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venerdì 9 aprile 2021

Pasolini direttore di Lotta Continua - Di fronte al »tribunale speciale... il processo.

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pasolini direttore di Lotta Continua
Di fronte al »tribunale speciale... 
il processo.



Per collaborare con loro ammise di aver messo a tacere parte della sua coscienza.


Dal primo marzo 1971 Pasolini risulta ufficialmente direttore responsabile del periodico "Lotta Continua", organo di un gruppo extraparlamentare dell'estrema sinistra. Ciò è dovuto alle leggi italiane che impongono che ogni pubblicazione debba avere un direttore iscritto al ruolo dei giornalisti professionisti. Così gli esponenti di Lotta Continua chiedono agli intellettuali italiani iscritti all'albo dei 
giornalisti, di assumere a rotazione la carica di direttore del loro periodico. Pasolini accetta, pur non condividendo la linea politica di Sofri e compagni, è quindi direttore di "Lotta Continua" dal 1 marzo al 30 aprile 1971.
Il 18 ottobre 1971, la corte d'assise di Torino processa Pasolini insieme agli altri esponenti di Lotta Continua per aver svolto propaganda antinazionale e per il sovvertimento degli ordinamenti economici e sociali costituiti dello Stato; e di avere, quindi, pubblicato e istigato a commettere delitti. Il 18 ottobre 1971, la Corte d'assise di Torino sospende il processo e rinvia a nuovo ruolo.



Gli anni ’60 e ’70 in Italia sono stati contraddistinti da una straordinaria accelerazione delle trasformazioni culturali, sociali ed economiche. Il Sessantotto, con la sua carica di utopia, contestazione e conflitto, aveva lasciato il paese in uno stato di tensione permanente. Le piazze si erano riempite di studenti, giovani e operai che chiedevano riforme radicali, rinnovamento nei diritti e una ridefinizione del potere politico e sociale. Quello slancio, però, si era rapidamente infranto contro i limiti stessi dei movimenti, generando una pluralità di gruppi: tra questi, "Lotta Continua" si affermò come uno dei più radicali, dinamici e carichi di tensione rivoluzionaria.

Il paese viveva allora quello che sarebbe passato alla storia come il periodo degli “anni di piombo”: il terrorismo, sia nero che rosso, segnava una quotidianità di bombe, stragi, omicidi politici, tensioni tra Stato e piazza. Lo scenario italiano era attraversato anche da una pesante crisi economica, acuita dal primo shock petrolifero del 1973, con una società in fermento, una classe politica spesso paralizzata e istituzioni in affanno.

Nata nel 1969 nella scia delle lotte operaie alle porte della FIAT e delle occupazioni studentesche, "Lotta Continua" si impose fin dai primi volantini come sintesi di protesta operaia e studentesca, predicando una rivoluzione permanente e una critica spietata sia ai partiti tradizionali (PCI e PSI) che allo stesso sindacato, accusati di opportunismo e tradimento degli interessi dei lavoratori.
Questa organizzazione extraparlamentare, fortemente movimentista, si contraddistinse per la sua eterodossia ideologica (tra marxismo, operaismo, influenze libertarie e maoiste), la centralità data all’azione diretta e alla “pratica rivoluzionaria”, la capacità di intercettare e coinvolgere migliaia di giovani, operai, studenti e intellettuali. "Lotta Continua" fu protagonista di un decennio di lotta: dalle grandi mobilitazioni nelle fabbriche, alle battaglie nelle scuole e nei quartieri popolari, fino ad azioni di antifascismo militante e campagne di controinformazione.

Il giornale omonimo, nato il 1° novembre 1969 come settimanale (e divenuto quotidiano nell’aprile 1972), fu il principale strumento di organizzazione e comunicazione dell’area. Fin dagli esordi, la direzione responsabile del periodico fu affidata, a rotazione, a una serie di intellettuali, scrittori e giornalisti esterni (Bellocchio, Roversi, Mughini, Pannella, Cambria, Langer), i quali, pur non appartenendo all’organizzazione, prestavano spesso la loro firma per ragioni legali, data la natura fortemente anti-sistema del foglio e i rischi di denunce e sequestri.

Pier Paolo Pasolini, all’alba degli anni ’70, è già un intellettuale-poliedrico affermato e discusso: autore di romanzi, raccolte di poesia, saggi e soprattutto regista di film scandalosi e innovativi ("Accattone", "Mamma Roma", "Il Vangelo secondo Matteo", "Teorema"), era spesso al centro del dibattito pubblico per le sue posizioni spiazzanti, talvolta difficilmente inquadrabili negli schemi classici della sinistra.

La sua “eterodossia comunista”, il profondo senso di nostalgia verso valori popolari arcaici minacciati dalla modernità, la critica frontale al consumismo, la difesa della marginalità e degli ultimi come fonte di autentica poesia esistenziale e resistenza, lo rendono ammirato e detestato a sinistra, spesso addirittura ostracizzato. Centrale, in quegli anni, è il tema pasoliniano della “mutazione antropologica” degli italiani, la denuncia della progressiva omologazione e perdita delle culture subalterne, la riflessione amaro-pedagogica sulla deriva massmediatica dell’epoca.

Uno degli episodi più emblematici della tensione tra Pasolini e la sinistra extraparlamentare fu la pubblicazione su "L’Espresso" (giugno 1968) della poesia "Il PCI ai giovani!", meglio nota come "Vi odio, cari studenti": in quel testo dissacrante, Pasolini prendeva posizione nello scontro di Valle Giulia tra polizia e studenti, dichiarando la sua “simpatia per i poliziotti”, in quanto figli dei poveri, contro i “figli di papà” della contestazione studentesca. La reazione fu violentissima: fu accusato di tradimento, reazionarismo, e per anni tra il 1968 e il 1970 venne emarginato e insultato nelle assemblee e manifestazioni studentesche.

Anche i vertici di Lotta Continua ne diffidavano, come ricorderà più tardi Adriano Sofri: Pasolini rappresentava il “padre” da abbattere, un intellettuale “sospetto”, troppo critico e non incline all’adulazione del movimento, nonostante la sua profonda tensione verso il mondo proletario e subalterno.

A dispetto delle antitesi, dagli inizi del 1970 Pasolini si avvicina progressivamente al collettivo di Lotta Continua, attratto dalla radicalità della loro critica, dalla vitalità fluida del movimento e dalla volontà di non chiudersi in un’intellettualità neutra. Questa “riconciliazione” avviene anche attraverso un dialogo personale, un rispetto reciproco — seppur mai privo di asprezze e incomprensioni.
Se da una parte Pasolini “aveva una voglia matta di essere riconosciuto dai ragazzi del ’68 ma era troppo orgoglioso per poterlo chiedere esplicitamente” (come narrerà ancora Sofri), dall’altra i giovani colpiti dal suo carisma alla fine accettarono il confronto, riconoscendolo come compagno di strada, anche se “di passaggio”.

Il rapporto di Pasolini con il giornale "Lotta Continua" si è molto mitizzato. In realtà, la sua funzione di direttore responsabile fu di natura soprattutto formale e temporanea: Pasolini prestò in alcuni momenti la propria firma, insieme ad altri intellettuali, come necessità legale per la pubblicazione del giornale, che rischiava di incorrere facilmente in sequestri e denunce.

Va precisato che la direzione “pratica” dei contenuti rimase sempre nelle mani dell’apparato redazionale interno e dei leader politici del movimento. Tuttavia, Pasolini fu più che un semplice prestanome: durante la sua “direzione” (in particolare nel 1971), pubblicò vari corsivi, editoriali, articoli e stralci di diario che rappresentano un nodo fondamentale nella sua produzione pubblicistica degli anni '70.

Il rapporto tra Pasolini e Lotta Continua trova uno dei suoi apici nel progetto del documentario "12 dicembre" (1972), realizzato insieme ad alcuni militanti del gruppo. Il film, pensato come una testimonianza “controinformativa” sulla strage di Piazza Fontana e sulla morte dell’anarchico Pinelli, si trasforma ben presto nel tentativo più ampio di raccontare l’Italia delle lotte operaie e popolari, del disagio meridionale e della repressione poliziesca, della povertà, dei sogni e delle disillusioni.

Il lavoro nasce da una “convivenza burrascosa” ma ricca di confronto — secondo le ricostruzioni di Sofri, Goffredo Fofi, Giovanni Bonfanti — poiché Pasolini portava un approccio antropologico/poetico mentre il collettivo tendeva a un taglio più diretto, militante, quasi “agit-prop”. La dialettica (spesso aspra) tra Pasolini e i redattori di Lotta Continua emerge già nella lavorazione: divergenze creative sul montaggio, sulla messa in scena della sofferenza, sulla rappresentazione delle lotte.

Nonostante tutto, "12 dicembre" rappresenta un raro esempio di collaborazione tra un grande autore e un movimento rivoluzionario. Esemplare la citazione di Pasolini stesso, a mo’ di sintesi: 
«Ho criticato a suo tempo, con violenza e forse con inopportunità, l’azione politica dei giovani: molte di quelle mie critiche si sono sfortunatamente rivelate giuste, e non ne abiuro. Tuttavia mi sembra che la tensione rivoluzionaria reale sia vissuta oggi dalle minoranze di estrema sinistra... Perciò, fin che ne sono capace, e ne ho la forza, è ad esse che mi unisco...».
La vicenda Pasolini–Lotta Continua ha segnato in modo profondo la riflessione sul ruolo dell’intellettuale in Italia. Testimone scomodo, “poeta delle ceneri” e del disagio, Pasolini si presenta sempre come figura ai margini, incapace di piegarsi alle mode culturali e politiche. La sua partecipazione al giornale non è assimilazione, né “adesione” partitica; piuttosto è uno stare “tra” i mondi: ponte tra la tradizione comunista e la ribellione giovanile, tra la cultura alta e la strada, tra la poesia e l’azione.

L’intellettuale, secondo Pasolini, deve “gettare il corpo nella lotta”, ma sempre mantenendo uno spazio di irriducibilità critica. Questo modello — alternativo sia al neutralismo che all’intellettualità organica — troverà una lunga discendenza tra i futuri “corsari” della nuova sinistra.

Il giornale di Lotta Continua fu terreno di passaggio per una pluralità di intellettuali, scrittori e opinionisti. Oltre a Pasolini, prestarono la propria firma come direttori responsabili numerosi altri nomi: Piergiorgio Bellocchio, Pio Baldelli, Giampiero Mughini, Adele Cambria, Roberto Roversi, Marco Pannella, Nicola Zitara, Alexander Langer. Ciascuno di questi portò con sé una specifica impostazione culturale ed etica, ma nessuno — neanche lo stesso Sofri, leader carismatico del comitato centrale della L.C. — riuscì a polarizzare il fenomeno come Pasolini.

La “redazione” interna restò sempre la vera cabina di regia, mentre i vari direttori legali si limitavano a garantire una copertura contro la repressione giudiziaria. Tuttavia, la qualità degli interventi intellettuali del periodo, specie tra 1970 e 1973, fu segnata proprio dalla diversità di queste voci – capaci di generare dibattito, autoanalisi e, non di rado, lacerazioni feconde.

Pasolini fu formalmente direttore responsabile per un periodo che va dal 1 marzo 1971 al 30 aprile 1971. Ruolo accettato consapevolmente anche al costo di denunce e processi che avvennero, come vedremo di seguito. Ma il significato più profondo di questa partecipazione sta nella testimonianza di una cultura intesa come arena di lotta e di mediazione, lontana dalle comodità astensioniste, sempre vissuta come campo di combattimento e occasione dialettica continua – con sé stessi, con la società, con il proprio tempo.

In questa tensione e in questa contraddizione – “dialettica e antidialettica”, come amava definirsi – risiede l’eredità ancora attuale di Pier Paolo Pasolini, irriducibile a ogni semplificazione celebrativa o mitizzante, e imprescindibile per chiunque voglia comprendere la profondità della crisi (e della ricchezza) culturale e politica degli anni Settanta italiani.

Bruno Esposito




Di fronte al »tribunale speciale il processo a Lotta Continua


Pio Baldelli, Roberto Roversi, Marco Pannella, Piergiorgio Bellocchio, Gianfranco Pintore, Pier Paolo Pasolini, insieme alla sbarra del Tribunale civile e penale di Torino per aver "firmato" come direttori responsabili, il quotidiano "Lotta Continua", e altre pubblicazioni e volantini come "L’opposizione nell’Esercito", "Comunismo", "Vedo Rosso", "Proletari in divisa"; e quindi per avere, attraverso queste pubblicazioni, "istigato militari a disobbedire alle leggi, a violare il giuramento prestato e i doveri derivanti dalla disciplina militare", e fatto "apologia ed esaltazione di fatti contrari alle leggi"; per aver svolto propaganda per il sovvertimento violento degli ordinamenti economici e sociali costituiti nello stato" e per aver "istigato a commettere delitti facendo anche pubblicamente l’apologia degli stessi".

Per il carattere esemplare del processo, e che coinvolge le leggi che vanificano la libertà di stampa e l’utilizzazione delle norme del codice penale Rocco, i compagni che, pur non aderendo a "Lotta Continua", hanno accettato di dirigerne l’organo di stampa, rispondono a tre domande: per quale motivo hanno assunto la direzione di Lotta Continua; che significato acquista per loro l’essere incriminati; quale sarà l’atteggiamento di difesa che s’intende promuovere. 





CITAZIONE DIRETTISSIMA


Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Civile e Penale di Torino

Visti gli atti a carico di:

BALDELLI Pio, nato a Perugia il 23-1-1923: res. ivi, via Beatrice 27;

ROVERSI Roberto, nato a Bologna il 28-12-1923; res. ivi, via Maiano 2;

PANNELLA Marco, nato a Teramo 2-5-1930; res. Roma, via Collalto Sabino 40;

BELLOCCHIO Pier Giorgio, nato a Piacenza il 15-12-1931; res. Milano, via Poggioli 14;

PINTORE Gianfranco, nato a Irgoli (NU) il 31-8-1939; res. Roma, via dei Giornalisti 38;

PASOLINI Pier Paolo, nato a Bologna il 5-3-1922: res. Roma.

IMPUTATI

"a) del reato p. e p. degli artt. 81 cpv. 110, 112 n. 1, 226 I· p. e cpv. 1· e 3· n. 1, 2 e 3 C.P. in relaz. agli artt. 1 e 21 L. 8-2-1948 n. 47, perché in concorso tra loro e con altre persone non identificate, con più azioni esecutive di un unico disegno criminoso, nella qualità di organizzatori o aderenti al movimento estremista denominato <<Lotta continua>> pubblicamente e cioè attraverso la stampa e la diffusione del periodico <<Lotta Continua>> pubblicato su autorizzazione del Tribunale di Torino del 15-11-1969 n. 2042, dei quali si succedevano come direttori responsabili dal luglio 1970 e fino al 18 maggio 1971 il Bellocchio, il Baldelli, il Pannella, il Pasolini, il Roversi, ed il Pintore, attraverso la stampa e la diffusione di innumerevoli circolari e volantini, indicati quali supplementi a numeri del predetto periodico e comunque attribuiti alla predetta organizzazione e attraverso la redazione, la stampa e la diffusione di altre pubblicazioni <<L’opposizione nell’Esercito>>, <<Comunismo>>, <<Vedo Rosso>>, <<Proletari in divisa>>, anch’esse diffuse quali supplementi del medesimo periodico, ed, infine, attraverso cartelloni, manifesti, scritte murali e striscioni affissi od esposti nel corso di pubbliche manifestazioni, grida e slogans lanciati e diffusi nel corso delle stesse attraverso altoparlanti ed altri mezzi di diffusione meccanica o attraverso riproduzioni fonografiche, tutte dirette a militari in servizio, istigavano i militari a disobbedire alle leggi, a violare il giuramento prestato i doveri derivanti dalla disciplina militare, e tutti gli altri doveri inerenti al loro stato di militari, facendo anche con gli stessi mezzi tra i cittadini opera di apologia ed esaltazione di fatti contrari alle leggi, al giuramento, alla disciplina ed agli altri doveri militari, tra l’altro accuratamente teorizzando, predisponendo ed attuando capillare opera di penetrazione e di disgregamento nell’esercito, definito »strumento del capitalismo, mezzo di repressione e di lotta di classe , opera di continua denigrazione nei confronti del principio di subordinazione e di gerarchia, di indiscriminato e premeditato attacco nei confronti degli ufficiali, come tali perché definiti, per altro: »porci, servi e cani da guardia del sistema e presentati ai militari ed ai cittadini quali »ruffiani, ladri e prevaricatori , incitando in ogni modo, anche con cortei organizzati dinanzi alle caserme, i militari a disobbedire agli ordini a ribellarsi alla disciplina, a contestare qualsiasi ordine ed autorità, a prender pretesto da qualsiasi avvenimento o semplice incidente per scardinare la disciplina, a disertare, affermando, infine, tra l’altro »sputtaniamo l’autorità dei superiori, di questa gerarchia di ladri, è un buon inizio per smantellare il potere di questi nostri nemici e sfruttatori , »organizziamo la disobbedienza , »all’esercito dei padroni si risponde signor no , »tutti uniti disobbediamo agli ordini e frasi del genere.
Fatti commessi dal luglio 1970 al 18-5-1971 in Torino, Nocera Inferiore, Udine, Bergamo, Casale Monferrato, in altre imprecisate località e per ultimo ancora in Torino.
b) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. 110, 112 n. 1, 272 C.P. in relaz. agli artt. 1 e 21 L. 8-2-1948 n. 47, perché in concorso tra loro e con altre persone non identificate, con più azioni esecutive di un unico disegno criminoso, nella medesima qualità, con i mezzi e nelle circostanze di tempo e di luogo di cui al capo a), svolgevano propaganda per il sovvertimento violento degli ordinamenti economici e sociali costituiti nello Stato, tra l’altro sostenendo pubblicamente »che in questa società ladri, delinquenti e truffatori prosperano protetti dalla Polizia , »non fermarsi dinanzi alla polizia, di fronte alla legge ed a tutti gli strumenti che i padroni usano per combatterci; oggi si lotta con lo sciopero, la propaganda il sabotaggio domani dobbiamo essere pronti ad affrontare la polizia in piazza e ad organizzarci in modo clandestino, un giorno combatteremo armi in pugno contro lo Stato, come già ora nel Vietnam , »lotta di classe, armiamo le masse e frasi del genere.
c) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv., 110, 112 n 1, 414 1· p. n. 1 e ult. comma C.P. in relazione agli artt. 1 e 21 L. 8-2-1948 n. 47, perché in concorso tra loro e con altre persone non identificate, con più azioni esecutive di un unico disegno criminoso, nelle qualità, con i mezzi e nelle circostanze di tempo e di luogo di cui ai capi precedenti, pubblicamente istigavano a commettere delitti, facendo anche pubblicamente l’apologia degli stessi, tra l’altro sostenendo che »oggi si lotta con lo sciopero, il sabotaggio e la propaganda, domani dobbiamo essere pronti ad affrontare la polizia in piazza ed a organizzarci in modo clandestino, un giorno combatteremo armi in pugno contro lo Stato, come già nel Vietnam, in America Latina, fino in fondo, fino alla nostra liberazione dai padroni e dallo sfruttamento , »blocchiamo tutto per la strada e le ore perdute le vogliamo tutte , »nessuno di noi deve pagare l’abbonamento , »prendiamoci tutto quello di cui abbiamo bisogno, prendiamoci i paesi e le città sono nostre, le hanno costruite i nostri padri proletari è l’unico modo per pigliarci anche la scuola , »la prossima volta possiamo arrivare sino alla palazzina in corteo e buttare fuori i dirigenti , »se è vero che i padroni sono dei ladri, è giusto andarci a riprendere quello che ci hanno rubato, se è vero che la Gescal sono dei ladri, è giusto non pagare l’affitto e così via , »le case le facciamo e poi le prendiamo , facendo ancora l’esaltazione del delitto di lesioni e di violenza privata avvenuto a Trento, pubblicandone anche la foto con la dicitura, »gogna proletaria per i fascisti ed infine, con la condotta di cui al capo a), istigavano i cittadini a commettere il reato di cui all’art. 266 C.P.
d) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. 110, 2 e 17 L. 8-2-1948 n. 47 perché, con più azioni esecutive di un unico disegno criminoso, nelle loro qualità di cui ai capi precedenti diffondevano numerosi ciclostilati, volantini e pubblicazioni varie, prive delle indicazioni del luogo e data della pubblicazione, del nome e domicilio dello stampatore, del proprietario e direttore responsabile.

Visti gli artt. 502 e seguenti Codice procedura penale


ORDINA

citarsi l’imputato innanzi questa Corte D’Assiste, via San Domenico 13, per l’udienza del 18 ottobre 1971, (Corte Assise 1· grado), per rispondere dei suddetti reati"




Una dichiarazione di intellettuali

"Al procuratore della repubblica, tribunale civile e penale di Torino. Noi sottoscritti intendiamo renderle per iscritto la seguente dichiarazione:
1) abbiamo integrale conoscenza della sua citazione direttissima in data primo giugno ‘71, di 42 cittadini, nonché di imputazioni da lei formulate a loro carico.

2) Riteniamo che questi cittadini siano soltanto colpevoli di aver esercitato con la stampa e con altri mezzi di espressione un loro diritto: proporre una interpretazione della società e dichiarare la necessità di trasformarla. Che questa interpretazione sia classista e che quella trasformazione sia rivoluzionaria non è motivo di imputabilità né materia di giudizio. Pretenderlo significa legalizzare la repressione e attentare alla libertà.

3) Quando questo avviene - e questo sta avvenendo anche per sua mano, signor procuratore della repubblica - è dovere di ogni cittadino prendere posizione, è dovere di ogni intellettuale rendere non equivoca testimonianza.

4) Testimoniamo, pertanto, che quando i 42 cittadini da lei imputati affermano che in questa società »l’esercito è strumento del capitalismo, mezzo di repressione delle lotte di classe noi lo affermiamo con loro. Quando essi dicono »se è vero che i padroni sono dei ladri, è giusto andarci a riprendere quello che hanno rubato lo diciamo con loro. Quando essi gridano »lotta di classe armiamo le masse lo gridiamo con loro. Quando essi si impegnano a »combattere un giorno con le armi in pugno contro lo Stato come già ora in Vietnam, in America Latina, fino in fondo, fino alla liberazione dai padroni e dallo sfruttamento , ci impegniamo con loro.

5) Dichiariamo, quindi, di riconoscere come nostre le azioni e le parole che sono motivo di imputazione per i 42 da lei convocati in giudizio il 18 ottobre e le chiediamo di recedere dalla sua accusa o di estenderla anche a noi per tutti gli effetti conseguenti.

Enzo Paci, Giulio Maccacaro, Elvio Fachinelli, Lucio Gambi, Marino Berengo, Umberto Eco, Paolo Portoghesi, Vladimiro Scatturin, Alberto Samonà, Lucio Colletti, Tinto Brass, Paolo Pernici, Giancarlo Maiorino, Francesco Leonetti, Manfredo Tafuri, Carlo Gregoretti, Giorgio Pecorini, Michele Canonica, Paolo Mieli, Giuseppe Catalano, Mario Scialoia, Saverio Tutino, Giampaolo Bultrini, Sergio Saviane, Serena Rossetti, Franco Lefreve, Elio Aloisio, Alfredo Zennaro, Renato Izozzi, G. B. Zorzoli, Cesare Zavattini, Bruno Caruso, Mario Ceroli, Franco Mulas, Emilio Garroni, Nelo Risi, Valentino Orsini, Giovanni Raboni, Luciano Guardigli, Franco Mogni, Giulio Carlo Argan, Alessandro Casillin, Domenico Porzio, Giovanni Giolitti, Manuele Fontana, Giuseppe Samonà, Salvatore Samperi, Pasquale Squitteri, Natalia Ginzburg, Tullio De Mauro, Francesco Valentini".

Fonte:
http://www.radioradicale.it/exagora/di-fronte-al-tribunale-speciale-il-processo-lotta-




16.04.71 Torino. Denuncia contro Pasolini nella sua qualità di direttore di "Lotta Continua" per istigazione a disobbedire alle leggi e per propaganda antinazionale.

03.06.71 Siena. Denuncia contro Pasolini (nella sua qualità - presunta - di direttore di "Lotta Continua") da parte dell'Avv. Arturo Viviani per istigazione a delinquere e apologia di reato.


05.06.71 Questione "Lotta Continua" di Siena. Rapporto-denuncia della questura.


18.10.71 Questione "Lotta Continua" di Torino. Udienza in corte d'assise.

  
11.07.72 Questione "Lotta Continua" di Siena. Notifica della comunicazione giudiziaria.

  
06.09.72 Questione "Lotta Continua" di Siena. Notifica del mandato di comparizione da parte del giudice istruttore.

  
22.09.72 Questione "Lotta Continua" di Siena. Interrogatorio davanti al giudice istruttore.

 
20.12.72 Questione "Lotta Continua" di Siena. Notifica dell'avviso di deposito della sentenza del G.I.
  
18.01.73 Questione "Lotta Continua" di Siena. Notifica del decreto di citazione a comparire davanti al tribunale di Siena.


23.02.73 Questione "Lotta Continua" di Siena. Udienza in tribunale sentenza. 





Curatore, Bruno Esposito

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