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mercoledì 8 novembre 2023

Laura Betti: Pasolini era un uomo, diventò il mio uomo.

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


 Laura Betti: Pasolini era un uomo, diventò il mio uomo.

dalla prefazione a 

"Pasolini: cronaca giudiziaria, persecuzione, morte"  

Milano, Garzanti, 1977

“Ricordo e so di un giorno molto lontano in cui, tra tanta gente di cui non ricordo e non so, entrò nella mia casa un uomo pallido, tirato, chiuso in un dolore misterioso, antico; le labbra sottili sbarrate ad allontanare le parole, il sorriso; le mani pazienti d’artigiano. Sapeva di pane e di primule. Il pane era il dolore, le primule l’amore. Ricordo quindi di aver deciso che quell’uomo era un uomo. 

E poi ricordo di aver deciso di impadronirmi del pane, tagliarlo a metà e metterci in mezzo delle risate forti, robuste, superbe, buone. 

Decisi anche, senza paura, di tuffarmi nelle primule. 

Ricordo e so che quell’uomo, che era un uomo, diventò il mio uomo. E il mio uomo nascondeva dietro gli occhiali neri l’ansia della scoperta di una possibile richiesta d’amore. Imparai perciò a camminare in punta di piedi per non spezzare il silenzio che accompagna il gesto dell’amore, per non farlo fuggire nel buio. E fu così che diventammo, “insieme”, soli. Ricordo e so quindi di aver iniziato a vivere una vita finalmente difficile. Una vita con la poesia che penetrava ogni angolo segreto della mia casa, del mio crescere, del mio diventare. Poi del mio ringhiare, del mio tirar calci, del mio proteggere, del mio minacciare, del mio circondare il mio uomo- che nessuno accettava fra gli uomini- da una rete di protezione colorata, truccata di cose buone da scoprire e da vivere…e di sole. Una rete con dei buchi larghi dietro i quali stavano in agguato bestie nere, templi senza fede brulicanti di merce nera, automobili nere, spiagge nere, giornali neri. 

Questi morti viventi stavano aggrappati alla rete colorata e piena di sole e io dovevo cucirne i buchi quando diventavano troppo larghi. 

Cucivo sempre, quasi tutti i giorni. 

Ricordo e so esattamente di aver perso un giorno ago e filo. Me lo avevano rubato ed io non avevo più la forza di comperare un altro ago e dell’altro filo. Intorno era tutto nero. E più era nero tutt’intorno, più la nostra piccola folle isola era immersa nel sole, nel fare, nel tessere, nel costruire, nella superba certezza che una vita programmata di tali e tante attività creative non poteva non essere inviolabile, sacra. 

Poi ci fu, invece, un giorno in cui il sole si macchiò di sangue e tutti i giorni, da allora, si chiamarono 2/11/1975. 

In quel giorno io triplicai il mio corpo per proteggere e accompagnare l’urlo crepato, infinito di una primula sbriciolata, di una bambina segata in due, tre, mille pezzi; una bambina che aveva dentro la pancia, caldo, un poeta segato in due, tre, mille pezzi tenuti insieme da un cordone ombelicale d’acciaio, atrocemente indistruttibile. 

Di me non ricordo, non so. Poi, in uno dei tanti giorni intitolati 2/11/1975, mi portarono il corpo del mio uomo e lo stesero sulla mia tavola, dove una volta stavano sempre cibi pronti per la sua allegra voracità. Questo corpo era a pezzi, sbranato, divorato. Mi misero in mano ago e filo per insegnarmi a ricucirlo. Fu così che cominciai a farmi vivere da una vita orfana e cieca e senza pane e senza primule.

 A tentoni cominciai a cercare il mio uomo di qua e di là, in silenzio, come le bestie. Poi, nel cercarlo, cominciai a scoprire il come e il perché di “noi” e il come e il perché di “loro”. 

Capii finalmente che per uccidere “loro”, avrei dovuto infilarmi dentro, ricucito, il mio uomo, affinché potesse parlarmi in segreto e spiegarmi. 

Ecco perché decisi – insieme a lui, come sempre – di non accettare, di disobbedire, di dare scandalo; di denunciare cosa può accadere ad un uomo pulito “in un paese orribilmente sporco”.

E cominciai a raccogliere tutte le condanne a morte c he gli erano state decretate c on l'accordo delle destre nere e delle sinistre nere c he stavano dietro la rete, tra i morti viventi. Vidi e capii come poteva vedere e capire Emilia, la serva di Teorema. Il tutto in quattrocento pagine. 

Laura Betti 

@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

Grazie per aver visitato il mio blog

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