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domenica 12 ottobre 2025

Pier Paolo Pasolini, “Ho abiurato la Trilogia della vita” - La crisi antropologica dell’Italia contemporanea

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



 Pier Paolo Pasolini
“Ho abiurato la Trilogia della vita”

-
La crisi antropologica dell’Italia contemporanea


Il 15 giugno 1975, Pier Paolo Pasolini scrive un testo destinato a imprimere una svolta radicale non solo nella propria poetica, ma nel dibattito culturale italiano: l’«Abiura dalla Trilogia della vita». Pubblicato postumo sul «Corriere della Sera» il 9 novembre 1975, pochi giorni dopo la sua tragica uccisione, questo scritto scandisce una crisi personale e collettiva, attraverso la quale l’intellettuale non solo riflette sulle ragioni politiche, estetiche e ideologiche dei suoi ultimi film, ma dichiara il proprio rifiuto di una stagione e di un’intera visione della realtà. Al centro della riflessione pasoliniana si staglia una critica virulenta alla mutazione antropologica e culturale dell’Italia degli anni Settanta: la strumentalizzazione del potere, la trasformazione dei corpi e della sessualità, la falsificazione dei valori progressisti, la crisi della gioventù e un doloroso concetto di adattamento alla degradazione. Questi temi, densi e profetici, trovano il loro tragico compimento nel film 'Salò o le 120 giornate di Sodoma', che diventa manifesto visivo di una sconfitta antropologica e di una denuncia feroce al nuovo potere. Questo saggio intende portare alla luce le tensioni, le aporie, e la drammatica lucidità del pensiero pasoliniano in quella fase finale e cruciale, collocando il testo nell’orizzonte storico e culturalmente stratificato dell’Italia del 1975 e analizzando le sue ripercussioni filosofiche, letterarie e cinematografiche.

L’Italia del 1975 è un paese in profonda trasformazione, attraversato da tensioni sociali, economiche e politiche che segnano la fine del “miracolo economico” e l’avvento di una modernità contraddittoria. Gli anni Settanta sono spesso etichettati come “Anni di Piombo”, segnati da terrorismo di destra e di sinistra, violenza politica e instabilità governativa. Tuttavia, ridurre il decennio a un perimetro di conflittualità sarebbe fuorviante: la stagione è altresì quella di grandi conquiste sociali e riforme civili (la legge sul divorzio nel 1970, la riforma del diritto di famiglia nel 1975, i primi movimenti femministi, l’approvazione della legge Basaglia, la discussione sull’aborto e il dibattito sulla riforma della scuola).
La fine del sistema produttivo agricolo e la massiccia industrializzazione, già avviata nel dopoguerra, avevano ormai trasformato il tessuto sociale italiano: masse di ex-contadini e sottoproletariato urbano erano stati risucchiati dalla metropoli industriale, abbandonando modi di vita millenari. Il cosiddetto “boom economico” degli anni Cinquanta e Sessanta aveva portato a nuove forme di consumo, stili di vita, massificazione dei modelli culturali, uniformazione linguistica e la definitiva consacrazione della televisione come medium dominante.

venerdì 10 ottobre 2025

Bestia da stile di Pier Paolo Pasolini: analisi critica di un’opera totale e autobiografica.

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Bestia da stile
di Pier Paolo Pasolini:
analisi critica
di un’opera totale
e autobiografica. 

"Bestia da stile" rappresenta senza dubbio uno degli apici della produzione drammatica di Pier Paolo Pasolini e costituisce un oggetto di studio privilegiato per comprendere non solo l’evoluzione artistica del poeta e intellettuale, ma anche il senso del dissidio ideologico e civile che attraversa la cultura europea del secondo Novecento. Scritto e riscritto nell’arco di quasi un decennio, dal 1965 al 1974, "Bestia da stile" è una tragedia che mette in scena il dramma di Jan, alter ego dell’autore, simbolo universale della crisi dell’intellettuale, ed evoca suggestioni storiche e filosofiche che dal nazifascismo alla Primavera di Praga riflettono sul destino della modernità e sulla speranza della rivoluzione.

Pasolini stesso ne rivendica la natura spiccatamente autobiografica, ma, come nota la critica più attenta, sarebbe riduttivo considerare quest’opera solo in chiave di confessione personale: "Bestia da stile" si configura piuttosto come un "esperimento di teatro totale", in grado di modulare la forma drammatica secondo vettori molteplici – tra mito e attualità, tra soggettività e populismo, tra memoria storica e urgenza etico-politica. 

Per comprendere pienamente "Bestia da stile", occorre inquadrare il clima storico, culturale e personale in cui Pasolini si dedica alla sua scrittura. Siamo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, momento di profondi sconvolgimenti politici, sociali e morali in Italia e in Europa. Il teatro stesso, dopo le rivoluzioni formali di Pirandello, la sospensione della quarta parete nelle avanguardie, le lacerazioni del Living Theatre e di Grotowski, il nichilismo del Teatro dell’assurdo con Beckett e Ionesco, aveva profondamente messo in discussione le proprie coordinate. Pasolini risponde proprio a questa crisi generalizzata della rappresentazione con una precisa proposta alternativa: il "teatro di parola", di matrice greca, orientato a una funzione pedagogica e politica, che rifiuta tanto il teatro borghese quanto quello anti-borghese contemporaneo.

giovedì 9 ottobre 2025

Pasolini la performance "Intellettuale" (una “radiografia dello spirito”) - Fabio Mauri alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna, 31 maggio 1975

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Pier Paolo Pasolini
la performance "Intellettuale"
(una “radiografia dello spirito”)

Fabio Mauri

Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna

31 maggio 1975

(Le Immagini sono di Antonio Masotti )

Negli anni Settanta, Mauri è protagonista e teorico dell’“arte del comportamento”, movimento che in Italia assume tratti specifici rispetto alla performance internazionale. Le sue azioni – tra cui “Che cos’è il fascismo” (1971), “Ebrea” (1971), “Ideologia e Natura” (1973), “Oscuramento” (1975) – vanno lette come atti di interrogazione radicale sulla storia, sulla società, sui meccanismi di responsabilità individuale e collettiva. Lontano dal narcisismo dell’artista-performer, Mauri preferisce orchestrare la scena dall’esterno, usando altri individui come interpreti, accentuando il ruolo del “regista” o del “testimone”.

La sua collaborazione con Pasolini, e la comune partecipazione a riviste d’avanguardia come “Il Setaccio”, testimoniano un sodalizio intellettuale che trova nella performance “Intellettuale” uno dei suoi punti più alti e paradigmatici.

mercoledì 8 ottobre 2025

Pier Paolo Pasolini, Scritti Corsari - Commento (O breve saggio) di Bruno Esposito

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
Scritti Corsari

Nota introduttiva dell'autore

(Pier Paolo Pasolini)


   "La ricostruzione di questo libro è affidata al lettore. E' lui che deve rimettere insieme i frammenti di un'opera dispersa e incompleta. E' lui che deve ricongiungere passi lontani che però si integrano. E' lui che deve organizzare i momenti contraddittori ricercandone la sostanziale unitarietà. E' lui che deve eliminare le eventuali incoerenze (ossia ricerche o ipotesi abbandonate). E' lui che deve sostituire le ripetizioni con le eventuali varianti (o altrimenti accepire le ripetizioni come delle appassionate anafore).

   Ci sono davanti a lui due «serie» di scritti, le cui date, incolonnate, più o meno corrispondono: una «serie» di scritti primi, e una più umile «serie» di scritti integrativi, corroboranti, documentari. L'occhio deve evidentemente correre dall'una all'altra «serie». Mai mi è capitato nei miei libri, più che in questo di scritti giornalistici, di pretendere dal lettore un così necessario fervore filologico. Il fervore meno diffuso del momento.

   Naturalmente, il lettore è rimandato anche altrove che alle «serie» di scritti contenuti nel libro. Per esempio, ai testi degli interlocutori con cui polemizzo o a cui con tanta ostinazione replico o rispondo. Inoltre, all'opera che il lettore deve ricostruire, mancano del tutto dei materiali, che sono peraltro fondamentali. Mi riferisco soprattutto a un gruppo di poesie italo-friulane. Circa nel periodo che comprende, nella prima «serie», l'articolo sul discorso dei «blue-jeans» Jesus (17-5-1973) e quello sul mutamento antropologico degli italiani (10-6-1974), e, nella «serie» parallela, la recensione a Un po' di febbre di Sandro Penna (10-6-1973), e quella a Io faccio il poeta di Ignazio Buttitta (11-1-1974) - è uscito sul «Paese sera» (5-1-1974) - seguendo una nuova mia tradizione appunto italo-friulana, inaugurata sulla «Stampa» (16-12-1973) - un certo gruppo di testi poetici che costituiscono un nesso essenziale non solo tra le due «serie» ma anche all'interno della stessa «serie» prima, cioè del discorso più attualistico di questo libro. Non potevo raccogliere qui quei versi, che non sono «corsari» (o lo sono molto di più). Dunque il lettore è rimandato ad essi, sia nelle sedi già citate, sia nella nuova sede in cui hanno trovato collocazione definitiva, ossia La nuova gioventù"

 

(Einaudi Editore, 1975)


Commento

(O breve saggio)

  Scritti corsari è una raccolta di interventi (a cura dello stesso autore) su politica, società e cultura – apparsi tra il 1973 e il 1975 in quotidiani e riviste (Corriere della SeraTempoDrammaPaese SeraIl MondoEpoca ecc..) – insieme a recensioni, interviste e lettere già pubblicate in altri periodici e libri (con qualche inedito). La raccolta, revisionata e data a Garzandi, dal suo autore, nel maggio del 1975, fu finita di stampare il 6 novembre 1975, più di un mese dalla morte di Pasolini.

Le principali edizioni (in ordine cronologico):

1975: Prima edizione Garzanti, maggio-novembre

1976: Seconda edizione Garzanti

1988: Con introduzione di Piero Ottone

1997-2014: Collana “Gli Elefanti. Saggi” Garzanti

2001: Prefazione di Alfonso Berardinelli

2007: Collana “Nuova Biblioteca”, Garzanti

2008: Collana “Novecento”, Garzanti

2015: Prefazione di Paolo Di Stefano, allegato a «Corriere della Sera»

2015: Collana Elefanti bestseller, Garzanti

   Gli Scritti corsari rappresentano un esempio eccellente dello stile pasoliniano maturo. Dal punto di vista linguistico, gli articoli presentano uno stile spesso nominale, basato su affermazioni dirette, paratassi e ricorso a figure ossimoriche per accentuare il tono polemico e apocalittico. La scrittura di Pasolini si muove tra una “prosa livida, inquisitoria, chiara, mai manieristica” e una retorica della reiterazione che funge da grido d’allarme, da “scandalo” espressivo.

   Il volume, si presenta come una raccolta eterogenea di testi – articoli, lettere aperte, recensioni, interviste – attraversati però da una singolare unità di tono e di intenti, che Pasolini stesso definisce “libro che il lettore deve ricostruire”. La non linearità degli scritti, nati dall’occasione ma fortemente coesi dalla visione pasoliniana, obbliga l’interprete a ricomporre i frantumi di una riflessione sempre in tensione tra presente e futuro, tra denuncia e profezia.

   La raccolta si struttura come un viaggio attraverso i nodi cruciali della società italiana: dal fenomeno giovanile dei capelli lunghi all’analisi della pubblicità, dall’aborto e la sessualità alle rivoluzioni sociali e culturali, dall’omologazione linguistica all’impatto della televisione, dalla crisi della Chiesa alla mutazione antropologica dell’Italia.

lunedì 6 ottobre 2025

Pasolini ricomincia - Lorenzo Mondo intervista Pier Paolo Pasolini - "La Stampa", 10 gennaio 1975 - numero 8, pagina 3

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Pasolini ricomincia
Lorenzo Mondo intervista Pier Paolo Pasolini

"La Stampa"

10 gennaio 1975

numero 8

pagina 3

( © Questa trascrizione da cartaceo è stata curata da Bruno Esposito )


Pier Paolo Pasolini ha appena rivisto il suo primo film, Accattone, in una sala torinese stipata di gente. Spiega che l'effetto è stato, per lui, traumatizzante, come davanti a un film dimezzato. In Accattone, che è del 1961, risulta oggi appannato lo stile comico a vantaggio di quello tragico: perchè il dialetto romanesco in cui si esprimono i personaggi, la sua inventività, non esistono più. sono scomparsi insieme con il sottoproletariato delle borgate. Era un mondo degradato e atroce, ma conservava un suo codice di vita e di lingua al quale nulla si è sostituito. Oggi i ragazzi delle borgate vanno in moto e guardano la televisione, ma non sanno più parlare, sogghignano appena. E' il problema di tutto il mondo contadino, almeno nel Centro-Sud. Sicché nel film, quello che a suo tempo apparve come denuncia si muta ora in interrogativo storico. 

venerdì 3 ottobre 2025

Pier Paolo Pasolini, Paura della morte - Vie nuove, numero 18, 3 maggio 1962, pag. 65 ( con Commento )

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Eretico e Corsaro


Pier Paolo Pasolini
Paura della morte

Vie nuove

numero 18

3 maggio 1962 

pag. 65

( con Commento )


( © Questa trascrizione da cartaceo è stata curata da Bruno Esposito )


Caro Pasolini, ho letto la sua risposta a «Della mitologia». È una risposta che sa troppo del pensiero del professor Donini. Io, per quanto è caduto sotto la mia esperienza, ritengo che la forza della Chiesa, oltre ad essere economica, si basa sullo sfruttamento del dolore. 

Infatti, il marxismo può eliminare le ingiustizie sociali, ma non la vecchiaia, le malattie, la morte. Di ciò approfitta la Chiesa. L’uomo ha bisogno di morfina e la prende dove la trova. 

Saggia politica non è (almeno fino a quando i segreti dell’universo non saranno completamente scoperti) «frenare» l’azione di una Chiesa, ma favorire la pluralità dei culti. Così, il monopolio del dolore non sarà esclusivo di una sola corrente religiosa. 

Saluti. 

Lucio Lupi

Caro amico, lei ha condensato in poche righe quello che io, nella mia risposta cui lei si riferisce, avrei voluto analizzare occupando un intero numero, dicevo, di «Vie nuove» o dell’«Osservatore romano»…

Tuttavia la sua nota, pur essendo molto giusta, non è del tutto giusta. Lo sfruttamento del dolore, come lei dice, è uno degli elementi ideologici della Chiesa in quanto strumento del potere, feudale o capitalistico che sia. Questa è addirittura una banalità… Si potrebbe dire che, oltre al dolore, vengono sfruttate l’ignoranza, il conformismo, la paura, la miseria ecc. ecc. Quando un uomo si accorge di questo (il che avviene o dal suo interno, per una libertà acquisita con le proprie forze, magari proprio attraverso gli strumenti culturali della Chiesa…; oppure, oggettivamente, attraverso la lotta di classe), non ha più bisogno della religione: non ha più bisogno nemmeno di una pluralità di religioni. È vero che in ogni «intimità» umana, in ogni dolore, in ogni angoscia, c’è qualcosa di religioso: ma si può trattare benissimo di una religiosità totalmente privata, individuale, laica.

giovedì 2 ottobre 2025

Pier Paolo Pasolini, Non ti fidare, è un rivoluzionario. - Il Mondo», 13 marzo 1975 ( Con commento al testo )

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Pier Paolo Pasolini
Non ti fidare, è un rivoluzionario

Il Mondo, 13 marzo 1975 
( Con commento al testo )

( In Lettere Luterane col titolo Paragrafo secondo: come devi immaginarmi)


Potrei dirti tante cose che è necessario che tu, Gennariello, sappia del tuo pedagogo.
Non voglio fare un elenco di particolari, che verranno certamente fuori un po' alla volta, necessitati dalle occasioni (infatti il nostro discorso pedagogico sarà pieno di parentesi e di divagazioni: appena qualcosa di attuale sarà così urgente e significativo da interrompere il nostro discorso, noi lo interromperemo).
(1)

Vorrei scegliere un solo punto: cioè ciò che la gente dice di me, e attraverso cui tu mi hai dunque finora conosciuto (ammesso che tu sappia della mia esistenza). Ciò che attraverso la gente hai saputo di me si riassume eufemisticamente in poche parole: uno scrittore-regista, molto «discusso e discutibile», un comunista «poco ortodosso e che guadagna dei soldi col cinema», un uomo «poco di buono, un po' come D'Annunzio».(2)

mercoledì 1 ottobre 2025

Pier Paolo Pasolini, A un ragazzo borghese venuto da Napoli. - «Il Mondo», 6 marzo 1975 ( Con commento al testo )

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dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Pier Paolo Pasolini

A un ragazzo borghese venuto da Napoli

Il Mondo, 6 marzo 1975 

( In Lettere Luterane col titolo  Paragrafo primo: come ti immagino )



Poiché tu sei il destinatario di questo mio trattatello pedagogico (1), che qui esce a puntate - rischiando naturalmente di sacrificare l'attualità all'esecuzione progressiva del suo progetto - è bene, prima di tutto, che io ti descriva come ti immagino.

È molto importante, perché è sempre necessario che si parli e si agisca in concreto.

Come il tuo nome immediatamente suggerisce, sei napoletano (2). Dunque, prima di andare avanti con la tua descrizione, poiché la domanda sorge impellente, dovrò spiegarti in poche parole perché ti ho voluto napoletano.

Io sto scrivendo nei primi mesi del 1975: e, in questo periodo, benché sia ormai un po' di tempo che non vengo a Napoli, i napoletani rappresentano per me una categoria di persone che mi sono appunto, in concreto, e, per di più, ideologicamente, simpatici. Essi infatti in questi anni - e, per la precisione, in questo decennio - non sono molto cambiati. Sono rimasti gli stessi napoletani di tutta la storia. E questo per me è molto importante, anche se so che posso essere sospettato, per questo, delle cose più terribili, fino ad apparire un traditore, un reietto, un poco di buono. Ma cosa vuoi farci, preferisco la povertà dei napoletani al benessere della repubblica italiana (3), preferisco l'ignoranza dei napoletani alle scuole della repubblica italiana, preferisco le scenette, sia pure un po' naturalistiche, cui si può ancora assistere nei bassi napoletani, alle scenette della televisione della repubblica italiana. Coi napoletani mi sento in estrema confidenza (4), perché siamo costretti a capirci a vicenda. Coi napoletani non ho ritegno fisico, perché essi, innocentemente, non ce l'hanno con me.

martedì 30 settembre 2025

Pier Paolo Pasolini, “Il PCI ai giovani” - Analisi e commento di Bruno Esposito

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Pier Paolo Pasolini
“Il PCI ai giovani”

Analisi e commento

Il 1968 rappresenta un crocevia fondamentale nella storia sociale, politica e culturale d’Italia e d’Europa. A livello mondiale, il cosiddetto “Sessantotto” ha visto il sorgere di vasti movimenti di contestazione, antimperialisti e anti-autoritari, con protagonisti soprattutto studenti e, in molti casi, anche operai e altre categorie marginalizzate, in una carica di radicale messa in discussione dei sistemi e dei valori dominanti. L’Italia stessa, dopo un ventennio di crescita economica (“miracolo economico italiano”), vide affacciarsi sulla scena pubblica una generazione cresciuta nella relativa sicurezza economica, ma frustrata dal persistere di rigidità autoritarie, diseguaglianze sociali, mancanza di mobilità e di rappresentanza nei luoghi del sapere e del lavoro.

Nel gennaio 1966 si registrò l’occupazione della facoltà di Sociologia a Trento: la prima occupazione universitaria in Italia. Alla fine del 1967 e nel corso del 1968 le occupazioni e i sit-in si moltiplicarono nelle università e nei licei, investendo tutte le principali città (da Milano a Torino, Pisa, Roma). La società, sebbene attraversata da nuovo benessere e aspirazioni modernizzatrici, rimaneva marcatamente gerarchica: la scuola e l’università riproducevano classi di potere, e il sessismo, l’autoritarismo e il conservatorismo sedevano come norme implicite nelle istituzioni. Il dissenso non si manifestò solo rispetto alla scuola: il movimento operaio, specialmente durante il cosiddetto “autunno caldo” del 1969, si saldò talvolta a rivendicazioni di studenti, donne, migranti, dando luogo a un discorso complesso sul lavoro, i diritti civili, la riforma dei costumi e la libertà individuale.

La specificità italiana includeva una frattura generazionale acutissima, acuita dal fatto che il ceto universitario era ancora largamente dominato dalla borghesia urbana. In questo clima, il movimento di protesta contestò non solo le autorità universitarie, ma anche i partiti di sinistra ritenuti ormai integrati e incapaci di proporre una reale alternativa rivoluzionaria. In particolare, il Partito Comunista Italiano (PCI) subì sia contestazioni frontali sia richieste di rinnovamento interno, come dimostra anche il celebre caso de “Il manifesto” nel partito.

Un episodio centrale fu la cosiddetta “battaglia di Valle Giulia” a Roma il 1° marzo 1968, in cui studenti e forze dell’ordine si scontrarono violentemente davanti alla facoltà di Architettura. Mai le forze dell’ordine erano state contrastate con tanta efficacia proprio sul piano della violenza fisica. Questo episodio avrebbe inciso profondamente non solo sulla cronaca politica, ma anche sull’immaginario collettivo, divenendo pietra di paragone per la radicalità e i limiti della rivolta giovanile.

In piazza quel giorno, insieme agli studenti di sinistra, c'erano militanti di Alleanza Nazionale, guidati da Stefano delle Chiaie.

Pie Paolo Pasolini, La paura di essere mangiati - Tempo, numero 36, 3 settembre 1968, pag. 68

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Pie Paolo Pasolini
La paura di essere mangiati

Tempo

numero 36

3 settembre 1968, 

pag. 68

( © Questa trascrizione da cartaceo è stata curata da Bruno Esposito )

     

 Al lettore medio, cioè di cultura media - o che perlomeno abbia scarse nozioni di psicanalisi - sembrerà molto strana la seguente affermazione: noi siamo ancora determinati nel nostro destino, dalla paura di essere "mangiati". Ancora più strana sembrerà quest'altra affermazione: quando la paura di essere mangiati è eccessiva o ossessiva allora significa che noi "desideriamo" essere mangiati (si sa, per esempio, che la tanatofobia è in realtà ansia di autodistruzione; e non per niente anche nel parlare comune si dà per scontato che chi dice con troppa insistenza di odiare, in realtà ama, e magari viceversa).

 A nessuno di noi che viva con curiosità questi anni, è sfuggito che è diventato ossessivo l'uso della parola "sistema" e della sua negazione (il "dissenso", la "contestazione"): è una situazione tipica delle società molto avanzate. E infatti le suddette parole hanno molto più senso in America o in Germania che in Italia (dove si ha ancora purtroppo, una contestazione all'italiana: dato che anche il sistema è all'italiana).