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sabato 3 maggio 2025

Pasolini? Ma io dico che è il più moderno - Giovanni Borgna, L'Unità del 15 settembre 1985

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

L'Unità del 15 settembre 1985 . pag.15



Pasolini? Ma io dico che è il più moderno

Giovanni Borgna

L'Unità del 15 settembre 1985

pag.15

 ( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )


COSÌ NON SI può andare avanti. Bisognerà tornare indietro, e ricominciare daccapo. Perchè i nostri figli non siano educati dai borghesi, perchè le nostre case non siano costruite dai borghesi, perché le nostre anime non siano tentate dai borghesi. Perché, se la nostra cultura non potrà e non dovrà più essere la cultura della povertà, si trasformi in una cultura comunista… ».

Tornare indietro? Ricominciare daccapo? Ma allora è proprio vero? Allora hanno ragione tutti coloro (compresi i miei amici Sanguineti e Asor Rosa) che definiscono Pasolini un intellettuale «reazionario»; sia pure grande, naturalmente. La questione è in effetti tra le più controverse della critica pasoliniana.

Pier Paolo Pasolini, La libertà stilistica - Officina, numero 9- 10, del 1957

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro





Pier Paolo Pasolini
La libertà stilistica

Officina

numero 9- 10

1957



   Sul n. 5 di «Officina», un anno fa, usciva un nostro scritto, Il neo-sperimentalismo, che, forse ancora informe e troppo nuovo, si è prestato a interpretazioni incerte. Chi lo ha discusso, appoggiato o soltanto citato non ha avuto ben presente questo: che il nostro scritto non era affatto parenetico, ma solo descrittivo. Sì che quel nuovo cartellino di neo-sperimentalismo ha finito con l’essere identificato con una specie di programma poetico di «Officina»; o almeno con una definizione fiancheggiatrice del lavoro della rivista. Nel migliore dei casi (vedi una noterella di Cusatelli su «Palatina», n. I) si è pensato a quell’articolo come a una sistemazione, terminologica almeno, della poesia del dopoguerra: ma non è giusto nemmeno questo, perché non ci sembra che si possa negare l’esistenza oggettiva e quindi anche nominale di neo-realisti e post-ermetici. Il neo-sperimentalismo si definisce insomma – lo ripetiamo – come una zona franca, in cui neo-realismo e post-ermetismo coesistono fondendo le loro aree

Pier Paolo Pasolini Il neo-sperimentalismo - Officina, numero 5 del 1956

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Eretico e Corsaro





Pier Paolo Pasolini 
Il neo-sperimentalismo

Officina

numero 5

1956


   Ecco qui, nell’umile corsivetto della rubrica,1 una nuova definizione. Ma bisognava pure decidersi ad aggiornarsi in qualche modo su una produzione, mettiamo quinquennale, che ora gravita, informe, «allo stato fluido» verso le formule già accettate (post-ermetismo, neorealismo ecc.). Tale attrazione delle formule correnti, permane, sì, nella massa che qui ci accingiamo a isolare, ma sotto forma di tendenze, di componenti. Ci conviene perciò suddividere subito questa nostra merce neobattezzata, nelle tre sezioni in cui circa è compresa: 1) Neo-sperimentalismo, tout court, di origine psicologica, o patologica, concrezione di un «caso» solitario, marginale: in termini da manuale: neo-sperimentalismo decadentistico, o, meglio ancora, espressionistico. 2) Neo-sperimentalismo influenzato dalla sopravvivenza ermetica o genericamente novecentesca. 3) Neo-sperimentalismo coincidente con la sindrome stilistica della nuova, appunto spuria, ricerca «impegnata», ma, nella fattispecie, non di partito.

Una polemica in prosa ( caro Pasolini ) - Eduardo Sanguineti, Officina, numero 11 del 1957

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Una polemica in prosa ( caro Pasolini )
Eduardo Sanguineti

Officina
numero 11 
del 1957


Una polemica in prosa

Io non dubito, caro Pasolini,

non voglio dubitare, che per Sua

cortesia Lei ospiterà sul prossimo

numero di “Officina” questa mia

lettera aperta, apertissima, in cui

voglio discutere un poco (e Lei può

facilmente concedermelo, io credo)

l’alienazione che io (o piuttosto i miei

Erotopaegnia) ho subito sull’ultimo

numero (9-10) della Sua

rivista. Io non discuto, Lei m’intenda

Sanguineti vs Pasolini, il vincolo delle passioni contro il distacco della razionalità - Il Manifesto, 4 agosto 2024

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Sanguineti vs Pasolini
il vincolo delle passioni contro il distacco della razionalità

Il Manifesto

4 agosto 2024

Grandi scontri/8 Campione dello sperimentalismo plurilinguista, Pier Paolo Pasolini accusa il ruppo 63 di essere organico al neocapitalismo, «come il bitume e i detersivi»; e quelli, Sanguineti in testa, lo ripagano chiamandolo «patetico» reperto di una letteratura edificante e anacronistica

Massimo Raffaeli

Lunedì 3 novembre 1975, il giorno dopo l’assassinio di Pier Paolo Pasolini, «Paese sera», il quotidiano di orientamento comunista cui il poeta aveva spesso collaborato, gli dedicò le prime cinque pagine: in fondo alla quinta e sotto un titolo – Confusione tra arte e vita – che contraddiceva il tono accorato degli altri,  il maggiore esponente del Gruppo 63, Edoardo Sanguineti, con una impassibilità ai limiti del cinismo confinava la fisionomia di Pasolini agli anni Cinquanta, sottolineando il tratto patetico e nostalgico del «celebratore di una Vita che gli era possibile cogliere soltanto in commemorazione struggente e infine in figurazioni mortuarie». In effetti, meno di due anni prima, il 27 dicembre del ’73, sullo stesso quotidiano e con un titolo non meno polemico (La bisaccia del mendicante, poi nella raccolta Giornalino, Einaudi 1976), Sanguineti già nell’incipit aveva bollato come reazionari i paradossi avanzati dagli Scritti corsari sulle pagine del «Corriere della sera»: «Com’erano carini i sottoproletari di una volta»!

Il Messaggero, 26 settembre 1995
Il contenzioso era deflagrato inaspettatamente quando Pasolini, dopo avere scritto con favore del poemetto Laborintus (’56, esordio del poeta genovese) recensendolo su «Il Punto» del 22 dicembre ’56 lo aveva messo tra i prodotti del neo-sperimentalismo post-ermetico, «merce notevole, anche se leggermente quatriduana»: non bastasse, nel giugno successivo sulla rivista «Officina» aveva antologizzato Pasolini, associandolo fra gli altri ad Arbasino, Pagliarani e Massimo Ferretti per definirlo nel saggio introduttivo (La libertà stilistica, uno dei suoi più smaglianti contributi di stilcritica) un epigono sia pure originale di Eliot e di Pound, comunque un poeta volontariamente sottrattosi al suo tempo. La replica di Sanguineti, accolta in «Officina» del novembre ’57, era un’epistola in versi alla maniera della Palinodìa leopardiana e suonava parodistica sia nel titolo (Una polemica in prosa, rovescio del coevo pometto pasoliniano Una polemica in versi) sia nell’impianto metrico che riprendeva la terzina utilizzata nelle Ceneri di Gramsci, appena edito in volume da Garzanti.