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martedì 15 aprile 2025

Pier Paolo Pasolini, Cani (Inedito) - Scritti corsari - Febbraio 1975

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
Cani 
(Inedito)

Scritti corsari

Febbraio 1975


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1975, Pasolini e la polemica sull'aborto - Cronologia di fatti, misfatti e banalità 


   In una lettera al «Corriere» il teologo Don Giovanni Giavini chiede che cosa ci sia di vero nella mia affermazione (in un articolo dello stesso «Corriere», 30-1-1975) che San Paolo fosse omosessuale e che da parte dei cartolici informati non ci sia, su questo punto, dello scandalo. (Del resto neanche Don Giovanni Giavini si scandalizza: e va peraltro ricordato che l'omosessualità di Sant'Agostino è ormai, anzi da sempre, accettata, in quanto è Sant'Agostino stesso a confessarla.) Su San Paolo, che probabilmente era inconsapevole di tale sua diversità (la quale, rimossa, creava in lui, appunto, quel suo stato patologico che è universalmente ammesso, e che è a sua volta confessato nelle «Lettere») è stato necessario l'intervento della psicanalisi: a interpretarne i sintomi, a tentarne una diagnosi. Si veda, da parte cattolica «disobbediente», émile Gillabert, Saint Paul ou le colosse aux pieds d'argile, éditions Métanoia, 1974; mentre, da parte cattolica «obbediente», citerei: «Se nella giovinezza frequentò lo stadio, queste scappatelle clandestine che costituivano un peccato contro la legge - queste concessioni al fascino del frutto proibito - sarebbero da porsi fra quelle che si leggono in filigrana nella patetica pagina della Lettera ai Romani, in cui certi psicanalisti, alla luce della loro «arte», hanno voluto addirittura leggere, collegandole con altre indicazioni contenute nelle Lettere, una tendenza alla pederastia...» (Jean Colson, Paolo Apostolo martire, Mondadori Editore 1974, e éditions du Seuil, Paris, 1971).

   Nell'articolo che il titolista del «Corriere» ha intitolato «Io sono contro l'aborto» - mentre doveva intitolarlo meglio «Io sono contro una lotta trionfalistica per la legalizzazione dell'aborto» -non ho resistito alla tentazione di aprire una breve, e quindi schematica, parentesi ecologica. E' in questa parentesi che è caduta una mia osservazione sull'amore chiamato «contro natura» (non però necessariamente omosessuale), e ne ho approfittato per prendermi una piccola vendetta contro De Marsico, per aver egli dato del «porco» a Braibanti, e per aver egli condannato l'amore omosessuale in quanto, non essendo procreante, esso sarebbe nocivo alla continuazione della specie. Il contesto in cui tale piccola vendetta si collocava era però strettamente funzionale, essendo De Marsico uno dei più autorevoli collaboratori del codice Rocco, cioè del codice fascista.

   Certo De Marsico non avrebbe mai potuto immaginare che a sua difesa si sarebbero levate le voci di una intera muta di illuminati e di progressisti.

   Natalia Ginzburg, riscuotendosi dal suo naturale stato di dormiveglia, ha sentito evidentemente esclamare, da qualche comune amico, che io suggerisco l'amore contro natura come rimedio per il problema dell'aborto: qualcosa cioè come se io suggerissi l'uso dell'olio delle arachidi per risolvere il problema della crisi economica, oppure l'uso dell'esperanto per risolvere il problema della lingua. Va bene, Natalia è candida. Ma non c'è candore che giustifichi, almeno, la mancanza d'informazione. E' vero che se Natalia mi ha preso per uno che crede nella soluzione dell'olio delle arachidi o dell'esperanto, vuol dire che io, nei ventanni della nostra amicizia, non sono stato capace non solo di farmi stimare da lei, ma neanche di farle capire che non sono né un poeta pazzo né un dilettante cretino: però lei poteva almeno leggere i miei articoli in questione. Perché in tal caso, si sarebbe semplicemente accorta di essere, almeno alla lettera, d'accordo con me, cioè di essere contro le forme retoriche della lotta per la legalizzazione dell'aborto, e di stare quindi, in questo caso, come me, con i comunisti invece che con i radicali.

   Nel suo candido intervento, Natalia compie un significativo misfatto linguistico (è una scrittrice, e per lei dunque questo discorso è pertinente senza restrizioni). Essa usa a proposito del rapporto omosessuale l'aggettivo «squallido», cioè l'aggettivo sempre, sistematicamente, meccanicamente, canagliescamente usato negli articoletti di cronaca di tutta la stampa italiana, in questo tutta demarsichiana.

   Questo banale, e dunque volgare, livore anti-omosessuale di Natalia mi pare Utenti gravemente la purezza del suo candore. Ma non è tutto. Natalia è stata risvegliata dal suo sonno (sulla sincerità dei cui sogni non ho dubbi: ma la sincerità non basta) dalle suadenti parole di Franco Rodano («Paese sera», 28-1-1975), che l'hanno entusiasmata. Tanto entusiasmata da spingerla a fare a tale articolo di Rodano (mi veniva da scrivere, istintivamente, Padre Rodano) dei complimenti addirittura imbarazzanti: complimenti alla sua onestà, alla sua pulizia, alla sua comprensivi ecc' ecc'. Ora, in questo articolo, Rodano mi dà del «clericale». Cioè viola il codice di minimo rispetto tra persone civili. L'accusa a qualcuno di essere «clericale» è una di quelle accuse puramente nominalistiche che possono essere ritorte senza fine. Il linguaggio bonario, comprensivo, ma non privo della necessaria severità, di Rodano è infatti profondamente ecclesiastico: la sua è, linguisticamente, una vera e propria paternale. Italiani (e quindi Natalia) io vi esorto alla lingua! Che io poi sia «clericale» pare dimostrato esaustivamente per Rodano dal fatto che io sia veneto. E qui dov'è l'onestà di Rodano tanto decantata da Natalia? I moralisti sono sempre male informati. Ma cosa ci voleva a Rodano a informarsi un poco? Io sono nato a Bologna, nella rossa Bologna, e, ciò che conta, nella rossa Bologna ho passato la mia adolescenza e la mia giovinezza, cioè gli anni della mia formazione. Qui sono diventato antifascista per aver letto a sedici anni una poesia di Rimbaud. Qui ho scritto le mie prime poesie in dialetto friulano (cosa non ammessa dal fascismo). Ho detto friulano, cara Natalia. E niente accomuna il Veneto al Friuli. Assolutamente niente. Nel paese friulano di mia madre io ci andavo un mese ogni estate, in villeggiatura (quando i mezzi lo permettevano). E in realtà il friulano non lo sapevo. Lo ricordavo parola per parola mentre inventavo quelle mie prime poesie. L'ho imparato dopo, quando nel '43, ho dovuto «sfollare» a Casarsa. Dove ho vissuto prima l'esistenza reale dei parlanti, cioè la vita contadina, poi la Resistenza e infine le lotte politiche dei braccianti contro il latifondo. In Friuli dunque prima ho imparato un mondo contadino e cattolico che nulla ha a che fare con quello veneto (oggi in Friuli non esiste né è concepibile una trama nera), e poi sono diventato, coi braccianti, comunista. In Friuli ho letto Gramsci e Marx. Ecco il mio «clericalismo veneto».

   A difendere De Marsico sono poi discesi contemporaneamente, e in perfetto accordo, Umberto Eco («Il Manifesto», 2-2-1975) e L' («Il Messaggero», 21-1-1975). Umberto Eco è un intelligente e colto intellettuale di sinistra che ho sempre stimato e anche amato; L' è un miserabile corsivista, che ha infierito per anni contro di me, quando «Il Messaggero» era clerico-fascista. Il testo di Eco e il testo di L' sono perfettamente identici, nel contenuto e nella lingua. Ecco un breve saggio di analisi comparata.

   Eco: «Ma la tesi ridotta all'osso (sacro) è molto chiara. Non è l'aborto che dobbiamo discutere, è il coito; il quale, a causa dell'oppressione e della repressione fascistico-consumistica, è sempre imposto come coito tra uomo e donna... L'argomentazione viene presentata come difesa dei diritti delle minoranze «diverse», e non è chi non veda la opportunità di consentire a ogni minoranza, compresa quella sessuale, il diritto alle proprie pratiche preferite...»

   L': «E poi l'amore normale (Gesù, che volgarità!) procrea e, se procrea, bisogna accertarne le conseguenze. Sempre secondo Pasolini, rapporti normali, insomma non «misti», andrebbero incoraggiati...

   Invoca rispetto e tolleranza per le «minoranze sessuali». E' una richiesta legittima. La sottoscriviamo.»

   Eco: «Ma l'argomentazione di Pasolini non tiene, perché, anche se per ragioni ecologiche apparisse utile consigliare il coito omosessuale (...) in tal caso, sia pure per una piccola minoranza di eterosessuali inveterati, il problema della concezione esisterebbe ancora.»

   L': «Ma perché non avere anche una certa quale misericordia per i «normali» che saranno quasi certamente la «minoranza» di domani?» Eco: «Pasolini... lascia intravedere la volontà repressiva di conculcare i diritti di una futura minoranza, quando abbia trionfato la nuova maggioranza...»

   L': «Avete capito? Quando si arriva ad andare a letto con una donna, a parte tutto il resto, bisogna ora guardarsi anche dalle maledizioni di Pasolini...»

   Eco: «Il che non era passato per la mente nemmeno ad Huxley, a Orwell, nemmeno a Hitler, nemmeno a Fanfani...»

   Ho «comparato» frasi di una certa complessità sintattica: se avessi «comparato» i «lazzi» isolati, l'identità linguistica tra il testo del «Manifesto» e il testo del «Messaggero» sarebbe risultata ancora più impressionante.

   Cos'hanno fatto i due compari di De Marsico?

   Primo: hanno compiuto la stessa illazione che abbiamo visto in Natalia: hanno fatto cioè un processo sbagliato (e voluto, come il lupo con l'agnello) alle mie intenzioni, attribuendomi quindi un argomento a cui solo un «pazzo» o un «dilettante cretino» potrebbe ricorrere.

   Secondo: hanno isolato lo «stato d'animo», atrocemente doloroso, che può avere influenzato il mio atteggiamento a proposito dell'aborto (l'aver ricordato cioè che l'aborto è una colpa, anche se la pratica consiglia di depenalizzarla): e, anziché esprimere su questo «stato d'animo» la loro solidarietà, ne hanno fatto oggetto di atroci beffe goliardiche.

   Terzo: hanno finto per inciso una comprensione, puramente verbale, per le minoranze sessuali: in realtà consistente nell'idea di concedere, a tali minoranze, un ghetto dove darsi alle loro pratiche (con chi?), ma da cui sia proibito esprimere pubblicamente un'opinione anche vagamente influenzata dallo «stato d'animo» che fatalmente nasce vivendo appunto un'esperienza minoritaria. Il «punto di vista» deve essere per forza maggioritario, anche sentimentalmente. Pena la caccia alle streghe, se non per le «pratiche», per il sentimento e la qualità di vita che ne nascono. Quarto: hanno inscenato una caccia alle streghe - come sempre terrorizzante per le povere streghe - ricorrendo, in sostituzione delle pene corporali che non hanno più a disposizione, alla pura volgarità.

   Insieme ad altri, su cui per ragioni di spazio e di disistima sorvolo, a difendere De Marsico è intervenuto anche Giorgio Bocca («L'Espresso», 9-2-1975). Cosa non imprevedibile. Il sesso con le sue intolleranze feroci è una zona incolta della nostra coscienza e del nostro sapere. Il puritanesimo di Bocca è ben noto. Dunque, in questo campo, egli non può che ricorrere ai luoghi comuni, sempre rassicuranti. Ciò dà alla sua lingua qualcosa di barbarico, e vengono fuori - come in Natalia «squallido» - «maitres à penser» e «sprint»: la volgarità linguistica è diretto prodotto della cattiva coscienza, che è prodotta a sua volta dal ricorso ai luoghi comuni. Inoltre sono esplicitamente volgari anche le allusiom ai gruppi o ai clan a cui io apparterrei. Sono, questi, argomenti da giornale letterario di provincia, in vena di fare del moralismo punitivo. Naturalmente vi manca ogni dimostrazione sia di carattere pratico (i più grandi dispiaceri in questa polemica mi sono venuti proprio dai miei pochi amici) che profondo. Bocca non ha meditato un istante ciò che stava per dire: egli ha preso impetuosamente e intrepidamente la decisione di dire la cosa più universalmente riconosciuta come ovvia. Non c'è dubbio per esempio che affermare che «in Italia si parla italiano» è una verità ovvia, comune, maggioritaria consacrata e indiscussa. Ma se Bocca - con quella sua aria di essersi appunto deciso a dire una buona volta la sacrosanta verità - va a dire: «In Italia si parla l'italiano» a un alto-atesino o a un friulano, non può che aspettarsi che l'alto-atesino o il friulano, giustamente, gli rispondano:

   «Crepa.» Il fatto è che in Italia si parla l'italiano e il tedesco, l'italiano e il friulano. Chi non sa e non ammette in ogni istante della sua vita questo, non sa cos'è un rapporto democratico, né umano, con gli altri. Così quando Bocca afferma: «La maggioranza degli abitanti italiani considerano l'amplesso tra uomo e donna il modo naturale di fare l'amore», oltre che a dire una verità ridicola, ricorre esattamente a quello stesso, offensivo, principio su cui si fonda la nozione del «comune sentimento del pudore» del codice fascista di Rocco e di De Marsico.

Pier Paolo Pasolini

@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare


Curatore, Bruno Esposito

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