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martedì 22 dicembre 2020

Il diario di lavorazione del film Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini - Carlo Di Carlo

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


“Mamma Roma” scolpito dal 44enne scultore romano, Gianluca Bagliani.
 
 
Il diario di lavorazione del film Mamma Roma
firmato dall’aiuto regista Carlo Di Carlo
[da "L'Europa letteraria", III, n. 17, ottobre 1962, Roma]



 Lunedì, 9 aprile

 "L'Europa letteraria", III, n. 17, ottobre 1962
 Il ciak a Casal Bertone. C’è la troupe al completo: Pasolini, Ettore, la Magnani, Franco Citti e suo fratello Sergio, l’insostituibile aiutante e collaboratore di Pier Paolo, Tonino Delli Colli e suo cugino Franco operatore alla macchina l’assistente Gioacchino Sofia, Lina D’amico, la segretaria di edizione, Boschi, Franchi, Bruno Frascà, Casati della produzione, Mariano il capo, con Gianduia, Alberto, Alfredino, Profili, Conti, Silvio Citti e gli altri. É la stessa troupe di Accattone. Il sole oggi fa nascondino e si girano quindi solo pochi esterni: l’arrivo a casa di Mamma Roma con Ettore. Franco Citti che nel film sarà Carmine, il pappone di Mamma Roma, non si è fatto crescere i baffi come doveva. Li porterà finti e assomiglierà a Don Fefè Cefalù, il personaggio di divorzio all’italiana, interpretato da Mastroianni. C’è una schiera foltissima di fotografi che salutano il ritorno di Nannarella sul set e il ciak di Mamma Roma. – Sarà meglio di Accattone? – Non sanno dire altro. A pranzo Pier Paolo mi parla del prossimo film che girerà prima di quello africano, prima de Il padre selvaggio. Sarà uno sketch per un film a episodi sul vitalismo degli italiani. In breve la storia è questa: si sta girando un film storico, la scena della passione di Cristo. Sul Calvario le tre croci, la Maddalena, due angeli… il protagonista è il ladrone buono. Tutto è pronto; il regista si agita, strilla, urla. Si dispongono gli attori sulle croci, da ultimo il ladrone buono. Ma nell’attimo in cui viene inchiodato, è colpito da un infarto. Gli parlo di Buñuel. Penso anche all’inzio di Mamma Roma. Mi ricorda l’ultima cena di Viridiana. Pasolini mi dice che non conosce nulla di Buñuel e che vorrebbe finalmente vedere il film.


 Lunedì, 9 aprile

 Il ciak a Casal Bertone. C’è la troupe al completo: Pasolini, Ettore, la Magnani, Franco Citti e suo fratello Sergio, l’insostituibile aiutante e collaboratore di Pier Paolo, Tonino Delli Colli e suo cugino Franco operatore alla macchina l’assistente Gioacchino Sofia, Lina D’amico, la segretaria di edizione, Boschi, Franchi, Bruno Frascà, Casati della produzione, Mariano il capo, con Gianduia, Alberto, Alfredino, Profili, Conti, Silvio Citti e gli altri. É la stessa troupe di Accattone. Il sole oggi fa nascondino e si girano quindi solo pochi esterni: l’arrivo a casa di Mamma Roma con Ettore. Franco Citti che nel film sarà Carmine, il pappone di Mamma Roma, non si è fatto crescere i baffi come doveva. Li porterà finti e assomiglierà a Don Fefè Cefalù, il personaggio di divorzio all’italiana, interpretato da Mastroianni. C’è una schiera foltissima di fotografi che salutano il ritorno di Nannarella sul set e il ciak di Mamma Roma. – Sarà meglio di Accattone? – Non sanno dire altro. A pranzo Pier Paolo mi parla del prossimo film che girerà prima di quello africano, prima de Il padre selvaggio. Sarà uno sketch per un film a episodi sul vitalismo degli italiani. In breve la storia è questa: si sta girando un film storico, la scena della passione di Cristo. Sul Calvario le tre croci, la Maddalena, due angeli… il protagonista è il ladrone buono. Tutto è pronto; il regista si agita, strilla, urla. Si dispongono gli attori sulle croci, da ultimo il ladrone buono. Ma nell’attimo in cui viene inchiodato, è colpito da un infarto. Gli parlo di Buñuel. Penso anche all’inzio di Mamma Roma. Mi ricorda l’ultima cena di Viridiana. Pasolini mi dice che non conosce nulla di Buñuel e che vorrebbe finalmente vedere il film.

 Martedì 10 aprile

 Oggi si girano gli interni nella stanza della casa di Casal Bertone. E naturalmente fuori c’è il sole che serve per svelare Pasolini calciatore. La Magnani incontra Citti: “Buongiorno, signor Citti, sempre stanco della vita, no?”. Franco non si scompone. Si gira dodici volte una scena con la Magnani, ma non diventerà una abitudine. Arriveremo a girare cinquantasei inquadrature in una giornata. Pasolini vuole “seguire” Anna nella battute e desidera indicarle le sfumature, i toni che lei ha già trovato ovunque nelle didascalie della sceneggiatura rigorosissima. Quasi non bastasse questa, Pasolini disegna nervosamente ogni inquadratura su dei fogli volanti con accanto il dettaglio tecnico e l’eventuale battuta. Serve anche per Delli Colli, che capisce a volo ciò che Pier Paolo vuole. Tra l’altro, è un abile giocatore di luci. Si prepara la scena del tango, sotto gli occhi di Bini, in visita alla troupe. Il lavoro prosegue fino al tardo pomeriggio. Sarà il ritmo di tutti i giorni. Dopo si andrà a vedere il “girato” del giorno prima. Bini non vuole nessun estraneo – oltre la Magnani, Delli Colli, Salina (l’assistente) e me – tranne Ettore che si abitua da oggi a “vedersi”. Forse non si è proprio reso conto di che cosa sia il cinema. Non nasconde esteriormente una certa ribellione all’immagine, ma in fondo è intimamente soddisfatto e contento.

 Venerdì 13 aprile

 Continuano gli interni a Casal Bertone. La Magnani è di un altro umore, ora che si è “rodata” e si è intesa con Tonino. Ha indovinato le luci per il suo naso, che lei chiama “la sciabola”. Seguita però a discutere con Pier Paolo perché insiste a farle recitare le battute staccate e mai unite. Mai una scena intera. Dice che “recita” e non è naturale come la vuole lui, girando in questo modo inconsueto. L’odio, la rabbia, l’umore, insomma, improvviso e secco com’è richiesto dal copione – non può essere “estratto” battuta per battuta. Ma Pasolini insiste. Le discussioni seguiteranno anche nei giorni a venire e Anna alla fine prenderà l’abitudine e ne sarà contenta. Oggi si girano anche le prime scene con Carmine (Franco Citti). È un attore nato, un temperamento eccezionale. Non occorre dirgli la battuta più di una volta, non occorre che Pasolini gli dica niente oltre alcuni suggerimenti e la posizione fisica. Lo chiamano Fefè; sta al gioco e recita alcune battute in siciliano. Ettore parla con gli amici dell’intervista che hanno strappato a Franco nell’ultima trasmissione di “Cinema d’oggi”. L’artificio televisivo è stato esemplare e sono riusciti a presentarlo come volevano. Franco invece è tutto il contrario: basta rimanere poco tempo con lui e ci si rende conto. È difficile capirlo perché non dà confidenza, è scontroso, ha un habitus esteriore che è esattamente il contrario di se stesso. (Solo Pasolini l’ha capito). Fa il cinema perché Accattone gli ha aperto questa strada, ma fa l’attore così come un altro mestiere. Tutto ciò che guadagna lo spende e non gli interessa; perché – dice – se questa esperienza dovesse finire, ricomincerei tutto da capo.

 Sabato 14 aprile

“Mamma Roma” scolpito dal 44enne scultore romano, Gianluca Bagliani.

 Finiti gli ultimi esterni a Casal Bertone, finalmente ci spostiamo. Sembravamo dei confinati. Gli interni per ora sono finiti e si va, nonostante l’inclemenza del tempo – un cielo grigio e buio che promette pioggia, un sottile e continuo vento di tramontana che agita mulinelli di polvere – a Torre Spaccata, al villaggio Ina-Casa, dietro Cinecittà. Ogni giorno scopriamo una Roma inedita, che Pasolini in questi anni è andato a cercare con la pazienza, l’attenzione e l’osservazione di un esploratore. Si gira la scena della “fontanella” dove Ettore, preso a botte dai compagni, arriva grondante di sangue e incontra un vecchio “frocio” che lo spaventa, e scappa. Sarà una scena che ci perseguiterà giorni e giorni. Infatti il tempo non ci darà pace quasi fino agli ultimi giorni di riprese. Alla fine poi questa scena sarà tolta, al montaggio. C’è un prato lunghissimo che pare una collina e un deserto contemporaneamente. Un muretto, vicino, a strisce nere e bianche. In fondo una torraccia e, ai lati, enormi caseggiati popolari – una distesa – che paiono un muro. In proiezione vediamo tutto il girato. Ci sono delle scene stupende, quella del tango soprattutto. La Magnani è molto contenta e Pier Paolo questa volta non sa nascondere la sua soddisfazione e il suo compiacimento.


 Lunedì 16 aprile

 Pier Paolo mi dice che il commento musicale di Mamma Roma sarà costituito da brani del Cimento dell’armonia e dell’invenzione e del Concerto di San Lorenzo di Antonio Vivaldi. Si parla di musica. Chiedo se gli piace la musica elettronica, “Non mi piace Antonioni, non mi piace l’arte astratta e nemmeno la musica elettronica”. Nei prossimi giorni ci saranno accese discussioni.

 Giovedì 19 aprile

 Dopo alcuni esterni – siamo stati a Guidonia, nei giorni scorsi – eccoci di nuovo in interno. Siamo alla cava Aurelia, dietro San Pietro, per girare le scene del ricatto. C’è Luisa Orioli che nel film sarà Biancofiore, la compagna di vita di Mamma Roma. Lui, il ricattato è un certo signor Pellissier (La Paglia è il vero nome) proprietario di un ristorante, il quale darà a Ettore un posto di cameriere nel suo locale. È altissimo con una faccia allungata e grassoccia, la fronte molto alta e i capelli tutti dietro. Lo si trova sempre in un bar e non si sa bene cosa faccia nella vita. Non è stato scelto casualmente da Pier Paolo – come d’altronde non lo è stato nessun altro dei suoi personaggi – ma questo in modo particolare. Assomiglia a Qualcuno…

Venerdì 20 aprile

 Come Accattone ebbe la Morante, così Mamma Roma avrà Paolo Volponi. Sarà il prete, a cui Mamma Roma andrà a chiedere di sistemare suo figlio. Rifiuta il posto di manovale che il prete le offre e Mamma Roma cercherà qualcosa di più degno. Siamo ancora nella casa di Biancofiore: una stanzetta di poco più di quattro metri quadrati. Incredibile davvero che in questa superficie trovino posto la troupe, Biancofiore, Pellisier, la Magnani, Zaccaria, Pasolini e noi, oltre a quel cimitero di luci e di croci-sostegno appesi alle pareti e al soffitto. Vengono Moravia e Levi a trovare Pasolini. Ma Moravia è impaziente, non riesce a fermarsi più di pochi minuti, mentre invece Levi scopre luoghi bellissimi da dipingere, è divertito della definizione di Pier Paolo: Geova onirico e preconfessionale.

 Sabato 28 aprile

 Franco Citti è stato arrestato. Pasolini sapeva solo del fatto, ma non dell’arresto. È accaduto ieri sera a Piazzale Flaminio che a beneficio degli automobilisti è stato mosso e rimosso, coperto di bianco e di nero, di strisce e di zebre e pare diventato un parco per le automobiline dei ragazzini. Franco e un amico, ubriachi, in macchina, avrebbero “assalito”, con ingiurie, due dipendenti comunali che stavano rinfrescando di bianco alcune strisce, nel nuovo caos del piazzale, insultato pubblici ufficiali e fatto gesti osceni. Domani si scatenerà un’altra delle solite vergognose campagne della nostra stampa perbene. Non sembrerà vero a questi giornalisti di avere in mano il nuovo caso di quello che viene definito “il suo pupillo”, per sputare sulla figura e sull’opera di Pasolini. Quanti meriteranno, domani, un epigramma?

 Giovedì 3 maggio

 A Cecafumo. Laggiù l’acquedotto con una fila interminabile di baracche, le baracche degli umili – penso ai Rudy di via Veneto che ubriachi e molestatori, ma di altra condizione sociale… vengono accompagnati alla loro casa dopo gli schiamazzi notturni, dagli agenti che chiedono scusa ai loro genitori – un prato lunghissimo, verde con l’erba alta e qualche rudere sparso qua e là, circondato da una cintura di case enormi, bianche, a ventaglio: un paesaggio stranissimo, il più strano che ho visto qui a Roma. Il sole è infuocato e bruciante. Mi viene in mente una poesia di Pasolini: Al sole. “No, non a noi: tu manchi / a loro, che pure vivono a livelli / d’esistenza di sole, in pienezza, / e tra le baracche e sterri, / prati zeppi di canne e d’immondezza, / sentono in questa disorientata brezza, / con altro cuore, il tuo non esserci… Io sono qui, nel loro / mondo (ma sempre al mio impoetico / livello d’uomo colto, come sopra / un muro che si sgretola): / col vero cuore sento che tu manchi, sole”. Con Pier Paolo in macchina parliamo di Franco. Si confesserà, con la bocca amara e i ricordi vivi, al registratore, con me, isolato dagli altri.

 Venerdì 4 maggio

 Il ritmo del film sembrava essersi rallentato. La notizia di Franco ci ha tutti un po’ sconvolti. Si parla con Sergio, suo fratello, si domandano notizie ad altri amici. Il 15 ci sarà il processo. Pier Paolo è sempre più preoccupato. Franco, come ogni altro personaggio, è insostituibile. Non sono molte le scene da girare con lui, ma devono essere girate ancora quasi tutte. Ora siamo alle prese col mercato. Il mercato lunghissimo di Cecafumo.

 Venerdì 11 maggio

“Mamma Roma” scolpito dal 44enne scultore romano, Gianluca Bagliani.

 Da mercoledì fermi nei pressi di un ospedale, dietro a piazza dei Navigatori a girare tutte le scene di Ettore con i compagni, l’ingresso, la corsia, il furto della radiolina all’ammalato Roscio. Durante le pause parlo con Maggiorani. Farà la parte di un malato, a cui Ettore ruberà la radiolina. Sul suo volto si legge tristezza e malinconica rassegnazione. I suoi ricordi migliori sono ancora fermi a Ladri di biciclette, per la cui interpretazione prese seicentocinquantamila lire. Mi dice che la sua debolezza è di non essere capace di chiedere. Non fu capace di chiedere allora, non è stato capace dopo. [...]
Spera che l’incontro con Pasolini segni il nuovo incontro col cinema che gli sta tanto a cuore. Di Pier Paolo mi ha detto: “Non mi è nuovo, ma lo credevo più vecchio”. [...]


Martedì 15 maggio

 Siamo di nuovo in interni, agli stabilimenti De Paolis, dove è stata ricostituita, fredda e d’un biancore spettrale, la cella di segregazione che vede Ettore legato ad un tavolaccio di pietra, disteso come un crocefisso. Sono gli ultimi momenti di vita di Ettore, che, delirante invoca la madre. Pasolini stamattina usa per la prima volta il dolly sul corpo di Ettore, in inquadrature simmetriche di evidente ispirazione figurativa. Masaccio e Vivaldi si accomuneranno in una delle sequenze del film, forse la più bella.

 Mercoledì 16 maggio

 Franco Citti è stato condannato per i fatti del Flaminio a un anno e tre mesi di reclusione. A Ciampini, che uccise un uomo, daranno tre anni e alcuni mesi. La stampa si è scatenata. Ma la perla, in questo processo che riempie colonne e colonne di piombo, è la requisitoria del P.M., dottor Pedote. Un atto d’accusa, un processo alla letteratura e al cinema… [...]

Venerdì 18 maggio

 Siamo all’anulare olimpico, in fondo alla Flaminia vicino al Palazzetto dello sport. Sono le 20. Di sera, questo posto sembra un cimitero; c’è solo più luce. Alberi al neon fittissimi e tante strisce bianche per terra. Ne avremo per alcuni giorni; si devono girare gli esterni-notte più spettacolari del film ed anche i più tipici. Una carrellata continua, ininterrotta, un camera-car di oltre un chilometro e mezzo che segue Mamma Roma in una camminata piena di folgorazioni inventive, mentre “batte e balla il cha-cha-cha della vita”. Lo scenario è allucinante: sullo schermo si vedrà un nero assoluto, stagliato da figure che paiono ombre, da tanti punti di luce e da una croce, quella del Calvario. Freddo. Umido. Si rimane fino alle quattro di mattina. Prove su prove, chilometri di strada. Per alcune sere è stata abbandonata l’Arriflex per la Mitchell…[...]

Sabato 26 maggio

 Due ragazzi che scompaiono e riappaiono, mentre lavoriamo hanno visto ieri sera Una vita violenta, in un cinema di periferia. Pensando a Citti, hanno detto a Pasolini: «Si era quasi salvato e invece ha voluto fare lo stronzo un’altra volta».

Lunedì 28 maggio

 Un grande salone – enorme, bianchissimo, vuoto – in uno dei tanti palazzoni dell’Eur è stato scelto come interno della Chiesa. Qui gli incontri di Mamma Roma col prete e altre scene d’ambiente. C’è Volponi, dopo il clamoroso successo del Memoriale, che non ha difficoltà a vestire la tonaca e ad entrare immediatamente nel personaggio. Deve essere un prete apparentemente sincero e dall’aria dimessa, ma con un fondo sostanzialmente ipocrita, che reagisce freddamente al dolore di Mamma Roma.

 Lunedì 4 giugno

 Finalmente Franco è uscito. Le ansie e le preoccupazioni – siamo ormai agli ultimi giorni delle riprese e non in molti abbiamo creduto alla sua scarcerazione – sono finite. Pasolini è piuttosto freddo con lui, quando lo rivede. L’incontro rientra nella normalità. Anna lo accoglie calorosamente e scherza. “Se le do uno schiaffo Citti, lei me lo restituisce?”. “No, le porgo l’altra guancia: è così che mi hanno insegnato”.

Giovedì 7 giugno

 Non ho mai domandato alla Magnani, prima d’ora, cosa pensa di Mamma Roma e come avvenne l’incontro con Pasolini. È giunto il momento: siamo agli ultimi giorni ed è stato visto quasi tutto il “girato” che è stato quotidianamente montato con l’aiuto del bravissimo Baragli. “Molti hanno parlato del “ritorno” della Magnani” – mi ha detto Nannarella. “Non c’è nulla di eccezionale nel fatto che abbia accettato la parte di Mamma Roma, dopo due anni. Non ho mai interpretato più di un film in un simile intervallo di tempo, altrimenti sarei un’attrice ricca e invece non lo sono. Faccio solo i film che mi interessano, che giudico adatti a me, nonostante le continue, insistenti offerte che ho avuto e che seguito ad avere. “L’incontro con Pier Paolo: andai a Venezia per Castellani, la sera della prima de Il brigante. Fu lì che vidi Accattone e ne uscii sconvolta. Avevo conosciuto casualmente Pasolini, una volta, in casa di Elsa De Giorgi, e mi aveva detto che stava pensando a una storia – che sarebbe poi stata quella di Mamma Roma. Me ne parlò sommariamente e mi propose di interpretarla. Dopo la proiezione di Accattone, al Palazzo del cinema, ci fu l’incontro definitivo. Una sera, in macchina, dopo essere stati a cena, Pasolini mi raccontò come sarebbe stato in definitiva il vero volto di Mamma Roma. Nacque così il film. Il rapporto con Pier Paolo, nei primi tempi”, continua la Magnani, “è stato difficile, ma si è risolto subito in un rapporto di cordialità e di amicizia, come avviene di solito tra persone intelligenti che si capiscono. Sono contenta di lavorare con questi straordinari personaggi, soprattutto perché, quando posso, preferisco lavorare con i non attori”. La domanda che le pongo è imbarazzante, ma alla fine risponde: “Sono molto affezionata ai personaggi di Roma città aperta, di Amore, de La rosa tatuata, ma se non sbaglio credo che questo sia il personaggio più “grosso” che ho interpretato finora”.

Venerdi 8 giugno

 Una sala, appena rinfrescata di calce, all’interno di una fattoria abbandonata, nei pressi di Frascati, è il luogo scelto per girare il pranzo di nozze, la prima scena del film. La tavola è a ferro di cavallo, piena di invitati: da Mamma Roma a Zaccaria, da Biancofiore ai papponi. Al centro, Carmine, lo sposo, la sposa e il padre. Mamma Roma deve entrare con tre maialetti vestiti con le giarrettiere, con un giglio in testa e col nastrino rosa. C’è da faticare. Ma in fondo anche questo problema è risolto felicemente. Sarà l’exploit comico del film: una sarabanda di battute, di invenzioni, di stornelli “burini” su arrangiamenti musicali dei “pezzi” di Vivaldi, in una cornice da ultima cena. [...]

 Giovedì 14 giugno

 Da oggi, e per alcuni giorni, siamo confinati in un luogo terribile: è chiamato “canalone”. Sembra il letto di un fiume, abbastanza largo, con l’erba gialla, arido, infuocato dal sole bruciante di questa estate senza vegetazione. Dobbiamo girare “le scene del prato”, cioè gli incontri di Ettore con Bruna, con gli amici, la lotta. L’altro luogo, ancora per queste scene, sarà quel meraviglioso prato di Cecafumo attorno al quale abbiamo ruotato per tanti giorni, all’inizio. Ci si ripara sotto miseri ombrelloni da spiaggia, cercando ognuno di noi di rubare all’altro un centimetro d’ombra o comunque di riparo, tranne Pasolini che imperterrito seguita a stare ore e ore sotto il sole romano di piena. A Cecafumo non è stato dato il permesso alla produzione per girare sul prato. È di proprietà di persone che qualcuno di tanto in tanto ha letto nelle cronache romane, nei pettegolezzi su via Veneto. L’odio per Pasolini è un odio viscerale, categorico. Forse quell’epigramma? “Non siete mai esistiti, vecchi pecoroni papalini / ora un po’ esistete, perché un po’ esiste Pasolini”. Ma giriamo ugualmente, alla macchia, tra pochi giorni il film sarà finito.

“Mamma Roma” scolpito dal 44enne scultore romano, Gianluca Bagliani.





Curatore, Bruno Esposito

Collaborano alla creazione di queste pagine corsare:

Carlo Picca
Mario Pozzi
Alessandro Barbato
Maria Vittoria Chiarelli
Giovanna Caterina Salice
Simona Zecchi

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