"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
Pasolini
PESSIMISMO E SORRISI
Tempo
25 ottobre 1969
pag. 27
( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )
Vedi anche:
- Pasolini, Distinzione - Tempo, 10 gennaio 1970 - pag. 23
- Scusa, Pasolini - Tempo, 29 novembre 1969 - pag. 28
- Pasolini, PESSIMISMO E SORRISI - Tempo, 25 ottobre 1969, pag. 27
- Pasolini, Caro uomo medio - Tempo, 10 gennaio 1970 - pag. 23
Ci sono considerazioni da fare, e si fanno. Per esempio, questa di Arbasino da Francoforte, a proposito della «Fiera del libro», sul «Corriere della Sera»: «Infine, l’assemblea della contestazione, una volta installata nell’ambito dell’istituzione contestata, ne imita le strutture e ne diventa un organo. Ne diventa inoltre attrazione e spettacolo. Daniel Cohn-Bendit non può non accorgersene subito, e arriva piuttosto arrabbiato a sostenere che bisogna darsi altre strutture e altre istituzioni, non già infiltrarsi in quelle vilipese, o peggio ancora imitarle nella burocrazia e nella pedanteria. Ma a questo punto, facendo della contestazione nella contestazione, diventa lui stesso spettacolo nello spettacolo, e la gioia degli operatori della televisione è pari soltanto a quella dei visitatori che hanno pagato solo quattro marchi di biglietto».
Bene.
C'è qualcosa da ridere?
Non trovo molto gradevole «aver ragione» su una questione simile. Risulta, da queste osservazioni innocentemente divertite di Arbasino, che il nostro mondo sarebbe un’entropia, cioè che non sarebbe più un fatto reale la lotta di classe. Risulta che tutto «rientra». Risulta inoltre che sapere questo è suprema saggezza. Ma si può essere fieri di un’accettazione. Per fuoruscire dall’uovo eterno dell’entropia, attraverso una qualsiasi tangente «orfica» (nei riti orfici si rompevano le uova), Arbasino possiede il senso dell’umorismo. Altri può possedere la vocazione all’ascesi. Altri ancora la più assoluta innocenza.
Tutto si integra nell’eterno ritorno: ciò lo sanno gli umoristi, i santi e gli innocenti. E allora, Arbasino? Renditi conto che il tuo sorriso di «colui che sa» si basa su una forma ascetica e su una innocenza (degenerate fin che vuoi), che contraddicono a quel tuo sorriso. Lo annullano. Abbi il coraggio almeno di essere serio, visto che quel riso, se osservato un po’ meglio, è un ghigno, un ghigno mortuario, una smorfia funebre - un velo teso sopra qualcosa di terribile, ossia la tragicità del mondo che si presenta sotto la forma contingente dell’impossibilità della lotta di classe vista almeno come una discesa di barbari provenienti da un altro mondo.
Marxisti fanatici chiamano tout court «fascista» un atteggiamento come il tuo. Ma in sostanza, devi renderti conto che l’accettazione del mondo così com’è, col suo ordine ineluttabile, la sua ombra paterna, la sua lotta fraterna, le sue norme da rispettare come un male crudele ma necessario, il suo fascino secolare, è, tutto sommato, ciò che inebbria un fascista. C’è, in lui, il vanto di essere «scandaloso» in quanto accetta quel mondo che non vuole, anzi condanna, ogni scandalo. Lo esalta la decisione «personale» di servire l’autorità: di imporre la sua iniziazione al vecchio rituale come una novità così nuova da avere l’aria faziosa e prepotente di una abiura da ogni altra possibile scelta. Parlo naturalmente dei fascisti giovani, ancora disinteressati. La loro ristrettezza mentale o il loro refoulement è pari solo al loro profondo e totale pessimismo.
Ma anche il tuo sorridere sulle sciocchezze dei conte- statori e di Cohn-Bendit nasce dallo stesso pessimismo. Pessimismo che può essere fonte di ben altri, men banali e benedetti sorrisi.
PIER PAOLO PASOLINI
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