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sabato 17 maggio 2025

Tra le righe della "Nebbiosa" un dialogo di Pasolini e Testori - Il Manifesto del 7 febbraio 1996

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Immagine - Repubblica 6 aprile 2008


Tra le righe della "Nebbiosa" un dialogo di Pasolini e Testori
Balorda notte milanese tra il Pirelli e la 
 

Il Manifesto del 7 febbraio 1996


Tra le righe della "Nebbiosa" un dialogo di Pasolini e Testori, due "eroi" del dopoguerra che si ritrovano a conversare, da fantasmi, sulle rovine di Milano

FEDERICO DE MELIS -

L EGGENDO la sceneggiatura pasoliniana dal titolo bellissimo La nebbiosa, che Edoardo Bruno ci regala su "Filmcritica", non si può evitare di pensare a Giovanni Testori. La Milano notturna che Pasolini vi descrive, sporco impasto di "vecchie case sventrate, con le finestre vuote, occhieggianti", e grattacieli Galfa, Pirelli, che "sfolgorano di luci come giganteschi diamanti", dialoga così bene con le periferie testoriane dei Segreti di Milano: all'insegna del freddo e giallo Sironi metafisico, se non fosse che Testori lo amava, mentre Pasolini lo giudicava "sciocco" e "retorico". E' dunque, questa Nebbiosa che fa il verso al testoriano Nebbia al Giambellino pubblicato postumo due anni fa, un'occasione bassa, bassissima, di riconsiderare il rapporto tra lo scrittore dei contadini friulani e delle borgate romane e quello, controriformista, che batteva alla ricerca dell'anima gli anelli più esterni d'una Milano in tumultuosa espansione.

E' un nodo fondamentale, che può chiarirsi nell'amore nutrito egualmente verso entrambi da alcuni scrittori o teatranti del "Dopostoria": come Sandro Lombardi e Federico Tiezzi, che hanno portato in scena, senza rotture, così il Pasolini di Porcile come il Testori di Edipus. Sarà pur vero infatti che il friulano non gradiva l'urlo dell'Arialda, dove vedeva il "popolino" meneghino trattato qualunquisticamente, incalzato con domande metafisiche mentre si trasformava in mostro piccolo-borghese, eppure, più gli anni passano, e si dissolvono le discriminanti ideologiche sulla letteratura, più le ragioni espressive di entrambi sembrano ritrovarsi in una ragione comune, etica e politica.

Pasolini "marginale" - Il Manifesto del 7 febbraio 1996

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Immagine - Repubblica 6 aprile 2008


 GIUSTI MARCO

Pasolini "marginale"

Il Manifesto
7 febbraio 1996

Il cinema marginale, e "Milano nera" era un film marginalissimo, è spesso senza età. Ma risituato nella storia del cinema a cavallo fra la fine degli anni '50, quando Pasolini era attivissimo come sceneggiatore, e i primi anni '60, quando Pasolini finalmente passa al cinema diretto da lui, "Milano Nera" acquista un altro senso, più giusto, più esatto, anche meno mitico. Un lavoro di quaranta giorni non pagato. Negli stessi anni Pasolini scrive sceneggiature con Luciano Emmer che non verranno firmate, a parte quella "Ragazza in vetrina" che verrà massacrato in censura e segnerà la fine di Emmer regista di cinema. Scrive per Bolognini "La giornata balorda", per Franco Rossi "Morte di un amico"; dal suo romanzo "Una vita violenta" una coppia di giovani registi, Paolo Heusch e Brunello Rondi, girano un film che non è rintracciabile da anni. Attivissimo, pronto a tutto, curioso di cinema e di storie di vita, è probabile che Pasolini abbia scritto altre sceneggiature o collaborato a dialoghi di altri film. Il recente caso di "Histoire d'un soldat", scritto per Giulio Paradisi, ne è soltanto un esempio. (m.g.)

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Curatore, Bruno Esposito

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Pasolini, Non aver paura di avere un cuore - Corriere della sera, 10 marzo 1975

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Pasolini  -, Non aver paura di avere un cuore 

Corriere della sera

10 marzo 1975  

(In Scritti corsari con il titolo: Cuore)


Clicca sul link qui sotto,

1975, Pasolini e la polemica sull'aborto - Cronologia di fatti, misfatti e banalità 


   Il  lettore mi perdoni, ma voglio tornare ancora sul problema dell'aborto, o meglio sui problemi che il discutere dell'aborto ha suscitato. Infatti quelli che veramente contano sono i problemi del coito, non quelli dell'aborto.

   L'aborto contiene in sé qualcosa, tuttavia, che evidentemente scatena in noi forze «oscure» ancora anteriori al coito stesso: è il nostro eros nella sua illimitatezza che esso mette in discussione - o su cui impone la discussione. Per quanto mi riguarda, e come ho detto chiaramente - l'aborto mi rimanda oscuramente all'offensiva naturalezza con cui viene sentito in generale il coito. Tanta offensiva naturalezza rende così ontologico il coito da annullarlo.