"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Eretico e Corsaro
L'ideologia
.
Verrà qualcun altro a prendere la mia bandiera.
I giovani di oggi non si rendono conto di
quanto sia repellente un piccolo-borghese.
Collaborazione al “Caos”
di Angela Molteni e Massimiliano Valente
Verrà qualcun altro a prendere la mia bandiera
Anche il film successivo al Vangelo solleva polemiche. Quando Uccellacci e uccellini esce nelle sale di proiezione, Pasolini scrive una lettera aperta ai critici nella quale, tra l'altro dichiara:
- "Mai mi sono così esposto come in 
questo film. Mai ho assunto a tema di un film un tema esplicitamente così 
difficile. La crisi del marxismo, della Resistenza e degli anni Cinquanta […] 
patita e vista da un marxista, dall'interno; niente affatto però disposto a 
credere che il marxismo sia finito (dice il buon corvo: 'Non piango sulla fine 
delle mie idee, che certamente verrà qualcun altro a prendere la mia bandiera e 
a portarla avanti! Piango su di me…'). Non è finito naturalmente nella misura 
che sappia accettare molte nuove realtà (adombrate nel film: lo scandalo del 
Terzo Mondo, i Cinesi e, soprattutto, l'immensità della storia umana e la fine 
del mondo, con l'implicità religiosa, che sono l'altro tema del 
film).
- "Se sono marxista, questo marxismo 
è stato sempre estremamente critico nei confronti dei comunisti ufficiali, e 
specie nei confronti del Pci; ho sempre fatto parte di una minoranza situata al 
di fuori del partito, sin dalla mia prima opera poetica, Le ceneri di 
Gramsci. Non ci sono mai stati grandi mutamenti nella mia polemica con loro. 
Eppure, fino a quel momento ero sempre stato un compagno di strada relativamente 
ortodosso". 
- "Come sempre ambiguo. Io conduco 
una guerra su due fronti, contro la piccola borghesia e contro quel suo specchio 
che è certo conformismo di sinistra. E così scontento tutti, mi inimico tutti, 
sono costretto a tenere relazioni complicatissime, fatte di spiegazioni 
continue". 
In pieno Sessantotto, quando scoppia la contestazione studentesca, che tenta di saldarsi - nelle punte che più avversavano gli aspetti socio-politici di una società italiana che stava degenerando in modelli sempre più piccolo-borghesi - anche con le lotte operaie che in quegli anni strapperanno al padronato molte delle conquiste ancora attuali ai giorni nostri, Pasolini scrive l'ormai famoso Il Pci ai giovani! (Appunti in versi per una poesia in prosa seguiti da un Apologo) che scatenò discussioni e polemiche durissime.
In effetti, vi erano, all'interno del movimento degli studenti, ispirazioni ideologiche disparate che andavano dal marxismo allo stalinismo, dall'acritica assunzione dei principi della rivoluzione cinese alle idee portanti della terza Internazionale. Ciò produceva un frazionismo esasperato: sia all'interno dei vari gruppi extraparlamentari, che si costituirono in quegli anni, sia tra i diversi gruppi, il grado di conflittualità, a volte anche solo verbale, era sempre elevato. E vi erano certamente anche alcuni di coloro ai quali Pasolini si rivolge
- Siete paurosi, incerti, 
disperati  
(benissimo!) ma sapete anche come essere
prepotenti, ricattatori e sicuri:
prerogative piccolo-borghesi, amici.
[…]
"Inoltre i giovani di oggi (che si sbrighino poi ad abbandonare l'orrenda denominazione classista di studenti, e a diventare dei giovani intellettuali) non si rendono conto di quanto sia repellente un piccolo-borghese […]"
( dall'apologo )
Il Sessantotto è senza dubbio un avvenimento storico complesso e, come tale, "incappa in due griglie interpretative divergenti, se non opposte. Ci sono i sostenitori della palingenesi e gli assertori del tutto negativo, tutto sbagliato", scrive Mario Capanna (Formidabili quegli anni) che di quelle lotte fu tra i protagonisti. E continua dicendo che una delle chiavi per giubilare il Sessantotto è stata la sua idealizzazione.
- "Come se l'antagonismo non fosse 
vero e concreto. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto la questione del potere era 
posta da milioni di persone qui e ora: come potere di pensare, di dire, di 
decidere, di cambiare, di costruire. Nel concreto del rapporto tra studente e 
docente, fra operaio e padrone, tra individuo e moltitudine e Stato. Ed era un 
concreto così concreto che De Gaulle pensò, per contrastarlo, a un colpo di 
Stato e in Italia si è fatto ricorso alla politica della strage di Stato. […] 
Con l'aberrazione del terrorismo, poi, la giubilazione ha ritenuto di poter 
celebrare esequie definitive. Sul presupposto della falsa equazione: Sessantotto 
uguale terrorismo. […] Il corto circuito di pochi, nascosti dietro l'angolo 
dell'agguato, opposto al flusso di grandi movimenti operanti alla luce del 
giorno. […] Proprio la vicenda della sinistra italiana costituisce la riprova 
che il Sessantotto ha fornito, tra l'altro, un insegnamento di valore 
strategico. Il centro della società si sposta, culturalmente e politicamente, a 
sinistra quando è in presenza di una progettualità alternativa forte di alto 
profilo e persuasiva, che poggi sulle gambe di grandi movimenti di massa 
trasformatori. E questa è anche l'unica strada per strappare riforme. Non a caso 
lo Statuto dei diritti dei lavoratori è del 1970. Al contrario quando la 
sinistra cade preda di quel mal sottile che è l'ammucchiata al centro, allora 
questo resta bloccato e prevalgono le forze moderate e 
conservatrici".
Nell'ottobre del 1968, infine, Pasolini scrisse nella rubrica "Il Caos":
- "Non è stato, questo, un anno 
glorioso per la nostra vita nazionale, e neanche internazionale. Per un viaggio 
sulla luna, quanti regressi sulla terra. È stato un anno di restaurazione. Ciò 
che è più doloroso constatare è stata la fine del Movimento Studentesco, se di 
fine si può parlare (ma spero di no). In realtà la novità che gli studenti hanno 
portato nel mondo l'anno scorso (i nuovi aspetti del potere e la sostanziale e 
drammatica attualità della lotta di classe) ha continuato a operare dentro di 
noi, uomini maturi, non solo per quest'anno, ma, credo, ormai, per tutto il 
resto della nostra vita. Le ingiuste e fanatiche accuse di integrazione rivolte 
a noi dagli studenti, in fondo, erano giuste e oggettive. E – male, naturalmente 
con tutto il peso dei vecchi peccati – cercheremo di non dimenticarcelo 
più". 
sugli studenti.
"Il Caos"
Nel 1968, a Pasolini viene affidata una rubrica intitolata "Il Caos" sul settimanale "Tempo illustrato". Davide Lajolo, dirigente del Pci, gli scrive: "Un colloquio nessuno lo può tenere meglio di te proprio perché sono in molti da ogni parte che ce l'hanno con te".
La rubrica deve costituire "un fronte di piccole battaglie quotidiane" da impegnare contro i terrorismi di destra e di sinistra e contro la borghesia, intesa da Pasolini "come una vera e propria malattia".
Commenta Nico Naldini nel suo Pasolini, una vita:
"Mentre 'Il Caos' espone in pubblico ogni sorta di polemiche, e qualche volta è costretto a rispondere alle moltissime proteste dei lettori del settimanale, allo stesso tempo tende a rinchiudersi in se stesso nella forma di un diario privato in cui cessa l'obbligo della chiarezza didascalica, del 'messaggio', si accentuano le idiosincrasie, si approfondiscono le contraddizioni, e il giudizio, lungi dal volerle conciliare, punta su quel 'canone sospeso' e in quella forma di 'grido di disperazione' che contraddistinguono le sue opere creative".
Nel marzo 1970 il direttore di "Tempo" gli comunicò la propria decisione di chiudere la rubrica "Il Caos" per le "reazioni sfavorevoli" dei lettori del settimanale.

 
 
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