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lunedì 18 aprile 2022

Pasolini - Un eros esistenziale e poetico che diviene progetto rivoluzionario - Di Maria Vittoria Chiarelli

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Un eros esistenziale e poetico che diviene progetto rivoluzionario

Di Maria Vittoria Chiarelli

Pasolini compie il suo primo viaggio in India nel 1961 in compagnia di Alberto Moravia ed Elsa Morante. Un Paese immenso che pullula di gente che dondola dolcemente il capo e che sembra dire sempre di sì, annuendo con mitezza. Eppure quel Paese, dopo la liberazione dal dominio coloniale inglese si chiede come affrontare nuove sfide, nel delicato passaggio da un'economia rurale ad una nuova svolta industriale che avrebbe determinato una scissione profonda tra una cultura millenaria e il nuovo corso che rischiava di occidentalizzarsi e di relegare ai margini la tradizione religiosa, pur connotata da una profonda divisione castale, ormai alla resa dei conti con un processo faticoso di democratizzazione che, già negli anni Sessanta, ravvisava nell'avvenire industriale l'unica strada possibile per superare la miseria sottoproletaria e l'arretratezza atavica delle campagne. Pasolini difende le forme antiche di una civiltà la cui religione consiste tutta in una serie di gesti pragmatici innocenti rivelando tutta la mitezza dello spirito della gente che li compie , come il rito della combustione dei morti , al cui calore i vivi si riscaldano traendone forza e rassegnazione insieme, in un anelito alla vita che si invera in un eterno sorriso di sacrificio, in cui si acquieta il dolore, rivivendo il ciclo dell'armonia universale senza fine. Già allora, in quel primo viaggio nella terra dell' "altrove", nella quale l' "odore" è diventato parola, l'espressione dei volti e i gesti ritmi poetici di un incedere rassegnato, ma autentico, disvelatori di ancestrali misteri divini, costituiscono una dimensione sacra che doveva essere salvata ad ogni costo, prima che gli ingranaggi di un sistema globale di dominio neocapitalistico potessero dissipare la luce che da quei roghi si riverberava nelle acque del Gange.
Fu così che Pasolini ritornò in India nel 1967 per girare un film documentario dal 20 dicembre al 10 gennaio del 1968, negli esterni dello Stato di Maharashtra ( Bombay), Stato di Uttar Pradesh, Stato di Rajahstan, New Delhi. Il documentario è girato per "Tv 7" e, nelle intenzioni dell'Autore, avrebbe dovuto connotarsi soltanto come un suo sopralluogo, appunti cioè su un film da farsi in India. IL 18 agosto 1968 fu proiettato alla XXIX Mostra di Venezia, per la sezione "Documentari", ma il film non è mai uscito nei circuiti commerciali. L'idea gli era stata suggerita proprio da un racconto di Elsa Morante, compagna di viaggio del '61 : un 'idea che si concretizzava in espressione rivoluzionaria proposta alla gente di ogni ceto sociale, principalmente nella città di Bombay, effettuando le riprese cinematografiche per le strade, con la cinepresa in spalla, ascoltando opinioni , commenti e suggerimenti, verificando quanto un'idea poetica potesse ancora radicarsi nel cuore antico di quella gente, che degli antichi racconti era custode.
Racconta Pasolini:
" L'idea m'è venuta dopo un racconto che m'ha fatto Elsa Morante una sera a cena, a Roma. Elsa l'aveva letto su un libro di religione indiana. Più che una storia è una leggenda, che è questa: un Maraja, ricco, colto, padrone di immense terre, un giorno che visitava o forse cacciava per i suoi possedimenti ricoperti di neve, vede due tigrotti affamati. Allora il Maraja è preso da un grande senso di pietà e incurante della sua vita in spregio proprio della sua carne
offre il suo corpo ai due animali . La storia del mio film vorrei fosse appunto la storia di questo Maraja; la sua morte e poi la storia della sua famiglia. La prima parte l'ambienterei idealmente in un'epoca pre-democratica, feudale: potrebbe essere il millequattrocento ma anche il 1939. In seguito, dopo la morte del Maraja il paese combatte per la sua indipendenza, gli inglesi lasciano l'India. Nel ritmo che ho in mente per questa seconda parte del film, dopo la partenza degli inglesi, in tutto il paese scoppia la carestia, lo immagino io, ma credo la cosa abbastanza attendibile. È durante questo anno di fame e di stenti che ritroviamo la famiglia del Maraja che si sposta da uno Stato all'altro in cerca di pane. Ma la miseria è così grande che ad uno ad uno i componenti della famiglia muoiono.
Ai santoni Sadhu, al Raja, alla gente dei villaggi e delle città chiedo se la stiria di cui ho detto, quella del Maraja, può essere in un qualche tempo, veramente accaduta, cioè se lo spirito religioso di cui è permeato questo paese può produrre un uomo così".
Non vi è dubbio che Pasolini sia sempre stato attratto dall'idea rivoluzionaria ,che trova le sue radici nella visione poetica come in quella figurativa, inscindibili in lui, dell'offerta del corpo, del dono di sé , che tradurrà ne "Il poeta delle Ceneri", nell'immagine a suo modo titanica del "gettare il proprio corpo nella lotta", una frase che aveva sentito in America e che ripeterà anche durante gli incontri con i giovani negli anni '70.
L'immagine della tigre che divora un giovane avventuriero lo aveva colpito già molti anni addietro a Conegliano, al ritorno dal cinematografo dove era andato in compagnia dei suoi genitori, con in mano una réclame, la cui illustrazione ricorderà sempre con molta precisione e che racconta molto dell'origine di un temperamento attratto da simboli di audacia, che alimentavano il suo desiderio di essere coraggioso, di sfidare lo sfidabile, di tramutare una naturale timidezza nel bel gesto eroico e generoso.
Racconta Pasolini ne "I Quaderni rossi":
" Io, aspettando che fosse pronta la cena, sfoglia o certi foglietti che erano stati dati al cinematografo come réclame. Ricordo una sola illustrazione ma che ricordo con una precisione che mi turba ancora. Quanto la osservai! Che soggezione, che voluttà mi diede! La divoravo con gli occhi, e tutti i miei sensi erano eccitati per poterla gustare a fondo. Provavo allora lo stesso spasimo che ora mi stringe il cuore di fronte a un'immagine o un pensiero che non mi sento capace di esprimere. La figura rappresentava un uomo riverso tra le zampe di una tigre. Del suo corpo si vedevano solo il capo e il dorso; il resto scompariva ( lo immagino ora) sotto la pancia della belva. Ma io credetti invece che il resto del corpo fisse stato ingoiato, proprio come un topo tra le fauci di un gatto... Il giovane avventuriero, del resto, pareva ancora vivo, e conscio di essere semidivorato dalla tigre stupenda. Giaceva col capo supino, in una posizione quasi di donna - inerme, nudo. L'animale intanto lo inghiottiva ferocemente, < >di un selvaggio appetito. Davanti a questa figura io ero preso da un sentimento simile a quello che provavo nel vedere i giovanetti a Belluno, due anni prima. Ma era più torbido e continuo. Sentivo un brivido dentro di me, e come un abbandono. Volli a tutti i costi andare a vedere quel film, che doveva essere proiettato il dopocena. Ma i miei non intesero condurmi; piansi, mi disperai, ma inutilmente. Intanto cominciavo a desiderare di essere io l'esploratore divorato vivo dalla belva. Da allora spesse volte prima di addormentarmi, fantasticavo di essere in mezzo alla foresta e di venire aggredito dalla tigre. Mi lasciavo divorare da essa...E poi naturalmente, benché ciò fosse assurdo, escogitavo il modo per riuscire a liberarmi ed ucciderla".
Un'idea simile gli venne prima della pubertà...quando nelle sue fantasie "apparve espressamente il desiderio di imitare Gesù nel suo sacrificio per gli altri uomini, di essere condannato ed ucciso benché affatto innocente. Mi vidi appeso alla croce, inchiodato".
Idee che rafforzerà ne "L'Usignolo della Chiesa cattolica", come anche erano emerse nelle "Poesie a Casarsa" , nel dramma "Turcs tal Friul", fino alla maturazione di un pensiero rivoluzionario di matrice marxista-gramsciana che culminerà in "La Ricotta" e nel "Vangelo secondo Matteo".

( da "L'India di Pasolini", intervista a cura di Romano Costa, " Vie Nuove" ,n°4, 25 gennaio 1968 ).
( PPP, dai " Quaderni Rossi" in Appendice ad " Atti impuri", 1946-47 , in Romanzi e racconti, 1946-1961, vol1° , a cura di Walter Siti ).



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