"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Il Vangelo secondo Matteo
(regia di Pier Paolo Pasolini)
Scheda informativa curata dal Centro Studi Sampaolofilm, allegato alla videocassetta "Il Vangelo secondo Matteo", Cineteca Mastervideo)
Valori estetici
Pasolini, volendo narrare con immagini quel che Matteo narra con parole, si avvicinato al testo evangelico come se fosse una sceneggiatura già pronta per la realizzazione. Questo determina la struttura del film che consta grosso modo di tre parti principali: dall’attesa della nascita di Gesù alla chiamata degli apostoli; la vita adulta e la predicazione di Gesù; la morte, risurrezione e congedo.
Nella prima e nella terza parte il film si sviluppa attraverso una serie di scene che costituiscono momenti distinti ma progressivi di fatti umanamente toccanti e immersi in una atmosfera di misterioso raccoglimento e di straziante concitazione drammatica; il dialogo vi ha una presenza minima. Nella seconda parte invece c’è l’irrompere della "parola" che raggiunge l’acme nel lungo discorso di Gesù che è il vero centro del film:
Gesù - il suo volto si staglia sull’ambiente e sul paesaggio - "urla" al mondo e al tempo il suo messaggio di giustizia.
C’è una progressione anche visiva della compresenza di Gesù al mondo: prima Gesù solo, poi Gesù con gli apostoli, poi sempre di più Gesù con la folla. Particolare risalto viene dato alla figura di Giovanni Battista: periodicamente spunta il suo viso interrogativo "sei tu o dobbiamo aspettare un altro?".
E’ il regista stesso che si interroga e che suggerisce l’interrogativo allo spettatore, secondo la teoria pasoliniana del "discorso libero indiretto", in forza del quale l’autore opera una immersione nell’animo del suo personaggio e quindi adotta non solo la psicologia del personaggio ma anche la sua lingua. Nella proiezione l’autore si duplica nello spettatore.
Il film è antispettacolare: pochi paesaggi, la folla più avvertita che presente, la scenografia scarna. Riguardo ai paesaggi, Pasolini, intendendo ambientare il film nei luoghi originari, s’era recato in Israele; ma si rese conto che il tempo aveva modificato luoghi e persone. Preferì quindi ambientarlo nell’Italia meridionale: a Matera (Gerusalemme), a Barile, nel Crotonese (Betlemme), a Tivoli (Getsemani). E la scelta risulta oculata e coerente con le altre scelte stilistiche del regista.
Un altro elemento di antispettacolarità è dato nel film dalla "discrezione" dell’immagine. Dal momento in cui Gesù inizia a parlare, l’immagine diventa il supporto della parola. Le "angolazioni", soprattutto dal basso, servono a sottolineare la superiorità di Gesù; attraverso la "figurazione" (la disposizione delle parti nel quadro) si colloca Gesù nel paesaggio fotografico e nel paesaggio umano. Molti i primi piani, che servono a porre l’accento sull’ importanza dei personaggi rispetto all’ambiente: in particolare Gesù, gli apostoli, i farisei.
La recitazione è eloquente in Gesù, ieratica negli altri; è naturale, cioè non artificiosa, ma non naturalistica, cioè piattamente riproduttiva del rozzo parlare quotidiano. A volte la musica supplisce alla indicibilità delle parole, ma, nonostante tutto, resta l’impressione che il film sia un insieme di scene distinte e separate, e quasi intercambiabili, senza una vera intima unità strutturale. E ciò perché Pasolini più che commentatore del testo ne è stato illustratore; non lo ha vissuto in proprio, ma è rimasto a esso estraneo, più stupito che commosso.
Da qui quella "preminenza della visualità" sulla tematicità che alcuni hanno rilevato, per cui gli interpreti non raggiungono una coincidenza psicologica coi personaggi rappresentati, e del contenuto evangelico viene fatta una lettura che resta in superficie senza arrivare alla profondità della sostanza e alla giustificazione dei fatti.
Ed è anche per questo che, nonostante le contrarie intenzioni di Pasolini, che voleva fare un poema epico-lirico, nel film il lirismo ha il sopravvento sull’epica, dando una serie di stupende rappresentazioni legate più dal sentimento che i fatti e le parole suscitano nell’autore, e di riflesso nello spettatore, che dalla "ragione" che dovrebbe interpretare questi fatti e queste parole.
In tale contesto l’uso della musica risulta leggermente arbitrario e sfasato. Pasolini ricorre alla musica "nobile" - Bach, Mozart, Webern, Prokoviev - e alla musica "popolare" in particolare la "Missa Luba", con l’intento di raggiungere degli effetti di "straniamento" (far partecipare alle vicende con distacco razionale) e di «contrappunto» (per somiglianza o opposizione alla natura della materia rappresentata): qui la musica «nobile» dovrebbe servire per un adeguamento alla nobiltà del soggetto, la «Missa Luba» e gli spirituals per sottolineare l’ispirazione popolare. Ma mentre la «Missa Luba» suggerisce queste intenzioni, la musica "nobile" resta una esercitazione colta e raffinata.
Da questo emerge una costante dell’attività cinematografica di Pasolini, esplosa poi in maniera evidente dal Decameron in poi: l’estetismo, cioè il sopravvento delle emozioni personali dell’autore sui temi da lui trattati, la sopravvalutazione dei valori formali rispetto ai contenuti ideologici, il piacere di raccontare, posto al di sopra della validità di quel che si racconta. L’artista creatore diventa artista illustratore, supplendo alla genuinità dell’ispirazione con l’abilità dell’artigiano, il quale non sentendo più la sua materia dal di dentro la completa estasiato dal di fuori.
Momenti in cui Pasolini si compiace nel film ce ne sono molti, come si è già in gran parte visto: il ricorso ai maestri della musica, della pittura (da Giotto ai manieristi del 600), del cinema (significative le parentele con certi registi epico-lirici, da Rossellini a Eisenstein e Mizoguchi), la scelta dei personaggi noti per dare il volto ai personaggi evangelici, lo scorrere carezzevole della macchina da presa sui visi e sui paesaggi. Ma, almeno in questo film, Pasolini si compiace con tanta sobrietà da esercitare un fascino stregato sugli spettatori non prevenuti.
Fonte:
http://digilander.libero.it/paroleepensieri/p&p/pasolini.htm
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Curatore, Bruno Esposito
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