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domenica 17 novembre 2013

I russi di Pasolini: Dostoevskij, i formalisti, il popolo di Mosca

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro





La Russia nella poesia di Pier Paolo Pasolini

I russi di Pasolini: Dostoevskij, i formalisti, il popolo di Mosca
Francesca Tuscano
I rapporti di Pier Paolo Pasolini con la Russia e con l’universo culturale russo sono stati fittissimi. A rivelarlo, soprattutto in relazione alla produzione poetica dell’autore, è ora un interessante saggio di Francesca Tuscano, La Russia nella poesia di Pier Paolo Pasolini, Book Time, pp. 192, € 11, 50 che ci offre un appassionato excursus sulla presenza della cultura russa in tutte le raccolte poetiche di Pasolini, fino alle cosiddette ‘poesie disperse’, quelle mai raccolte in gruppi unitari. 
All’interno del complesso laboratorio pasoliniano, contrassegnato da una naturale predisposizione al pastiche e alla contaminazione, non poteva mancare un sottile fil rouge che legasse molta sua produzione alla cultura russa, non solo letteraria. Secondo la Tuscano, la Russia che emerge dalla poesia di Pasolini è legata a due elementi: l’innocenza e la colpa; l’innocenza dei ragazzi di Mosca descritti ne La religione del mio tempo e la colpa di chi, con lo stalinismo, ha tradito gli ideali della Rivoluzione.
Nel 1957 infatti, Pasolini si era recato a Mosca in occasione del Festival della Gioventù e, poco dopo, per il convegno degli scrittori italiani e sovietici. Il poeta a Mosca, secondo diversi aneddoti raccolti dall’autrice, più che dagli avvenimenti mondani era attratto dal popolo e dalla gente della strada, riscoprendo una Russia contadina come la ‘sua’ Casarsa. E, in una sezione della Religione del mio tempo, Pasolini avrebbe cantato proprio questa Russia, popolare e contadina, tratteggiandola «come un affresco degno delle feste del Maggio medievali, nello spirito del Decameron e dei Racconti di Canterbury».
Inoltre c’è una sezione della raccolta,  comprendente diversi epigrammi, che si intitola Umiliato e offeso, titolo mutuato dal noto romanzo dostoevskijano. Dostoevskij, del resto, è un autore che Pasolini ha amato e ‘riutilizzato’ moltissimo, anche nella narrativa. Ed anche nelle successive raccolte poetiche i riferimenti al mondo russo non sono certo di minore importanza; si pensi soltanto al titolo dell’ultima sezione di La nuova gioventù, che suona Tetro entusiasmo. Ebbene, anche questa espressione è ripresa da Dostoevskij, da Delitto e castigo: il «tetro entusiasmo» caratterizza lo stato d’animo di Raskol’nikov durante la confessione del suo omicidio. 
Comunque, oltre ad essere di natura sociale o prettamente letteraria, i riferimenti pasoliniani al mondo russo investono anche la sfera culturale della critica: per il poeta bolognese i critici russi e, soprattutto, i formalisti sono stati un punto di riferimento fondamentale. A partire da Michail Bachtin, studioso assai importante per la costruzione dell’intera produzione artistica pasoliniana (è Gianni Scalia – come lei stessa afferma – a confermare a voce alla Tuscano la conoscenza dello studioso da parte di Pasolini), fino a Viktor Šklovskij, Roman Jakobson e Vladimir Propp. Anch’essi hanno contribuito a creare un fondamentale ‘substrato’ per la tessitura della poesia pasoliniana insieme agli scrittori e agli stessi poeti russi, primi fra tutti Vladimir Majakovskij e Osip Mandel’štam.




Fonte:
@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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