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martedì 20 maggio 2014

Pier Paolo Pasolini - L'ideologia - Verrà qualcun altro a prendere la mia bandiera. I giovani di oggi non si rendono conto di quanto sia repellente un piccolo-borghese.

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Pier Paolo Pasolini
L'ideologia

.
Verrà qualcun altro a prendere la mia bandiera.
I giovani di oggi non si rendono conto di
quanto sia repellente un piccolo-borghese.
Collaborazione al “Caos”

di Angela Molteni e Massimiliano Valente


Verrà qualcun altro a prendere la mia bandiera

Anche il film successivo al Vangelo solleva polemiche. Quando Uccellacci e uccellini esce nelle sale di proiezione, Pasolini scrive una lettera aperta ai critici nella quale, tra l'altro dichiara:
    "Mai mi sono così esposto come in questo film. Mai ho assunto a tema di un film un tema esplicitamente così difficile. La crisi del marxismo, della Resistenza e degli anni Cinquanta […] patita e vista da un marxista, dall'interno; niente affatto però disposto a credere che il marxismo sia finito (dice il buon corvo: 'Non piango sulla fine delle mie idee, che certamente verrà qualcun altro a prendere la mia bandiera e a portarla avanti! Piango su di me…'). Non è finito naturalmente nella misura che sappia accettare molte nuove realtà (adombrate nel film: lo scandalo del Terzo Mondo, i Cinesi e, soprattutto, l'immensità della storia umana e la fine del mondo, con l'implicità religiosa, che sono l'altro tema del film).
In una delle interviste rilasciate a Jean Duflot (Pier Paolo Pasolini. Il sogno del centauro), lo stesso Pasolini fa una brevissima sintesi dei suoi rapporti con il Pci fino al 1965:
    "Se sono marxista, questo marxismo è stato sempre estremamente critico nei confronti dei comunisti ufficiali, e specie nei confronti del Pci; ho sempre fatto parte di una minoranza situata al di fuori del partito, sin dalla mia prima opera poetica, Le ceneri di Gramsci. Non ci sono mai stati grandi mutamenti nella mia polemica con loro. Eppure, fino a quel momento ero sempre stato un compagno di strada relativamente ortodosso".
Nel corso di un'intervista nella quale Giorgio Bocca gli chiede: "Lei si proclama arrabbiato, uno dei rari arrabbiati italiani, perseguitato per amore della rabbia. Eppure va a finire regolarmente che la sua rabbia si risolve in voglia di vita, in opere utili agli altri, in ricerche rischiose fatte anche per gli altri. Che effetto ha avuto per esempio il suo ultimo film? Pasolini risponde:
    "Come sempre ambiguo. Io conduco una guerra su due fronti, contro la piccola borghesia e contro quel suo specchio che è certo conformismo di sinistra. E così scontento tutti, mi inimico tutti, sono costretto a tenere relazioni complicatissime, fatte di spiegazioni continue".
I giovani di oggi non si rendono conto di quanto sia repellente un piccolo-borghese

In pieno Sessantotto, quando scoppia la contestazione studentesca, che tenta di saldarsi - nelle punte che più avversavano gli aspetti socio-politici di una società italiana che stava degenerando in modelli sempre più piccolo-borghesi - anche con le lotte operaie che in quegli anni strapperanno al padronato molte delle conquiste ancora attuali ai giorni nostri, Pasolini scrive l'ormai famoso Il Pci ai giovani! (Appunti in versi per una poesia in prosa seguiti da un Apologo) che scatenò discussioni e polemiche durissime.
In effetti, vi erano, all'interno del movimento degli studenti, ispirazioni ideologiche disparate che andavano dal marxismo allo stalinismo, dall'acritica assunzione dei principi della rivoluzione cinese alle idee portanti della terza Internazionale. Ciò produceva un frazionismo esasperato: sia all'interno dei vari gruppi extraparlamentari, che si costituirono in quegli anni, sia tra i diversi gruppi, il grado di conflittualità, a volte anche solo verbale, era sempre elevato. E vi erano certamente anche alcuni di coloro ai quali Pasolini si rivolge
    Siete paurosi, incerti, disperati
    (benissimo!) ma sapete anche come essere
    prepotenti, ricattatori e sicuri:
    prerogative piccolo-borghesi, amici.
    […]
    "Inoltre i giovani di oggi (che si sbrighino poi ad abbandonare l'orrenda denominazione classista di studenti, e a diventare dei giovani intellettuali) non si rendono conto di quanto sia repellente un piccolo-borghese […]"

    ( dall'apologo )
ma nei confronti dei quali, probabilmente, dovevano essere evitate sempre pericolose generalizzazioni.
Il Sessantotto è senza dubbio un avvenimento storico complesso e, come tale, "incappa in due griglie interpretative divergenti, se non opposte. Ci sono i sostenitori della palingenesi e gli assertori del tutto negativo, tutto sbagliato", scrive Mario Capanna (Formidabili quegli anni) che di quelle lotte fu tra i protagonisti. E continua dicendo che una delle chiavi per giubilare il Sessantotto è stata la sua idealizzazione.
    "Come se l'antagonismo non fosse vero e concreto. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto la questione del potere era posta da milioni di persone qui e ora: come potere di pensare, di dire, di decidere, di cambiare, di costruire. Nel concreto del rapporto tra studente e docente, fra operaio e padrone, tra individuo e moltitudine e Stato. Ed era un concreto così concreto che De Gaulle pensò, per contrastarlo, a un colpo di Stato e in Italia si è fatto ricorso alla politica della strage di Stato. […] Con l'aberrazione del terrorismo, poi, la giubilazione ha ritenuto di poter celebrare esequie definitive. Sul presupposto della falsa equazione: Sessantotto uguale terrorismo. […] Il corto circuito di pochi, nascosti dietro l'angolo dell'agguato, opposto al flusso di grandi movimenti operanti alla luce del giorno. […] Proprio la vicenda della sinistra italiana costituisce la riprova che il Sessantotto ha fornito, tra l'altro, un insegnamento di valore strategico. Il centro della società si sposta, culturalmente e politicamente, a sinistra quando è in presenza di una progettualità alternativa forte di alto profilo e persuasiva, che poggi sulle gambe di grandi movimenti di massa trasformatori. E questa è anche l'unica strada per strappare riforme. Non a caso lo Statuto dei diritti dei lavoratori è del 1970. Al contrario quando la sinistra cade preda di quel mal sottile che è l'ammucchiata al centro, allora questo resta bloccato e prevalgono le forze moderate e conservatrici".
Fin qui Capanna. Ciò che invece scrisse allora Pasolini sollevò, come si è già ricordato, una marea di critiche e di polemiche [si veda, anche recentemente, gli interventi di Giuliano Ferrara ed Enzo Siciliano]. Per la destra, fautrice di "ordine" fu facile la strumentalizzazione e l'utilizzo dei concetti espressi da Pasolini contro le lotte studentesche. Su questo spinoso argomento, rimandiamo comunque anche alle argomentazioni di Franco Fortini, che furono altrettanto "forti" e convinte.
Nell'ottobre del 1968, infine, Pasolini scrisse nella rubrica "Il Caos":
    "Non è stato, questo, un anno glorioso per la nostra vita nazionale, e neanche internazionale. Per un viaggio sulla luna, quanti regressi sulla terra. È stato un anno di restaurazione. Ciò che è più doloroso constatare è stata la fine del Movimento Studentesco, se di fine si può parlare (ma spero di no). In realtà la novità che gli studenti hanno portato nel mondo l'anno scorso (i nuovi aspetti del potere e la sostanziale e drammatica attualità della lotta di classe) ha continuato a operare dentro di noi, uomini maturi, non solo per quest'anno, ma, credo, ormai, per tutto il resto della nostra vita. Le ingiuste e fanatiche accuse di integrazione rivolte a noi dagli studenti, in fondo, erano giuste e oggettive. E – male, naturalmente con tutto il peso dei vecchi peccati – cercheremo di non dimenticarcelo più".
Della femminista, infine, rappresentante di un altro combattivo fenomeno originatosi con le lotte del '68, Pasolini disse, rispondendo a Natalia Aspesi che gli chiedeva cosa fosse per lui: "Un'estremista con tutti i difetti degli estremisti, con cui devo entrare in polemica critica".



La polemica con Franco Fortini
sugli studenti.


"Il Caos"

Nel 1968, a Pasolini viene affidata una rubrica intitolata "Il Caos" sul settimanale "Tempo illustrato". Davide Lajolo, dirigente del Pci, gli scrive: "Un colloquio nessuno lo può tenere meglio di te proprio perché sono in molti da ogni parte che ce l'hanno con te".
La rubrica deve costituire "un fronte di piccole battaglie quotidiane" da impegnare contro i terrorismi di destra e di sinistra e contro la borghesia, intesa da Pasolini "come una vera e propria malattia".
Commenta Nico Naldini nel suo Pasolini, una vita:
"Mentre 'Il Caos' espone in pubblico ogni sorta di polemiche, e qualche volta è costretto a rispondere alle moltissime proteste dei lettori del settimanale, allo stesso tempo tende a rinchiudersi in se stesso nella forma di un diario privato in cui cessa l'obbligo della chiarezza didascalica, del 'messaggio', si accentuano le idiosincrasie, si approfondiscono le contraddizioni, e il giudizio, lungi dal volerle conciliare, punta su quel 'canone sospeso' e in quella forma di 'grido di disperazione' che contraddistinguono le sue opere creative".
Nel marzo 1970 il direttore di "Tempo" gli comunicò la propria decisione di chiudere la rubrica "Il Caos" per le "reazioni sfavorevoli" dei lettori del settimanale.

Tratto da Pagine Corsare di Angela Molteni


 

Curatore, Bruno Esposito

Collaborano alla creazione di queste pagine corsare:

Carlo Picca
Mario Pozzi
Alessandro Barbato
Maria Vittoria Chiarelli
Giovanna Caterina Salice
Simona Zecchi

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