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domenica 20 novembre 2022

Pier Paolo Pasolini: Ho vinto il premio di poesia ma non ho i soldi per il treno - Due lettere inedite - La Stampa, sabato 25 settembre 1982

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Pier Paolo Pasolini
Ho vinto il premio di poesia ma non ho i soldi per il treno


Due lettere inedite

La Stampa
sabato 25 settembre 1982

A Susanna Pasolini
Colleverde – Montecassiano

Roma

28 agosto 1950

Carissima mammetta,

eccoti una bella notizia. Sabato ho ricevuto questo telegramma:

 «Sua poesia Testament Coran ha vinto giuria unanime secondo premio lire cinquantamila concorso nazionale Cattolica. Gradiremmo se possibile sua presenza domenica pomeriggio. Congratulazioni».

Sei contenta? Io ho goduto soprattutto per te, e per le benefiche influenze sul babbo (almeno temporanee). È un bel successo poi, perché, se il vincitore era preordinato, io ho vinto il secondo posto per puro merito come dice l’unanimità della giuria.

Non sono andato a Cattolica per evitare spese e fatica: tanto più che ormai il viaggio a Casarsa è vicino.

La tua ultima cartolina mi ha fatto molto piacere, informandomi del tuo riposo: salva, naturalmente, la tua malinconia serale, che ho sentito in tutta la sua portata e la sua verità, come un brivido piuttosto doloroso. Però hai visto come i giorni passano veloci, siamo già alla fine di Agosto: ormai quasi metà del tempo della nostra divisione è consumato.

Per il dormire sta tranquilla: Penna mi ha regalato della cera vergine da mettere nelle orecchie (pensa se avessimo saputo questa cosa a Casarsa!) per mezzo della quale alla mattina, immerso in un profondissimo, viscerale silenzio, dormo fin che voglio, immune dai pianti di Paolo, dal fragore della porta e dalle notizie del giornale radio.

Ti bacio mille volte.

Pier Paolo



A Silvana Mauri

Cara Silvana...

I romanzi che sto scrivendo sono tre. Non spaventarti. In questi ultimi mesi non ho fatto altro che scrivere, anche dieci ore al giorno. Ricordi i quadernetti rossi che sporgevano dalla mia tasca quella notte in cui hai perso il treno? Erano i diari del mio amore per Tonuti. Li ho cominciati nel ’46, quando già ne ero alla fine, e ho continuato a scrivere, saltuariamente fino al ’48: c’era già un volumetto di un centinaio di pagine.

Ma non ne ero contento. Cronologicamente io sono passato dalla poesia alla prosa, e quelli, in prosa, erano i miei balbettamenti. In questi ultimi mesi ho ripreso il libro, ho alternato il diario alla narrazione in terza persona: insomma, ho oggettivato (nel senso minore di questa parola, non so se anche nel senso maggiore) il fatto, cambiando i nomi dei protagonisti e dei luoghi, ricostruendo tutto con minore impegno di confessione e maggiore libertà d’invenzione. Ma il libro, che dovrebbe venire di 200-250 pagine, manca ancora di due o tre capitoli. Il titolo è «Atti impuri».

Il secondo libro è intitolato «Amado mio»: è un po’ il seguito di Atti impuri, ma ancor più liberato fantasticamente dalla biografia. Il protagonista mi assomiglia ancor meno di quello di Atti impuri: anzi, è molto diverso da me come carattere. Per lui è implicita una condanna: comunque il suo amore per un giovinetto è narrato come una leggenda, proprio nella durata di un breve racconto: anche se la sua lunghezza tipografica sarà di un duecento pagine. È il mio libro «cattivo», quello che fa male. L’azione si svolge un po’ in Friuli (ricordi quello che ti ho detto di Malafiesta?) e un po’ a Roma, la Roma dei cinematografi rionali, del Trastevere, delle aree da costruzione e anche di Via del Tritone. Io penso che questo sia il mio libro minore, ma, nei suoi limiti, il più riuscito. Ma anche per questo mi mancano i tre ultimi capitoli.

Infine c’è il romanzo su cui punto tutto: «La meglio gioventù», che è molto diverso dagli altri due, è molto complesso: tanto per darti un’idea devi pensare a uno stranissimo incrocio – nel versante narrativo dostoiewskiano – tra Proust e Verga, non senza qualche elemento di quel linguaggio babilonico, eccentrico e composito che in Italia ha come magnifico esemplare C.E. Gadda. La vicenda è molto complessa e molto quotidiana. Hai presente «Cronache di poveri amanti»? È un po’ simile, ma con la presenza del tempo, che nell’arazzo di Pratolini manca. I fatti mi pare di averteli narrati a Lerici, ma in questi mesi si sono ancora arricchiti e completati. Ai protagonisti si aggiungono anche tre giovani del popolo (uno emigra clandestinamente in Jugoslavia, un altro in Svizzera, un altro lavora in una cava: e finirà col morire: gli altri due ritornano più sfiduciati e affamati. Questi son fatti veri, anche se li ho congeniati liberamente) così che la vicenda amorosa di Don Paolo (che ama un ragazzo, Cere, che se ne va in America col padre, e allora Don Paolo, durante uno sciopero, fa scudo col suo corpo a Nello, fratello di Cere, e muore) la vicenda spirituale di Renata (che ama Don Paolo) – ma tieni presente che sia l’amore di Don Paolo che quello di Renata non sono detti, e il lettore li deve completamente immaginare – e infine, perché comunista, viene cacciata dal Friuli dove insegna e prima di andarsene organizza una festa il cui incasso è per il processo di Nello, un amorale, bugiardo e fanatico e la vicenda religiosa di Aspreno (in cui adombrerò Fabio, semplicemente per l’esperienza che ne ho avuto, perché Aspreno, come caso, è molto diverso da quello di Fabio) sono immerse nelle vicende di tutta la gioventù contadina del Friuli (la classe del ’27, «la classe innamorata», come era scritto nei muri di S. Giovanni).

Ti ho appena adombrato delle vicende, che sono come puoi immaginare, molto più complesse e circostanziate.

Ho già scritto più di metà del libro: contavo di finirlo prima di venir via da Casarsa. Invece eccomi qua, incapace di scrivere un periodo chiaro. Ma spero che la mia astenia sia passeggera. Nel caso che la capacità a scrivere mi torni, che libro mi consigli di portare a termine? Ormai solo l’incarico di un editore può darmi la forza di lavorare e finire quello che faccio. Non avrei mai creduto che le cose andassero a finire così: d’altra parte in questo scopro una dignità impensata.

Vorrei dirti e chiederti molte cose di Fabio: ma ho paura, la stessa paura, come genere, di quella che provo pensando a Mondadori: il cervello che non risponde e si avvolge nell’oscurità per scaramanzia. Ti confesso che non riesco a immaginare il nuovo Fabio, e che il pensiero di lui in quello straordinario villaggio6 mi dà più inquietudine che gioia. Comunque sono contento per voi, per il vostro sollievo, che è anche il mio. Il tempo darà a Fabio un futuro, come lo darà a me. Speriamo.

Ti abbraccio con grande affetto

Pier Paolo



@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare


Curatore, Bruno Esposito

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