"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Pier Paolo Pasolini
Bandung capitale di mezza Italia
Vie nuove
n. 30
29 luglio 1961
pag. 22
( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )
Egregio Pasolini, la lettura di «Vie nuove» mi ha dato la possibilità di conoscere veramente Lei e il suo modo di pensare – così pieno di umanità e comprensione –. Mi sono ricreduto di quello che pensavo di Lei in precedenza, dopo aver letto «Vita violenta», libro in cui metteva a nudo la vita nelle sezioni del Partito comunista, quella misera dei poveri e quella degli invertiti. Perché, mi domandavo, questo giovane scrittore rivolge la sua indagine al nostro ambiente, prende per protagonista povera gente quando avrebbe potuto con più efficacia scrivere della dolce vita dell’alta borghesia di ogni paese? Ora, le domando le ragioni per cui ha scritto cose poco piacevoli riguardo la povera gente. Lei conosce la vita che noi conduciamo, la stanchezza del lavoro. La miseria che ci vieta ogni possibilità. Lei sa che i grossi borghesi spendono fior di milioni per una «mantenuta» ma non concedono 10 lire d’aumento all’operaio. I luoghi frequentati dai «vitelloni» non sono alla portata dei poveri, l’inversione sessuale è molto diffusa nelle classi alte. Noi abbiamo duramente combattuto 10 anni fa contro i licenziamenti alla Breda: avrebbe dovuto vedere com’eravamo fieri della solidarietà degli intellettuali, dei quali abbiamo bisogno per trovare la giusta strada. Rispettosi saluti.
Giuseppe Cosmo
Perché voler fare delle generalizzazioni? Quelle che lei chiama «le cose poco piacevoli» sono reperibili a ogni livello e a ogni strato sociale: sempre se l’occhio dell’osservatore si mantiene limpido, critico, coraggioso. Per esempio: lei è un operaio onesto, chiaro, coerente, su questo non c’è dubbio. Ma un’ombra c’è – e mi scusi se sono così crudelmente sincero – nella sua personalità: c’è una certa rigidezza e un certo conformismo. Voglio farle notare, insomma, che sarebbe troppo semplice, il mondo, se fosse come lei lo vede: da una parte le classi operaie, buone, e dall’altra i ricchi, cattivi. Non solo, ma lei vede anche gli operai tutti a uno stesso livello: mentre si sa che tra Nord e Sud ci sono delle prepotenti differenziazioni di carattere storico. Certe caratteristiche di un operaio della Breda non possono essere trasferite in blocco in un disoccupato romano o in un bracciante meridionale.
Cerchi quindi di liberarsi dallo schema – peraltro essenzialmente giusto – attraverso cui lei giudica. Questo schema in parte è prodotto da una eccessiva semplificazione dell’ideologia marxista, dall’altra da una sopravvivenza dell’educazione cattolico-borghese che ognuno di noi riceve alle origini ideali della propria esistenza, e di cui poi difficilmente si libera del tutto. Vede, quel tanto di rigidamente moralistico con cui lei condanna «la dolce vita» e la lussuria della «folta schiera degli opulenti», ha qualcosa del conformismo borghese – nel suo caso tipicamente lombardo – di cui la nazione italiana è intrisa e di cui noi stessi, che siamo all’opposizione, portiamo indelebili i segni. Conformista, per esempio, è anche la sua idea sugli invertiti. Il Vaticano ha recentemente proibito, ai preti, con grande solennità, di conoscere Freud e la psicanalisi. Ora lei non è un prete, e, se non altro in seguito a questa proibizione vaticana, degna degli autodafé, orrendamente reazionaria, legga le opere di Freud: da cui vedrà appunto che l’inversione è un complesso psicologico, che non ha niente a che fare con le classi sociali, ma se mai, con la repressione di una morale sociale, che può operare sull’infanzia di tutti gli individui di una società, ricchi o poveri.
Insomma io vorrei che lei potesse guardare con occhio più comprensivo e umano le «cose poco piacevoli», che io ho descritto – del tutto oggettivamente, badi bene – nei miei romanzi: si tratta di un modo di arrangiarsi a vivere, miserabile fin che lei vuole, ma sempre nel fondo giustificato, da una parte, da una vitalità non priva, a suo modo, di nobiltà; dall’altra da uno spirito di protesta, anarchico fin che lei vuole, ma pur sempre insofferente e significativo.
Lei, proletario lombardo, cerchi di capire la «condizione umana» dei sottoproletari della capitale e del Sud: ce n’è a milioni. Per me, questa comprensione è l’atto politico più importante di questo momento storico. La scissione neo-capitalistica fra Nord e Sud è aggravata dall’ignoranza reciproca dei lavoratori settentrionali e meridionali. E badi, poi, che questa non è una faccenda soltanto italiana: il contrasto, in certo modo abissale, tra nazioni avanzate e nazioni sottosviluppate, tra aristocrazie operaie e plebi sottoproletarie, caratterizza, oggi, l’intera situazione mondiale. Cosa sono l’Africa, l’India, gli stati sudamericani, il Medio Oriente, se non il prodotto di questo contrasto, di questo squilibrio? Bandung è la capitale di tre quarti del mondo: è la capitale anche di metà Italia. E in questa ideale nazione di Bandung, un furtarello, una prepotenza, una parolaccia non sono nulla: sono un modo di vivere: che non va giudicato col metro di una piccola morale di benestanti, ma con la pietà cristiana (non dico cattolica) e con lo storicismo marxista che toglie a quella pietà ogni remora sentimentale, populista e umanitaria dandole quel rigore intellettuale in cui consiste la vera moralità.
Pier Paolo Pasolini
@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare |
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