"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Pier Paolo Pasolini
Neocapitalismo televisivo
Pier Paolo Pasolini appartiene alla schiera di giovani scrittori italiani. Autore di alcuni volumi di poesie, egli ha scritto con Ragazzi di vita uno sconcertante romanzo, ambientato nella periferia romana e composto in dialetto romanesco, che ha suscitato vivaci polemiche. Pasolini che alterna l'attività di narratore a quella di giornalista e di sceneggiatore cinematografico, attualmente sta lavorando attorno a un nuovo libro, che sarà pubblicato con il titolo Rio della grana.
Come scrittore attento alla vita del popolo, in particolare alla vita degli strati più umili del popolo romano, i più indifesi; anche culturalmente parlando, ha notato particolari influenze della Tv nella vita e nella cultura delle persone con le quali è a contatto?
Certamente, ho notato il fenomeno cui lei si riferisce. Quando io scrissi il mio primo romanzo, ragazzi di vita, la televisione non era ancora entrata in funzione. Dirò di più: molte cose che oggi riempiono la vita dei giovani e dei poveri in generale non c'erano. Non c'erano i flipper, i calcio-balilla, i circoli giallo-rossi o bianco-azzurri che siano, il fumetto o il fotogramma sviluppati e affascinanti come sono oggi, non si era affermato, o almeno non nella misura attuale, quel certo cinema che i produttori destinano al pubblico dei poveri. L'esistenza dei Ragazzi di vita era, quindi, dal punto di vista dei divertimenti, squallida e vuota. Oggi invece, la società non offre al giovane lavoro, ma infiniti modi di dimenticare il presente e di non pensare al futuro.
La televisione è entrata nella vita e nel costume dei giovani. I miei personaggi sono quelli delle borgate romane, sono i sottoproletari che vivono ai margini della città. Dal tempo in cui scrivevo Ragazzi di vita, quando non esisteva la Tv, a oggi si possono notare in loro cambiamenti: un arricchimento del loro modo di parlare anzitutto, del gergo, anche, di parole ed espressioni auliche, o appartenenti comunque a un linguaggio conformistico, usate però, per di più, in funzione palesemente ironica. È questa una forma di primitiva difesa contro l'influenza ideologica della Tv, che gli ambienti meno conformisti tendono a respingere, sottoponendola già a una specie di trasformazione.
In questo senso, certi strati della popolazione romana, quelli ai quali io mi interesso, più ricchi e forti, per così dire, di tradizioni culturali proprie, d'un proprio costume di vita, di una propria moralità resistono meglio alla funzione livellatrice della Tv e ne respingono d'istinto il palese conformismo.
E' curioso, invece, il fatto che il cinema mostri una capacità di penetrazione diversa, più notevole.
(Nel paganesimo sostanziale della malavita romana, per esempio, tende a infiltrarsi una sorta di crudeltà moralistica di stampo. protestante derivata soprattutto dai film americani.) Tale capacità di penetrazione è spiegabile con le caratteristiche peculiari del linguaggio cinematografico, che grazie anche alla finzione della vicenda, si insinua meglio nell'animo della gente che non la Tv, più fredda, artificiosa, distaccata e ufficiale.
E per altri strati della popolazione, valgono le stesse considerazioni?
No, credo che occorra fare alcune distinzioni. Il tipo di persone, cui mi riferivo, è molto particolare, sono i personaggi dei miei libri. Ma l'influenza della Tv è visibile in ben altro modo, per esempio, nei piccolo-borghesi e nella gente d'ordine. Qui il conformismo televisivo trova un terreno propizio, e incide quindi, in misura maggiore.
Per questi strati sociali, la Tv rappresenta un grande fatto di cultura, naturalmente di quella cultura che la classe egemone fornisce. Mi sembra ridicola e sproporzionata l'indignazione di quegli intellettuali che, pur appartenendo alla classe egemone, rigettano con sprezzo tanta parte della produzione televisiva, la più popolare. In realtà la Tv, lungi dal diffondere (come essi sostengono) nozioni staccate e prive di una visione unitaria della vita e del mondo, è un potente mezzo di diffusione ideologica, e proprio della ideologia consacrata dalla classe egemone.
No, l'indignazione di costoro mi pare ingiusta. Mi sembra, al contrario, che il livello medio della cultura piccolo-borghese conformista possa essere notevolmente accresciuto e migliorato dalla televisione.
Non crede che una simile funzione la Tv eserciti anche presso gli strati poveri della popolazione?
Accade un fenomeno degno di nota, che meriterebbe ben altra illustrazione, più tempo, più spazio di quello che abbiamo a disposizione. Tenterò di accennarlo. La Tv, a mio parere, mettendo assieme spettacoli di un certo valore artistico e culturale (la prosa) e altri di assai minore livello, mettendo cioè la parte più povera, culturalmente parlando, a contatto con diversi livelli, per così dire, di cultura, non solo non concorre ad elevare il livello culturale degli strati inferiori, ma determina in loro un senso d'inferiorità, quasi angosciosa. I poveri, cioè, vengono indotti continuamente ad una scelta, che cade, per forza di cose, a vantaggio degli spettacoli improntati a livello inferiore. In questo senso, se mi si consente, la Tv s'inserisce nel fenomeno generale del neo-capitalismo. In quanto essa tende a elevare un po' il grado di conoscenza in coloro che sono a un livello superiore, ma a precipitare ancora più in basso chi si trova a un livello inferiore.
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