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mercoledì 14 maggio 2025

Pasolini, L’aquila e la preda - Uccellacci e uccellini - Vie Nuove, numero 20, del 20 maggio 1965, pag. 30

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Pasolini
L’aquila e la preda
Uccellacci e uccellini


Vie Nuove
numero 20
del 20 maggio 1965
pag. 30

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )


 Mentre, presumibilmente, i lettori di «Vie nuove» che si interessano alla cosa, stanno onestamente digerendo il secondo e il terzo apologo di Uccellacci e uccellini, io mi occuperò delle prime reazioni al primo. Che non vengono, no, dai lettori di «Vie nuove» che, com’è giusto, aspettano di aver letto l’opera completa – sia pure nei miei brevissimi riassunti – prima di intervenire.

 La prima reazione è reazionaria. Nelle infami colonne di un giornaletto neo-fascista o paleo-fascista – comunque son sempre quelli, i fascisti in paglietta – una infelice ragazza o signora, è stata la prima a occuparsi della storia dell’aquila. Questa infelice, preda probabilmente di traumi infantili ingigantiti, nel suo fisico adulto, dalle soluzioni borghesi a quei traumi – che sono soluzioni moralistiche e retoriche – questa povera bambina andata in cannone, insomma – non ha potuto evidentemente essere così oggettiva da capire neanche la pura e semplice lettera del mio raccontino. Naturalmente, siccome è una moralista, in nome delle sue alte verità morali, ha creduto lecito di esercitare nei miei riguardi uno spirito ricattatorio, che io del resto le perdono, come tutte le altre cose cattive che dice sul mio conto – ma su cui non posso tacere, per rispetto ai terzi, cui essa, nel suo ricatto, si rivolge. Questi terzi sono i cattolici, con cui ho avuto dei rapporti concreti di dialogo durante la stesura del Vangelo, e con cui mantengo una relazione di leale amicizia. Ecco (dice l’infelice preda dei terrori di una bambinella diventati terrorismo nelle malconformazioni dell’adulta) Pasolini, dopo aver fatto il Vangelo, tradisce i suoi amici cattolici: e, rappresentando nell’aquila della sua favola il Comunismo, attribuisce solo ad esso dei valori veramente religiosi (naturalmente io riassumo il pensiero della polemista, attribuendole tutta la nobiltà che non c’è).

 His freta, la collaboratrice del giornaletto tanto diffuso tra i passeggeri del «Settebello», scrive cinque colonne di argomentazioni e di insulti, di infamie e di ricatti. Invece non ha capito nulla. Le sue cinque colonne sono fondate sul nulla.

L’aquila non rappresenta affatto il Comunismo: è un errore che la preda di sé stessa ha commesso in buona o in cattiva fede (faccia i conti con la sua coscienza). L’aquila, nella mia favola, rappresenta il Terzo Mondo.

 Mi sembra che sia ben chiaro dal contesto dei fatti e delle allusioni.

 Ecco come mi è nata l’idea di questo episodio fiabesco (i favolisti classici con un po’ di pamphlettismo anarchico-radicale e un po’ di surrealismo).

 Alcuni mesi fa è uscito il Vangelo in Francia. La cosa mi ha dato molte soddisfazioni e molti dispiaceri. È stato, insomma, un avvenimento drammatico. Ma il mio interesse si è infine localizzato su un problema che va ben al di là delle accoglienze a un film «cristiano fatto da un marxista», e va anche al di là di certi termini in cui si è posto e si è fissato il dialogo tra cattolici e comunisti.

 Il problema è la difficoltà che trova un uomo europeo tipico e insieme supremo – mettiamo un intellettuale parigino, come emblema di tutta la intelligenza occidentale – a mettersi in rapporto con certe nuove forme di cultura irrazionalistica. Nella fattispecie la fede cristiana (superata da un laicismo cui io appartengo ma che tuttavia spesse volte si presenta come fanatico: ossia come un cattivo superamento della religione: un superamento che contiene in sé le forme più inconsce e più regressive della religione superata).

 Ebbene, questo laico «parigino» (in senso emblematico) è, da tutta l’epoca della civiltà borghese, abituato a essere antropologicamente il «centro» del mondo: e ad avere con gli altri un rapporto che implica l’altrui assimilazione. Il negro del Mali, l’indiano di Madras, l’indigeno dell’America del Sud, aveva come grande ideale quello di «assimilarsi» alla cultura detta occidentale, fondamentalmente pragmatica e razionalistica (tanto da rendere sostanzialmente pragmatica e razionalistica anche la religione cristiana, venuta dall’Oriente, cioè proprio dallo spirito contemplativo e irrazionalistico dei popoli non europei).

 Ora, da una parte un nuovo tipo di razionalismo, quello marxista, e dall’altra un nuovo tipo di rapporto dell’irrazionalismo pre-industriale – quello del Terzo Mondo – (tipo di rapporto che io nella mia favola ho chiamato «scandalosamente dialettico») mette in crisi l’intellettuale emblematicamente «parigino» che dicevo.

 Nel caso del mio Vangelo, il parigino laico e marxista è stato preso in genere da una specie di strana furia isterica: egli si era posto fanaticamente e automaticamente il dovere di «respingere» o, per usare termini più sfacciatamente psicanalitici, di «rimuovere» un’opera religiosa: tuttavia non ha potuto ignorarne la forza intrinseca, quella mal superata nelle latebre del suo inconscio (tanto per dare un esempio: la Francia del grande razionalismo, è quella che produce prodotti letterari totalmente irrazionalistici come quelli di «Tel Quel», o tipi umani irrazionalistici, come i paras torturatori).

 Insomma la Francia, pur su un fondo di potenza ferocemente coloniale, è stata tuttavia a livello sovrastrutturale una grande nazione «civilizzatrice» nel mondo sottosviluppato, finché ha potuto essere «maestra», oggetto di desiderio di assimilazione: non lo è più oggi, se è richiesto ai francesi di sentirsi esattamente alla pari con un algerino o un negro. Essi, magari, nei casi migliori, sono democraticamente, alla pari: ma nel loro inconscio c’è l’idea, del resto giustificabile, di una superiorità non voglio dire razziale, ma antropologica.

 Questo è causa di caos: il gollismo lo copre – molto dignitosamente, perché la Francia resta la più grande nazione d’Europa – ma, sotto, serpeggiano delle divisioni addirittura scismatiche. Dovute appunto alla crisi del rapporto con il resto del mondo, e specialmente con quel mostro-test che è il Terzo Mondo. Di qui divisioni insanabili in seno sia al cattolicesimo, sia al comunismo. Di qui reazioni non più razionalistiche nei difensori supremamente ufficiali del razionalismo.

 Un critico di un giornale laico e di sinistra, ha dato in vere e proprie escandescenze, davanti al Vangelo: fino a giungere a infamie degne di quella preda di sé stessa, di cui parlavo all’inizio di questa nota. È stato lui che mi ha ispirato il personaggio della mia favola.

 Lui è il razionalismo esasperato, disperato e messo fuori causa da un nuovo rapporto, scandaloso, col mondo dell’irrazionalismo, il Terzo Mondo. Naturalmente, il suo volo finale, è caricaturale, è una proiezione nel fantastico e nel ridicolo di una situazione che c’è realmente nel fondo della sua psicologia.

Pier Paolo Pasolini

@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare


Curatore, Bruno Esposito

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