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Le pagine corsare - Riflessioni su "Processo alla DC"

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Le Incogruenze

I sei errori della polizia

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lunedì 25 aprile 2022

Pier Paolo Pasolini, Le belle bandiere - II Menabò», n. 6, Torino, 1963

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Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
Le belle bandiere

[«II Menabò», n. 6, Torino, 1963] 

(oggi in Poesia a forma di rosa)


 I sogni del mattino: quando

 il sole già regna,

 in una maturità

 che sa solo il venditore ambulante,

 che da molte ore cammina per le strade

 con una barba di malato

 sulle grinze della sua povera gioventù:

 quando il sole regna

 su reami di verdure già calde, su tende

 stanche, su folle

 i cui panni sanno già oscuramente di miseria

 – e già centinaia di tram sono andati e tornati

 per le rotaie dei viali che circondano la città,

 inesprimibilmente profumati,  

sabato 23 aprile 2022

Pier Paolo Pasolini, La Resistenza e la sua luce - La religione del mio tempo

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Eretico e Corsaro




La Resistenza e la sua luce
di Pier Paolo Pasolini 

da La religione del mio tempo


Così giunsi ai giorni della Resistenza  

senza saperne nulla se non lo stile: 

fu stile tutta luce, memorabile coscienza  

di sole. Non poté mai sfiorire,  

neanche per un istante, neanche quando  

l'Europa tremò nella più morta vigilia. 

Pier Paolo Pasolini, La luce della resistenza - Inedito trovato nell'archivio di Giancarlo Vigorelli

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Pier Paolo Pasolini
La luce della resistenza

Uno scritto inedito del 1955

Trovato nell'archivio di Giancarlo Vigorelli


     Qualcosa pare oggi, nella primavera del ’55, realmente finito: il dopoguerra. È finito non solo nel disordine e nella corruzione, ma anche nelle coscienze di viverci. Il senso di liberazione e di ripresa, dal ’45 agli anni immediatamente successivi, sembra ormai il dato di una psicologia lontana: e si ripresenta viziato, all’interno di ognuno di noi, dello stesso male che avrebbe portato il mondo esterno – la classe dirigente italiana, nella fattispecie – all’involuzione di oggi. Si sente il desiderio di dimenticarlo e superarlo, come un legame stantìo, impuro e un po’ ridicolo.

giovedì 21 aprile 2022

Pier Paolo Pasolini, Nuova poesia in forma di rosa

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Nuova poesia in forma di rosa


Fossi vissuta

quieta come una bestia,

ma avessi consegnata quella lettera

che m'era stata affidata!

B. Brecht: Santa Giovanna dei Macelli

Cosa fate?

Io scrivo di nuovo

Pier Paolo Pasolini, Poesia in forma di rosa, il poema.

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Poesia in forma di rosa  

[«Nuovi Argomenti», Roma, novembre 1962-febbraio 1963]  


Ho sbagliato tutto.

Sbagliava, spaurito al microfono,

con la prepotente incertezza del brutto,

del soave poeta, quel mio omonimo,

che ancora ha il mio nome.

Si chiamava Egoismo, Passione.

Sbagliava, con la sua balbettante bravura,

rispondendo a domande di amici o fascisti,

Maciste magretto della letteratura.

Interlocutori di Teramo o Salerno,

di Conselice, o Frosinone o Genova,

quello là, che aveva tanta ragione,

sbagliava tutto.

Pier Paolo Pasolini,La Ricotta - I materiali di sceneggiatura - Di Tomaso Subini

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Pier Paolo Pasolini
La Ricotta
I materiali di sceneggiatura

 
Tratto da:
Tomaso Subini
PIER PAOLO PASOLINI
LA RICOTTA
( © 2009 Lindau s.r.l. )
 

Il 7 marzo 1962 (1) , Pasolini stipula un accordo con i produttori Giuseppe Amato e Roberto Amoroso che lo impegna a scrivere e a dirigere uno dei quattro episodi del film collettivo La vita è bella. Inizialmente Pasolini propone la storia di un insegnante omosessuale impiccatosi perché respinto da un allievo di cui si è innamorato (2) . Di fronte al netto rifiuto da parte dei due produttori, Pasolini comincia a lavorare intorno a un’idea suggeritagli da un fatto di cronaca accaduto sul set di Barabba (Id., 1962) di Richard Flescher: il malore che colse una comparsa infreddolita durante le riprese della crocifissione (3) .

martedì 19 aprile 2022

Pier Paolo Pasolini, Il folle slogan dei jeans Jesus - Corriere della sera, 17 maggio 1973

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Pier Paolo Pasolini 
Il folle slogan dei jeans Jesus

Corriere della sera, 17 maggio 1973

( In Scritti corsari con il titolo "Analisi linguistica di uno slogan" ) 


   Il linguaggio dell'azienda è un linguaggio per definizione puramente comunicativo: i «luoghi» dove si produce sono i luoghi dove la scienza viene «applicata», sono cioè i luoghi del pragmatismo puro. I tecnici parlano fra loro un gergo specialistico, sì, ma in funzione strettamente, rigidamente comunicativa. Il canone linguistico che vige dentro la fabbrica, poi, tende ad espandersi anche fuori: è chiaro che coloro che producono vogliono avere con coloro che consumano un rapporto d'affari assolutamente chiaro.

   C'è un solo caso di espressività- ma di espressività aberrante -nel linguaggio puramente comunicativo dell'industria: è il caso dello slogan. Lo slogan infatti deve essere espressivo, per impressionare e convincere. Ma la sua espressività è mostruosa perché diviene immediatamente stereotipa, e si fissa in una rigidità che è proprio il contrario dell'espressività, che è eternamente cangiante, si offre a un'interpretazione infinita.

   La finta espressività dello slogan è così la punta massima della nuova lingua tecnica che sostituisce(1) la lingua umanistica. Essa è il simbolo della vita linguistica del futuro, cioè di un mondo inespressivo, senza particolarismi e diversità di culture, perfettamente omologato e acculturato. Di un mondo che a noi, ultimi depositari di una visione molteplice, magmatica, religiosa e razionale della vita, appare come un mondo di morte.

   Ma è possibile prevedere un mondo così negativo? E' possibile prevedere un futuro come «fine di tutto»? Qualcuno - come me - tende a farlo, per disperazione: l'amore per il mondo che è stato vissuto e sperimentato impedisce di poter pensarne un altro che sia altrettanto reale; che si possano creare altri valori analoghi a quelli che hanno resa preziosa una esistenza. Questa visione apocalittica del futuro è giustificabile, ma probabilmente ingiusta.

lunedì 18 aprile 2022

Pasolini - Un eros esistenziale e poetico che diviene progetto rivoluzionario - Di Maria Vittoria Chiarelli

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Un eros esistenziale e poetico che diviene progetto rivoluzionario

Di Maria Vittoria Chiarelli

Pasolini compie il suo primo viaggio in India nel 1961 in compagnia di Alberto Moravia ed Elsa Morante. Un Paese immenso che pullula di gente che dondola dolcemente il capo e che sembra dire sempre di sì, annuendo con mitezza. Eppure quel Paese, dopo la liberazione dal dominio coloniale inglese si chiede come affrontare nuove sfide, nel delicato passaggio da un'economia rurale ad una nuova svolta industriale che avrebbe determinato una scissione profonda tra una cultura millenaria e il nuovo corso che rischiava di occidentalizzarsi e di relegare ai margini la tradizione religiosa, pur connotata da una profonda divisione castale, ormai alla resa dei conti con un processo faticoso di democratizzazione che, già negli anni Sessanta, ravvisava nell'avvenire industriale l'unica strada possibile per superare la miseria sottoproletaria e l'arretratezza atavica delle campagne. Pasolini difende le forme antiche di una civiltà la cui religione consiste tutta in una serie di gesti pragmatici innocenti rivelando tutta la mitezza dello spirito della gente che li compie , come il rito della combustione dei morti , al cui calore i vivi si riscaldano traendone forza e rassegnazione insieme, in un anelito alla vita che si invera in un eterno sorriso di sacrificio, in cui si acquieta il dolore, rivivendo il ciclo dell'armonia universale senza fine. Già allora, in quel primo viaggio nella terra dell' "altrove", nella quale l' "odore" è diventato parola, l'espressione dei volti e i gesti ritmi poetici di un incedere rassegnato, ma autentico, disvelatori di ancestrali misteri divini, costituiscono una dimensione sacra che doveva essere salvata ad ogni costo, prima che gli ingranaggi di un sistema globale di dominio neocapitalistico potessero dissipare la luce che da quei roghi si riverberava nelle acque del Gange.

I luoghi campani del Decameron di Pier Paolo Pasolini

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I luoghi campani del Decameron di Pier Paolo Pasolini
di Luigi Fusco

Pasolini riuscì a combinare arte figurativa e cinema, svelando paesaggi ed edifici storici della Campania, luoghi ai limiti della storia, e in un certo senso fuori dalla storia.

Basilica di Santa Chiara
Lo scrittore e regista Pier Paolo Pasolini durante gli anni dei suoi studi universitari, svoltisi presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna, si dedicò con particolare interesse non solo alle varie tematiche della letteratura italiana, ma anche alle questioni convenzionali delle indagini stilistiche e filologiche della Storia dell’Arte.
Tale approccio avvenne attraverso le lezioni di Storia dell’Arte medioevale e moderna tenute, al tempo, da Roberto Longhi: Storico dell’Arte di fama internazionale ed il primo studioso ad introdurre in Italia i nuovi metodi di critica storico-artistica di tipo formale.
L’incontro fra Pasolini e Longhi avvenne nel 1941, in occasione dei corsi, tenuti da quest’ultimo, incentrati Sui fatti di Masolino e Masaccio. A margine delle suddette lezioni, il giovane scrittore pensò di conseguire la laurea in lettere scrivendo una tesi sulla Pittura Italiana del Novecento, ma, nonostante vi avesse cominciato a metter mano, non portò a termine il progetto.

sabato 16 aprile 2022

Pier Paolo Pasolini, La crocifissione - L'usignolo della chiesa cattolica

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Pier Paolo Pasolini
La crocifissione 

L'usignolo della chiesa cattolica



 

@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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Pier Paolo Pasolini, Fiesta (Pasca) - Versi in friulano con traduzione

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Pier Paolo Pasolini
Fiesta (Pasca) 

(Versi in friulano con traduzione)

Versi che Pasolini ha scritto nel 1947. 

Il componimento fu pubblicato nel 1949 nella raccolta "Dov’è la mia patria" con il titolo di Pasca e successivamente, nel 1954, nella raccolta "La meglio gioventù, con il titolo "Fiesta".

La Pasqua di Pasolini è una festa di resurrezione sociale, di possibile riscatto dall'emarginazione sociale.


Fiesta (Pasca)

(Testo tradotto)


Alleluja alleluja alleluja! 

Mi brucia un cespo di erbarosa 

nella gola, mentre cammino 

per i marciapiedi bianchi e rosa, 

tra il sole e le ragazze 

dagli occhi rosa.

venerdì 8 aprile 2022

Pier Paolo Pasolini, DALLA LINGUA AL FRIULANO - CE FASTU?, Rivista della società filologica friulana - 31 dicembre 1947 - numero 5-6

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Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
DALLA LINGUA AL FRIULANO

CE FASTU?

Rivista della società filologica friulana

31 dicembre 1947 - numero 5-6 


 

Premettiamo che della parola «tradurre» non ci sfuggono i significati più difficoltosi, e che è entro i termini del «traducibile» e dell’«intraducibile» che si muovono le più acute suggestioni della nostra poetica friulana; vogliamo dire che l’ossature délicate del nostro dialetto-linguaggio pur nell’ambito della lingua, ossia della traducibilità, non si nega affatto ai rischi dell’indefinitezza estetica, ossia dell’intraducibile...

 Ma non è di ciò che intendiamo occuparci in questa breve nota; quanto ora ci importa è un dato esterno e utilitario del tradurre (e per quel che riguarda le difficoltà banali e già risapute della traduzione, rimandiamo ai saggi di Solmi, Montale, Ungaretti ecc. raccolti dall’Anceschi in un interessante volume). Il friulano ha bisogno di traduzioni essendo queste il passo più probatorio per una sua promozione a lingua. È vero che per noi il friulano è aprioristicamente lingua, a parte le considerazioni glottologiche (un deliberato ritorno all’Ascoli) e a parte lo sforzo cosciente di usarlo in condizioni di parità se non di uguaglianza con le grandi lingue romanze; tuttavia una prova come quella del tradurre verrebbe a costituire un terzo fatto, se non molto profondo, almeno perentorio.

giovedì 7 aprile 2022

Terza B: FACCIAMO L’APPELLO - E. Biagi e P.P.Pasolini - Trascrizione, seconda parte

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Questa è la prima trascrizione integrale pubblicata, divisa in più parti - verrà pubblicata per intero. Altre trascrizioni parziali furono pubblicate sul "Radiocorriere TV", numero 30, del 25/31 luglio 1971, con un articolo di Nato Martinori dal titolo: Invecchiando mi sento più allegro.

III B: FACCIAMO L’APPELLO

Programma di Enzo Biagi.
Intervista a cura di Enzo Biagi
Regia: Pier Paolo Ruggerini
In studio: Pier Paolo Pasolini, Odoardo Bertani, Agostino Bignardi, Carlo Manzoni, Nino Pitani, Sergio Telmon, Carlo Galavotti, Mario Borgati.
Produzione: RAI, 1971 (ma non andò in onda perché Pasolini era coinvolto un processo a «Lotta Continua» di cui era stato direttore per un numero.)
Trasmissione: 3 novembre 1975
Durata: 60’

Trascrizione da audio curata da Bruno Esposito

Seconda parte, presentazione dei partecipanti e dibattito





Biagi:
Liceo Galvani 1938. Questi ragazzi con la paglietta, dall’aria lievemente inglese, sono invece di Bologna. Le loro famiglie appartengono in genere alla buona borghesia. I giovanotti portano nella foto ricordo il cappello come segno di distinzione - forse si sentono già un po’ diversi dagli altri, molti di loro, infatti, faranno carriera.

Al nostro appello rispondono:
  1. Bertani Odoardo
  2. Bignardi Agostino
  3. Manzoni Carlo
  4. Pasolini Pier Paolo
  5. Pitani Nino
  6. Telmon Sergio.
  7. ...c’è anche un professore: Carlo Galavotti.

Pasolini, INCONTRO COL LIVING - Tempo, numero 16 del 19 aprile 1969

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Pier Paolo Pasolini
INCONTRO COL LIVING

Tempo, numero 16 del 19 aprile 1969 

Sono corso, alle otto di sera, attraverso quella città sublime che è Nuova York, per raggiungere «The academy of music» a Brooklyn, un grosso e vecchio teatro dove c’era una rappresentazione del Living Theatre. Ecco il palcoscenico in fondo alla platea ancora semivuota, gli attori del Living: Ben Israel, Rufus, e, con la faccia bianca, il piccolo cranio calvo scintillante, e i capelli tirati, lunghi dietro le orecchie, Julian Beck. Meditano, provocatori, nel loro rito estetico che vuol farsi pragmatico, iniziazione a una coscienza fondata su una idea «riflessa» della religione: protesta e non-violenza, Freud e i santi indiani. Sono commoventi, cari, mi vien voglia di salire sul palcoscenico e abbracciarli. La platea a poco a poco si riempie: è piena. È la misteriosa gente di Nuova York, che non ha equivalenti in Italia:
intellettuali disperati, coi segni di una degenerazione fisica cercata, di una protesta ostentata e codificata, generosi, ingenui, apparentemente senza ambizioni, e nel tempo stesso falliti e disperati, estranei gli uni agli altri, fino alla crudeltà di chi è inattingibile e inavvicinabile, e nel tempo stesso perduti nel bisogno degli altri, verso cui sono disponibili in modo quasi imbarazzante, indifesi portatori di valori di estraneità e insieme di omertà; il loro modo di vestirsi non ha limiti, ormai «tutto» rientra nella norma (anche se in questi giorni c’è un certo prevalere della moda «india», con bende rosse che cingono la testa, ecc.).

Comunque sia, i «destinatari» del Living sono un numero enorme, benché più off di così, quanto a decentramento, non si possa essere. La crescita smisurata dei destinatari ha fatto diminuire il potere di provocazione del Living, e quindi la sua oggettiva necessità e purezza. Inoltre, lo spettacolo obbligatorio a Nuova York è oggi Hair (passata a Broadway, dopo una lunga permanenza off’, tra gli hippies, ecc., e dunque integrata e assimilata). È una rivista musicale molto graziosa e priva di volgarità, con tutti attori giovanissimi e, come si dice in gergo, «straordinari», ecc. Veramente struggenti, dal ragazzo negro col giubbotto corto di pelo, al ragazzino biondo coi capelli sempre sugli occhi, ecc. Hair è una specie di carosello nuovaiorchese, piuttosto folcloristico, che passa in rassegna tutto ciò che di ribelle accade nella città: tutto con molta grazia, e, alla fine, la morte del soldatino nel Vietnam è commovente.

Ma tutto è dunque andato a finire così? Nuova York resta una città sublime, è certo, il vero ombelico del mondo, dove il mondo mostra ciò che in realtà è. Tuttavia rispetto a tre anni fa, tutto sembra sospeso e come morto. Dov’è scomparso Ginsberg? E Bob Dylan? È solo questione di una moda passata? E dove sono scomparsi i cortei di pacifisti e i ragazzi che cantano sulla chitarra, come se questo accadesse per la prima volta nel mondo, canzoni contro la guerra? Dov’è la tragedia spettacolare, vissuta pubblicamente e perciò trascinante, vitale, esaltante? Tutto è cessato: ne è rimasto il folclore come la stupenda squama di un serpente sgusciato via, sottoterra, underground, a lasciare capelloni spenti, piccoli gangster, folle di disperati a popolare l’America di Nixon.

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Curatore, Bruno Esposito

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sabato 2 aprile 2022

Pier Paolo Pasolini, una discussione del ’64 - Cinema e letteratura nell'opera di Pier Paolo Pasolini

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Eretico e Corsaro





Una discussione del ’64 

Cinema e letteratura nell'opera di Pier Paolo Pasolini

   Trascrizione del dibattito Cinema e letteratura nell'opera di Pier Paolo Pasolini, organizzato dal Circolo del Cinema ad Alessandria (21 novembre 1964), in Atti del Convegno Pasolini nel dibattito culturale contemporaneo (Alessandria, 19-20 febbraio 1977), Amministrazione provinciale di Pavia - Comune di Alessandria, 1977.
Oggi in Saggi sulla politica e sulla società, Meridiani Mondadori, a cura di Walter Siti

(Una nota redazionale informa che le domande poste dai partecipanti sono state sintetizzate; le risposte di Pasolini, riportate integralmente, senza raddrizzarne l'aspetto parlato.)