini dedicò i primi mesi del 1968 a scrivere gli appunti su san Paolo e venne due o tre volte a parlarne alla Sampaolofilm: da subito ebbe l’idea della trasposizione di Paolo nei tempi moderni. «L’idea poetica – spiega egli stesso nell’introduzione – che dovrebbe diventare il filo conduttore del film, e anche la sua novità, consiste nel trasporre l’intera vicenda di san Paolo ai nostri giorni, di rimpiazzare cioè i luoghi antichi del potere e della cultura civile e religiosa con Parigi, Londra, Roma, New York». Abbiamo sorriso, leggendo con lui gli appunti, dove Efeso (la caotica città dell’Asia Minore con tante contraddizioni di attività e di razze, ma fra le più amate da Paolo) era diventata la Napoli moderna. Quando il 4 aprile 1968 giunse la notizia dell’uccisione di Martin Luther King, Pasolini fu così colpito che decise di addebitargli la parte del martirio di Paolo, facendo morire l’Apostolo – non già nel traffico di una metropoli, com’era nella prima stesura – ma come Martin Luther King, ucciso da due colpi di fucile sul ballatoio di un alberghetto di New Jork dove si era affacciato dopo aver scritto la lettera-testamento: «Quanto a me è ormai giunta l’ora di offrire la mia vita come sacrificio a Dio. Ho combattuto il buon combattimento, ho terminato lacorsa, ho mantenuto la fede. Ora mi aspetto il premio...» (2Tm 4,6-8).

A fine giugno 1968, alla Sampaolofilm di via Portuense, Pasolini, alla presenza di cinquesei persone, presentò il suo abbozzo di sceneggiatura; devo dire, senza molto calore, aggiungendo con mia sorpresa: «Questo film non sarà un successo commerciale, perché non vi sono donne...». Il direttore don Cordero si affrettò a far notare che, invece, accanto a san Paolo scorrono molti volti femminili, e citò la lettera ai Romani dove troviamo un elenco di donne da salutare, come Lidia, Giulia, la carissima Pérside, Febe nostra sorella, ecc.

[...] Non so quante volte, dopo quell’incontro, ho riletto la sceneggiatura e le note che l’anticipano, sempre attuali, anche ora in occasione dell’Anno Paolino. Dopo aver assicurato che «nessuna delle parole pronunciate da Paolo nel dialogo del film sarà inventata o ricostruita per analogia», egli spiega le ragioni per cui voleva trasporre la sua vicenda ai nostri giorni e cioè «per dare cinematograficamente nel modo più diretto e violento l’impressione e la convinzione della sua
attualità. Per dire insomma esplicitamente, e senza neanche costringerlo a pensare, allo spettatore, che “san Paolo è qui, oggi, fra noi” e lo è quasi fisicamente e materialmente. Che è alla nostra società che egli si rivolge; è la nostra società che egli piange e ama, minaccia e perdona, aggredisce e teneramente abbraccia».

Il rammarico della Sampaolofilm 

Rileggendo gli appunti a distanza di quarant’anni, cresce il rammarico per la Sampaolofilm di non averli tradotti in film. Ma i motivi sono tanti... Nonostante la carta d’identità de Il Vangelo secondo Matteo, in campo cattolico la figura di Pasolini, per altri film successivi, e per alcuni episodi di cronaca, non era bene accetta. [...] proprio in quei mesi intervenne un fatto che scatenò – e qui posso in parte essere d’accordo – la critica cattolica. Era uscito Teorema e il film, come molte delle altre opere di Pasolini, fece scandalo e il soggetto venne attaccato come osceno da una parte dei cattolici, mentre l’ala più progressista lo esaltò al punto da attribuirgli il premio dell’OCIC (Office catholique international du cinéma).

Era il secondo Oscar cattolico che Pasolini riceveva, ma certamente non condiviso da molti come per Il Vangelo secondo Matteo. Aumentarono le opposizioni al progetto San Paolo. Il direttore della Sampaolofilm e il sottoscritto, che faceva parte della commissione nazionale valutazione film della Conferenza Episcopale Italiana a cui partecipavano, spesso, anche membri di dicasteri vaticani, fummo più volte invitati a riflettere bene prima di affidare il film a un regista così discusso.

Pasolini, quando allo scadere del semestre gli comunicammo la notizia che la Sampaolofilm rinunciava alla realizzazione, non fu sorpreso più di tanto, quasi lo aspettasse. Sapeva delle critiche che ci avevano assediato. [...] Trascorsero più anni, sette per la precisione, con qualche furtivo contatto con il regista. A fine settembre del 1975 Pasolini mi chiamò al telefono per raccomandarmi la distribuzione, nel circuito Sampaolofilm, di un documentario religioso Passione di una sua amica regista, Elsa De’ Giorgi. Ne approfittai per riaprire il discorso sul film San Paolo e parlammo a lungo di un’ipotesi televisiva. Quando lo assicurai che i tempi erano cambiati in meglio, ci fu un lungo silenzio dall’altra parte, poi Pasolini concluse: «Anche se la minestra riscaldata non mi è mai piaciuta, non escludo nulla: parliamone. Chiamerò fra qualche settimana...».

Non ci saremmo più incontrati. Qualche settimana dopo, il 2 novembre, apprendendo della sua tragica morte, lessi che, andando a Ostia incontro alla morte, Pasolini con il giovane che l’avrebbe ucciso si fermò per una pizza in una trattoria a meno di cento metri dalla Basilica di San Paolo fuori le Mura. Ho pensato: quella notte il suo sguardo si sarà posato sulla basilica e, passando poi accanto, gli sarà venuto in mente il film su san Paolo che l’aveva impegnato per mesi? Avrei voluto, due giorni dopo, partecipare ai suoi funerali e recitare una preghiera; ma arrivando a Campo de’ Fiori, dove lo scrittore Alberto Moravia teneva la commemorazione, mi sono imbattuto in troppi pugni alzati e troppo chiasso.

Mi ha poi consolato apprendere dall’amico padre David Maria Turoldo, suo conterraneo, che era andato a Casarsa in Friuli. E nel piccolo cimitero aveva benedetto la bara di Pasolini mentre la calavano nell’abbraccio della sua terra nativa. E assieme, Turoldo ed io, ci siamo scambiati la speranza che, sulla soglia dell’aldilà, lo attendesse l’abbraccio misericordioso dei due protagonisti dei suoi migliori film: Il Vangelo secondo Matteo e l’incompiuto Paolo.
Attilio Monge

Fonte:
http://www.zenit.org/it/articles/rimpianto-per-il-paolo-di-pasolini



@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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