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sabato 31 maggio 2025

Pier Paolo Pasolini, La meglio gioventù - La nuova gioventù ( Poesie friulane) - 1941-75

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Immagine di Vittorio La Verde - Pasolini alla libreria Croce, anni 70, Roma



Poesie friulane

“In una mattina dell’estate del 1941 io stavo sul poggiolo esterno di legno della casa di mia madre. Il sole dolce e forte del Friuli batteva su tutto quel caro materiale rustico… su quel poggiolo o stavo disegnando (…), oppure scrivendo versi. Quando risuonò la parola ROSADA.

Pasolini - LO SPECCHIO INSISTENTE - Libertà, 8 giugno 1946, pag.3

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Pasolini pittore - Narciso, 1947 © Gabinetto Scientifico Letterario G.P. Vieusseux Firenze



 Pasolini
LO SPECCHIO INSISTENTE

Libertà

8 giugno 1946

pag.3

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )

 

... Pietro udì alcune voci imprecise, e in mezzo a quelle riconobbe qualche parola nitida, così si riscosse. Vide con esattezza com’era vestito e pensò (quasi i suoi pensieri deragliassero, ed egli ne avesse una specie di ironica coscienza) che quelli erano i «suoi» vestiti, e che lo definivano, lo indicavano come l’unico che potesse indossarli; quindi risalì ad un pensiero assillante. La questione dei vestiti fu subito superata per la troppa abitudine a simili sensazioni; egli ne prese coscienza e così la risolse. Restò l’amarezza del pensiero fondamentale ancora una volta dimostratosi inafferrabile, e la convinzione che sarebbe venuto il momento in cui il troppo ripetersi di situazioni simili l’avrebbe reso incapace a rassegnarsi. Prima di uscire si guardò nello specchio (uno specchio alto e rettangolare) gettandosi un’occhiata distratta:

Pasolini, Brividi di gelo - Del costume - La scrittura del poeta - Tempo, 25 ottobre 1969, pag. 27

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Immagine di Vittorio La Verde - Pasolini alla libreria Croce, anni 70, Roma



Pasolini
Brividi di gelo
Del costume
La scrittura del poeta

Tempo

25 ottobre 1969

pag. 27

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )

 Brividi di gelo 

Leggo sul Messaggero una notizia riportata da Novella Duemila: il ministro Gava si appresterebbe a una riforma radicale della censura italiana. La lettura del titolo di tale notizia mi ha riempito di speranza... sia pure riformistica, sia pure colpevole... Poi la lettura dell'articolo mi ha agghiacciato. La fonte (Il Messaggero) non è decisamente attendibile, se non in questioni di cronaca nera, e l'altra fonte, quella mediante (Novella Duemila), per quanto mettiamo molto più rispettabile dell'Europeo, non si presenta nemmeno essa, per questioni così gravi, come l'ideale. Ma il fatto che il ministro Gava si appresterebbe ad abolire la censura dando il benservito alle sue varie commissioni, e a chiamare al suo posto un unico collegio di censori, a livello della magistratura romana, per dare il beneplacito ai film, fondandosi solamente e formalmente sul Codice, è una cosa che nel suo insieme fa correre brividi gelati per la schiena. 

Un'unica commissione romana di magistrati? 

Il Codice fascista Rocco? 

venerdì 30 maggio 2025

Pasolini, UMANITÀ TIPO 2 - Tempo, 25 ottobre 1969, pag. 27

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



 Pasolini
UMANITÀ TIPO 2

Tempo

25 ottobre 1969

pag. 27

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )


Leggo con straordinario interesse nell’«Express» (6-12 ottobre 1969) un’intervista a Henry Ford (molto fotogenico). L’intervistatore ottempera a tutti i suoi obblighi: l’obbligo a essere distaccato, l’obbligo a essere dotato di humour, l’obbligo, soprattutto, a essere intelligente. Ma se questi obblighi, esercitati su un povero diavolo o su un artista, o comunque su un comune mortale che vive onestamente e prosaicamente i problemi del suo tempo, sono ingiusti e offensivi, esercitati su Henry Ford sembrano avere, per una volta, il tono giusto. Non che io voglia ingloriosamente infierire su Ford: egli è, come spesso succede, un uomo innocente e simpatico (i suoi delitti capitalistici sono involontari,

Pasolini, Avrei voluto urlare, e ero muto: la mia religione era un profumo.

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro





Pasolini, Avrei voluto urlare, e ero muto:  la mia religione era un profumo.
La religione del mio tempo
Pier Paolo Pasolini
"Rileggendo 'La religione del mio tempo' l'impressione è quella di un grande poeta che abbia posto il tema dei limiti della poesia verso la vita, in un mondo che non sa più che farsene né della poesia né dei poeti. Pasolini, scegliendo la compromissione con la realtà, si è tenuto al corpo vivo della propria singolarità, narrandone l'urto con la storia. Ha rifiutato il privilegio lirico, mettendosi in discussione come singolo anonimo e comune, prendendo su di sé, insieme alla grazia e a una squisitezza che possedeva d'elezione, tutta la nostra storica miseria individuale e di popolo. Ha deluso, è andato in una direzione contraria alla politica e alla cultura istituite e d'opposizione" 
(dalla Prefazione di Gianni D'Elia).



Se – non vedendoli da soli due giorni,
ora, alla finestra, nel rivederli, un breve
istante, laggiù, ignorati e disadorni,
mentre salgono in un sole bianco come neve,
a stento trattengo un infantile pianto –
cosa farò, quando, esausto ogni mio debito,
quaggiù, si sarà perso l’ultimo rantolo
ormai da mille anni, dall’eterno?
Due giornate di febbre! Tanto
da non poter più sopportare l’esterno,
se appena un po’ rinnovato dalle nubi
calde, di ottobre, e così moderno
ormai – che mi pare di non poterlo più
capire – in quei due che salgono la strada,
là in fondo, all’alba della gioventù...
Disadorni, ignorati: eppure fradici
sono i loro capelli d’una beata crosta
di brillantina – rubata nell’armadio
dei fratelli maggiori; oppure losca
di millenari soli cittadini
la tela dei calzoni al sole d’Ostia
e al vento scoloriti; eppure fini
i lavori incalliti del pettine
sul ciuffo a strisce bionde e sulla scrima.

giovedì 29 maggio 2025

Pier Paolo Pasolini, Il fascino del Juke-box, intervista a cura di Gianfranco Calligarich - Vie nuove, 8 ottobre 1964, pag. 14

"Le pagine corsare " 

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Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
Il fascino del Juke-box


QUEL CHE PENSO DELLA CANZONE 
Intervista a cura di Gianfranco Calligarich 

Vie nuove
8 ottobre 1964
pag. 14

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )

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QUEL CHE PENSO DELLA CANZONE 

Gianfranco Calligarich chiede la propria opinione a Moravia, Blasetti, Fratini, Pasolini, Ziveri, Monachesi, Ottieri, Pirro, Eco sulla canzone italiana. Ovviamente, a noi interessa quella di Pasolini. 


Il fascino del juke-box 


Pier Paolo Pasolini, nonostante abbia sempre scritto o filmato storie di giovani non si è mai servito delle canzoni come elemento descrittivo preferendo affidarsi alla grande tradizione musicale classica. Delle canzoni però apprezza il valore evocativo. 

Canzoni scritte da Pier Paolo Pasolini

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Eretico e Corsaro



"Non vedo perché sia la musica che le parole delle canzonette non dovrebbero essere più belle. Un intervento di un poeta colto e magari raffinato non avrebbe niente di illecito. Anzi, la sua opera sarebbe sollecitabile e raccomandabile. Personalmente non mi è mai capitato di scrivere versi per canzoni: ossia, come alla maggior parte dei miei amici, non mi si è presentata l’occasione. Musicisti e parolieri si sono stretti in un impenetrabile clan, si son ben protetti dalla concorrenza (e si capisce, i diritti d’autore fruttano talvolta milioni). Quanto a me, credo che mi interesserebbe e mi divertirebbe applicare dei versi ad una bella musica, tango o samba che sia.” Così si esprimeva nel 1956 Pasolini intervistato dalla rivista “Avanguardia”, nell’ambito di una inchiesta sul possibile coinvolgimento dei poeti in veste di autori di testi di canzoni, con la prospettiva di migliorarne la qualità culturale.

(Pierpaolo Pasolini- Intervista ad “Avanguardia”-1956)










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Pier Paolo Pasolini, Cosa sono le nuvole - Domenico Modugno, 1967 - Canzoni scritte da Pier Paolo Pasolini

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Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
Cosa sono le nuvole

Domenico Modugno
1967


 1967 Cosa sono le nuvole 

Autori del testo - Pier Paolo Pasolini, Domenico Modugno 

Autore della musica - Domenico Modugno 

Interprete - Domenico Modugno


Che io possa esser dannato

Se non ti amo
E se così non fosse
Non capirei più niente
Tutto il mio folle amore
Lo soffia il cielo
Lo soffia il cielo, così
Ah, ma l'erba soavemente delicata
Di un profumo che dà gli spasimi
Ah, tu non fossi mai nata
Tutto il mio folle amore
Lo soffia il cielo
Lo soffia il cielo, così
Il derubato che sorride
Ruba qualcosa al ladro
Ma il derubato che piange
Ruba qualcosa a se stesso
Perciò io vi dico
Finché sorriderò
Tu non sarai perduta
Ma queste son parole
E non ho mai sentito
Che un cuore, un cuore affranto
Si cura con l'udito
Tutto il mio folle amore
Lo soffia il cielo
Lo soffia il cielo, così





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Pier Paolo Pasolini, I ragazzi giù nel campo - Daniela Davoli, 1974 - Canzoni scritte da Pier Paolo Pasolini

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Pier Paolo Pasolini
I ragazzi giù nel campo

Daniela Davoli
1974


1974 I ragazzi giù nel campo 

Autori del testo  - Pier Paolo Pasolini, Dacia Maraini 

Autori della musica -  Hadjidakis 

Interprete - Daniela Davoli


I ragazzi giù nel campo
Non si curano del tempo
Ma si buttano dentro i fiumi
Per pescare la croce premio

I ragazzi giù nel campo
Dan la caccia ad un pazzo
Poi lo strozzano con le mani
E lo bruciano in riva al mare.

Vieni figlia della Luna
Della stella mattutina
Che regala a questi ragazzi
Le carezze del gran cielo !

I ragazzi giù nel campo
Dan la caccia ai borghesi
Tagliano a pezzi
A pezzi le teste
Dei nemici e dei fedeli

I ragazzi giù nel campo
Colgono rami e rosmarino
E camuffano buche e pozzi
Per acciuffare le ragazze

I ragazzi giù nel campo
Dan la caccia ad un ricco
Gli fan togliere i denti d’oro
E li portano al mercato.

Vieni figlia della Luna
Della stella mattutina
Che regala a questi ragazzi
Le carezze del gran cielo !

I ragazzi giù nel campo
Non posseggono memoria
Perciò vendono gli antenati
Poi son presi da tristezza.




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Pier Paolo Pasolini, C'è forse vita sulla terra? - Daniela Davoli, 1974 - Canzoni scritte da Pier Paolo Pasolini

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Eretico e Corsaro




Pier Paolo Pasolini
C'è forse vita sulla terra?

Daniela Davoli
1974



1974 C'è forse vita sulla terra? 
Autori del testo  - Pier Paolo Pasolini, Dacia Maraini 
Autori della musica  Hadjidakis 
Interprete - Daniela Davoli


C'è forse vita sulla terra?
C'è forse vita nella guerra?
C'è forse vita sulla terra?
C'è forse vita nella guerra?

È una gioia essere vivi, è bello essere furtivi.
È bello sopravvivere, è dolce saper vivere.
È bello essere matti, non tenere fede ai fatti,
fare tutto tutti nudi e mangiare sassi crudi.

C'è forse vita sulla terra?
C'è forse vita nella guerra?
C'è forse vita sulla terra?
C'è forse vita nella guerra?

Prendi la libertà, la morte non ti avrà.
Prendi quello che vuoi, respira affondo e poi
è bello fare l'amore, è bello schiantare il cuore.
È dolce essere contenti, finché non te ne penti.

C'è forse vita sulla terra?
C'è forse vita nella guerra?
C'è forse vita sulla terra?
C'è forse vita nella guerra?

È una gioia essere tristi, fare il male senza esser visti.
È bello essere pigri, mordere come tigri.
È bello essere cattivi e nel vizio molto attivi.
Bello morire per uno scopo, bello vincere a gatto e topo.

C'è forse vita sulla terra?
C'è forse vita nella guerra?
C'è forse vita sulla terra?
C'è forse vita nella guerra?




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mercoledì 28 maggio 2025

Pier Paolo Pasolini, Il soldato di Napoleone - Sergio Endrigo, 1962 - Canzoni scritte da Pier Paolo Pasolini

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Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
Il soldato di Napoleone

Sergio Endrigo
1962


 1962 - Il soldato di Napoleone 

Autori del testo - Pier Paolo Pasolini, Sergio Endrigo 

Autori della musica - Sergio Endrigo 

Interprete - Sergio Endrigo


Fu un’idea di Ennio Melis, il direttore artistico della RCA, quella di farmi collaborare con Pier Paolo Pasolini. Anzi lui voleva che Pasolini scrivesse i testi per delle ballate che parlassero del mondo che aveva descritto nei suoi romanzi, i ragazzi di vita, la Roma delle periferie, e che io le musicassi. Così ci incontrammo e io gli parlai di questa idea, ma lui in quel momento stava partendo per l’Africa, doveva fare dei sopralluoghi per un film che doveva girare, non aveva molto tempo e mi disse di guardare tra le sue poesie friulane, in una raccolta che si chiamava “La Meglio Gioventù”, e che prendessi pure quello che volevo. “La Meglio Gioventù” è la storia di una famiglia friulana, la famiglia Colussi, la famiglia della madre di Pasolini, dall’età di Napoleone alla Resistenza. Io presi la prima parte, c’era già la traduzione, mi limitai a togliere qualche sillaba e ad adattarla alla metrica della musica che avevo scritto e così registrai Il Soldato Di Napoleone.

(da “Sergio Endrigo. La Voce Dell’Uomo” -Edizioni Associate, 2002)


Addio, addio Casarsa vado via per il mondo

Lascio il padre e la madre vado via con Napoleone
Addio vecchio paese, addio giovani amici
Napoleone chiama la meglio gioventù
Quando si alza il sole al primo chiaro del giorno
Vincenzo col suo cavallo di nascosto se ne è partito
Correva lungo il Tagliamento e quando suona mezzodì
Vincenzo si presenta a Napoleone
Come furono passati sette mesi sono in mezzo al ghiaccio
A conquistare la Russia perduti e abbandonati
Come furono passati sette giorni sono in mezzo al gelo
Della grande colonia feriti e prigionieri
Spaventato il cavallo, fuggiva per la neve
E sopra aveva Vincenso che ferito delirava
Gridava fermati cavallo, ferma, fermati ti prego
Che è ora che ti dia un mannello di fieno
Il cavallo si ferma e con locchio quieto buono
Guarda il suo padrone che ormai muore di freddo
Lincenso gli squarcia il ventre, la sua baionetta
E dentro vi ripara la vita che gli avanza
Susanna con suo padre passa di lì sul carro
E vede il giovincello nei visceri del cavallo
Salviamolo padre mio questo povero soldato che muore nella colonia
Caduto e abbandonato
Chi siete bel soldato venuto da lontano
Sono Colussi Vincenzo un giovane italiano
E voglio portarti via appena sarò guarito
Perché nel petto con gli occhi mi hai ferito
No, no che non vengo via perché mi sposo questa pasqua
No, no che non vengo via perché a pasqua sarò già morta
La domenica degli ulivi piangevano tutti e due
E luno e laltra a piangere si vedevano di lontano
Il lunedì santo si vedono nellorto
E si danno un bacio come due colombi
Il giovedì santo che nascono rose e fiori
Scappano dalla colonia per saziare lamore
La domenica di pasqua che tutto il mondo canta
Arrivano innamorati in terra di Francia
La domenica di pasqua che tutto il mondo canta
Arrivano innamorati in terra di Francia




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Pier Paolo Pasolini, Teresa Macri detta pazzia - Laura Betti, 1960 - Canzoni scritte da Pier Paolo Pasolini

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Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
Teresa Macri detta pazzia

Laura Betti
1960



1960 Teresa Macrì detta Pazzia
Autori del testo - Pier Paolo Pasolini 
Autori della musica - Piero Umiliani 
Interprete - Laura Betti


Fu Nazareno Annamè
Abito a Via der Mandrione
Alla baracca ventitré
Ci ho diciott'anni
Embè, è così
Che voi da me?

Me do alla vita
Da più de 'n'anno
Che altro ancora voi sapè?
Sò disgraziata
Ma ci ho un ragazzo
Che sa che, sarvo ognuno, pare un re
Je passo er grano
Embè, è così
Che voi da me?

Sì, lo vesto da testa ai piedi
La rasta, i bighi, la capezza
Er busciardello d'oro

Me s'è allumata che ero ciumaca
Mentre che stavo a lavorà
Lui è un danzone e me portava
Sulla Gilera a danzà
Tutto pastoso
Embè, è così
Che ce voi fà?

Pè più de 'n anno tutta moina:
"Io me te sposo" e qua e là
Poi è venuto per me er momento
Pè ripiegamme a camminà
A Caracalla
Embè, è così
Che ce voi fà?

E mo che te sei messo 'n testa?
N'à faccio 'sta cantata de core
Nun ce sò 'n'infamona!

Io sò de vita, sor commissario
Ormai sò fatta, eccallà
Un giorno o l'altro ce lo sapevo
Che me toccava annà a provà
Le mantellate
Aò! Per me
A tremà nun sta!

Solo me rode se me chiudete
Che s'arritrova senza argent
Ma a ogni modo per quarche tempo
Con l'oro mio camperà
Senza fà buffi
Aò! Per me
A tremà nun sta!

None! None! Nun lo dico er nome!
Er nome suo nun lo ricordo
Se chiama "amore" e basta!




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Pier Paolo Pasolini, Cristo al mandrione - Laura Betti, 1960 - Canzoni scritte da Pier Paolo Pasolini

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Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
Cristo al Mandrione

Laura Betti
1960



1960 Cristo al mandrione 
Autori del testo  - Pier Paolo Pasolini 
Autori della musica P. Piccioni 
Interprete - Laura Betti

“Cristo al Mandrione” è una delle canzoni in dialetto romanesco scritte da Pasolini per Laura Betti (con la musica di Piero Piccioni) all’inizio degli anni 60. Il Mandrione era negli anni 50 una delle zone più povere di Roma. Il nome della borgata deriva da quello della strada che l’attraversa, via del Mandrione, dove un tempo passavano le greggi e le mandrie dirette ai pascoli. Subito dopo la seconda guerra mondiale è in quella borgata che si rifugiarono sfollati che avevano perso tutto sotto i bombardamenti (in particolare quello di San Lorenzo del 1943), zingari e tanta gente venuta dal Sud. Le loro baracche erano costruite sotto l’arco del grande acquedotto che attraversa la zona. Oggi, il quartiere popolare del Mandrione è tutto cambiato, in seguito ad una grande operazione di riqualificazione, e non assomiglia più per nulla a quello raccontato da Pasolini in questa canzone.

Ecchime, drentro qua, tutta ignuda

E fracica fino all'ossa de guazza
'Ntorno a me che c'è?
Quattro muri zozzi, un tavolo, un bidè

 
Filame, si ce sei, Gesù Cristo
Guardeme, tutta zozza de pianto
Abbi pietà de me, che nun sò gnente
E te er Re dei Re!
 
Lavorà senza mai rifiatà
Moro, ma l'anima nun sa
Filame, si ce sei, Gesù Cristo!



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