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Questo blog non ha alcuna finalità di "lucro".
Viene aggiornato di frequente e arricchito sempre di nuovi contenuti, anche se non in forma periodica.
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Ti ringrazio per aver visitato il mio blog e di condividere con me la voglia di conoscere uno dei più grandi intellettuali del trascorso secolo.

domenica 27 aprile 2025

«Noi di Lotta continua e il nemico-amico Pasolini» - Adele Cambria, L'Unità del 31 ottobre 2005

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Pier Paolo Pasolini - Imagoeconomica


«Noi di Lotta continua e il nemico-amico Pasolini» 

Adele Cambria

L'Unità

31 ottobre 2005

pag.1 e pag. 21

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )


ADRIANO SOFRI, a trent’anni dalla morte, parla del suo rapporto con l’artista e con l’uomo. «Fu lui, nel ’68 a Venezia, che volle conoscerci. Aveva scritto quella poesia su Valle Giulia. Ma poi col nostro movimento fu enormemente generoso»


ADELE CAMBRIA


Sete e fame di Pasolini? Del suo «corpo mistico», distribuito, a trent’anni dal suo assassinio, in frammenti, quasi particule eucaristiche? Lo chiedo ad Adriano Sofri, nel suo studiolo della Normale di Pisa, una stanzuccia affollata di carte, con un vaso di azalee rosse fragranti sul davanzale della finestra.

Nella mia prima domanda, per l’intervista da realizzare come «contributo» alla tavola rotonda del prossimo 3 novembre ad Arezzo, avevo accennato all’incipit dei versi de Le ceneri di Gramsci: 

«Lo scandalo del contraddirmi/

dell’essere con te e contro te/

con te nel cuore/

in luce, contro te nelle buie viscere…».

segue a pagina 21

Segue dalla prima

Era per parlare della contraddizione in Pier Paolo Pasolini: «Un dato perenne» osserva Sofri «della sua personalità».

«Pasolini» continua «è stato un grande mitologo. Io penso che abbia inventato, da par suo, una mitologia dell’Italia perduta, l’umile Italia, circostanziandola in tutti i dettagli: l’anno, il mese, il giorno, l’ora, in cui la sua Italia, amabile e amata, era scomparsa…» 

sabato 26 aprile 2025

Suggestioni onomasiologiche nel casarsese di Pier Paolo Pasolini - Ce fastu?, numero 16 - 31 dicembre 1945, pag. 27 e 28

"Le pagine corsare " 
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Eretico e Corsaro



Suggestioni onomasiologiche nel casarsese di Pier Paolo Pasolini 

Ce fastu?

numero 16

31 dicembre 1945

pag. 27 e 28

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )


L' ironia, e, meglio, l' umorismo che ritma il discorso comune degli abitanti di Tarcento e San Daniele è fondamentalmente il medesimo che per gli abitanti di Casarsa e Valvasone; ma quaggiù c'è quella vivacità veneta ché  impedisce i pregnanti indugi sulle vocali e la lentezza furbesca delle interrogazioni.

 Direi che qui molta limpidità del parlato friulano si è ottenebrata nella nuova pronuncia senza circonflessi, è il lessico intatto si indebolisce nel ritmo di un discorso poco musicale e accentuato intensivamente, che mette in mostra più che altrove la rozzezza e spesso la volgarità dell' uomo semplice. Questo è lo scotto che il casarsese paga al crudele Tagliamento, che lo abbandona inerme alla spaziosa pianura, dove echeggiano le parlate del Veneto più immemore. 

E' dunque  nella pronuncia che l'eventuale onomasiologo deve ascoltare il cuore del casarsese; vista scritta la parola del ostro friulano nulla aggiunge ad una parola del friulano centrale,. se non richiami aridamente glottologici. 

giovedì 24 aprile 2025

Pasolini 1948, "Il Friuli della mia piccola vita" - Il Friuli : rivista turistica della Regione, anno 12, n. 3 (giugno 1968), p. 15-17

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Pasolini
1948
"Il Friuli della mia piccola vita"

Il Friuli : rivista turistica della Regione

anno 12

numero 3

giugno 1968

da pag. 15 a pag. 17

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )



Pier Paolo Pasolini, che trascorse in Friuli gli anni felici de1l'ultima fanciullezza e quelli, meno generosi, della giovinezza, affida alla Rivista, da noi richiestegli, queste sue paginette dedicate, nell'ormai lontano 1948, e lasciate intatte, ad alcuni luoghi friulani. Sono momenti confidenziali di un poeta a cui il Friuli, paesaggio e popolo, aveva dato le prime emozioni ispiratrici, entrando nel suo canto.

martedì 22 aprile 2025

Pasolini, L'ispirazione nei contemporanei - La Fiera letteraria, anno secondo, numero 10 (pag. 1 e pag.2) del 6 marzo 1947

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Eretico e Corsaro



Pasolini
L'ispirazione nei contemporanei 

La Fiera letteraria

anno secondo

numero 10

pag. 1 e pag. 2

6 marzo 1947

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )


pag.1
L'intervento della ragione nello scrivere poesia è talvolta una spinta persuasiva, cosciente verso l'irrazionale. Si sa che l'abbandonarsi al sentimento (all'ispirazione) è una ebbrezza privata i cui limiti moralistici o estetizzanti sono al di qua della poesia appunto perché non vi interviene la critica. La presenza di questa durante una stesura di versi è qualcosa di estremamente delicato, in quanto è essa che deve suggerire la sintassi, le immagini, gli attributi, ecc. che non distruggano con la loro natura materiale, e quindi serena, imperturbabile, la severità e l'impegno morale della confessione. È evidente che con «critica», «ragione» intendo parlare di quella coscienza poetica su cui ha posto per primo mano Baudelaire. In seguito a questa coscienza l'irrazionale si libera diligentemente, diviene un nuovo mito assai diverso da quello che per i romantici era l'ingenuità. La liberazione avviene, è naturale, in modo diverso nei diversi poeti: l'oeil double di Verlaine gli suggerisce "les lueurs musiciennes", il "sommeil noir" ecc., cioè la sua musicale escarpolette. È inutile poi parlare del valore di tale coscienza in Mallarmé e in Valéry. Il punto saliente di questo processo è la rinuncia e la disistima dell'ispirazione, in quanto il distacco del poeta dalla sua "vicissitudine" è

lunedì 21 aprile 2025

Intervista a Pasolini negli studi di Cinecittà: "In una società governata da una cultura di massa, l'individuo si aliena immediatamente... - Quimera, n. 400, marzo 2017.

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©IPA/Fotogramma


Intervista a Pier Paolo Pasolini: 
"In una società governata da una cultura di massa
l'individuo si aliena immediatamente
viene schiacciato dalla macchina culturale"

Nel 1975, Eugenia Wolfowicz, intervista Pier Paolo Pasolini

Quimera, n. 400, marzo 2017

(Traduzione in Italiano curata da Bruno Esposito)

Nell'estate del 1975, su commissione della rivista newyorkese Antaeus, Eugenia Wolfowicz intervistò Pasolini negli studi di Cinecittà, dove il poeta e cineasta collaborò al montaggio di Salò o le 120 giornate di Sodoma. Questa è stata l'ultima intervista che ha rilasciato a un giornalista non italiano su argomenti letterari. Pasolini sarebbe stato assassinato il 2 novembre dello stesso anno.


Una dozzina di anni fa ha abbandonato la letteratura per il cinema. In più occasioni ha spiegato di aver cambiato per protestare contro la situazione della società italiana. Tuttavia, ora si scopre che hai scritto sei opere teatrali in versi. E non sembra che tu abbia cambiato il tuo atteggiamento nei confronti della società. Come spieghi questo ritorno alla scrittura?

In realtà, non ho mai abbandonato la letteratura. L'unica cosa che ho fatto è smettere di scrivere romanzi. Durante i dodici o tredici anni in cui ho fatto film, ho continuato a scrivere poesie, e soprattutto saggi e critiche. Ho pubblicato due libri di saggistica e uno di critica, oltre alle sei tragedie in versi che hai citato. L'anno scorso ho riscritto completamente il mio libro di poesie pubblicato nel 1942 in dialetto friulano, usando quasi le stesse parole, gli stessi metri, le stesse rime e gli stessi titoli, ma gli ho dato un significato totalmente diverso. E penso che sia la migliore poesia che abbia mai scritto. No, non ho rinunciato alla letteratura. Quello che ho completamente abbandonato è il romanzo. Semplicemente non riuscivo a scrivere e nemmeno a pensare a una pagina di racconti. È chiaro che raccontare storie usando il cinema mi ha impedito di scriverle.

 Qualche tempo fa avete dichiarato che il teatro era morto. Si dedicò poi allo studio della semiologia e trovò un legame teorico tra teatro e cinema. Questa scoperta spiega perché hai scritto sei opere teatrali?

sabato 19 aprile 2025

Lucciole per lanterne, "Risposta a Pasolini e Andreotti" - Roberto Guiducci, L'Avanti di sabato 8 febbraio 1975

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RISPOSTA a PASOLINI e ANDREOTTI
Lucciole per lanterne

pagina Avanti
sabato 8 febbraio 1975
pag. 5

( © Questa trascrizione da cartaceo, anche un po faticosa, è stata curata da Bruno Esposito )


.
Avevo deciso di non replicare questa volta a Pasolini (mentre l’avevo fatto nella «Tribuna aperta» del Corriere della Sera» a proposito del golpe), perché non trovo giusto che i problemi di fondo del nostro paese debbano essere sollevati solo perché questo o quell’« intellettuale » decide, per ragioni personali, di parlarne in modo bizzarro. Ma non trovo neanche giusto che se l’attenzione viene richiamata in questo modo affatto rigoroso, come «nuovi argomenti » richiederebbero, questa attenzione si monopolizzi.
Se, la polemica è inevitabile, avvenga allora su tutti fronti perché, altrimenti, al grande pubblico potrebbe sembrare che lo scontro fra Pasolini e Andreotti sia quello fra sinistra e destra, mentre è soltanto quello fra due cattolici, come aveva giustamente previsto Alberto Moravia ( per sapere cosa aveva previsto Moravia, clicca sul link di seguito: "Lo scandalo Pasolini"). Io cercherò di approfondire il perché, Pasolini, da tempo, va affermando che il proletariato si corrotto nell’ultimo decennio. Nella versione più recente Pasolini afferma: « Io, purtroppo, questa gente italiana, l'avevo amata » ( per saperne di più, clicca sul link di seguito: Pasolini, "Il vuoto del potere" ovvero "l’articolo delle lucciole").  Ma « ho visto, "coi miei sensi” il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del popolo italiano, fino ad una irreversibile degradazione ». Dal canto suo Andreotti vede lo stesso fenomeno di decadenza uno «scivolamento infrenabile del permessivismo idealizzato». 

venerdì 18 aprile 2025

Pasolini, Marxisants (o meglio neomarxisti) - Officina, numero 2, maggio-giugno 1959

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Pasolini, Marxisants 

(o meglio neomarxisti)

Officina, numero 2
maggio-giugno 1959
da pag. 69 a pag. 73

( Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )



Marxisants? Il francese e il genere di suffisso applicato alla grande radicale, mi lasciano dubitante davanti a questa definizione, usata sia da Roversi (con perplessità) che da Scalia (ironicamente) nel primo numero della nuova «Officina». E io non politico, e scarso lettore di sociologia, non mi dovrei sentire in grado di correggerla. Ma il «marxisants» dei miei amici mi sollecita, anzitutto quasi un punto focale nuovo sulla situazione delle prospettive in sviluppo, progresso o regresso, dopo il XX Congresso del Pcus: prospettive non solo politiche, ma ideologiche, letterarie e metodologiche, sotto il segno di una rinnovazione comunista rientrata, e sotto i segni minori dei vari moti innovativi, interni o esterni: di dissidenti, di marxisants o meglio neomarxisti [vedi «Passato e Presente»], di ex-comunisti, e anche di lealisti, rimasti nel partito di Togliatti [vedi, passim, in certe superfici interne, il nuovo «Contemporaneo»].

Tuttavia una ricostituzione rigeneratrice e semplificatrice del comunismo, a me, osservatore di passaggio e incompetente, non pare preannunciarsi all’orizzonte ideologico: è possibile, dunque, per uno scrittore, ipotizzare, come dato, un neocomunismo ancora nella piena tenebra del farsi, e, di conseguenza, prospettarsi un proprio comportamento e una propria figura nuovi, o comunque le ripercussioni etiche ed estetiche nelle sovrastrutture in cui egli opera?

Lettera di Pasolini a don Giovanni Rossi della “Pro Civitate Christiana

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Pasolini - Eremo di Assisi delle Carceri - Convegno Cineasti-1963


Lettera di Pasolini a don Giovanni Rossi della “Pro Civitate Christiana



Caro Don Giovani,

La ringrazio tanto per le sue parole della notte di Natale: sono state il segno di una vera e profonda amicizia; non c’è nulla di più generoso che il reale interesse per un’anima altrui. Io non ho nulla da darle per ricompensarla: non ci si può sdebitare di un dono che per sua natura non richiede d’essere ricambiato. Ma io ricorderò sempre il suo cuore di quella notte. Quanto ai miei peccati. il più grande è quello di pensare in fondo soltanto alle mie opere, il che mi rende un po’ mostruoso e non posso farci nulla; è un egoismo che ha trovato un suo alibi di ferro in una promessa con me stesso e gli altri da cui non mi posso sciogliere, Lei non avrebbe potuto assolvermi di questo peccato, perché io non avrei mai potuto prometterle realmente di avere intenzione di non commetterlo più. Gli altri due peccati che lei ha intuito, sono i miei peccati “pubblici”: ma quanto alla bestemmia, glielo assicuro, non è vero. Ho detto delle parole aspre contro una data Chiesa e un dato Papa: ma quanti credenti, ora, non sono d’accordo con me?

mercoledì 16 aprile 2025

Leonardo Sciascia, Pasolini e il foglio ingiallito - Tratto da Leonardo Sciascia, Nero su nero.

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Pasolini e il foglio ingiallito

Leonardo Sciascia

Tratto da Leonardo Sciascia, Nero su nero.

Einaudi 1979

Il foglio ingiallito di cui parla Leonardo Sciascia, lo trovi al link qui sotto: 

Pasolini, Dittatura in fiaba


 Ho cercato ieri – e fortunatamente ritrovato nel disordine in cui stanno le mie cose – il foglio ingiallito del giornale «La libertà» in cui Pasolini pubblicò il 9 marzo del 1951 un articolo sul mio primo libretto. Un articolo su tre colonne: come se di quell'esile libretto egli avesse parlato sapendo quello che avrei scritto dopo, fino ad oggi. S'intitola Dittatura in fiaba. E si chiude con questo concetto, che parlando di me aveva poi ribadito in Passione e ideologia e, l'anno scorso, recensendo Todo modo: «Ma anche questi improvvisi bagliori, queste gocce di sangue rappreso, sono assorbiti nel contesto di questo linguaggio, così puro che il lettore si chiede se per caso il suo stesso contenuto, la dittatura, non sia stata una favola». E credo che questo giudizio – e perciò lo riporto – non fosse di entusiasmo ma di limitazione, considerando che lui amava un linguaggio meno puro, più urgente e rovente.

 Comunque, da quel momento siamo stati amici. Ci scrivevamo assiduamente e ogni tanto ci incontravamo, nei dieci anni che seguirono, e specialmente nel periodo in cui lui lavorava all'antologia della poesia dialettale italiana. Poi la nostra corrispondenza si diradò, i nostri incontri divennero rari e casuali (l'ultimo nell'atrio dell'albergo Jolly, qui a Palermo: quando lui era venuto a cercare attori per Le mille e una notte). Ma io mi sentivo sempre un suo amico; e credo che anche lui nei miei riguardi. C'era però come un'ombra tra noi, ed era l'ombra di un malinteso. Credo che mi ritenesse alquanto – come dire? – razzista nei riguardi dell'omosessualità. E forse era vero, e forse è vero: ma non al punto da non stare dalla parte di Gide contro Claudel, dalla parte di Pier Paolo Pasolini contro gli ipocriti, i corrotti e i cretini che gliene facevano accusa. E il fatto di non essere mai riuscito a dirglielo mi è ora di pena, di rimorso. Io ero – e lo dico senza vantarmene, dolorosamente – la sola persona in Italia con cui lui potesse veramente parlare. Negli ultimi anni abbiamo pensato le stesse cose, detto le stesse cose, sofferto e pagato per le stesse cose. Eppure non siamo riusciti a parlarci, a dialogare. Non posso che mettere il torto dalla mia parte, la ragione dalla sua.

Pasolini, Dittatura in fiaba - La libertà d’Italia del 9 marzo 1951

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dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Pasolini, Dittatura in fiaba

La libertà d’Italia del 9 marzo 1951


( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )


Pier Paolo Pasolini, nel marzo 1951, recensì “Favole della dittatura”, che rappresenta l’esordio letterario di Leonardo Sciascia.

Al link qui sotto, trovi uno scritto di Leonardo Sciascia, su questa recensione di Pier Paolo Pasolini, al suo libro:



martedì 15 aprile 2025

1975, Pasolini e la polemica sull'aborto - Cronologia di fatti, misfatti e banalità

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1975
Pasolini e la polemica sull'aborto
Cronologia di fatti, misfatti e banalità

 Il 13 gennaio 1975, viene arrestato Gianfranco Spadaccia, per una disobbedienza civile, organizzata dal CISA (Centro d'informazione sulla sterilizzazione e sull'aborto di Firenze) e attivamente sostenuta dal Partito Radicale, contro la legge italiana che vietava l'aborto. Con Spadaccia, allora segretario del partito, vengono arrestati anche Emma BoninoAdele Faccio e Giorgio Conciani. L'accusa è procurato aborto.

 Il 19 gennaio 1975, sulle pagine del Corriere della sera, viene pubblicato un articolo  di  Pier Paolo Pasolini, intitolato "Sono contro l’aborto" ( poi in Scritti corsari col titolo "Il coito, l’aborto, la falsa tolleranza del potere, il conformismo dei progressisti"). La polemica scatta immediatamente. 

 

Il 15 gennaio, sulle pagine del Corriere della sera, pubblica un articolo dal titolo: Sono contro l'aborto 
Il 21 gennaio, Carla Lonzi invia una lettera indirizzata a Pier Paolo Pasolini, al Corriere della sera, nella quale esprime la sua opinione sull'aborto - Il Corriere non la pubblica e Pasolini, non la legge.
Il 21 gennaio, dalle pagine del Quotidiano dei lavoratori, Ida Farè, attacca Pier Paolo Pasolini 
Il 21 gennaio, Umberto Eco (Dedalus), dalle pagine di Il Manifesto, ci va con mano pesante contro Pasolini
.Il 22 gennaio, Giorgio Manganelli pubblica sul Corriere della sera, un articolo: Risposta a Pasolini 
Il 24 gennaio Alberto Moravia, dallepagine del Corriere, risponde all'articolo di Pier Paolo Pasolini. Uno scritto nel quale Moravia attacca in modo quasi inspiegabile, il suo amico
Il 25 gennaio sul settimanale Epoca, i pareri di alcuni partiti sella legalizzazione dell'aborto
Il 25 gennaio sul quotidiano La Stampa, Dacia Maraini si schiera contro Pasolini. 
Il 25 gennaio, Pier Paolo Pasolini, pubblica sul Corriere della sera, un articolo dal titolo: Opinioni sull'aborto

Il 26 gennaio, sempre dalle pagine del Corriere della sera, Leonardo Sciascia pubblica la sua opinione in merito alla polemica: Pasolini non dileggiare i cattolici 

Il 30 gennaio, Sulle pagine del Corriere della sera, viene pubblicato un articolo di Pier Paolo Pasolini dal titolo: Pasolini replica sull'aborto (a Moravia) 

Il 7 febbraio sul Corriere della sera, viene pubblicato un articolo di Natalia Ginzburg dal titolo: Aborto:la donna è sola

Il 9 febbraio, anche Italo calvino entra nella polemica con una lettera al Corriere della sera, intitolata: Lettera di Italo Calvino a Claudio Magris

Nel febbraio del 1975, Pasolini scrive un testo che resterà indetito e che oggi si può leggere in Scritti corsari, dal titolo: Cani
In questa conversazione con Jean Duflot, del 1975 ( tratta dal Sogno del centauro) Pasolini torna sul tema dell'aborto 


@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare


Curatore, Bruno Esposito

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Pier Paolo Pasolini, Paradiso perduto - Il sogno del Centauro. Incontro con Jean Duflot (1969-1975)

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Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
Paradiso perduto

Il sogno del Centauro

Incontro con Jean Duflot 

(1969-1975)

( Oggi in Pasolini. Saggi sulla politica e sulla società, Meridiani Mondadori, Milano 1999 )


Clicca sul link qui sotto,

1975, Pasolini e la polemica sull'aborto - Cronologia di fatti, misfatti e banalità 


Nel corso della campagna del 1974-1975, Lei ha dichiarato di essere vicino alle posizioni del Partito radicale) pur dichiarandosi «traumatizzato dalla legalizzazione dell'aborto»; Lei ha molto sorpreso l'opinione pubblica assimilando questa legalizzazione alla «legalizzazione di un omicidio» ...

C'è, di primo acchito, qualcosa di non ideologico, di precosciente in questo mio rifiuto dell'interruzione artificiale della vita. Non mi sento del tutto staccato dalle acque primordiali del ventre materno, ma pur sempre escluso da un'esistenza in cui regnava la plenitudine di un paradiso definitivamente perduto. Naturalmente, non è questa una considerazione che possa essere imputabile a egoismo o perlomeno a egocentrismo. Ripeto, il mio sentimento profondo della ierofania, del carattere sacro di ogni cosa (una certa visione gnostica che ho del mondo), ripugna a vedere distrutto l'ordine principale della vita. Ammetto però che questa particolare sensibilità non sia condivisa allo stesso grado dagli avversari e dai partigiani dell'aborto. Ammetto che questa idiosincrasia possa essere rimessa in discussione, purché ciò non mi impedisca di analizzare i princìpi in nome dei quali i partigiani dell'aborto propongono la loro politica. 

Pier Paolo Pasolini, Cani (Inedito) - Scritti corsari - Febbraio 1975

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Pier Paolo Pasolini
Cani 
(Inedito)

Scritti corsari

Febbraio 1975


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1975, Pasolini e la polemica sull'aborto - Cronologia di fatti, misfatti e banalità 


   In una lettera al «Corriere» il teologo Don Giovanni Giavini chiede che cosa ci sia di vero nella mia affermazione (in un articolo dello stesso «Corriere», 30-1-1975) che San Paolo fosse omosessuale e che da parte dei cartolici informati non ci sia, su questo punto, dello scandalo. (Del resto neanche Don Giovanni Giavini si scandalizza: e va peraltro ricordato che l'omosessualità di Sant'Agostino è ormai, anzi da sempre, accettata, in quanto è Sant'Agostino stesso a confessarla.) Su San Paolo, che probabilmente era inconsapevole di tale sua diversità (la quale, rimossa, creava in lui, appunto, quel suo stato patologico che è universalmente ammesso, e che è a sua volta confessato nelle «Lettere») è stato necessario l'intervento della psicanalisi: a interpretarne i sintomi, a tentarne una diagnosi. Si veda, da parte cattolica «disobbediente», émile Gillabert, Saint Paul ou le colosse aux pieds d'argile, éditions Métanoia, 1974; mentre, da parte cattolica «obbediente», citerei: «Se nella giovinezza frequentò lo stadio, queste scappatelle clandestine che costituivano un peccato contro la legge - queste concessioni al fascino del frutto proibito - sarebbero da porsi fra quelle che si leggono in filigrana nella patetica pagina della Lettera ai Romani, in cui certi psicanalisti, alla luce della loro «arte», hanno voluto addirittura leggere, collegandole con altre indicazioni contenute nelle Lettere, una tendenza alla pederastia...» (Jean Colson, Paolo Apostolo martire, Mondadori Editore 1974, e éditions du Seuil, Paris, 1971).

Lettera di Italo Calvino a Claudio Magris (sull'aborto) - Corriere della sera del 9 febbraio 1975

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Lettera di Italo Calvino a Claudio Magris 
(sull'aborto) 

Corriere della sera 

9 febbraio 1975


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1975, Pasolini e la polemica sull'aborto - Cronologia di fatti, misfatti e banalità 


Caro Magris

con grande dispiacere leggo il tuo articolo Gli sbagliati. Sono molto addolorato non solo che tu l’abbia scritto, ma soprattutto che tu pensi in questo modo.

Mettere al mondo un figlio ha un senso solo se questo figlio è voluto, coscientemente e liberamente dai due genitori. Se no è un atto animalesco e criminoso. Un essere umano diventa tale non per il casuale verificarsi di certe condizioni biologiche, ma per un atto di volontà e d’amore da parte degli altri. Se no, l’umanità diventa – come in larga parte già è – una stalla di conigli. Ma non si tratta più della stalla «agreste», ma d’un allevamento «in batteria» nelle condizioni d’artificialità in cui vive a luce artificiale e con mangime chimico.

Natalia Ginzburg, Aborto: la donna è sola - Corriere della Sera, Il 7 febbraio 1975

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Natalia Ginzburg
Aborto: la donna è sola

Corriere della Sera
7 febbraio 1975

Giorni fa c’è stata una persona che ha parlato dell’aborto con parole serie e vere, ed è Franco Rodano, in un articolo uscito su un quotidiano il 28 gennaio. Questo articolo si chiama Aborto e clericalismo. È un articolo molto bello e civile; fra i piú belli e civili che mi sia successo di leggere negli ultimi tempi.

 Penso che la questione dell’aborto è forse la questione piú complicata, piú delicata, piú triste che esista; una zona dove muoversi è ben difficile. Quando Franco Rodano parla dell’aborto, in questo articolo, ci sembra di respirare aria pura; perché egli ne parla con estremo rispetto umano e con una estrema serietà.

 Io sono per la legalizzazione dell’aborto. Con Franco Rodano, penso che ha ragione l’Unione delle Donne Italiane, «il solo organismo popolare, e perciò serio, realista e autentico dell’emancipazione femminile nel nostro paese», quando «avanza la proposta d’una depenalizzazione dell’aborto, ove e purché si verifichi in istituti sanitari pubblici».

lunedì 14 aprile 2025

Claudio Magris “Gli sbagliati” apparso la prima volta sul Corriere della Sera del 3 febbraio 1975.

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Claudio Magris “Gli sbagliati” 

apparso la prima volta sul Corriere della Sera 

del 3 febbraio 1975.


Dittatore mite e bonario, Cesare cercò di perdonare e di graziare i propri avversari politici, ma fece strangolare Vercingetorige. Non si può fargliene colpa, perché non sapeva, e forse non poteva capire, che anche Vercingetorige era un uomo, pur non essendo un romano. Questa difficoltà di riconoscere gli uomini sembra ripresentarsi di continuo. In un recente articolo sul «Corriere» Giuseppe Montalenti si sofferma, nell’ambito della discussione sull’aborto, sui casi nei quali si ha la certezza che la persona concepita sia affetta da minorazioni gravissime e incurabili. Non ho, ovviamente, nulla da obiettare alle precise argomentazioni scientifiche di Montalenti, che fa un elenco dettagliato delle malformazioni accertabili già nelle primissime fasi dell’esistenza di un individuo. Mi sembra tuttavia sorprendente il tono col quale vengono presentati questi casi clinici, i conflitti di coscienza che essi instaurano e la tragedia che essi rappresentano. Montalenti parla della nascita di un «individuo gravemente tarato» come di una «iattura, talvolta per l’individuo stesso, sempre per i genitori e gli altri familiari, nonché per la comunità, alla quale in ultima analisi risalgono le responsabilità morali e materiali della cura e del mantenimento di questi individui incapaci di provvedere a se stessi e bisognosi di cure» (i corsivi sono miei).

domenica 13 aprile 2025

Pasolini replica sull'aborto (a Moravia - Sacer) - Corriere della sera 30 gennaio 1975

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Pasolini replica sull'aborto
a Moravia

Corriere della sera 

30 gennaio 1975

( In Scritti corsari con il titolo Sacer) 



   Caro Moravia, sono ormai alcuni anni che io mi precludo di dare del fascista a qualcuno (anche se talvolta la tentazione è forte); e, in seconda istanza mi precludo anche di dare a qualcuno del cattolico.

   In tutti gli italiani alcuni tratti sono fascisti o cattolici. Ma darci a vicenda dei fascisti o dei cattolici - privilegiando quei tratti, spesso trascurabili - 

"diventerebbe un gioco sgradevole e ossessivo".

   Tu, certo per un vecchio, acritico automatismo - e certo non senza grazia e amicizia - ti sei appunto lasciato andare a darmi del «cattolico» 

"(proprio del «cattolico», e non del «cristiano» o del «religioso»)". 

E mi hai dato del cattolico cogliendo, scandalizzato, in me (mi sembra) un trauma per cui la «maggioranza» considera-consciamente o inconsciamente come Himmler - "la mia vita «indegna di essere vissuta»". "Cioè il mio blocco sessuale che mi rende un «diverso»". Corollario di tale blocco è una certa traumatica e profonda «sessuofobia», comprendente la pretesa - altrettanto traumatica e profonda - della verginità o quanto meno della castità da parte della donna. Tutto ciò è vero, fin troppo vero. Ma è anche la mia privata tragedia, su cui mi sembra un po' ingeneroso fondare delle illazioni ideologiche. Tanto più che tali illazioni mi sembrano sbagliate.

   Prima di tutto l'assioma 

«il cattolico è sessuofobo, quindi chi è sessuofobo è cattolico», 

è un assioma che io trovo assurdo e irragionevole. 

C'è una sessuofobia protestante, c'è una sessuofobia mussulmana, c'è una sessuofobia indù, c'è una sessuofobia selvaggia.

Una lettera di Pasolini : «opinioni» sull'aborto (Thalassa) - Paese sera, 25 gennaio 1975

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Una lettera di Pasolini: 
«opinioni» sull'aborto

Paese sera

25 gennaio 1975

(In Scritti corsari con il titolo Thalassa )


Caro direttore

   Le invio a parte, con una dedica che è segno di sincera amicizia -anche se nella fattispecie non è priva di polivalenze e di lunghe vibrazioni allusive - Thalassa di Ferenczi. Non è un testo sacro.

   Però son certo che per esempio Marcuse, Barthes, Jakobson o Lacan lo amano. E' un libro delle «origini» della psicanalisi, non si può non amarlo. Lo legga. Preghi di leggerlo anche qualche suo collaboratore. Non c'è da imbarazzarsi: il non averlo letto non è poi così grave lacuna. Mi riferisco a un articolo uscito sul «Paese sera», del 21 gennaio 1975. «Le ceneri di Solgenitzin», che sarebbero poi le mie: a quanto pare, mi si vuole decisamente incenerito, se si tien conto anche dell'articolo di Eco sul «Manifesto» dello stesso giorno, «Le ceneri di Malthus», anch'esso riferentesi per interposta persona, alle mie ceneri. Son qui per cercar di risorgere ancora una volta, appunto dalle ceneri. Che, com'è noto, sono il resto di un rogo in cui generalmente si bruciano le idee. A questo proposito, vorrei anticipare che una delle lotte più piene di tensione degli uomini di sinistra è contro quella serie di commi del codice Rocco (su cui scrivevo qui, sul «Paese sera» almeno una quindicina di anni fa, e per primo, delle frasi «estremistiche» che allora non venivano nemmeno percepite), che vertono il «reato di opinione».

sabato 12 aprile 2025

Pasolini: non dileggiare i cattolici - Leonardo Sciascia, Corriere della sera di domenica 26 gennaio 1975

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia (dal volume Pasolini e la Calabria)-THR, 2025

Pasolini: non dileggiare i cattolici
Leonardo Sciascia

Corriere della sera

domenica 26 gennaio 1975


Sono, per tante ragioni, favorevole alla legalizzazione dell'aborto. 

Lo sono, come tutti gli uomini che pronunciano un sì o un no sulla questione, da una posizione che direi di illegittimità. Il diritto mi pare si dica che è in difetto di legittimazione colui che si arroga posizione di parte in una causa in cui non ha reali interessi da difendere o da negare. Di fronte al problema della legalizzazione dell'aborto la vera parte in causa è la donna: l'uomo vi assume un ruolo che, appunto, difetta di legittimità, e specialmente quando si dichiara contrario. Perché è come per il divorzio: i voti contrari alla legge venivano a conculcare il bisogno e la libertà di chi voleva divorziare; i voti favorevoli non obbligavano a divorziare chi non ne sentiva il bisogno o voleva continuare a credere nel matrimonio sacramentale, indissolubile. 

Non sono dunque d'accordo con Pasolini.